Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21133 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21133 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/04/2023 del TRIBUNALE di RIMINI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale che, il 12 gennaio 2024, ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata con riferimento all’omessa applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista nel caso di particolare tenuità del fatto, e quelle del ricorrente che, con atto del 17 gennaio 2024, ha ribadit quanto già esposto con il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 aprile 2023, il Tribunale di Rimini ha dichiarato NOME colpevole del reato di porto senza giustificato motivo di un puntatore RAGIONE_SOCIALE, e ritenuta l’ipotesi attenuata prevista dall’art. 4, terzo comma, legge 18 aprile 1975, n. 110, lo ha condannato alla pena di mille euro di ammenda.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione articolato su tre motivi, con il primo dei quali lamenta violazione di legge sul rilievo che il Tribunale avrebbe indebitamente ritenuto che il puntatore da lui portato al di fuori della propria abitazione rientra nel novero di quelli per i quali vige il relativo divieto ed avrebbe, specificamente, fatt affidamento sull’etichetta ivi apposta che, indicando l’appartenenza dell’oggetto alla classe 3, non chiarisce se esso rientra nella sottoclasse 3A o in quella 3B.
Con il secondo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale disatteso la richiesta di applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. sulla base di un percorso argomentativo manifestamente illogico, imperniato sulla dedotta «effettiva pericolosità dell’oggetto rinvenuto», che non tiene in alcun conto le poco allarmanti modalità della condotta e l’esiguità del pericolo che ne è derivato, apprezzabile anche in ragione del pacifico e tranquillo contegno da lui serbato all’atto di essere sottoposto a controllo da parte delle forze dell’ordine.
Con il terzo ed ultimo motivo, COGNOME deduce vizio di motivazione in relazione al diniego della sospensione condizionale della pena irrogatagli, avuto riguardo alla palese contraddittorietà delle argomentazioni spese, sul punto, dal giudice di merito.
Disposta la trattazione scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, di. 28 ottobre 2020, n. 137, il Procuratore generale ha chiesto, il 12 gennaio 2024, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata con riferimento all’omessa applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista nel caso di particolare tenuità del fatto, mentre NOME, con atto del 17 gennaio 2024, ha ribadito quanto già esposto con il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
COGNOME
,
2. L’art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, vieta, tra l’altro, il porto senza giustificato motivo al di fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, di «puntatori RAGIONE_SOCIALE o oggetto con funzione di puntatori RAGIONE_SOCIALE, di classe pari o superiore a 3B, secondo le norme CEI EN 60825-1, CEI EN 60825-1/A11, CE EN 60825-4».
Nel caso di specie, si contesta a NOME il porto senza giustificato motivo di un puntatore RAGIONE_SOCIALE che, sull’etichetta, recava l’indicazione «RAGIONE_SOCIALE», di una lunghezza d’onda di 532 nanometri e di una potenza di uscita massima inferiore a 5000 milliwatt e che, alla prova empirica, è risultato funzionante.
Tanto autorizza il ricorrente a sostenere che, in difetto di più precise informazioni – la cui acquisizione avrebbe richiesto l’esecuzione, nel contraddittorio, di un apposito accertamento tecnico – in merito all’inquadrabilità dell’oggetto in una delle sottoclassi (R o B) della classe A e considerato, vieppiù, che i puntatori appartenenti alla classe 3R possiedono attitudine offensiva minore rispetto a quelli della classe 36, egli avrebbe dovuto essere liberato dall’addebito, in virtù del canone in dubio pro reo, per insussistenza del fatto contestato.
La censura non coglie nel segno perché trascura che lo strumento detenuto dall’imputato recava un’etichettatura non conforme a quanto previsto dalle previsioni legislative, regolamentari e tecniche, che impongono, tra l’altro, la precisa indicazione di classe e sottoclasse di appartenenza, oltre ad ulteriori enunciazioni ed avvertenze che, nella fattispecie, risultano radicalmente omesse, sì da indurre il convincimento che esso sia stato prodotto ed immesso sul mercato in totale spregio alle pertinenti e vincolanti disposizioni normative e che, dunque, non possa aversi riguardo, in vista della qualificazione giuridica della condotta, alla classificazione del bene.
Considerato, allora, che il Tribunale ha dato atto, da un canto, della potenziale offensività del puntatore, indicandone lunghezza d’onda e potenza di uscita massima ed attestandone il regolare funzionamento, e stimato, dall’altro, il porto ingiustificato anche in ragione delle circostanze di luogo in cui il bene – che l’imputato, impegnato a vendere oggetti per strada, deteneva nella tasca dei pantaloni – è stato sequestrato e della complessiva modalità di verificazione del fatto, deve concludersi nel senso dell’idoneità della motivazione della sentenza impugnata a dimostrare che quel puntatore RAGIONE_SOCIALE rientra nel novero degli strumenti che, pur non considerati espressamente come arma da punta o da taglio, sono chiaramente utilizzabili, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa
alla persona, onde corretta appare la qualificazione della condotta ascritta a NOME ai sensi dell’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110.
Il secondo motivo è, invece, fondato.
La COGNOME giurisprudenza COGNOME di COGNOME legittimità COGNOME ha COGNOME da COGNOME tempo COGNOME chiarito COGNOME che, nell’interpretazione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità de fatto, il giudice di merito, chiamato a pronunziarsi sulla relativa richiesta, è tenuto a fornire adeguata motivazione del suo convincimento, frutto della valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, compiuta utilizzando quali parametri di riferimento i criteri previsti dall’art. 133, comma 1, cod. pen. – modalità della condotta, grado di colpevolezza da esse desumibile ed entità del danno o del pericolo – e, specificamente, indicando quelli ritenuti all’uopo rilevanti (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590; Sez. 2, n. 37834 del 02/12/2020, Mifsud, Rv. 280466 – 01; Sez. 6, n. 5107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647) e che, in caso di diniego della causa di non punibilità, il prescritto onere motivazionale deve intendersi, peraltro, soddisfatto anche qualora il giudice, pur non dedicando alla questione apposite ed espresse considerazioni, abbia comunque qualificato la condotta dell’agente in termini tali da escludere impliciter che il fatto possa essere ritenuto particolarmente tenue (Sez. 5, n. 24780 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 27003; Sez. 3, n. 48317 del 11/10/2016, COGNOME, Rv. 268499).
Nel caso in esame, il giudice di merito ha disatteso la richiesta dell’imputato di applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. «in ragione della effettiva pericolosità dell’oggetto rinvenuto», in tal modo assegnando rilevanza decisiva ad un dato che – avente senz’altro valenza discriminante, come sopra attestato, in funzione dell’attribuzione alla condotta di rilevanza penale – non soddisfa, invece, il prescritto onere motivazionale in ordine al coefficiente di complessiva offensività del fatto, da parametrarsi, oltre che all’attitudine del puntatore ad essere utilizzato per l’offesa alla persona, ai criteri ulteriormente indicati dall’art. 131-bis, primo comma, cod. pen..
Parimenti fondato è il terzo motivo di ricorso, vertente sul diniego della sospensione condizionale della pena, che il Tribunale ha ancorato ad un giudizio negativo « circa il futuro comportamento dell’imputato con facilità di ricaduta nel reato», espresso in termini sostanzialmente apodittici – non spiegandosi, neanche per relationem o implicitamente, donde tale valutazione tragga origine – e, per di più, contraddetto, nella motivazione della sentenza impugnata, dal riferimento alla «formale incensuratezza» di NOME, indicata, presumibilmente in
forza di un mero refuso, quale ragione giustificative della concessione beneficio che, tuttavia, risulta, dal dispositivo, non essere stato applicato.
Le precedenti considerazioni impongono, in conclusione, l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla causa di esclusione della punibil della particolare tenuità del fatto ed alla sospensione condizionale della p con rinvio al Tribunale di Rimini, in diversa composizione personale, per u nuovo giudizio su detti punti che, libero nell’esito, sia emendato dai riscontrati.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla causa di non punibilità d cui all’art. 131-bis cod. pen. e alla sospensione condizionale della pena con ri per nuovo giudizio su detti punti al Tribunale di Rimini in diversa persona fisic
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 01/02/2024.