LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pubblicazione atti archiviati: non è reato per la Cassazione

Due giornalisti hanno pubblicato intercettazioni provenienti da un procedimento penale. Tali atti erano contenuti in un fascicolo che era stato ufficialmente archiviato, mentre un procedimento “principale” correlato era ancora in corso. La Corte di Cassazione ha confermato la loro assoluzione, stabilendo che la pubblicazione atti archiviati non costituisce reato ai sensi dell’art. 684 c.p. Il divieto di pubblicazione cessa nel momento in cui un procedimento viene archiviato e non prosegue a dibattimento. Il principio di stretta legalità in materia penale impedisce di estendere il divieto per analogia.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pubblicazione Atti Archiviati: Quando la Libertà di Stampa Prevale sul Segreto Istruttorio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22503 del 2024, ha affrontato un tema cruciale che interseca libertà di stampa e segreto processuale: la pubblicazione atti archiviati. La pronuncia offre un chiarimento fondamentale, stabilendo che, una volta archiviato un procedimento, gli atti in esso contenuti diventano liberamente pubblicabili, anche se identici a quelli di un processo collegato e ancora in corso. Questa decisione riafferma il principio di stretta legalità in materia penale e delinea i confini del reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale (art. 684 c.p.).

Il Caso: La Pubblicazione di Intercettazioni da un Fascicolo Stralciato e Archiviato

La vicenda trae origine dalla pubblicazione, in un libro a cura di due giornalisti, di ampi stralci di intercettazioni telefoniche. Tali atti provenivano da un procedimento penale che era stato oggetto di uno “stralcio”: una parte del fascicolo, riguardante alcuni indagati, era stata separata e successivamente archiviata su richiesta della stessa Procura. La restante parte del procedimento, definita “madre”, era invece proseguita fino alla fase del dibattimento a carico di altri imputati.

I giornalisti venivano accusati del reato di cui all’art. 684 c.p. per aver pubblicato atti di un procedimento di cui era vietata, per legge, la divulgazione. In primo grado, il Giudice per le Indagini Preliminari li assolveva, ritenendo che il divieto di pubblicazione fosse venuto meno con il decreto di archiviazione del fascicolo stralciato. La Procura, tuttavia, ricorreva in Cassazione, sostenendo che la pubblicazione violasse il corretto svolgimento del processo “madre”, ancora in corso, poiché gli atti erano i medesimi.

La Decisione della Cassazione sulla Pubblicazione Atti Archiviati

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della Procura, confermando l’assoluzione dei due giornalisti. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa e letterale delle norme che regolano il divieto di pubblicazione degli atti processuali, in particolare dell’art. 114 del codice di procedura penale.

Il Principio di Tassatività della Norma Penale

Il fulcro del ragionamento della Corte è il divieto di “analogia in malam partem”. Le norme penali, e quelle che limitano diritti costituzionali come la libertà di stampa, non possono essere interpretate estensivamente a sfavore dell’imputato. L’art. 114 c.p.p. stabilisce che il divieto di pubblicazione degli atti del fascicolo del pubblico ministero prosegue dopo la chiusura delle indagini preliminari solo “se si procede al dibattimento”.

La Fine del Divieto di Pubblicazione con l’Archiviazione

Poiché il fascicolo da cui provenivano gli atti pubblicati era stato archiviato, la condizione “se si procede al dibattimento” non si era verificata per quel procedimento. Di conseguenza, il divieto di pubblicazione era cessato. Secondo la Cassazione, non è possibile estendere analogicamente il divieto previsto per il procedimento in corso al fascicolo archiviato, anche se gli atti sono gli stessi. Farlo significherebbe creare una nuova fattispecie di reato non prevista dal legislatore.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il bilanciamento tra il diritto a un giusto processo e la libertà di stampa è già stato operato dal legislatore con l’art. 114 c.p.p. La chiusura delle indagini preliminari, seguita da un’archiviazione, fa cadere il segreto istruttorio e il relativo divieto di pubblicazione, la cui funzione è primariamente quella di proteggere le indagini.

La Cassazione ha inoltre evidenziato che la Procura non era priva di strumenti per tutelare il processo “madre”. Avrebbe potuto, ad esempio, evitare di inserire le intercettazioni sensibili nel fascicolo destinato all’archiviazione. In alternativa, avrebbe potuto chiedere al giudice, ai sensi del comma 5 dell’art. 114 c.p.p., di imporre un divieto specifico di pubblicazione su singoli atti per tutelare l’interesse dello Stato alla corretta celebrazione del separato giudizio. Non avendo percorso queste strade, la Procura non può lamentare la violazione del segreto processuale, poiché gli atti, una volta inseriti in un fascicolo archiviato, sono diventati legalmente pubblicabili.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di certezza del diritto di grande importanza per il mondo dell’informazione e per gli operatori della giustizia. La pubblicazione atti archiviati è lecita. Il divieto di pubblicazione è strettamente legato alle sorti del singolo procedimento: se questo si conclude con un’archiviazione, il divieto cessa. Le esigenze di tutela di altri processi collegati non possono giustificare un’estensione analogica della norma penale. Questa pronuncia ribadisce che spetta alla Procura gestire con accortezza il materiale investigativo, utilizzando gli specifici strumenti che la legge mette a disposizione per salvaguardare la segretezza degli atti quando necessario, senza poter fare affidamento su un’interpretazione estensiva dei divieti a danno della libertà di stampa.

È reato pubblicare atti di un procedimento penale archiviato?
No, secondo questa sentenza non è reato. Il divieto di pubblicazione previsto dalla legge cessa con il provvedimento di archiviazione, in quanto non si procede al dibattimento per quel fascicolo.

Se gli atti archiviati sono identici a quelli di un processo ancora in corso, il divieto di pubblicazione continua a valere?
No. La Corte ha stabilito che il divieto è legato al singolo procedimento. Se un fascicolo viene archiviato, gli atti in esso contenuti diventano pubblicabili, anche se sono rilevanti per un altro processo. L’estensione del divieto costituirebbe un’analogia non permessa in materia penale.

Il pubblico ministero può impedire la pubblicazione di atti di un fascicolo archiviato per proteggere un altro processo?
Sì, ma deve utilizzare gli strumenti specifici previsti dalla legge. Avrebbe potuto, ad esempio, non inserire tali atti nel fascicolo da archiviare, oppure chiedere al giudice di imporre uno specifico divieto di pubblicazione per motivi di interesse dello Stato alla corretta celebrazione del processo in corso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati