Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7247 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 3 Num. 7247 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
oggi, 19 FEB, 2024
sul ricorso proposto da NOME, nato a Formia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/06/2023 del Tribunale di Cassino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 22 giugno 2023, il Tribunale di Cassino ha dichiarato la penale responsabilità di NOME per i reati di cui agli artt. 44 lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, 181 d.lgs. n. 42 del 2004 e 54 e 1161 r.d. n. 327 del 1942 e gli ha irrogato la pena di 30.000,00 (trentamila) euro di ammenda, con concessione del beneficio della sospensione condizionale subordinata al ripristino dello stato dei luoghi.
Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, NOME COGNOME: 1) avrebbe realizzato, senza permesso di costruire, in area sottoposta a vincolo paesaggistico
siccome ricadente in tratto di arenile compreso nella fascia di trecento metri dalla linea di battigia, lavori di terrazzamento mediante muri a secco e una scala in legno e metallo (capo a); 2) avrebbe realizzato le predette opere anche in difetto di autorizzazione paesaggistica (capo b); 3) avrebbe occupato l’area indicata, costituente bene demaniale, mediante la realizzazione dei precisati lavori di terrazzamento e della scala in legno e metallo, nonché sistemando su di essa 40 pali di sostegno per ombrelloni, 30 ombrelloni e 135 lettini da spiaggia, in assenza della necessaria concessione. I fatti hanno costituito oggetto di accertamento in data 11 agosto 2018.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, articolando otto motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 649 cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avuto riguardo al mancato rilievo della violazione del divieto di bis in idem con riferimento alla condotta di realizzazione di terrazzamento mediante muri a secco.
Si deduce che la condotta di realizzazione di terrazzamento mediante muri a secco era stata già oggetto della sentenza emessa dal Tribunale di Latina in data 11 gennaio 2016 nei confronti del medesimo imputato, la quale aveva dichiarato estinto il reato per prescrizione, e che non vi sono accertamenti tecnici da cui inferire elementi di novità rispetto a quanto contestato in quella sede. Si precisa che la deduzione incide non solo sulla gravità del fatto, ma anche sulla configurabilità dei reati contestati, posta l’irrilevanza in proposito della scala, com meglio argomentato nei successivi motivi di ricorso.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 44, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 d.lgs. n. 42 del 2004, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta configurabilità del reato derivante da violazione delle norme edilizie e paesaggistiche.
Si deduce che la realizzazione di una scala a pioli in legno e metallo, come descritta in sentenza, ossia dell’altezza di due metri, ed ancorata alla parete con tondini di ferro, non costituisce opera edilizia, né opera soggetta ad autorizzazione paesaggistica. Si rappresenta che detta scala non dà luogo a volume, o accesso a volume, o a modifica di destinazione d’uso, ed integra un intervento di mera sistemazione esterna, come tale non soggetta ad autorizzazione paesaggistica a norma di quanto indicato nell’allegato A al d.P.R. n. 31 del 2017 (punti A2 e Al2). Si aggiunge che anche i muri a secco di delimitazione del terrazzamento, per le medesime ragioni indicate per la scala, non costituiscono né opera edilizia, né opera soggetta ad autorizzazione paesaggistica.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 54 e 1161 r.d. n. 327 del 1942, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta configurabilità del reato di occupazione abusiva di bene demaniale.
2.3.1. Si deduce, per quanto riguarda l’asserita occupazione mediante le opere di terrazzamento e la scala in legno e metallo, che non vi è prova che dette strutture insistano su un’area demaniale marittima.
