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Quantificazione della pena: i limiti del ricorso

Un imputato ricorre in Cassazione lamentando una quantificazione della pena sproporzionata. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione sulla gravità del fatto e sulla personalità dell’imputato spetta al giudice di merito e non è sindacabile se motivata logicamente.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quantificazione della Pena: Quando la Valutazione del Giudice Diventa Insindacabile

La quantificazione della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale basato su precisi criteri di legge. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili di questo potere, chiarendo quando un ricorso che contesta l’entità della sanzione debba essere dichiarato inammissibile. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e l’autonomia del giudice di merito nelle sue valutazioni.

Il Caso in Esame: Un Ricorso Contro l’Entità della Condanna

Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per reati gravi, tra cui sequestro di persona e devastazione, a una pena di sei anni di reclusione, ha presentato ricorso in Cassazione. Le sue doglianze non riguardavano la sussistenza del reato, ma si concentravano esclusivamente sul trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo.

In particolare, il ricorrente lamentava:

* La mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti contestate.
* Una pena sproporzionata rispetto a quella inflitta ai coimputati nello stesso processo.
* Un’assenza di motivazione adeguata da parte della Corte di Appello sulla sua personalità e sulla scelta di non concedere un trattamento più favorevole.

In sostanza, la difesa chiedeva alla Cassazione di rimettere in discussione le valutazioni di merito che avevano portato alla determinazione della pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno sottolineato un principio cardine del nostro ordinamento: il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione, non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Le censure del ricorrente, infatti, si risolvevano in una richiesta di nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto, attività preclusa alla Corte.

Le Motivazioni: la discrezionalità del giudice nella quantificazione della pena

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su argomentazioni chiare e consolidate. In primo luogo, ha evidenziato come la Corte di Appello avesse, in realtà, fornito una motivazione ampia, logica e non contraddittoria. I giudici di secondo grado avevano esplicitamente considerato la gravità dei fatti, le modalità della condotta e la personalità dell’imputato, valorizzando anche i suoi precedenti penali.

La motivazione della sentenza impugnata, secondo la Cassazione, conteneva tutti gli elementi necessari per giustificare la pena inflitta, comparandola persino con quella dei coimputati e giudicando ‘addirittura benevolo’ il trattamento riservato al ricorrente in primo grado. Pertanto, non vi era alcun difetto di motivazione censurabile in sede di legittimità.

Il punto centrale della decisione risiede nella natura del potere discrezionale del giudice di merito ai sensi dell’art. 133 del codice penale. Questo articolo conferisce al giudice il compito di adeguare la pena al caso concreto, bilanciando la gravità del reato con la capacità a delinquere del reo. Tale valutazione, se sorretta da una motivazione congrua e non palesemente illogica, sfugge al sindacato della Corte di Cassazione. Il ricorso è stato quindi considerato un tentativo di sollecitare una rivalutazione dei fatti, e come tale inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale: la quantificazione della pena è una prerogativa del giudice di merito. Un ricorso in Cassazione non può avere successo se si limita a proporre una diversa lettura degli elementi già vagliati nei gradi precedenti, come la personalità dell’imputato o l’opportunità di un bilanciamento più favorevole delle circostanze. Per poter essere accolto, un ricorso di questo tipo deve dimostrare un vizio logico manifesto o una totale assenza di motivazione, e non semplicemente un dissenso rispetto alla decisione presa. La sentenza conferma che la discrezionalità del giudice, se correttamente esercitata e motivata, è insindacabile nel giudizio di legittimità.

È possibile contestare in Cassazione l’entità della pena decisa dal giudice di merito?
No, se la contestazione si basa su una diversa valutazione dei fatti e delle circostanze. Il ricorso è ammissibile solo se la motivazione del giudice è assente, manifestamente illogica o contraddittoria, non se si contesta la sua valutazione discrezionale.

Cosa valuta il giudice per la quantificazione della pena?
Secondo l’art. 133 del codice penale, il giudice valuta la gravità del reato (considerando le modalità dell’azione, l’entità del danno, etc.) e la capacità a delinquere del colpevole (basandosi sui precedenti penali, sulla condotta di vita e altri elementi personali).

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La sentenza impugnata diventa definitiva e irrevocabile. Inoltre, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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