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Qualificazione giuridica: Cassazione su 493-ter c.p.

Un soggetto, condannato con patteggiamento per il reato di cui all’art. 493-ter c.p., ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo una diversa qualificazione giuridica del fatto, ovvero frode informatica. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la qualificazione giuridica può essere riesaminata solo se palesemente eccentrica o frutto di errore manifesto, condizioni non riscontrate nel caso di specie.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Qualificazione Giuridica dei Reati Informatici: I Limiti del Sindacato in Cassazione

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per Cassazione in materia di qualificazione giuridica del reato, specialmente a seguito di una sentenza di patteggiamento. La Corte Suprema ha ribadito un principio consolidato: non ogni doglianza sulla classificazione del reato è ammissibile in sede di legittimità, ma solo quelle che evidenziano un errore palese e macroscopico. Questo caso, riguardante la distinzione tra l’indebito utilizzo di strumenti di pagamento (art. 493-ter c.p.) e la frode informatica (art. 640-ter c.p.), è emblematico.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Potenza, in data 3 maggio 2024, aveva applicato nei confronti di un imputato la pena concordata tra le parti (c.d. patteggiamento) ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per il reato continuato di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, previsto dall’art. 493-ter del codice penale.

Contro tale sentenza, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale. Il motivo del ricorso era unico e specifico: secondo la difesa, i fatti contestati non avrebbero dovuto essere inquadrati nell’art. 493-ter c.p., bensì nella fattispecie di frode informatica (art. 640-ter c.p.). La difesa sosteneva che la condotta, consistita nell’intrusione nel sistema di home banking della vittima con modifica delle password, travalicasse i limiti del reato contestato.

La Qualificazione Giuridica nel Ricorso per Cassazione

Il fulcro della questione giuridica risiede nella possibilità di contestare in Cassazione la qualificazione giuridica data ai fatti dal giudice di merito. La difesa mirava a dimostrare che l’intrusione abusiva in un sistema informatico, finalizzata a modificare credenziali per effettuare prelievi, costituisse un’alterazione del funzionamento del sistema stesso, tipica della frode informatica, e non un mero utilizzo indebito di uno strumento di pagamento.

Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di Cassazione è costante nel porre paletti molto stringenti a questo tipo di censura. Il controllo di legittimità sulla qualificazione del fatto non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma serve a correggere errori di diritto evidenti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 26514/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Le motivazioni si fondano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. In particolare, i giudici hanno richiamato il principio secondo cui la qualificazione giuridica può essere messa in discussione in sede di legittimità solo in due ipotesi circoscritte:

1. Quando risulta, con “indiscussa immediatezza”, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione.
2. Quando è frutto di un errore manifesto.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che nessuna di queste due condizioni fosse presente. La scelta del Tribunale di Potenza di qualificare il fatto ai sensi dell’art. 493-ter c.p. non appariva né manifestamente errata né macroscopicamente sproporzionata rispetto alla descrizione della condotta. Di conseguenza, non sussistevano i presupposti per un intervento correttivo da parte della Cassazione.

In virtù di queste considerazioni, il ricorso è stato dichiarato inammissibile con una procedura semplificata e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle Ammende.

Conclusioni

Questa pronuncia conferma la linea rigorosa della Corte di Cassazione riguardo al sindacato sulla qualificazione giuridica dei fatti. Per gli operatori del diritto, ciò significa che eventuali contestazioni sulla corretta norma da applicare devono essere argomentate con estrema solidità già nei gradi di merito. In sede di legittimità, e a maggior ragione dopo un patteggiamento, le possibilità di successo sono ridotte ai soli casi di errore macroscopico e immediatamente percepibile. La decisione delinea chiaramente i confini tra la valutazione di merito, preclusa alla Cassazione, e il controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge.

È possibile contestare la qualificazione giuridica di un reato in Cassazione dopo un patteggiamento?
Sì, ma solo in casi molto limitati. Secondo la Corte, la contestazione è possibile unicamente quando la qualificazione giuridica adottata dal giudice di merito sia palesemente eccentrica rispetto ai fatti descritti nell’imputazione o sia il risultato di un errore manifesto.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la qualificazione del reato come indebito utilizzo di strumenti di pagamento (art. 493-ter c.p.), anziché frode informatica (art. 640-ter c.p.), non costituisse un errore palese o una valutazione “eccentrica”, rientrando quindi nei limiti della corretta applicazione della legge da parte del giudice di merito.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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