Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24711 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24711 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, nel procedimento a carico di:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Reggio Calabria il 11-07-1988,
COGNOME GiuseppeCOGNOME nato a Palermo il 18-06-1953,
COGNOME NOME COGNOME nato a Catania il 28-02-1971,
COGNOME NOMECOGNOME nato a Cagliari il 19-08-1968,
COGNOME NOMECOGNOME nato a Lacco Ameno il 01-04-1982,
COGNOME SalvatoreCOGNOME nato a Castellammare di Stabia il 28-09-1963,
COGNOME NOMECOGNOME nato a Rapallo il 21-11-1983,
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 19-11-1977,
COGNOME nato a Torre del Greco il 11-09-1977,
COGNOME NOMECOGNOME nato a La Maddalena il 05-09-1979,
COGNOME NOMECOGNOME nato a Porto Torres il 04-04-1959,
COGNOME NOMECOGNOME nato a Torre del Greco il 05-06-1958,
avverso la sentenza del 20-06-2024 del Tribunale di Genova
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
letta la memoria trasmessa dall’avv. NOME COGNOME difensore dell’imputato NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso del P.M.
letta la memoria trasmessa dall’avv. NOME COGNOME difensore dell’imputato NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso del P.M.;
letta la memoria trasmessa dall’avv. NOME COGNOME difensore degli imputati COGNOME e COGNOME che si è rimesso alle determinazioni della Corte;
letta la memoria trasmessa dall’avv. NOME COGNOME difensore degli imputati COGNOME COGNOME e COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso del P.M. e, in via subordinata, di assolvere i predetti imputati.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa il 20 giugno 2024, con la quale il Tribunale di Genova, per quanto in questa sede rileva, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, perché, riqualificato il reato di falso a ciascuno di loro ascritto nella fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 1231 cod. nav., era maturata la causa estintiva della prescrizione rispetto a ciascuna imputazione.
Il ricorso è affidato a un unico motivo, con il quale è stata dedotta l’inosservanza dell’art. 357 cod. pen. , nonché degli art. 3, 10, 11 e 13 del Codice I.S.M., derivante dalla Convenzione Solas sulla sicurezza in mare, ratificata con la legge n. 313 del 1980, rilevandosi in proposito che uno dei principi fondamentali del Codice I.S.M. è costituito dall’obbligo per le Compagnie marittime di documentare lo svolgimento di tutte le attività, in particolare quelle che incidono sulla sicurezza, essendo possibile la navigazione solo previa verifica che le disposizioni del Codice I.S.M. sono state regolarmente eseguite. Dall’analisi delle norme del Codice I.S.M. emerge invero che l’attività demandata agli operatori delle Compagnie è disciplinata da norme di diritto pubblico e si svolge anche per mezzo di poteri certificativi, essendo dunque pubblici ufficiali i soggetti preposti a tali attività, per cui le relative false attestazioni integrano il reato ex art. 479 cod. pen. Avrebbe dunque errato il Tribunale nel ritenere che i membri dell’equipaggio non possono qualificarsi come pubblici ufficiali e nel riconoscere tale veste solo al Comandante della nave, non apparendo pertinente né il riferimento della sentenza impugnata all’art. 1127 cod. nav., stante la sopravvenuta normativa nazionale e internazionale volta a disciplinare nuove funzioni pubbliche in tema di navigazione, né il richiamo alla sentenza n. 4557 del 2024 della Quinta Sezione di questa Corte, riguardante una vicenda diversa (condotta di un Comandante di una nave di appoggio a una piattaforma petrolifera che aveva salvato dei migranti destinandoli a un porto libico ritenuto non sicuro) e quindi non sovrapponibile ai fatti di causa.
Con memoria del 17 febbraio 2025, l’avv. NOME COGNOME difensore dell’imputato NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso del P.M., rilevando che la tesi sostenuta nel ricorso determina una palese violazione del principio di legalità e del divieto di analogia, atteso che il Codice della navigazione qualifica come pubblico ufficiale il solo Comandante della nave, elencando in maniera tassativa gli atti parificati all’atto pubblico .
