Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23491 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23491 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Soresina il 28/1/1968 NOMECOGNOME nato a Como il 12/2/1975
avverso l’ordinanza del 18/9/2024 della Corte di appello di Venezia
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata dal difensore dei ricorrenti, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18 settembre 2024 la Corte di appello di Venezia ha dichiarato l’inammissibilità delle due richieste di revisione presentate da NOME COGNOME e NOME COGNOME concernenti ciascuna uno dei due capi di imputazione
l
oggetto della sentenza emessa il 22 gennaio 2019 dal Tribunale di Cremona, confermata dalla Corte di appello di Brescia e divenuta irrevocabile a seguito della pronuncia di questa Corte del 16 febbraio 2024, con cui i ricorrenti sono stati condannati per i reati di cui all’art. 648-bis cod. pen.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME che ha dedotto i motivi di seguito indicati.
2.1. Mancanza di motivazione in relazione alla prova documentale comprovante – con riguardo al primo episodio di riciclaggio – che NOME e NOME COGNOME avevano mentito, avendo dichiarato di non conoscere NOME COGNOME.
2.2. Illogicità e mancanza della motivazione in ordine alla prova documentale, da cui emergerebbe che NOME COGNOME aveva demolito diverse autovetture, lucrando sul dichiarato valore delle stesse, e, quindi, aveva mentito sul fatto di non essersi recato presso un deposito della RAGIONE_SOCIALE
2.3. Illogicità della motivazione in relazione alla prova documentale dell’inesistenza di un verbale di identificazione dei presunti autori del furto dell’autovettura di NOME COGNOME, oggetto del secondo episodio di riciclaggio. I ricorrenti hanno rimarcato di aver chiesto l’acquisizione degli atti de Carabinieri non per fornire la prova che con l’auto erano state rubate anche le chiavi ma per fornire la prova che non c’era mai stato alcun furto e che NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME avevano mentito e deciso di demolire la vettura per incassare il risarcimento dell’assicurazione.
2.4. Mancanza della motivazione in relazione alla prova documentale comprovante che la teste NOME COGNOME aveva mentito anche sulla sottrazione, da parte dei ladri, delle chiavi dell’autovettura, che, secondo il marito NOME COGNOME COGNOME erano ancora nella borsa della moglie dopo l’asserito furto.
2.5. Mancanza della motivazione in relazione alla prova documentale dell’inesistenza di un verbale di identificazione dei presunti autori del furto presso i carabinieri e dell’inesistenza dell’acquisizione di immagini di asseriti filmat L’ordinanza impugnata sarebbe illogica nella parte in cui ha affermato l’irrilevanza della prova dell’asserito furto.
Il 9 aprile 2025 è pervenuta memoria di replica del difensore dei ricorrenti, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
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In tema di revisione, è consolidato il principio secondo cui per prove nuove rilevanti a norma dell’art. 630 lett. e cod. proc. pen. devono intendersi non solo quelle sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna o scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate, neanche implicitamente, purché non si tratti di prove GLYPH dichiarate GLYPH inammissibili GLYPH o GLYPH ritenute GLYPH superflue GLYPH dal GLYPH giudice, GLYPH e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, valutabile solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario (Sez. U., n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, Pisano, Rv. 220443 – 01).
La prova, oltre ad essere “nuova”, deve possedere anche il necessario requisito della “dimostratività” ai fini dell’accertamento dell’errore di giudizio d rescindere. Il “novum”, posto a base di tale giudizio, deve cioè presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio che tenga conto anche delle prove a suo tempo acquisite, come un fattore idoneo a determinare una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base si è pervenuti al giudicato, oggetto di revisione, dal momento che, ove così non fosse, qualsiasi elemento in ipotesi favorevole potrebbe essere evocato a fondamento di un istituto che, da rimedio straordinario, si trasformerebbe ineluttabilmente in una non consentita impugnazione tardiva.
Riguardo a tale rimedio straordinario si è anche affermato che la valutazione di attendibilità della persona offesa, già effettuata nel giudizio di cognizione, non può formare oggetto di riesame in sede di revisione, salvo che si contesti la reale esistenza di un fatto storico nel quale si è individuato il riscontro esterno all dichiarazioni della predetta (Sez. 3, n. 23967 del 23/03/2023, P., Rv. 284688 01).
Alla luce di tale quadro di riferimento, va rilevato che le doglianze dei ricorrenti non sono consentite.
