Ricorso in Cassazione: l’importanza dell’interesse concreto nella qualificazione giuridica del fatto
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6495 del 2024, offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, in particolare quando l’oggetto della contestazione è la qualificazione giuridica del fatto. La pronuncia sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: per impugnare una decisione, non è sufficiente un mero dissenso teorico, ma è necessario un interesse concreto, attuale e rilevante. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Milano per un reato tributario previsto dall’art. 3 del D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici). L’imputato, attraverso il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione non per contestare la sua colpevolezza, ma per sostenere che il fatto avrebbe dovuto essere inquadrato in una diversa e più grave fattispecie di reato, ovvero quella prevista dall’art. 2 dello stesso decreto (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti).
La richiesta, apparentemente singolare, mirava a una rettifica puramente formale dell’inquadramento giuridico, senza che da ciò derivasse una modifica favorevole per l’imputato, né in termini di pena né sotto altri profili sostanziali.
La corretta qualificazione giuridica del fatto secondo la Cassazione
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici hanno ribadito che l’interesse a proporre un’impugnazione deve essere concreto e non può risolversi nella “pretesa di una formale applicazione della legge”.
In altre parole, un ricorso per cassazione che punta esclusivamente a modificare la qualificazione giuridica del fatto, senza che tale modifica abbia un’incidenza pratica sul dispositivo della sentenza (la decisione finale), è privo dell’interesse ad agire richiesto dalla legge. Questo principio è ancora più valido quando, come nel caso di specie, l’imputato è stato condannato per un reato punito meno gravemente rispetto a quello che, a suo dire, avrebbe dovuto essere contestato.
Le motivazioni della decisione
La Corte ha spiegato che l’interesse del ricorrente deve tradursi in un vantaggio pratico e tangibile che deriverebbe dall’accoglimento del ricorso. Se l’unica conseguenza della modifica richiesta è una correzione nominalistica della norma violata, senza alcun effetto sulla condanna, sulla pena o su altri aspetti della decisione, l’impugnazione si rivela inutile e, pertanto, inammissibile.
Citando precedenti conformi, la Cassazione ha affermato che non è ammissibile un’impugnazione che tende “soltanto al mutamento della qualificazione giuridica del fatto senza incidere sul contesto del dispositivo”. L’ordinamento processuale non è uno strumento per risolvere questioni accademiche o puramente teoriche, ma per tutelare diritti e interessi concreti. La mancanza di tale concretezza porta inevitabilmente a una pronuncia di inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
Le conclusioni
La decisione in esame riafferma un principio cardine del diritto processuale penale: l’impugnazione non è un diritto esercitabile in astratto, ma è subordinata alla sussistenza di un interesse reale e giuridicamente apprezzabile. Chi intende ricorrere in Cassazione deve dimostrare quale beneficio pratico otterrebbe da un eventuale annullamento della sentenza impugnata. Un ricorso volto a una mera riqualificazione del reato, specialmente se in una fattispecie più grave, è destinato a essere dichiarato inammissibile, trasformandosi in un’iniziativa processuale controproducente che comporta unicamente un aggravio di spese per il ricorrente.
Quando un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile per mancanza di interesse?
Un ricorso è inammissibile per mancanza di interesse quando il suo accoglimento non comporterebbe alcun vantaggio concreto e rilevante per il ricorrente, ma si limiterebbe a una modifica puramente formale della decisione impugnata senza incidere sul dispositivo finale.
È possibile impugnare una sentenza solo per cambiare la qualificazione giuridica del fatto?
No, secondo l’orientamento della Cassazione, non è ammissibile un’impugnazione che mira soltanto al mutamento della qualificazione giuridica del fatto. È necessario che da tale modifica derivi un effetto pratico favorevole per l’imputato, come una riduzione della pena o un esito diverso del giudizio.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6495 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6495 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a GARLASCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il ricorso di COGNOME NOME che deduce la violazione di legge in relazione all’errata qualificazione giuridica del fatto per cui ha riportato condanna ai sensi dell’art. 3 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, in luogo della violazione dell’art. 2 d.lg 10 marzo 2000, n. 74 /è inammissibile perché privo di interesse secondo l’indirizzo ermeneutico di questa Corte di legittimità /che ha ripetutamente affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione che tende soltanto al mutamento della qualificazione giuridica del fatto senza incidere sul contesto del dispositivo perché l’interesse alla proposizione della impugnazione deve essere concreto e rilevante, non potendosi lo stesso individuare nella pretesa di una formale applicazione della legge, tanto più nel caso in esame nel quale l’imputato è stato condannato per il delitto di cui all’art. 3 cit. punito meno gravemente del delitto di cui all’art. 2 cit. (Sez. 5 28600 del 07/04/2017, Rv. 270246 – 01; Sez. 1, n. 39215 del 03/07/2017, Rv. 270957 – 01).
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2024
Il Consiiere estensore
Il Presidente