Con memoria del 20 febbraio 2025, l’avv. NOME COGNOME, difensore d ell’imputato NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso del P.M., osservando che la sentenza impugnata, alla luce della riqualificazione giuridica del fatto operata dal Tribunale, è inappellabile e dunque non ricorribile per saltum . Nel merito, la difesa ha ribadito l’infondatezza del ricorso, associandosi alle considerazioni esposte dal Procuratore generale.
Con memoria del 20 febbraio 2025, l’avv. NOME COGNOME difensore degli imputati COGNOME e COGNOME, si è rimesso alle determinazioni della Corte.
Con memoria del 26 febbraio 2025, l’avv. NOME COGNOME difensore degli imputati COGNOME, COGNOME e COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso del P.M. e, in via subordinata, di assolvere i predetti imputati con le formule indicate nello scritto difensivo, rimarcando innanzitutto la carenza d i interesse del P.M., non essendo stata impugnata l’aggravante ex art. 476, comma 2, cod. pen., per cui i fatti per cui si procede risultano prescritti. Nel merito, la difesa evidenzia che in alcuna normativa internazionale o nazionale richiamata è dato rinvenire il registro ronde, a ciò aggiungendo che ai marittimi diversi dal Comandante non può mai attribuirsi la qualifica di pubblico ufficiale, meno che mai nella redazione dei registri ronde, non definibili quali atti pubblici, fermo restando che alcuna prova è stata raccolta in ordine all’eventual e consapevolezza in capo agli imputati circa l’esecuzione approssimativa delle ronde.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del P.M., oltre che ammissibile, è fondato nel merito, nei limiti e con gli effetti che saranno di seguito esposti.
Iniziando dal profilo preliminare dell’ammissibilità dell’impugnazione, occorre evidenziare che il ricorso del P.M. va qualificato come ‘ per saltum ‘ .
Va in proposito evidenziato, infatti, che la sentenza impugnata, con la quale il Tribunale ha riqualificato il delitto di falso in atto pubblico nella contravvenzione di cui all’art. 1231 cod. nav. , era appellabile, dovendosi richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (Sez. 6, ordinanza n. 3066 del 20/11/2024, dep. 2025, Rv. 287450), secondo cui, in tema di impugnazioni, il Pubblico Ministero può proporre appello avverso la sentenza di proscioglimento relativa a un reato punito con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, emessa per effetto della derubricazione del fatto disposta dal giudice di primo grado, ciò in quanto, in ordine alla sentenza di proscioglimento, l ‘ art. 593, comma 3, cod. proc. pen. si limita a stabilire in via generale che sono inappellabili le sentenze relative a reati puniti con la pena pecuniaria o con pena alternativa, senza che sia in alcun caso
prevista e disciplinata l ‘ eventualità in cui il proscioglimento, per uno di tali reati, sia conseguito alla diversa qualificazione giuridica del fatto. La norma, pertanto, deve essere correttamente letta nel senso che sono inappellabili le sole sentenze di proscioglimento in cui la contestazione originaria aveva ad oggetto reati puniti con pena pecuniaria o alternativa. Laddove il proscioglimento deriva dalla derubricazione di un reato più grave e, in relazione al quale, sarebbe stato altrimenti esperibile l ‘ appello, l ‘ impugnazione del Pubblico Ministero non ha ad oggetto il reato conseguente alla derubricazione, bensì riguarda l ‘ originaria contestazione, nella misura in cui tende alla riforma della sentenza di proscioglimento previo riconoscimento dell ‘ erroneità della diversa qualificazione. Del resto, l’ impugnazione con la quale si censura la derubricazione ha espressamente ad oggetto non tanto il fatto come diversamente ritenuto, bensì il fatto come originariamente contestato e del quale, si assume, sia stata erroneamente esclusa la configurabilità. Ciò comporta che, ove il reato inizialmente ipotizzato rientrava tra quelli rispetto ai quali è ammesso l ‘ appello, il regime dell ‘ impugnazione prescinde dall ‘ effetto derivante dalla derubricazione, proprio perché ad essere sub iudice è la dedotta erroneità della qualificazione giuridica in relazione alla quale è stata esercitata l ‘ azione penale e non quella risultante dalla derubricazione compiuta all ‘ esito del giudizio. Tanto premesso, deve osservarsi che l’odierno ricorso va qualificato come immediat o, posto che, ai sensi degli art. 569 e 570, cod. proc. pen., l ‘ Autorità requirente, avendo diritto di proporre appello, aveva titolo ad articolare omisso medio il ricorso per cessazione, che nel caso di specie deve essere ritenuto senz ‘ altro ammissibile, anche nella misura in cui sono stati dedotti vizi di pura legittimità, non implicanti questioni di merito e non attinenti a vizi motivazionali non deducibili in questa sede.
