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Provvedimento abnorme: quando il GIP può restituire gli atti?

Un imputato ricorre in Cassazione sostenendo l’esistenza di un provvedimento abnorme da parte del GIP, che aveva restituito gli atti al PM per una diversa qualificazione del reato (da appropriazione indebita a peculato). La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la restituzione degli atti per ‘fatto diverso’, anche se basata su una mera riqualificazione giuridica, non costituisce un atto abnorme poiché non si pone fuori dal sistema processuale né causa una stasi irrimediabile del procedimento.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Provvedimento Abnorme: la Cassazione chiarisce i limiti del potere del Giudice

Un recente intervento della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11148 del 2024, torna a definire i confini del cosiddetto provvedimento abnorme, un concetto cruciale nella procedura penale. La decisione offre un’analisi dettagliata su quando l’atto di un giudice può essere considerato talmente anomalo da giustificare un ricorso immediato. Il caso specifico riguardava la decisione di un GIP di restituire gli atti al Pubblico Ministero per una diversa qualificazione giuridica del reato, una mossa contestata dalla difesa come un’indebita regressione del procedimento.

I Fatti del Caso: La restituzione degli atti al Pubblico Ministero

Il procedimento ha origine da un’ordinanza del GIP del Tribunale di Vibo Valentia. Durante la fase preliminare di un giudizio abbreviato per i reati di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) e sostituzione di persona (art. 494 c.p.), il giudice accoglieva la richiesta del Pubblico Ministero. Quest’ultimo chiedeva di separare la posizione relativa all’appropriazione indebita e di restituire gli atti al proprio ufficio per procedere con la più grave accusa di peculato.

La difesa dell’imputato ha immediatamente impugnato tale ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che si trattasse di un provvedimento abnorme. L’argomentazione difensiva si fondava sul fatto che la restituzione degli atti non era motivata da una diversità del fatto materiale, ma unicamente dalla volontà del PM di modificare la qualificazione giuridica della condotta già descritta nell’imputazione. Questo, secondo la difesa, avrebbe comportato un’illegittima regressione del processo a una fase anteriore all’esercizio dell’azione penale.

La Decisione della Cassazione sul provvedimento abnorme

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando la tesi della difesa. I giudici di legittimità hanno colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di abnormità degli atti processuali, basandosi su importanti precedenti delle Sezioni Unite.

La Corte ha spiegato che un atto può essere definito abnorme in due distinte accezioni:
1. Abnormità strutturale: quando l’atto, per la sua singolarità, si colloca completamente al di fuori dell’ordinamento processuale, rappresentando l’esercizio di un potere non previsto dalla legge.
2. Abnormità funzionale: quando l’atto, pur essendo astrattamente previsto, determina una stasi processuale insuperabile e l’impossibilità di proseguire il giudizio.

Nel caso di specie, la decisione del GIP di restituire gli atti al PM non rientra in nessuna di queste due categorie.

Le motivazioni

Nelle motivazioni, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’ordinanza con cui il giudice, ai sensi dell’art. 521, comma 2, c.p.p., restituisce gli atti al pubblico ministero per ‘diversità del fatto’ non è un provvedimento abnorme e non è autonomamente impugnabile, neanche se disposta erroneamente. Questo perché tale atto non è avulso dal sistema processuale, ma trova la sua legittimazione proprio in una norma specifica del codice.

Inoltre, i giudici hanno specificato che la nozione di ‘fatto diverso’ è più ampia di quanto sostenuto dalla difesa. Essa non si limita a un evento materialmente differente, ma include anche un fatto che, pur restando invariato nella sua materialità, presenti elementi essenziali della condotta o dell’evento parzialmente difformi da quelli descritti nell’imputazione originaria. Questa difformità può rendere necessaria una nuova e più precisa ricostruzione degli elementi essenziali del reato, giustificando così la restituzione degli atti al PM.

Di conseguenza, l’atto del GIP non ha creato una stasi irrimediabile, ma ha semplicemente reindirizzato il procedimento verso una più corretta qualificazione giuridica, un potere che rientra nelle facoltà del giudice.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale: non ogni atto del giudice che appare irrituale o svantaggioso per una delle parti può essere qualificato come provvedimento abnorme. L’abnormità è una patologia grave e circoscritta, che si manifesta solo quando l’atto giudiziario si pone in insanabile contrasto con i principi cardine del processo o ne impedisce la prosecuzione. La facoltà del giudice di restituire gli atti al PM per una diversa valutazione del fatto, prevista dall’art. 521 c.p.p., è uno strumento del sistema e il suo utilizzo, anche se discutibile nel merito, non configura un’anomalia tale da consentire un ricorso immediato per cassazione.

Cos’è un provvedimento abnorme nel diritto processuale penale?
È un atto del giudice che si considera anomalo perché o non è previsto in alcun modo dalla legge (abnormità strutturale) oppure, pur essendo previsto, causa una paralisi definitiva e insanabile del procedimento (abnormità funzionale).

La decisione di un giudice di restituire gli atti al Pubblico Ministero per modificare l’accusa è considerata un provvedimento abnorme?
No. Secondo la sentenza in esame, la restituzione degli atti al PM, disposta ai sensi dell’art. 521 del codice di procedura penale a causa di un ‘fatto diverso’, non è un provvedimento abnorme. Questo perché è un potere previsto dalla legge e non determina una stasi irrimediabile del processo.

Cosa si intende per ‘fatto diverso’ ai fini della restituzione degli atti al PM?
Il concetto di ‘fatto diverso’ non si riferisce solo a un evento materialmente differente da quello contestato. Include anche un fatto che, pur essendo materialmente lo stesso, presenta elementi essenziali della condotta o dell’evento così diversi da quelli descritti nell’imputazione iniziale da richiedere una nuova e più precisa formulazione del capo d’accusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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