Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26885 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26885 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI 02V6B0G) nato il 9/02/1965
avverso la sentenza del 22/10/2024 della Corte di appello di Brescia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere, NOME COGNOME lette le richieste scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con le quali ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Brescia ha parzialmente riformato la condanna, resa dal Tribunale in sede, in data 4 aprile 2024, rideterminando la pena principale irrogata all’imputato in anni quattro e mesi dieci di reclusione, con revoca della misura dell ‘ espulsione.
La vicenda processuale attiene ai reati di omicidio tentato (capo A) e porto di coltello per i quali, esclusa la circostanza aggravante di aver agito per futili motivi, ritenuta la continuazione e operata la riduzione per il rito abbreviato, il primo Giudice aveva condannato l’imputato alla pena di anni cinque di reclusione con pene accessorie di legge, nonché con espulsione a pena espiata.
1.1. La Corte territoriale ha respinto la richiesta di derubricazione del reato di omicidio tentato in quello di lesioni aggravate, nonché ha respinto la richiesta di riconoscere la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 2 cod. pen. e le circostanze attenuanti generiche; sicché, in accoglimento del quarto e quinto
motivo di appello, ha ridotto la pena irrogata a titolo di aumento per la continuazione con riferimento al reato di porto di coltello e ha revocato la disposta espulsione, con conferma, nel resto, del provvedimento impugnato.
Avverso detta sentenza, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’i mputato, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME denunciando, con un unico motivo, inosservanza dell’art. 62 n. 2 cod. pen. e vizio di motivazione in relazione al reato di tentato omicidio aggravato di cui al capo A).
Si deduce che l’imputato è stato condannato per aver tentato di uccidere con un coltello, l’amante di sua moglie, dopo averlo trovato nel laboratorio di sartoria da questa gestito.
La Corte territoriale ha escluso la circostanza attenuante invocata, evidenziando che l’imputato era a conoscenza della relazione da tempo e che, quindi, questi non poteva essere rimasto sorpreso dall’aver reperito la persona offesa presso il laboratorio di sartoria gestito da sua moglie, peraltro, senza che i due avessero, in quel frangente, un particolare comportamento affettuoso.
Il ricorrente sostiene che l’azione è l’apice di una serie di fatti che hanno condotto l’imputato ad uno stato d’animo esacerbato che ne ha guidato la condotta, così integrandosi la provocazione cd. per accumulo, la quale richiede la prova dell’esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l’esplosione in relazione ad un ultimo episodio, pur apparentemente minore, ma attuato in relazione ad una carica di dolore e sofferenza sedimentata nel tempo.
La difesa, con l’atto di appello, aveva esposto che l’imputato , alcuni giorni prima del fatto, aveva avuto un diverbio con la persona offesa e aveva chiesto l ‘ intervento dei Carabinieri perché trovato nel laboratorio di sartoria della moglie. Si tratta di una realtà composita caratterizzata da fatti pregressi che hanno sedimentato, da parte dell’imputato, forte contrapposizione nei confronti della vittima del reato di cui al capo A, tale da determinare lo stato d’ira come causa scatenante del fatto-reato, inserito in un contesto di esasperazione.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire memoria con la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, stante l’assenza di richiesta di trattazione in pubblica udienza partecipata, ai sensi de ll’art. 611 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1.Le motivazioni dei convergenti provvedimenti di merito, nella parte in cui hanno escluso la circostanza attenuante della provocazione, appaiono in linea con la giurisprudenza di legittimità che valorizza, al fine della sussistenza della circostanza attenuante invocata, la necessaria adeguatezza fra il fatto ingiusto altrui e il reato commesso e che esclude la fattispecie attenuata ove la sproporzione sia talmente grave e macroscopica – come quella ritenuta ricorrere nel caso in esame – da escludere o lo stato d’ira o il nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ira, pur non essendo la proporzione in sé richiesta come requisito per la sussistenza della circostanza attenuante medesima (Sez. 5, n. 8945 del 19/01/2022, COGNOME, Rv. 282823 Sez. 5, n. 604 del 14/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258678; Sez. 1, n. 30469 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248375).
Si tratta di principio che la costante giurisprudenza di legittimità ritiene applicabile anche con riferimento alla particolare ipotesi della circostanza attenuante della provocazione cd. per accumulo, per la cui configurabilità si richiede la prova dell’esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l’esplosione, in relazione e in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, di una carica di dolore o sofferenza sedimentata nel tempo.
La circostanza attenuante in tale particolare forma, tuttavia, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è da escludersi, pur in presenza di fatti apparentemente ingiusti della vittima, allorché la reazione appaia, sotto ogni profilo, eccessiva e inadeguata rispetto all’ultimo episodio dal quale trae origine, tanto da escludere la sussistenza di un nesso causale tra offesa, pur potenziata dal cd. accumulo, e reazione (Sez. 5, n. 51237 del 04/07/2014, Basile, Rv. 261728; Sez. 1, n. 13921 del 2/03/2011 COGNOME, Rv. 246658).
1.2. Tali essendo i principi cui il Collegio intende dare continuità, si osserva che, nel caso in valutazione, la Corte territoriale, dando conto, con ragionamento completo e immune da illogicità manifesta, delle considerazioni svolte rispetto allo specifico motivo di gravame, ha rilevato che la relazione tra il coniuge dell’imputato e la persona offesa era a lui nota da tempo e che la vittima era già stata trovata, in un’altra occasione, presso il laboratorio di sartoria gestito dalla donna, segnalando, tra l’altro, che i due, nell ‘ ultimo episodio che era sfociato nella condotta violenta, non erano stati trovati in alcun atteggiamento che potesse essere interpretato in modo da rendere pubblica ed evidente la relazione e da portarla a conoscenza dei figli della coppia.
Sicché, il rilievo attribuito a tale ultima circostanza – perché, secondo la difesa ricorrente, avrebbe giustificato la violenta reazione – appare non dirimente non ravvisandosi alcun fatto ingiusto attuato dalla vittima.
Del resto, la circostanza descritta nei provvedimenti di merito, relativa al fatto che l’imputato si era recato nel laboratorio con un coltello, evidentemente
pronto a usarlo, come avvenuto, depotenzia del tutto il dato della scoperta della presenza della vittima sul posto, anche ai fini di far ‘esplodere’ la provocazione per accumulo.
Peraltro, la deduzione appare diretta a proporre una rivalutazione alternativa della ricostruzione dei fatti, non consentita a questa Corte di legittimità.
1.3. Infine, si rileva che il ricorso non si confronta compiutamente con la parte della motivazione in cui si riporta la versione difensiva dell ‘ imputato, il quale ha esposto di aver accoltellato la persona offesa per difendersi da quest’ultimo, quindi, non per un impulso incontenibile tale da integrare una reazione, sia pure aggressiva.
Dunque, appare non manifestamente illogico valorizzare, ai fini che interessano, come ha fatto la Corte territoriale, il dato emerso secondo il quale è stato lo stesso imputato a escludere di a vere agito in stato d’ira, sostenendo di essere stato aggredito.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 20 maggio 2025