1.1. Proprio perché il ricorso è riferito non al reato conseguente alla derubricazione, ma alla fattispecie oggetto dell’ originaria imputazione, deve rimarcarsi l’interesse a impugnare del P.M., posto che, al tempo della proposizione del ricorso (7 settembre 2024), il reato per il quale è stata esercitata l’azione penale non era prescritto, stante la contestazione dell ‘ aggravante ex art. 476, comma 2, cod. pen. (‘s e la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni ‘), che porta a 12 anni e 6 mesi il termine di prescrizione del reato, per cui, risalendo i fatti al 2016, deve ribadirsi che non era maturata la prescrizione nel momento in cui è stata depositata l’odierna impugnazione, della quale va dunque ribadita l’ammiss ibilità.
Ciò posto, venendo al merito del ricorso, si ritiene utile, prima di affrontare il thema decidendum , una breve ricostruzione dei fatti sottesi alle contestazioni che, nella loro esistenza e successione cronologica, risultano invero pacifici.
Orbene, dalla sentenza impugnata emerge che, in data 29 ottobre 2016, la nave Sharden, che effettua un servizio di linea giornaliero da Genova a Porto Torres andata e ritorno, era partita dalla località sarda alle 20.30, con a bordo 532 persone, tra cui 61 membri dell’equipaggio. Intorno alle 4.30 di notte un passeggero, il signor COGNOME segnalava al personale di bordo che non trovava più la moglie NOME da lui vista verso le 2.30 prima di addormentarsi.
Furono quindi avviate immediate ricerche, ma la donna non fu rinvenuta. La nave arrivò poi con due ore di ritardo al porto di Genova, dove fu avvisata la Polizia marittima che, fatti scendere i passeggeri e le autovetture, assunse le informazioni del caso, dopodiché, la sera stessa del 30 ottobre 2016, la nave Sharden riprese la tratta abituale, proseguendo anche nei giorni successivi la sua normale attività di trasporto. In seguito, la mattina del 14 novembre 2016, mentre la nave si trovava a Porto COGNOME, salì a bordo personale della locale Capitaneria di porto per effettuare una esercitazione di routine finalizzata alla ricerca di clandestini. Nel corso delle operazioni, venne trovato nel locale eliche di manovra, la cui porta era aperta, il cadavere della signora NOME COGNOMEè emerso altresì che la vittima . Quindi, il 17 novembre 2016, la Compagnia marittima Tirrenia nominava una commissione di inchiesta interna a 13 dipendenti dell’equipaggio delle contestazioni disciplinari che, pur nella diversità delle posizioni soggettive, ruotavano sulla non corretta esecuzione delle ronde attivate per la ricerca della donna scomparsa. Su questo
è deceduta subito dopo l’ingresso nel locale tecnico) che poi promosse sostrato fattuale si sono fondate anche le imputazioni elevate in questo giudizio. In particolare, al Comandante della nave Sharden, NOME COGNOME, è stato contestato (capo 24) il delitto di falsità ideologica di cui all’art. 1127 del Codice nella navigazione, per aver falsamente attestato sul giornale della navigazione la effettuazione delle ricerche della passeggera NOME COGNOME. Invece, ai membri dell’equipaggio NOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME è stato singolarmente contestato il reato di cui agli art. 479 e 476 comma 2 cod. pen., per avere, nei rispettivi compiti loro assegnati, falsamente attestato la regolare effettuazione delle ronde relative alla security e alla safety sulla motonave Sharden della Compagnia di Navigazione Tirrenia, in tal modo formando un atto falso, ossia il registro ronde modello 2243, mentre a taluni componenti (COGNOME, COGNOME e COGNOME) è stata altresì addebitata la falsa attestazione (contenuta nel modello 2247) di aver effettuato la regolare ispezione pre-imbarco delle aree della motonave riservate per la deterrenza dei clandestini. A COGNOME, primo ufficiale di coperta e ship security officer , è stato inoltre ascritto di aver falsamente attestato l’effettuazione di due esercitazioni in tema di
