Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34367 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34367 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento nel procedimento penale nei confronti di NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA NOME COGNOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA NOME COGNOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del GUP del Tribunale di Agrigento del 07/10/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; uditi i difensori: AVV_NOTAIO, per NOME; AVV_NOTAIO, per NOME, nonché, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO
COGNOME, per NOME e NOME COGNOME, e, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7 ottobre 2024, resa all’esito di giudizio abbreviato, il Gup del Tribunale di Agrigento ha condannato NOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME NOME, per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 1135 cod. nav., in relazione all’art. 101 della Convenzione di Montego Bay del 1982, pere avere commesso, in concorso tra loro quali membri dell’equipaggio di un motopeschereccio, atti di depredazione ai danni di un barchino in ferro che navigava in acque internazionali, ma contigue al mare territoriale italiano, a bordo del quale si trovavano 49 migranti.
A ciascuno degli imputati è stata inflitta la pena di anni 4 e mesi 2 di reclusione, oltre alle pene accessorie previste.
Avverso l’anzidetta sentenza, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
Con due motivi di doglianza, il cui contenuto può essere riportato congiuntamente per ragioni di connessione, il ricorrente lamenta vizi della motivazione e violazione dell’art. 1135, primo e secondo comma, cod. nav., in ordine all’erronea sussunzione della condotta contestata nella fattispecie di cui al secondo comma dell’art. 1135 cod. nav. e non in quella di cui al primo comma.
In particolare, il giudice avrebbe omesso di valorizzare adeguatamente gli elementi probatori emersi nel corso delle indagini, quali la documentazione ritrovata a bordo del peschereccio che identificherebbe NOME quale armatore della barca e le testimonianze rese da alcuni migranti secondo cui NOME e NOME COGNOME sarebbero stati i due soggetti maggiormente attivi e con più potere decisionale.
Inoltre, secondo quanto sostenuto dal Procuratore ricorrente, l’assenza di un rapporto gerarchico tra i membri dell’equipaggio escluderebbe a fortiori l’applicabilità della circostanza attenuante prevista dal secondo comnna dell’art. 1135 cod. nav., emergendo piuttosto un’azione pianificata e condivisa, in cui ciascuno degli imputati avrebbe esercitato, di fatto, un ruolo assimilabile a quello del comandante.
3. Le difese di NOME e NOME hanno depositato memorie, con cui chiedono che il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Diversamente da quanto sostenuto dal Procuratore della Repubblica ricorrente, la sentenza del Tribunale di Agrigento reca un’ampia e articolata motivazione sia in ordine alla valutazione degli elementi probatori a carico degli imputati, sia in relazione alla loro qualificazione come membri dell’equipaggio e non come comandanti o ufficiali.
Infatti, il giudice rileva correttamente che non sussistono dubbi circa l’applicazione del secondo connma dell’art. 1135 cod. nav., visto che, dalle risultanze probatorie acquisite, in particolare dalle dichiarazioni rese dalla polizia giudiziaria intervenuta nell’immediatezza dei fatti e dalle testimonianze raccolte, emerge che tutti gli imputati devono essere considerati membri dell’equipaggio, avendo ciascuno di essi partecipato attivamente alla condotta delittuosa in posizione sostanzialmente paritaria (pag. 22 del provvedimento). Ne consegue che nessuno degli imputati può ritenersi estraneo al reato contestato, ma neppure può essere individuato, in assenza di prove specifiche, uno o più soggetti con ruolo apicale, tale da giustificare l’applicazione del primo connnna della norma.
La circostanza evidenziata dal ricorrente, secondo cui l’imputato NOME sarebbe identificabile quale uno dei comandanti, in quanto indicato come armatore nei documenti dell’imbarcazione, non ha trovato ulteriore conferma nel corso del processo, dal momento che, pur avendo la polizia giudiziaria inizialmente rivolto l’attenzione su di lui, nel prosieguo delle indagini non sono emersi elementi ulteriori o univoci in grado di attribuirgli, con sufficiente certezza, la posizio apicale richiesta dalla norma. Analogamente, risulta del tutto logica e coerente l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui le dichiarazioni rese in sede di incidente probatorio dalla teste NOME COGNOME sono generiche e prive di contenuto individualizzante, non consentendo di attribuire ad alcuno degli imputati il ruolo di comandante o ufficiale in senso tecnico. La teste non ha fornito alcuna indicazione univoca sull’esistenza di una catena di comando, né ha descritto l’esercizio di un potere direttivo o decisionale da parte di qualcuno dei soggetti coinvolti.
Al contrario, dal complesso delle dichiarazioni testimoniali acquisite, emerge un coinvolgimento operativo e sostanzialmente paritetico di tutti gli imputati nella condotta delittuosa: in particolare, NOME e NOME erano presenti a bordo, pur non essendo stati riconosciuti dai migranti, NOME era il soggetto che parlava con maggiore frequenza, NOME era colui che aveva materialmente
sottratto il motore dell’imbarcazione, NOME era il soggetto che aveva avviato il primo contatto con i migranti e NOME era colui che li teneva sotto controllo (pag. 21 del provvedimento).
Tali comportamenti, distribuiti tra i vari soggetti, non delineano una posizione di preminenza o di comando esclusivo in capo a uno solo di essi, ma al contrario configurano una condotta collettiva e priva di gerarchia certa, coerente con la nozione di “membri dell’equipaggio” in senso funzionale, quale richiesta dal secondo comma dell’art. 1135 cod. nav.
E infatti, è pacifico che l’applicazione del primo comma, che prevede una pena maggiore per il comandante o gli ufficiali, presuppone l’accertamento positivo della qualifica soggettiva del singolo, fondata su prove certe, in ossequio al principio di legalità e di tipicità dell’illecito penale. In mancanza di tale accertamento, ogni dubbio sulla qualifica dell’imputato deve risolversi in suo favore, rendendo inapplicàbile il primo connma, non essendo configurabile una presunzione dì appartenenza alla categoria dei comandanti e ufficiali.
In conclusione, alla luce dell’assenza di elementi certi per attribuire ad alcuno degli imputati la qualifica di comandante, nonché dell’emersione di una condotta concertata e condivisa tra tutti i soggetti coinvolti, la corretta qualificazio giuridica dei fatti impone l’applicazione del secondo comma dell’art. 1135 cod. nav., restando preclusa l’estensione al primo comma in difetto dei presupposti soggettivi richiesti dalla norma.
In questo quadro, il ricorso si risolve in un tentativo di rivisitazione de compendio istruttorio, precluso in sede di legittimità, oltre che nel richiamo al principio di diritto manifestamente erroneo, Secondo cui, nel dubbio, in forza di una implicita presunzione contra reum, tutti i soggetti responsabili di atti di pirateria in concorso dovrebbero considerarsi comandanti o ufficiali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 10/07/2025.