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Provvedimento abnorme: quando il giudice non può decidere

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale che, in un processo per riciclaggio, aveva restituito gli atti al Pubblico Ministero per approfondimenti invece di decidere sull’accusa. Tale atto è stato definito un provvedimento abnorme, in quanto il giudice ha l’obbligo di pronunciarsi sul fatto contestato e non può causare una regressione del procedimento.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Provvedimento Abnorme: La Cassazione Annulla il Rinvio al PM

Nel sistema processuale penale, il ruolo del giudice è quello di decidere sulle accuse formulate dal Pubblico Ministero. Ma cosa succede se il giudice, anziché emettere una sentenza, decide di restituire gli atti all’accusa per ulteriori indagini? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29336/2025, affronta proprio questo tema, chiarendo i limiti del potere del giudice e definendo quando un suo atto diventa un provvedimento abnorme.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma. Una persona era stata accusata del reato di riciclaggio. Tuttavia, al termine dell’istruttoria dibattimentale, il Tribunale ha constatato di non essere in grado di accertare con sicurezza da quale specifico delitto provenisse la somma di denaro sequestrata. Anziché pronunciarsi con una sentenza di assoluzione per l’impossibilità di provare un elemento essenziale del reato (l’origine delittuosa del denaro), il giudice ha preso una decisione inusuale: ha disposto la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero. L’obiettivo era permettere all’accusa di svolgere ulteriori approfondimenti e, eventualmente, formulare nuove accuse, come quella di ricettazione.

Contro questa ordinanza, la difesa dell’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che si trattasse di un provvedimento abnorme.

La Questione del Provvedimento Abnorme in Discussione

Il nucleo del ricorso si basava su un concetto fondamentale della procedura penale: il giudice ha il dovere di pronunciarsi sull’oggetto della cognizione che gli è stato devoluto, ovvero sull’imputazione così come formulata. La difesa ha evidenziato che la decisione del Tribunale non era basata sull’ipotesi di un ‘fatto diverso’ emerso in dibattimento (caso previsto dall’art. 521 c.p.p.), ma sul semplice rilievo di un’insufficienza probatoria riguardo al reato contestato. Restituire gli atti al PM in una simile circostanza, secondo la difesa, significava abdicare al proprio dovere di decidere, creando una situazione di stallo processuale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le argomentazioni della difesa, ritenendo il ricorso fondato. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: è abnorme, sotto il profilo funzionale, il provvedimento con cui il giudice ordina la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero senza prima pronunciarsi sul fatto originariamente contestato.

La Cassazione ha spiegato che un provvedimento abnorme può essere tale per due ragioni:
1. Abnormità strutturale: quando l’atto è completamente avulso dal sistema, non previsto né prevedibile dal legislatore, manifestando una carenza assoluta di potere da parte del giudice.
2. Abnormità funzionale: quando l’atto, pur apparendo formalmente legittimo, causa una stasi del procedimento che non può essere superata con gli strumenti processuali ordinari.

Nel caso specifico, la decisione del Tribunale di Roma presentava entrambe le forme di abnormità. Restituendo gli atti al PM per insufficienza probatoria, il giudice ha di fatto evitato di compiere il proprio dovere (decidere nel merito) e ha innescato una regressione del procedimento non consentita dalla legge. Se le prove non erano sufficienti per una condanna per riciclaggio, il Tribunale avrebbe dovuto assolvere l’imputata da tale accusa.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata e ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Roma affinché proceda con l’ulteriore corso del giudizio. Questa sentenza rafforza un principio cardine del giusto processo: il giudice non è un co-investigatore né un suggeritore per l’accusa. Il suo compito è giudicare i fatti per come gli vengono presentati. Se le prove mancano, la conseguenza non può essere la restituzione del fascicolo per ‘cercarne altre’, ma una decisione liberatoria per l’imputato, nel rispetto dei ruoli e delle garanzie processuali.

Un giudice può restituire gli atti al Pubblico Ministero se ritiene che le prove per il reato contestato siano insufficienti?
No. Secondo la Cassazione, se il giudice ritiene insufficienti le prove sul reato originariamente contestato, deve pronunciarsi su quel fatto (ad esempio, con un’assoluzione) e non può disporre la regressione del procedimento al Pubblico Ministero per ulteriori indagini o nuove formulazioni di accusa.

Che cos’è un provvedimento abnorme?
È un atto del giudice che si pone al di fuori del sistema processuale, sia perché non previsto (abnormità strutturale), sia perché causa una stasi del procedimento che non può essere risolta con i normali mezzi di impugnazione (abnormità funzionale).

Cosa accade quando la Cassazione annulla un provvedimento abnorme come quello in esame?
La Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e trasmette gli atti al giudice che l’aveva emessa (in questo caso, il Tribunale di Roma), il quale dovrà procedere con il giudizio e pronunciarsi sul merito dell’accusa originaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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