contrabbando e terrorismo recanti la data del 21 novembre 2016, mentre a COGNOME, COGNOME e COGNOME è stato altresì contestato di avere, quali ufficiali di navigazione seconda guardia, di avere rafforzato il proposito degli autori materiali delle falsificazioni dei registri di ronde, creando in loro un affidamento circa l’atteggiamento di tolleranza rispetto alla reiterata formazione degli atti falsi .
2.1. Ciò posto, il Tribunale, con la sentenza impugnata, ha condannato il solo Comandante COGNOME in ordine al reato speciale di falso a lui ascritto, mentre, in relazione ai componenti dell’equipaggio, ha riqualificato il delitto di cui agli art. 479 e 476 comma 2 cod. pen. a loro ascritto nella contravvenzione ex art. 1231 del cod. nav. (‘ Inosservanza di norme sulla sicurezza della navigazione ‘), per la quale era nel frattempo maturato il termine quinquennale di prescrizione massima. Si legge in proposito nella sentenza gravata che solo al Comandante della nave, in forza del suo ruolo verticistico nella struttura gerarchica dell’imbarcazione, deve essere riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale, mentre tale veste non può essere attribuita ai marinai e agli ufficiali dell’equipaggio, a meno che uno di questi soggetti non svolga le veci del Comandante nei casi espressamente previsti.
A sostegno di tale affermazione è stata richiamata la pronuncia di questa Corte (Sez. 5, n. 4557 del 12/10/2023, dep. 2024, Rv. 285977 -03), secondo cui il Comandante della nave civile battente bandiera italiana riveste, per alcune funzioni di polizia di sicurezza, quali quelle relative al salvataggio in mare, la qualità di incaricato di pubblico servizio, sicché quando esercita controllo e autorità sui naufraghi, egli, operando quale agente dello Stato italiano, ed estendendone la giurisdizione anche in acque internazionali, è tenuto a riconoscere i diritti e le libertà enunciati nel titolo I della Convenzione Europea dei Diritti dell ‘ Uomo.
Di qui la conclusione del giudice monocratico secondo cui i membri dell’ equipaggio non possono essere considerati pubblici ufficiali, per cui la condotta a loro ascritta è stata ricondotta nell’ambito della previsione, di natura contravvenzionale, di cui all’art. 1231 cod. nav., norma che sanziona la condotta di chi n on osserva una disposizione di legge o di regolamento ovvero un provvedimento legalmente dato dall ‘ Autorità competente in materia di sicurezza della navigazione.
2.2. Orbene, ritiene il Collegio che l’impostazione della decisione impugnata non possa essere condivisa.
Deve in primo luogo osservarsi che, come più volte chiarito da questa Corte (cfr. ex multis Sez. 6, n. 4520 del 23/10/2024, dep. 2025, Rv. 28745, Sez. 6, n. 53578 del 21/10/2014, Rv. 261835, Sez. 6 n. 39359 del 07/03/2012, Rv. 254337 e Sez. Un., n. 10086 del 13/07/1998, Rv. 211190), ai fini dell’attribuzione della qualifica soggettiva di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, rileva la connotazione oggettiva e funzionale dell ‘ attività concretamente svolta dall ‘ agente.
