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Quantificazione della pena: il potere del giudice

Un imputato ricorre in Cassazione lamentando un vizio di motivazione sulla quantificazione della pena. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione discrezionale del giudice, se motivata sulla base dei criteri dell’art. 133 c.p. come la gravità del fatto e i precedenti penali, non è sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quantificazione della Pena: La Discrezionalità del Giudice e i Limiti del Ricorso in Cassazione

La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice penale. La legge fornisce dei criteri guida, ma lascia un margine di discrezionalità essenziale per adeguare la sanzione al caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione si è pronunciata proprio sui limiti entro cui è possibile contestare la quantificazione della pena, ribadendo principi consolidati in materia.

Il Caso: Un Ricorso contro la Dosimetria della Pena

Un imputato, condannato nei primi due gradi di giudizio, ha proposto ricorso per Cassazione contestando un unico aspetto della sentenza d’Appello: il presunto vizio di motivazione riguardo alla quantificazione della pena inflitta. Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente giustificato l’entità della sanzione, rendendo la loro decisione censurabile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda sul principio secondo cui la valutazione del giudice di merito sull’entità della pena non è sindacabile in sede di legittimità, a condizione che sia supportata da una motivazione logica e non contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva confermato la pena del primo grado, ritenendola adeguata sia alle modalità del fatto sia alla personalità dell’imputato, il quale risultava gravato da precedenti penali.

Le Motivazioni: Il Ruolo dell’Art. 133 c.p. nella Quantificazione della Pena

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nel richiamo all’art. 133 del Codice Penale, che elenca i criteri per l’esercizio del potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena. Questi criteri includono la gravità del reato (desunta dalla natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione) e la capacità a delinquere del colpevole (desunta dai motivi a delinquere, dal carattere del reo, dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato). La Corte ha chiarito che, ai fini della determinazione della sanzione, non è necessario che il giudice analizzi pedissequamente tutti gli elementi elencati dall’articolo. È sufficiente che ponga a fondamento della sua decisione quelli che ritiene prevalenti e più rilevanti per il caso specifico. L’apprezzamento discrezionale del giudice, laddove supportato da una motivazione che faccia emergere il suo percorso logico nel ritenere la pena adeguata alla gravità del reato e alla personalità del reo, non può essere oggetto di censura da parte della Corte di Cassazione, il cui compito non è rivalutare il merito della decisione, ma controllare la corretta applicazione della legge.

Conclusioni: L’Insindacabilità della Scelta sulla Pena

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale stabile: la quantificazione della pena è una prerogativa del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione per vizio di motivazione su questo punto ha scarse probabilità di successo, a meno che la motivazione non sia del tutto assente, palesemente illogica o contraddittoria. Per gli operatori del diritto, ciò significa che le doglianze sulla pena devono essere argomentate con solidi riferimenti fattuali già nei gradi di merito. Per l’imputato, la decisione sottolinea che la condanna non si limita all’accertamento della colpevolezza, ma comporta una valutazione complessa della sua persona e del suo agire, con conseguenze dirette sulla sanzione finale.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
Sì, ma solo se la motivazione è palesemente illogica, contraddittoria o inesistente. Se il giudice ha basato la sua decisione discrezionale su elementi concreti (come la gravità del fatto o i precedenti penali), come previsto dall’art. 133 c.p., la sua valutazione sulla quantificazione della pena non è criticabile in sede di legittimità.

Quali elementi deve considerare il giudice per la quantificazione della pena?
Il giudice deve fare riferimento ai criteri indicati dall’art. 133 del Codice Penale. Tuttavia, non è tenuto ad analizzarli tutti. Secondo la Corte, è sufficiente che prenda in esame quello o quelli che ritiene prevalenti nel caso specifico per giustificare la sua decisione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito in questa ordinanza, quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, specialmente se non si possono escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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