Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7238 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7238 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CIVITAVECCHIA il 12/02/1973 avverso la sentenza del 10/10/2024 del TRIBUNALE di Civitavecchia Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha che ha chiesto l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Civitavecchia, in composizione monocratica, ha dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 684 cod. pen. e, per l’effetto, lo ha condannato alla pena di eu centocinquanta di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME con ricorso a firma dell’avv. NOME COGNOME deducendo due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 dísp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con particolare riferimento all’art. 684 cod. pen., nonché agli artt. 11 329 e 405 cod. proc. pen. L’atto pubblicato era conoscibile e, addirittura, già noto alle parti, le quali erano venute a conoscenza del decreto di sequestro in questione, per aver ricevuto la relativa notifica. Al momento della pubblicazione del decreto dì sequestro, inoltre, le indagini preliminari erano già chiuse, essendo stata formulata richiesta di archìviazione, ad opera del Pubblico ministero. Può concludersi, quindi, nel senso che l’atto non fosse coperto da segreto e che non ne fosse inibita la pubblicazione.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., per vizio di motivazione e travisamento dell’at processuale, per invenzione o omissione. La sentenza impugnata non si pone il problema della riconducibilità soggettiva del fatto, risultando agli a semplicemente l’estrapolazione del post incriminato, da un profilo solo apparentemente riconducibile all’imputato.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio.
La difesa di NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte, a mezzo delle quali si è riportata all’atto di impugnazione ed ai motivi ivi formulati, dei q ha domandato l’accoglimento.
Quanto al primo motivo, la sentenza impugnata non considera come le indagini preliminari si fossero ormai concluse, essendo stata presentata richiesta di archiviazione, con la conseguenza che l’atto stesso, non essendo più coperto dal segreto, ben poteva essere pubblicato. Il Giudice, inoltre, non motiva circa l’attribuibilità del fatto contestato all’imputato, non avendo peraltro nemmeno mai
accertato, nel giudizio di merito, il reale utilizzatore del profilo apparentemente utilizzato dal COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al primo motivo, restando così assorbita anche la seconda censura.
Quanto alla prima doglianza sussunta nell’atto di impugnazione, questo Collegio ritiene di potersi richiamare al principio di diritto – che condivide e al quale intende dare continuità – espresso da Sez. 1, n. 22503 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286404, a mente della quale: «In tema di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, i divieti di pubblicazione degli atti delle indagini preliminari contenuti nell’art. 114 cod. proc. pen., posti a tutela delle esigenze investigative e del libero convincimento del giudice, costituendo una limitazione della libertà di stampa riconosciuta dalla Costituzione, non sono suscettibili di estensione analogica, sicché non integra il reato di cui all’art. 684 cod. pen. la pubblicazione degli atti di un procedimento penale conclusosi con l’archiviazione».
Nella medesima sentenza COGNOME, in parte motiva, può leggersi quanto segue: “… il divieto di pubblicazione asserítamente violato non è posto, anche secondo il procuratore ricorrente, a tutela delle esigenze investigative: dal contenuto del ricorso risulta che la fase delle indagini preliminari è chiusa, e in ordine ai fatti per i quali non era stata chiesta l’archiviazione deve essere celebrato il dibattimento. La chiusura delle indagini preliminari fa sicuramente caducare il segreto istruttorio e il divieto di pubblicazione stabilito a tutela delle esigenze legate ad esse. La presentazione di una richiesta di archiviazione deve essere ritenuta equivalente alla chiusura delle indagini preliminari, sia perché la disciplina di cui agli artt. 408 e ss. cod. proc. pen. è collocata nel Titolo VIII, che tratta della “Chiusura delle indagini preliminari”, sia perché, qualora sopraggiungano elementi che facciano apparire necessarie nuove indagini, il pubblico ministero deve chiedere al giudice l’autorizzazione alla “riapertura” delle stesse (art. 414 cod. proc. pen.), al punto che le indagini svolte senza tale autorizzazione, relative allo stesso fatto, sono inutilizzabili. Pertanto, si deve concludere che dopo la chiusura delle indagini preliminari, anche se l’azione penale non viene esercitata, il divieto di pubblicazione degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero deve ritenersi caducato (vedi Sez. 1, n. 32846 del 04/06/2014, Rv. 261195, e Sez. in motivazione). Rafforza tale valutazione anche il testo dell’art. 114 cod. proc. pen. che, come detto, al comma 3 prevede la prosecuzione di un divieto di pubblicazione solo quando ‘si procede al dibattimento’, e al comma 5 stabilisce
una specifica procedura per applicare il divieto di pubblicazione qualora non si proceda al dibattimento”.
Come già sintetizzato in parte espositiva, l’odierno ricorrente COGNOME ha pubblicato sul suo profilo facebook il giorno 13/12/2019, secondo quanto riportato in sentenza – un decreto di sequestro probatorio, relativo ai telefoni cellulari suo e di altro soggetto. Il 05/11/2019, però, era già stata formulata – ad opera del Pubblico ministero – richiesta di archiviazione del relativo procedimento, poi oggetto di opposizione; la pubblicazione incriminata ha avuto luogo, quindi, posteriormente alla presentazione della richiesta di archiviazione, mentre il relativo decreto, emesso dal Giudice per le indagini preliminari, risale al 19/05/2020.
La contestata pubblicazione, essendo avvenuta dopo la presentazione della richiesta di archiviazione e, dunque, dopo la chiusura delle indagini preliminari, era allora esclusa dalla vigenza del divieto contenuto nella lettera dell’art. 684 cod. pen., con conseguente impossibilità di ritenere integrato il contestato paradigma normativo.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Così deciso in Roma, 13 dicembre 2024.