Si precisa che l’affermazione secondo cui dette opere insistono su un’area demaniale si fonda su indicazioni di mappe catastali e di misurazioni a mezzo GPS eseguite dalla polizia giudiziaria. Si osserva che le risultanze catastali hanno mera finalità fiscale, che l’art. 32 disp. att. cod. nav. disciplina un’apposita procedura d delimitazione dell’area demaniale, mai attuata dalla P.A. nella specie, e tuttavia presupposto indispensabile per l’esercizio di poteri di polizia demaniale (si cita T.A.R. Calabria n. 1313 del 2006 che l’attuale ricorrente ha adito il Tribunale di Roma per l’accertamento dei confini tra la sua proprietà ed il demanio marittimo, e che, in quel giudizio, il consulente tecnico di ufficio ha riconosciuto la non corrispondenza tra i confini catastali e quelli naturali in ordine al suolo su cu insistono scala e terrazzamento. Si segnala, poi, che illegittimamente la sentenza impugnata ha omesso di valutare: a) le risultanze della consulenza tecnica di ufficio eseguita nel processo civile a norma dell’art. 234 cod. proc. pen., come invece avrebbe dovuto (si cita Sez. 4, n. 44672 del 04/11/2019); b) la morfologia dei luoghi, posti in alto e a distanza rispetto alla battigia, e, quindi, non battuti mareggiate ordinarie, requisito invece necessario a tal fine (si cita, tra le altre Sez. 3 civ., n. 10304 del 2004), nonché inidonei ad assicurare il pubblico uso del mare (si cita, tra le altre, Sez 1 civ., n. 3950 del 21/04/1999). Si sottolinea, inoltre che la giurisprudenza di legittimità ha escluso la legittimità del sequestro in difetto di prova certa della demanialità del suolo (si cita Sez. 3, n. 863 del 2002). Si rammenta, quindi, che la classificazione dei beni del demanio marittimo richiede, a norma dell’art. 35 cod. nav., un formale provvedimento avente natura costitutiva (si cita Sez. 1 civ., n. 12945 del 09/06/2014). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Si evidenzia, ancora, che il reato di occupazione abusiva è reato doloso e che, in ogni caso, con riguardo al suolo oggetto delle opere di realizzazione del terrazzamento e della scala, è rilevabile una situazione di incertezza tale da escludere la consapevolezza di aver agito su un bene demaniale.
2.3.2. Si deduce, per quanto riguarda l’asserita occupazione mediante l’apposizione di pali di sostegno per ombrelloni, ombrelloni e lettini da spiaggia, che la condotta è riferibile non alla società del ricorrente, la “RAGIONE_SOCIALE“, ma al società “RAGIONE_SOCIALE“, amministrata dalla moglie del medesimo.
Si osserva, ancora, che l’allocazione di aste e sedie da sdraio non può definirsi occupazione arbitraria, o permanente.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 157 e 158 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata dichiarazione di estinzione per prescrizione dei reati di cui all’art. 44, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 e di cui all’art. 1 d.lgs. n. 42 del 2004.
Si deduce che i reati di cui all’art. 44, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 e di cui all’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004 sono reati istantanei ad effetto permanente, i quali si consumano con l’esaurimento dei lavori. Si osserva che: a) i lavori, nella specie, risultavano già ultimati alla data dell’Il agosto 2018, data accesso della polizia giudiziaria; b) l’individuazione dell’ultimazione dei lavori come prossima alla data del sopralluogo è affermata in modo impreciso, nonostante l’imminenza della prescrizione, la quale sarebbe maturata prima della data della sentenza impugnata anche in caso di compimento delle opere il 25 ottobre 2017, anche a voler computare 224 giorni di sospensione, ed in contrasto con il principio in dubio pro reo.
2.5. Con il quinto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 133 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla determinazione della pena.
Si deduce che la pena base è stata fissata in una misura pari a 18 volte il minimo previsto per il reato più grave, e sulla base di una motivazione meramente assertiva, non fondata su elementi di fatto certi.
2.6. Con il sesto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 54 e 1161 cod. nav., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla applicazione della continuazione relativamente al reato di occupazione abusiva.
Si deduce che l’aumento per il reato di occupazione abusiva è stato disposto sia con riguardo alla pena detentiva, sia con riguardo alla pena pecuniaria, sebbene, per detto reato, pena detentiva e pena pecuniaria sono alternative.
2.7. Con il settimo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 58 e 59 legge n. 689 del 1981, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., avuto riguardo all’applicazione della pena sostitutiva.
Si deduce che: a) nella sentenza impugnata, risulta ingiustificata la scelta di applicazione della pena sostitutiva, né sono stati indicati i criteri seguiti a tale fin b) a norma dell’art. 58 legge n. 689 del 1981, come sostituito dall’art. 71, lett. f) d.lgs. n. 150 del 2022, l’applicazione delle pene sostitutive è consentita solo se non viene ordinata la sospensione condizionale della pena, e tuttavia questa è stata disposta nel caso di specie.
2.8. Con l’ottavo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 163 e 165 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla subordinazione della sospensione condizionale al ripristino dello stato dei luoghi.