È stato infatti evidenziato che, a seguito della legge 26 aprile 1990, n. 86, il legislatore ha delineato la nozione di pubblico ufficiale (art. 357 cod. pen.) e di incaricato di un pubblico servizio (art. 358 cod. pen.) secondo una concezione oggettivo-funzionale, che ha inteso superare il riferimento, presente nella disciplina previgente, al «rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione», e che si incentra sul regime giuridico dell ‘ attività concretamente esercitata. L ‘ attuale formulazione dell ‘ art. 357 cod. pen. prevede, infatti, che «agli effetti della legge penale», è pubblico ufficiale colui il quale esercita una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa, dovendosi ritenere amministrativa la funzione «disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi». La qualifica di pubblico ufficiale postula, pertanto, che il soggetto agente svolga in concreto mansioni tipiche dell ‘ attività pubblica, che può manifestarsi nelle forme della pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa, prescindendo dall ‘ esistenza di un rapporto di dipendenza con l ‘ ente. Ne discende che, ai fini del riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale «agli effetti della legge penale», non deve aversi riguardo alla natura dell ‘ ente da cui lo stesso dipende, né alla tipologia del relativo rapporto di impiego, né ancora all ‘ esistenza di un formale rapporto di dipendenza con lo Stato o con l ‘ ente pubblico, ma deve valutarsi esclusivamente la natura dell ‘ attività effettivamente espletata dall ‘ agente, ancorché lo stesso sia un soggetto ‘ privato ‘ . Il criterio oggettivo-funzionale della nozione di «pubblico ufficiale» impone, dunque, un ‘ attenta valutazione dell ‘ attività concretamente esercitata dal soggetto, la ricerca e l ‘ individuazione della disciplina normativa alla quale essa è sottoposta, quale che sia la connotazione soggettiva del suo autore, e la verifica della presenza dei poteri tipici della potestà amministrativa, come indicati dal secondo comma dell ‘ art. 357 cod. pen., ossia la constatazione che, nel suo svolgimento, l ‘ agente abbia concorso alla formazione o alla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione, ovvero esercitato poteri autoritativi o certificativi. Parimenti l ‘ art. 358 cod. pen. definisce «incaricato di un pubblico servizio» colui il quale, a qualunque titolo, presta un servizio pubblico, a prescindere da qualsiasi rapporto d ‘ impiego con un determinato ente pubblico. Dunque, il legislatore del 1990, nel delineare la nozione di incaricato di pubblico servizio, ha privilegiato il criterio oggettivo – funzionale, utilizzando la locuzione «a qualunque titolo» ed eliminando ogni riferimento, contenuto invece nel testo previgente dell ‘ art. 358 cod. pen., al rapporto d ‘ impiego con lo Stato o altro ente pubblico. Il comma 2 d ell’ art. 358 cod. pen. esplicita il concetto di servizio pubblico, ritenendolo formalmente omologo alla funzione pubblica di cui al precedente art. 357 cod. pen., ma caratterizzato
dalla mancanza dei poteri tipici di quest ‘ ultima (poteri deliberativi, autoritativi o certificativi). Il parametro di delimitazione esterna del pubblico servizio è quindi identico a quello della pubblica funzione ed è costituito da una regolamentazione di natura pubblicistica, che vincola l ‘ operatività dell ‘ agente o ne disciplina la discrezionalità in coerenza con il principio di legalità, senza lasciare spazio alla libertà di agire quale contrassegno tipico dell ‘ autonomia privata. Agli effetti della legge penale, dunque, l ‘ esercizio della pubblica funzione o del pubblico servizio da parte dell ‘ agente deve essere escluso quando l ‘ attività svolta dal soggetto sia regolata in forma privatistica, anche se ne è parte una persona giuridica pubblica o una società partecipata quasi totalitariamente da un ente pubblico.
