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Pubblicazione atti: quando è reato? La Cassazione

Un individuo, condannato per aver pubblicato online un decreto di sequestro, viene assolto dalla Corte di Cassazione. La Corte ha stabilito che la pubblicazione atti procedimento non costituisce reato se avviene dopo la richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero, poiché in quel momento cessano le esigenze di segretezza delle indagini preliminari.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pubblicazione Atti Procedimento Penale: Quando Cessa il Divieto?

La questione del confine tra diritto di cronaca e tutela del segreto istruttorio è un tema centrale nel nostro ordinamento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la pubblicazione atti procedimento penale cessa di essere reato nel momento in cui le indagini preliminari possono considerarsi concluse. Il caso analizzato riguarda un soggetto condannato per aver diffuso sui social un decreto di sequestro, ma assolto in via definitiva perché l’azione è avvenuta dopo la richiesta di archiviazione.

I Fatti di Causa

Un cittadino veniva condannato dal Tribunale per il reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, previsto dall’art. 684 del codice penale. L’imputazione nasceva dalla condivisione, sul proprio profilo di un noto social network, di un decreto di sequestro probatorio emesso nell’ambito di un’indagine che lo vedeva coinvolto.

L’imputato, tramite il suo legale, proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali. Il primo, e decisivo, verteva sulla violazione di legge: al momento della pubblicazione, le indagini preliminari erano di fatto già concluse, poiché il Pubblico Ministero aveva già formulato richiesta di archiviazione. Di conseguenza, secondo la difesa, l’atto non era più coperto da segreto e la sua divulgazione non era più vietata. Il secondo motivo, assorbito dal primo, contestava la carenza di motivazione riguardo all’effettiva riconducibilità del profilo social all’imputato.

L’Analisi della Corte sul Divieto di Pubblicazione Atti Procedimento

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di condanna perché “il fatto non sussiste”. I giudici hanno richiamato un proprio precedente orientamento, secondo cui i divieti di pubblicazione degli atti di indagine, essendo una limitazione alla libertà di stampa garantita dalla Costituzione, non possono essere applicati in via analogica oltre i casi espressamente previsti.

Il divieto di pubblicazione atti procedimento è posto a tutela delle esigenze investigative e del sereno convincimento del giudice. Tuttavia, tale tutela viene meno quando le indagini preliminari si concludono. La Corte ha chiarito che la presentazione di una richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero segna un punto di non ritorno, equiparabile alla chiusura formale delle indagini preliminari. Da quel momento, il segreto istruttorio cessa e, con esso, anche il divieto di pubblicazione.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della sentenza si fonda su una rigorosa interpretazione delle norme procedurali. Il divieto di pubblicazione, disciplinato dall’articolo 114 del codice di procedura penale, è strettamente legato alla fase investigativa. La stessa norma prevede che il divieto prosegua solo se si procede al dibattimento, a tutela della formazione della prova in aula.

Nel caso specifico, la pubblicazione del decreto di sequestro era avvenuta il 13 dicembre 2019, mentre la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero era stata depositata già il 5 novembre 2019. Poiché la divulgazione è avvenuta in un momento successivo alla chiusura delle indagini, l’atto non era più coperto dal segreto che ne avrebbe impedito la diffusione. La Corte ha sottolineato che la disciplina sull’archiviazione (art. 408 e ss. c.p.p.) è inserita nel Titolo VIII del codice, intitolato proprio “Chiusura delle indagini preliminari”, a conferma della sua funzione terminativa. Pertanto, la condotta dell’imputato era priva di rilevanza penale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Essa riafferma un principio di stretta legalità e bilancia in modo equilibrato la tutela delle indagini con il diritto all’informazione. Viene stabilito un chiaro confine temporale per il divieto di pubblicazione: esso non sopravvive alla chiusura delle indagini preliminari, che si concretizza con la richiesta di archiviazione.

La decisione offre una garanzia fondamentale per la libertà di stampa e di espressione, impedendo che il divieto di pubblicazione venga esteso indebitamente a fasi del procedimento in cui le originarie esigenze di segretezza non sussistono più. In sostanza, una volta che l’organo dell’accusa ritiene esaurita l’attività investigativa, gli atti del fascicolo, pur non essendo ancora stati valutati da un giudice, perdono la loro copertura di segretezza e possono essere oggetto di cronaca giudiziaria.

È sempre reato pubblicare atti di un procedimento penale?
No. Secondo la sentenza, non costituisce reato la pubblicazione di atti di un procedimento penale quando la fase delle indagini preliminari si è conclusa, ad esempio con una richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero. Il divieto di pubblicazione cessa con il venir meno del segreto istruttorio.

La richiesta di archiviazione equivale alla chiusura delle indagini preliminari?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la presentazione di una richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero deve essere considerata equivalente alla chiusura formale delle indagini preliminari, facendo così decadere il divieto di pubblicazione degli atti.

Cosa succede se si pubblicano atti dopo la richiesta di archiviazione ma prima della decisione del giudice?
La sentenza chiarisce che il momento rilevante è la chiusura delle indagini, che coincide con la richiesta di archiviazione del PM. La pubblicazione avvenuta dopo tale richiesta, anche se prima della decisione finale del giudice, non integra il reato di cui all’art. 684 c.p., perché il divieto di pubblicazione è già venuto meno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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