Qualificazione Giuridica dei Reati Informatici: I Limiti del Sindacato in Cassazione
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per Cassazione in materia di qualificazione giuridica del reato, specialmente a seguito di una sentenza di patteggiamento. La Corte Suprema ha ribadito un principio consolidato: non ogni doglianza sulla classificazione del reato è ammissibile in sede di legittimità, ma solo quelle che evidenziano un errore palese e macroscopico. Questo caso, riguardante la distinzione tra l’indebito utilizzo di strumenti di pagamento (art. 493-ter c.p.) e la frode informatica (art. 640-ter c.p.), è emblematico.
I Fatti del Caso
Il Tribunale di Potenza, in data 3 maggio 2024, aveva applicato nei confronti di un imputato la pena concordata tra le parti (c.d. patteggiamento) ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per il reato continuato di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, previsto dall’art. 493-ter del codice penale.
Contro tale sentenza, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale. Il motivo del ricorso era unico e specifico: secondo la difesa, i fatti contestati non avrebbero dovuto essere inquadrati nell’art. 493-ter c.p., bensì nella fattispecie di frode informatica (art. 640-ter c.p.). La difesa sosteneva che la condotta, consistita nell’intrusione nel sistema di home banking della vittima con modifica delle password, travalicasse i limiti del reato contestato.
La Qualificazione Giuridica nel Ricorso per Cassazione
Il fulcro della questione giuridica risiede nella possibilità di contestare in Cassazione la qualificazione giuridica data ai fatti dal giudice di merito. La difesa mirava a dimostrare che l’intrusione abusiva in un sistema informatico, finalizzata a modificare credenziali per effettuare prelievi, costituisse un’alterazione del funzionamento del sistema stesso, tipica della frode informatica, e non un mero utilizzo indebito di uno strumento di pagamento.
Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di Cassazione è costante nel porre paletti molto stringenti a questo tipo di censura. Il controllo di legittimità sulla qualificazione del fatto non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma serve a correggere errori di diritto evidenti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 26514/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Le motivazioni si fondano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. In particolare, i giudici hanno richiamato il principio secondo cui la qualificazione giuridica può essere messa in discussione in sede di legittimità solo in due ipotesi circoscritte:
1. Quando risulta, con “indiscussa immediatezza”, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione.
2. Quando è frutto di un errore manifesto.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che nessuna di queste due condizioni fosse presente. La scelta del Tribunale di Potenza di qualificare il fatto ai sensi dell’art. 493-ter c.p. non appariva né manifestamente errata né macroscopicamente sproporzionata rispetto alla descrizione della condotta. Di conseguenza, non sussistevano i presupposti per un intervento correttivo da parte della Cassazione.
In virtù di queste considerazioni, il ricorso è stato dichiarato inammissibile con una procedura semplificata e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle Ammende.
Conclusioni
Questa pronuncia conferma la linea rigorosa della Corte di Cassazione riguardo al sindacato sulla qualificazione giuridica dei fatti. Per gli operatori del diritto, ciò significa che eventuali contestazioni sulla corretta norma da applicare devono essere argomentate con estrema solidità già nei gradi di merito. In sede di legittimità, e a maggior ragione dopo un patteggiamento, le possibilità di successo sono ridotte ai soli casi di errore macroscopico e immediatamente percepibile. La decisione delinea chiaramente i confini tra la valutazione di merito, preclusa alla Cassazione, e il controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge.
È possibile contestare la qualificazione giuridica di un reato in Cassazione dopo un patteggiamento?
Sì, ma solo in casi molto limitati. Secondo la Corte, la contestazione è possibile unicamente quando la qualificazione giuridica adottata dal giudice di merito sia palesemente eccentrica rispetto ai fatti descritti nell’imputazione o sia il risultato di un errore manifesto.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la qualificazione del reato come indebito utilizzo di strumenti di pagamento (art. 493-ter c.p.), anziché frode informatica (art. 640-ter c.p.), non costituisse un errore palese o una valutazione “eccentrica”, rientrando quindi nei limiti della corretta applicazione della legge da parte del giudice di merito.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26514 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 26514 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA assistito e difeso dall’AVV_NOTAIO – di fiducia
avverso la sentenza del 3/5/2024 del Tribunale di Potenza
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Potenza, con sentenza in data 3 maggio 2024, applicava nei confronti di NOME COGNOME la pena concordata dalle parti ex art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv., 493-ter, cod. pe commesso in Potenza il 2 maggio 2024.
Ricorre per RAGIONE_SOCIALEzione avverso il predetto provvedimento il difensore dell’imputato, deducendo con motivo unico la violazione dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen. per erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza dell’ipotesi normativa ex art. 493-ter cod. pen, in luogo dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 640-ter cod. pen.
Osserva la difesa del ricorrente che nel caso in esame si sarebbe verificata un’intrusione da parte di soggetti non identificati nel sistema informatico di home banking della persona offesa al fine di modificare le password di accesso e prelievo, condotta questa che travalica i limiti posti dall’art. 493-bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La qualificazione giuridica dei fatti ritenuta in sentenza può essere messa in discussione con il ricorso per cassazione solo quando risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (Sez. 6, n. 15009 del 27/11/2012, dep. 2013, Bisignani, Rv. 254865) o risulti frutto di un errore manifesto (Sez. 3, n. 34902 del 24/06/2015, COGNOME e altro, Rv. 264153), situazione che non ricorre nel caso in esame.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano ex art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento ed al versamento in favore della RAGIONE_SOCIALE, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C 3.000,00 (tremila) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 25 giugno 2024.