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Quantificazione della pena: il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante la quantificazione della pena in un caso di reato continuato. La Corte ha stabilito che la valutazione del giudice di merito è insindacabile se non manifestamente illogica, confermando la correttezza del calcolo basato sulla gravità dei reati e la capacità a delinquere del condannato. Il ricorso è stato ritenuto generico perché mirava a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quantificazione della pena: i limiti al sindacato della Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di quantificazione della pena: il potere discrezionale del giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o viziata da errori di diritto. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i confini di questo potere.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un condannato avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di Bari. L’ordinanza impugnata aveva rideterminato la pena complessiva applicando l’istituto della continuazione (ex art. 671 c.p.p.) tra diversi reati oggetto di precedenti condanne. Il ricorrente lamentava, in sostanza, che l’aumento di pena calcolato dal giudice dell’esecuzione fosse eccessivo e ingiustificato, denunciando vizi di motivazione e violazione di legge.

La corretta applicazione della quantificazione della pena

Il ricorrente contestava il modo in cui il giudice aveva esercitato il proprio potere discrezionale nel determinare l’aumento di pena per i cosiddetti reati satellite. Secondo la difesa, il giudice non avrebbe adeguatamente motivato la sua scelta, limitandosi a un calcolo automatico. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa prospettiva, evidenziando come le censure proposte non superassero il vaglio di ammissibilità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e finalizzato a ottenere una nuova valutazione del merito, non consentita in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato che il provvedimento impugnato era, al contrario, ben motivato e giuridicamente corretto. Il Giudice dell’esecuzione aveva seguito scrupolosamente i principi fissati dalla giurisprudenza, inclusa una nota pronuncia delle Sezioni Unite (n. 47127/2021), che detta le regole per il calcolo della pena nel reato continuato.

Le motivazioni

La Cassazione ha chiarito che il giudice di merito aveva correttamente giustificato la quantificazione della pena. In primo luogo, aveva rispettato il rapporto di proporzione tra le pene per i vari reati e i limiti legali imposti dall’art. 81 c.p. In secondo luogo, la sua valutazione si era basata su criteri concreti previsti dall’art. 133 c.p., valorizzando elementi specifici del caso. In particolare, erano stati considerati:

1. La rilevante offensività della condotta: I reati erano legati a ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, un fattore che indica un’alta gravità del fatto.
2. L’elevata capacità a delinquere del condannato: Questo dato era stato desunto dai numerosi precedenti penali a suo carico.

La Corte ha concluso che il ricorso non opponeva alcun elemento concreto e specifico che fosse stato trascurato dal giudice, ma si limitava a sollecitare una lettura alternativa e più favorevole, sovrapponendosi indebitamente al giudizio di merito. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: la quantificazione della pena è una prerogativa del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione non può diventare un terzo grado di giudizio in cui si ridiscutono le scelte discrezionali del giudice. È possibile contestare la pena solo se la decisione è basata su una motivazione inesistente, manifestamente illogica o contraddittoria, oppure se viola specifiche disposizioni di legge. In assenza di tali vizi, la valutazione del giudice di primo e secondo grado rimane insindacabile.

È possibile contestare in Cassazione il modo in cui un giudice ha calcolato la pena?
No, non è possibile se la contestazione riguarda il mero esercizio del potere discrezionale del giudice di merito. Il ricorso è ammesso solo se si denuncia una violazione di legge o un vizio di motivazione grave, come l’illogicità manifesta, ma non per ottenere una semplice riconsiderazione della misura della pena.

Quali criteri usa il giudice per aumentare la pena in caso di reato continuato?
Il giudice deve rispettare il rapporto di proporzione tra le pene per i singoli reati e i limiti previsti dall’art. 81 del codice penale. Inoltre, la sua valutazione si basa sui criteri generali dell’art. 133 c.p., quali la gravità del reato (considerando ad esempio l’offensività della condotta) e la capacità a delinquere del reo (desunta anche dai precedenti penali).

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure erano generiche e non individuavano vizi di legittimità. Nella sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di effettuare una nuova valutazione di merito sulla congruità della pena, un’attività che esula dai poteri della Corte di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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