2.3. Alla luce di tali premesse interpretative, deve ritenersi che, nel caso di specie, ai membri dell’equipaggio della nave Sharden, rispetto agli specifici compiti a loro demandati, deve essere attribuita la veste di pubblici ufficiali.
In proposito deve evidenziarsi che , in materia di navigazione, l’Italia, con la legge n. 313 del 1980, ha aderito alla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare firmata a Londra nel 1974: si tratta della cd. Convenzione ‘ Solas ‘ ( Safety Of Life At Sea ), strutturata in 14 capitoli che disciplinano gli aspetti fondamentali della sicurezza per le navi che effettuano viaggi internazionali, come la stabilità, i macchinari, gli impianti elettrici, la protezione antincendio e i mezzi di salvataggio. Il nono capitolo della Convenzione, riguardante la gestione dell ‘ esercizio delle navi in sicurezza, è costituito dal Codice I.S.M. (‘ International Safety Management ‘); predisposto dall’I.M.O. (‘ Organizzazione marittima internazionale ‘) , il Codice I.S.M. fornisce uno standard internazionale per la sicurezza nella gestione e nell ‘ esercizio delle navi e per la prevenzione dell ‘i nquinamento e prevede, in particolare, che le società di gestione delle navi implementino un Sistema di Gestione della Sicurezza ( ‘ SMS ‘ ) che incorpori gli obiettivi e coinvolga tutte le operazioni della Società e delle navi gestite. Il sistema permette alle Società di misurare le proprie prestazioni a fronte di un sistema documentato, consentendo loro di identificare le aree di miglioramento per le pratiche di sicurezza e per le misure di prevenzione dell ‘ inquinamento. In tal senso, il Codice I.S.M. contempla l’ obbligo di documentare le attività finalizzate alla salvaguardia delle condizioni di sicurezza sulla nave, prevedendosi in particolare (art. 3.2) che ‘l a società deve definire e documentare le responsabilità, i poteri e le relazioni del personale che dirige, esegue o verifica le attività che riguardano o incidono sulla sicurezza e la prevenzione dell ‘ inquinamento ‘, mentre l ‘art. 11 dispone che la società deve stabilire e mantenere apposite procedure di controllo di tutti i documenti e dei dati utili ai fini del sistema di gestione della sicurezza, dovendo essere disponibili ‘ documenti validi ovunque sia opportuno ‘ .
L’art. 13, a sua volta, prevede che i l certificato di gestione della sicurezza deve essere rilasciato previa verifica che la società e il personale di bordo operino conformemente al sistema di gestione della sicurezza approvato.
In definitiva, dal complesso delle disposizioni del Codice I.S.M. si evince che le attività di ispezione e controllo di sicurezza a bordo delle navi sono disciplinate da norme pubblicistiche e sono presidiate da specifichi oneri di documentazione, che non appaiono riferibili al solo Comandante della nave, essendo evidentemente ascrivibili anche al personale chiamato a compiere e a recepire le relative verifiche. In quest’ottica, per quando concerne le specifiche attività demandate ai membri dell’equipaggio della Sharden, deve altresì richiamarsi il d.P.R. n. 435 del 1991, recante l’a pprovazione del regolamento per la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare, decreto che nel suo Preambolo richiama espressamente la Convenzione Solas. Orbene, l’art. 217 del predetto decreto, stabilisce che ‘s u tutte le navi da passeggeri deve essere effettuato un servizio di ronda in modo che tutti i locali ove può svilupparsi un incendio, nonché i locali accessibili al servizio stesso vengano visitati il più frequentemente possibile, in relazione al tipo ed alle dimensioni della nave, ed ogni principio di incendio possa essere prontamente rivelato. Ogni membro della ronda deve essere istruito sulle sistemazioni della nave e sull ‘ ubicazione e funzionamento di tutte le apparecchiature che può essere chiamato ad usare. Deve essere effettuata almeno una