Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30782 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30782 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Avellino il 17/12/1964
avverso la sentenza del 17/01/2025 della Corte di appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Salerno, a . seguito di gravame interposto – per quanto in questa sede di interesse – dall’imputato NOME COGNOME avverso la sentenza emessa il 26 giugno 2023 dal locale Tribunale, ha confermato la decisione con la quale il predetto imputato è stato riconosciuto responsabile del reato di peculato ascrittogli sub C)d), quale liquidatore del RAGIONE_SOCIALE in relazione alla appropriazione della somma complessiva di euro 102.260, attraverso vari prelievi effettuati dal 15 gennaio 2013 al 24 novembre 2014 da un conto corrente di cui cui era titolare il Consorzio, e condannato a pena di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che con atto del difensore deduce i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo inosservanza o erronea applicazione degli artt. 314, 357 e 358 cod. pen. in relazione alla qualifica pubblicistica dell’imputato ricorrente, essendo cessata qualsiasi attività aziendale con la sua messa in liquidazione (risalente al 20.01.2012) ed essendo limitato il compito dell’imputato, quale liquidatore, alla definizione dei rapporti di debito e di credito dell’ente, di nat strettamente privatistica rispondente a norme di diritto privato a nulla rilevando che tra i rapporti da definire vi fossero eventuali debiti nei confronti della P.A. questo senso si è espressa la Corte dei Conti – sez. Giurisdizionale per la Campania con la sentenza n. 21 depositata il 21.01.2025 nell’ambito del giudizio di responsabilità erariale a carico del ricorrente (allegata al ricorso) che ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione.
2.2. Con il secondo motivo difetto di motivazione in ordine alla predetta dedotta violazione di legge penale, devoluta in appello ma ignorata dalla sentenza impugnata.
2.3. Con il terzo motivo travisamento della prova e mancanza della motivazione in relazione alle deduzioni difensive in appello in ordine alla presenza – alla data in cui il ricorrente divenne liquidatore (13.1.2013) – di somme di provenienza pubblica nella disponibilità di RAGIONE_SOCIALE
2.4. Con il quarto motivo difetto di motivazione con riferimento al quarto motivo di appello in ordine alla incidenza sull’elemento psicologico del reato della accertata confusione contabile ereditata dal ricorrente e in relazione alla consapevolezza dell’origine pubblica dei fondi attinti.
2.5. Con il quinto motivo violazione della legge penale e illogicità della motivazione in ordine al rigetto della richiesta di applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, essendo estranea al relativo parametro la gravità del
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reato, rilevando la prognosi di reiterabilità del reato che non può desumersi dalla mancata restituzione delle somme oggetto di appropriazione.
In assenza di istanza di trattazione orale, il P.G. ha concluso con requisitoria scritta come in epigrafe.
E’ pervenuta memoria difensiva di replica alla requisitoria del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in base all’assorbente primo e secondo motivo e deve essere accolto.
Indiscussa l’appropriazione delle indicate somme del Consorzio da parte dell’imputato, secondo il doppio conforme accertamento di merito, la sentenza impugnata ha respinto la deduzione difensiva in appello in ordine alla assenza di qualifica pubblicistica del ricorrente, sulla base della accertata natura pubblica delle somme oggetto di appropriazione in quanto provenienti dal M.E.F. e a destinazione vincolata alle finalità previste di aiuto alle imprese a rischio finanziari (v. pg. 12 della sentenza impugnata). A tal riguardo, la sentenza assume che gli accertamenti avevano acclarato che sin dal 2007 l’ente era in condizioni estremamente precarie, tali da giustificare sin da allora la sua messa in liquidazione, tanto che era in grado di operare quasi solo con i fondi di fonte RAGIONE_SOCIALE, così giustificandosi la fonte pubblica delle somme apprese.
Ritiene questa Corte che erroneamente è stata riconosciuta la qualificazione di agente pubblico al ricorrente in relazione alla appropriazione ascrittagli, in quanto non è la provenienza pubblica delle somme oggetto di appropriazione a fondare tale qualità, avendo egli commesso i fatti nella ascritta veste di liquidatore dell’Ente, quando erano – per definizione – cessate le attività di questo in ordine alle somme erogate dal M.E.F.
Invero, il reato di peculato punisce l’appropriazione del bene abusando della sua disponibilità in ragione dell’ufficio pubblico ricoperto dall’agente e non, semplicemente, l’appropriazione del bene “pubblico”, qualità che non determina la qualifica pubblicistica del soggetto agente.
E’ stato – al tal riguardo – chiaramente affermato che, ai fini dell’attribuzion della qualifica soggettiva di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizi rileva la connotazione oggettiva e funzionale dell’attività concretamente svolta dall’agente, e non già il carattere pubblico della “pecunia”
e
(Sez. 6, n. 4520 del 23/10/2024, dep. 2025, Felicita, Rv. 287453); ancora, in tema di reati contro la pubblica amministrazione, riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio il dirigente di una società “in house” – avente natura di impresa pubblica e forma giuridica privata – limitatanne . nte alle attività dir .ettamente correlate all’espletamento del servizio pubblico o con questo poste in rapporto ausiliario o strumentale (Sez. 6, n. 23910 del 03/04/2023, Ciccinnarra, Rv. 284759 – 01).
Cosicché deve essere negata la qualifica pubblicistica del ricorrente all’atto delle illecite appropriazioni da lui commesse.
Non può accedersi alla prospettazione del Requirente in ordine alla responsabilità del ricorrente per il delitto di peculato in ragione del suo concorso, quale extraneus, con il Rossi, Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’ente consortile, secondo una inaccessibile diversa ricostruzione del fatto.
Il doppio conforme accertamento di merito ha attribuito al COGNOME l’appropriazione delle somme in ragione della sua qualità di liquidatore dell’ente, senza alcun riferimento a coevi accordi con altri soggetti qualificati, quali il COGNOME nei confronti del quale – peraltro – è stata pronunciata in appello definitiva declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione al delitto di peculato sub C)a) ascrittogli – riprova della autonomia della sua condotta – cessato dalla carica di amministratore nel 2011, quindi ben prima dell’assunzione da parte del ricorrente della carica di liquidatore e senza che sia stato interessato da alcuna estensione alla appropriazione ascritta all’attuale ricorrente.
In ogni caso, anche tale – inaccessibile – diversa ricostruzione della responsabilità del ricorrente non soddisfa il criterio di legittimità sopra ricordato in assenza – comunque – dell’obiettivo esercizio di funzioni pubblicistiche in occasione delle appropriazioni in questione.
Pertanto, la condotta appropriativa contestata, in assenza della qualificazione pubblicistica del ricorrente, deve essere riqualificata quale appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 11 cod. pen. per l’abuso delle funzioni di liquidatore dell’Ente, dovendosi dichiarare l’intervenuta prescrizione del reato, essendo decorso il relativo termine massimo.
Sono assorbiti gli altri motivi di ricorso.
Deve, quindi, essere disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il reato, come sopra riqualificato, è estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Riqualificato il fatto quale appropriazione indebita aggravata, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 08/07/2025.