3.1. Va premesso che, in relazione al primo episodio di riciclaggio, concernente l’autovettura di NOME COGNOME, i ricorrenti, in sede di giudizio ordinario, avevano sostenuto che il veicolo era stato loro consegnato spontaneamente da NOME COGNOME, figlio del proprietario, con la richiesta che il veicolo venisse smontato e cancellato dal P.R.A.
Tale versione non è stata ritenuta credibile dai giudici del merito, perché in contrasto con quanto dichiarato dai COGNOME e da tal NOME COGNOME titolare di un’autofficina, che aveva sostenuto di non conoscere i COGNOME.
La difesa, in sede di revisione, aveva acquisito la visura nominativa presso l’Aci delle autovetture intestate a NOME e NOME COGNOME da cui emergeva che
5 delle loro 11 autovetture demolite erano state portate presso un deposito della società di Massardi, così che sarebbe stato evidente che COGNOME e COGNOME si conoscevano, contrariamente a quanto da loro dichiarato.
Quanto al secondo episodio, relativo alla porzione di cruscotto con chiave di accensione di un’autovettura provento di furto ai danni di NOME COGNOME COGNOME, secondo i ricorrenti, la teste NOME COGNOME aveva sempre sostenuto di essere stata in grado di identificare gli autori del furto dell’auto, ma dalle indagin difensive compiute sarebbe emerso che non era stata effettuata alcuna identificazione, come attesterebbe la nota del Comandante della stazione dei Carabinieri di Orzinuovi. Vi sarebbe poi incongruenza tra quanto dichiarato da COGNOME secondo cui le chiavi dell’auto erano ancora nella borsetta della moglie, e quanto dichiarato da quest’ultima, che aveva affermato che qualcuno aveva prelevato le chiavi dalla borsa, che era solita a lasciarle nel suo ufficio.
Al cospetto di siffatte deduzioni è evidente che le prove, prodotte dai ricorrenti, erano dirette a dimostrare l’inattendibilità di alcuni testi escussi n giudizio conclusosi con la loro condanna.
Ne discende, quindi, che correttamente la Corte di appello ha ritenuto manifestamente infondate le richieste di revisione, atteso che dallo stesso testo delle istanze risultava che le prove non apportavano alcun fatto nuovo e diverso da quelli su cui era stata fondata la condanna ma erano meramente volte a modificare il giudizio sull’attendibilità di alcuni testi: richiesta, questa, esorbita dal perimetro dell’istituto della revisione.
3.2. Va anche rilevato che la Corte territoriale ha comunque analizzato la documentazione prodotta dai ricorrenti ed è pervenuta alla conclusione che essa non era in grado di superare i dati acclarati in tre gradi di giudizio.
In particolare, secondo il Collegio di appello, il fatto che NOME COGNOME non avesse riconosciuto COGNOME, che pure nel 2019 aveva portato un’auto a demolire, non ne minava la credibilità. Questa circostanza poteva trovare diverse plausibilissime spiegazioni, tra cui quella che non fosse stato COGNOME ad occuparsi della procedura di ritiro e demolizione del mezzo, posto che, per sua stessa ammissione, aveva personale alle sue dipendenze. Poteva anche darsi che egli, dopo molti anni da quell’incontro, non ricordasse più le fattezze e il nome di un cliente che non poteva certo definirsi abituale.
Né poteva considerarsi decisiva la prova relativa alle auto acquistate e demolite dai COGNOME, che non spiegherebbe la ragione per la quale, dopo avere consegnato l’auto in questione, erano stati loro stessi a denunciarne il furto e a consentirne il ritrovamento tramite l’antifurto satellitare. Né tantomeno spiegherebbe perché l’autovettura, prima di giungere nel capannone dove è stata
trovata, aveva percorso nella notte tante diverse tappe pienamente compatibili con la sottrazione del mezzo, come sostenuto nelle sentenze.
Quanto all’altro episodio, secondo la Corte territoriale, il fatto che non vi fosse un verbale di riconoscimento degli autori del furto non stava a significare che alla
teste NOME COGNOME non fossero stati fatti vedere i filmati, come dalla stessa sostenuto, e che costei avesse riconosciuto gli autori dell’anzidetto reato.
Riguardo alle chiavi, la Corte veneta ha evidenziato che le due versioni, rese sul punto da COGNOME e da suo marito, erano già emerse in dibattimento e ciò non
aveva impedito di ritenere la testimone pienamente attendibile.
Anche siffatti rilievi sono corretti e logici, con la conseguenza che, non essendo le prove prodotte idonee a ribaltare i giudizi di condanna pronunciati dai
giudici di merito, la decisione di inammissibilità delle istanze di revisione sfugge a ogni rilievo censorio.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., le statuizioni di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 aprile 2025.