ronda dalla mezzanotte alle quattro. Sulle navi che debbono avere la squadra dei vigili del fuoco, questi partecipano alle ronde, che devono essere effettuate almeno due volte durante il giorno ed almeno tre volte durante la notte. Alla fine di ogni ronda, deve essere fatto rapporto all ‘ ufficiale di guardia sul ponte di comando, che ne prende nota nel giornale nautico. I locali di alloggio dei passeggeri devono essere convenientemente vigilati durante la notte da apposito personale di guardia. Sulle navi lagunari, alla fine di ogni ronda, è fatto rapporto all ‘ ufficiale di guardia sul ponte di comando, che provvede alla relativa annotazione sul giornale di bordo ‘ . Tale norma attribuisce dunque una sua autonoma rilevanza al servizio di ronda, delineando un ben preciso onere informativo a carico del personale incaricato, al quale è attribuito un potere certificativo rilevante ai sensi dell’art. 357 cod. pen. Dunque, la condotta dei componenti dell’equipaggio, i quali per due settimane hanno falsamente attestato l’esecuzione dei servizi di ronda che, se fossero stati realmente svolti, avrebbero consentito di ritrovare il corpo della donna deceduta nel locale eliche , non può che essere inquadrata nell’ambito della previsione di cui agli art. 476-479 cod. pen., venendo in rilievo la redazione di documenti pubblici falsi ad opera di soggetti chiamati a svolgere compiti di accertamento e di certificazione nel contesto di un’attività di controllo regolamentata dal legislatore , in un ambito delicato come quello concernente la sicurezza della navigazione.
Né a conclusioni diverse può pervenirsi alla luce del precedente richiamato nella sentenza gravata (Sez. 5, n. 4557 del 12/10/2023, dep. 2024, Rv. 285977) che, oltre a riferirsi a una vicenda diversa, affronta in ogni caso la sola posizione del Comandante della nave, senza trattare la posizione dei membri dell’equipaggio .
2.4. Ribadite l’ascrivibilità ai membri dell’equipaggio della veste di pubblici ufficiali e la qualificazione come atti pubblici dei registri di ronde, deve tuttavia escludersi la natura fidefaciente dei predetti registri, dovendosi in tal senso richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. Un. n. 24906 del 18/04/2019, Rv. 275436, Sez. 3, n. 15764 del 13/12/2017, dep. 2018, Rv. 272589, Sez. 5, n. 39682 del 04/05/2016, Rv. 267790 e Sez. 6, n. 25258 del 12/03/2015, Rv. 263806), secondo cui, in tema di falso ideologico in atto pubblico aggravato ex art. 476, secondo comma, cod. pen., sono documenti dotati di fede privilegiata quelli che, emessi da pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, da regolamenti oppure dall ‘ ordinamento interno della P.A. ad attribuire all ‘ atto pubblica fede, attestino quanto da lui fatto e rilevato o avvenuto in sua presenza. Tali requisiti non sono ravvisabili nel caso di specie, avuto riguardo alla natura dei registri in questione e al tenore delle attestazioni che in esse vanno riportate.
Ne consegue che il reato configurabile nel caso di specie a carico dei membri dell’equipaggio è quello di falso ideologico non aggravato, reato per il quale è maturata la prescrizione massima di 7 anni e 6 mesi: ed invero l’ultima delle condotte contestate risale al 15 novembre 2016, per cui, in assenza di sospensioni,
la prescrizione massima risulta maturata al più tardi il 15 maggio 2024.
In conclusione, qualificati tutti i fatti contestati ai sensi degli art. 476 e 479 cod. pen., fatta eccezione per quelli descritti nel capo 24 (riferiti al Comandante della nave Vespoli, l’unico per cui vi è stata condanna) , la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere i reati estinti per prescrizione.
P.Q.M.
Qualificati tutti i fatti contestati ai sensi degli art. 476 e 479 cod. pen. -fatta eccezione per quelli contestati al capo 24 -annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione.
Così deciso il 06.03.2025