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Quantificazione della pena: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello, confermando la corretta applicazione della recidiva e la quantificazione della pena. La Corte ribadisce che, per una pena vicina al minimo edittale, una motivazione sintetica basata sui criteri dell’art. 133 c.p. è un’argomentazione sufficiente.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quantificazione della pena: i limiti del ricorso in Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità sulla quantificazione della pena e sul bilanciamento delle circostanze. Questa decisione offre importanti spunti sulla discrezionalità del giudice di merito e sull’onere di motivazione, soprattutto quando la pena inflitta è vicina al minimo previsto dalla legge. Analizziamo insieme i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Ricorso

Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. La difesa lamentava principalmente tre aspetti: la mancata esclusione della recidiva, il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti e, infine, l’eccessiva quantificazione della pena finale. L’imputato sosteneva che la corte di merito non avesse adeguatamente valutato questi elementi, chiedendone una revisione in sede di legittimità.

La Decisione della Cassazione e la Quantificazione della Pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, le censure proposte non erano altro che una riproposizione di argomenti già ampiamente e correttamente esaminati e respinti dai giudici di secondo grado. La Corte ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi consolidati in materia di motivazione della sentenza penale.

Le Motivazioni della Corte

La decisione si fonda su un’analisi puntuale dei motivi di ricorso, offrendo chiarimenti su tre pilastri del giudizio penale.

Il Bilanciamento tra Circostanze Aggravanti e Attenuanti

La Corte ha ricordato che il giudizio di bilanciamento tra circostanze di segno opposto (aggravanti e attenuanti) rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale valutazione è censurabile in Cassazione solo se frutto di un ragionamento palesemente illogico o arbitrario. Nel caso di specie, la scelta di considerare equivalenti le circostanze è stata ritenuta congruamente motivata, in quanto finalizzata a irrogare una pena adeguata alla gravità del fatto e alla personalità dell’imputato. Non è necessario, a tal fine, un’analisi di tutti i parametri dell’art. 133 c.p., essendo sufficiente il riferimento anche a uno solo di essi.

La Motivazione della Pena Base

Un punto cruciale della pronuncia riguarda l’obbligo di motivazione sulla quantificazione della pena. La Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale: l’onere di motivazione del giudice si attenua progressivamente man mano che la pena si avvicina al minimo edittale. Se la sanzione è fissata in prossimità del minimo, come nel caso esaminato, un semplice richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 c.p.” è considerato sufficiente. L’obbligo di una motivazione più dettagliata e stringente sorge, invece, quando il giudice si discosta notevolmente dal minimo legale, avvicinandosi al massimo.

La Gestione della Recidiva

Infine, la Corte ha confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito di applicare la recidiva. Tale scelta era stata ampiamente motivata sulla base dei numerosi e gravi precedenti penali dell’imputato. I nuovi reati, per le modalità con cui erano stati commessi, rappresentavano una “rinnovata ed ingravescente manifestazione di pericolosità criminale”, giustificando pienamente il mantenimento dell’aggravante.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il sindacato della Corte di Cassazione sulla quantificazione della pena è limitato ai soli vizi di manifesta illogicità o arbitrarietà della motivazione. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente lamentare un presunto eccesso di pena, ma è necessario dimostrare un errore macroscopico nel ragionamento del giudice di merito. Per i giudici, invece, la decisione conferma che, in caso di pene miti, la motivazione può essere sintetica, purché ancorata ai criteri legali, garantendo così un equilibrio tra discrezionalità giudiziale e obbligo di rendere conto delle proprie decisioni.

Quando la Corte di Cassazione può annullare la decisione del giudice sul bilanciamento delle circostanze?
La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, e non quando la soluzione dell’equivalenza tra aggravanti e attenuanti risulta sufficientemente motivata.

È sempre necessaria una motivazione dettagliata per la quantificazione della pena?
No. Secondo la Corte, l’obbligo di motivazione si attenua quanto più la pena si avvicina al minimo previsto dalla legge. Un semplice richiamo ai criteri dell’art. 133 del codice penale è sufficiente se la pena è vicina al minimo edittale.

Perché il ricorso sulla mancata esclusione della recidiva è stato respinto?
Il ricorso è stato respinto perché i giudici di merito avevano correttamente e ampiamente motivato l’applicazione della recidiva, basandosi sui numerosi e gravi precedenti penali del ricorrente e considerando i nuovi fatti come una rinnovata e aggravata manifestazione di pericolosità criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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