Si deduce che la clausola della subordinazione del beneficio è stata applicata senza alcuna motivazione in ordine alla sua necessità, come invece doveroso (si citano Sez. 3, n. 36548 del 14/09/2022 e Sez. 3, n. 33414 del 04/03/2021), e che, inoltre, la stessa pone un onere inesigibile o comunque irragionevole a carico dell’attuale ricorrente, perché il reato è contestato come commesso nell’esercizio di una funzione, quella di amministratore della “RAGIONE_SOCIALE“, la quale potrebbe cessare ben prima del momento in cui sorge l’obbligo di adempimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’atto di impugnazione deve essere qualificato come appello per le ragioni di seguito precisate.
Innanzitutto, occorre richiamare il principio ampiamente consolidato in giurisprudenza secondo cui è appellabile la sentenza di condanna per contravvenzione con la quale sia stata inflitta la pena dell’ammenda, in tutto o in parte, come sanzione sostitutiva dell’arresto, atteso che il limite previsto dall’art. 593, comma 3, cod. proc. pen. si riferisce alle sole sentenze di condanna a pena originariamente prevista come ammenda (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 14738 del 11/0272016, Lupo, Rv. 266833-01, e Sez. 4, n. 45751 del 08/11/2012, COGNOME, Rv. 253645-01, ma già, in precedenza, Sez. U, n. 7902 del 03/02/1995, COGNOME, Rv. 201546-01).
In secondo luogo, va considerato che a norma dell’art. 569 cod. proc. pen., la parte che ha diritto di appellare la sentenza di primo grado può proporre direttamente ricorso per cassazione (comma 1), ma il ricorso, se proposto nei casi previsti dall’art. 606, comma 1, lett. d) ed e), si converte in appello (comma 3).
E, come chiarito dalla giurisprudenza, il ricorso per cassazione deve essere convertito in appello anche se non contiene solo motivi riferiti al vizio di motivazione, ma anche altre censure (cfr., tra le tante, Sez. 4, n. 1189 del 10/10/2018, dep. 2019, Alonzi, Rv. 274834-01, nonché Sez. 3, n. 48978 del 08/10/2014, COGNOME, Rv. 261208-01, la quale precisa che la conversione opera anche quando la censura di cui all’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., sia proposta in via subordinata).
L’unico limite alla conversione del ricorso diretto per cassazione in appello ricorre, determinando l’inammissibilità del gravame, quando, attraverso la ricerca dell’effettiva volontà del ricorrente, si accerti che lo stesso abbia voluto deliberatamente impugnare il provvedimento con un mezzo o per motivi diversi
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da quelli consentiti, con la consapevolezza sia della improponibilità del me strumentalmente prescelto e dichiarato, quanto della esistenza di altro ed u rimedio processuale, appositamente predisposto dal sistema e dallo stes ricorrente rifiutato (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 1108 del 06/12/2022, de G., Rv. 284333-01, e Sez. 1, n. 51610 del 23/04/2018, Canella, Rv. 275664-01)
Nella specie, la sentenza impugnata è appellabile, ed il ricorso cassazione non solo deduce anche il vizio di motivazione, ma risulta formulato modo corretto e non strumentale.
4.1. La sentenza, si è detto, è appellabile.
La stessa, infatti, ha applicato pena pecuniaria dell’ammenda anche qua pena sostitutiva di quella di settanta giorni di arresto, come d espressamente indicato in motivazione al § 9.1.
4.2. Il ricorso in esame, poi, deduce pure il vizio di motivazione e ri formulato in modo corretto e non strumentale.
Precisamente, il ricorso deduce il vizio di motivazione: a) nel secondo moti con riferimento alla configurabilità, ritenuta dal Tribunale, del reato deriva violazione delle norme edilizie e paesaggistiche; b) nel terzo motivo, riferimento alla configurabilità, ritenuta dal Tribunale, del reato di occupa abusiva di bene demaniale; c) nel quinto e nel sesto motivo, con riferimento determinazione della pena; d) nell’ottavo motivo, con riferimento a subordinazione della sospensione condizionale al ripristino dello stato dei luo
Il medesimo ricorso, inoltre, non risulta strumentalmente proposto, perché censure, precedentemente sintetizzate nel Ritenuto in fatto, sono conformi paradigmi normativi fissati dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen.
In considerazione di quanto evidenziato in precedenza, il ricorso p cassazione in esame deve essere qualificato come appello e deve esser conseguentemente trasmesso alla Corte d’appello di Roma per le valutazioni d competenza di tale Giudice.
P.Q.M.
Qualificato il ricorso per cassazione come appello, dispone la trasmissio degli atti alla Corte di appello di Roma per l’ulteriore corso.
Così deciso in data 12/01/2024