Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21099 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21099 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME NOME, nato a Gizzeria il DATA_NASCITA
NOME NOME, nato a Gizzeria il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/11/2023 della Corte di appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; sentita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato la richiesta di revisione, avanzata da COGNOME NOME e COGNOME NOME, della sentenza del 13 gennaio 2020 della Corte distrettuale di Catanzaro, definitiva il 25 gennaio 2022, con la quale i ricorrenti sono stati condannati per il reato estorsione ai danni di NOME COGNOME.
Il provvedimento impugnato ha ritenuto che le dedotte prove sopravvenute, costituite dalle testimonianze di NOME COGNOME e NOME COGNOME, acquisite nella fase rescissoria e volte ad escludere che la somma di C 2.000 costituisse un mero prestito e non il prezzo dell’estorsione per ottenere la restituzione dell’auto rubata, fossero prive del requisito della decisività in quanto inidonee a disarticolare l’impianto probatorio preesistente. Infatti, dette dichiarazioni, intervenute a distanza di circa 16 anni dai fatti, non avevano vinto la prova di resistenza rispetto alle testimonianze delle persone offese, per come riscontrate, e lo stesso COGNOME non era stato indicato tra i testi della difesa nel processo di merito.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno hanno presentato un comune ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal difensore, articolando un unico motivo con cui censurano la violazione di legge e il vizio di motivazione in quanto, nonostante il vaglio positivo di ammissibilità delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME e NOME COGNOME, la Corte di appello aveva erroneamente valorizzato il dato temporale e il mancato inserimento di COGNOME nella lista della difesa, facoltà non valutabile dal giudice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per aspecificità.
Va premesso che la rimozione degli effetti del giudicato di condanna, in sede di revisione, non può avere come presupposto una diversa disamina del dedotto e del deducibile, bensì l’emergenza di nuovi elementi di prova, estranei e diversi da quelli definiti e valutati nel processo di merito.
Infatti, costituisce orientamento consolidato di questa Corte che in sede di revisione di un giudicato, le prove nuove (o le prove acquisite non valutate), devono condurre all’accertamento di un fatto la cui dimostrazione evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più in grado di sostenere l’affermazione
della penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio (Sez. 5, n. 34515 del 18/06/2021, Rv. 281772).
Con specifico riferimento, inoltre, alle prove dichiarative che abbiano natura speculare e contraria rispetto a quelle già acquisite e consacrate nel giudicato penale, il giudice deve vagliarne la sicura ed effettiva affidabilità, rispetto a quel a suo tempo poste a base della pronuncia di condanna giacché, in caso contrario, il giudizio si trasformerebbe indebitamente in un semplice ed automatico azzeramento di queste ultime per effetto delle nuove prove (Sez. 2, n. 35399 del 23/05/2019, Rv. 277072). Infatti, l’accertamento circa la persuasività della fonte e del contenuto della prova stessa, ex art. 631 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 634 cod. proc. pen., prescrive che i nuovi elementi addotti siano tali da “dimostrare”, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto. Ciò può verificarsi soltanto quando si tratti, di elementi che, qualora apprezzati, da soli o insieme agli altri già emersi, rendano evidente l’innocenza del condannato.
3. Ritiene il Collegio che, nel caso di specie, la Corte distretl:uale si sia attenut a tali coordinate ermeneutiche in quanto con argomenti coerenti e puntuali, previa ricostruzione del quadro probatorio del giudizio di cognizione, ha rappresentato come le due nuove testimonianze di NOME COGNOME e NOME COGNOMECOGNOME volte a sostenere che la somma di C 2.000 versata da NOME COGNOME COGNOME costituisse un mero prestito e non il prezzo dell’estorsione per ottenere la restituzione dell’auto rubata, non fossero né persuasive, né dirimenti per ribaltare il giudizio di responsabilità.
Infatti, la Corte di appello con argomenti logici e completi, incensurabili in questa sede, ha rappresentato come dette testimonianze, intervenute a distanza di quasi 16 anni dai fatti tanto da far dubitare della loro genuinità, non fossero idonee a disarticolare il coerente e solido impianto probatorio su cui si era basata la condanna degli imputati, costituito dalle dettagliate e credibili dichiarazioni dell persone offese, riscontrate da diversi testimoni, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Questi, peraltro, non solo non avevano menzionato l’antecedente incontro di NOME COGNOME proprio con NOME COGNOME in cui, secondo il figlio, NOME COGNOME, era avvenuta la presunta richiesta di prestito prima di rivolgersi ai COGNOME, ma era stato uno di loro, NOME COGNOME, a dare avvio al procedimento per estorsione perché NOME COGNOME aveva già preteso denaro per la restituzione dell’auto rubata alla *madre.
Ritiene il Collegio che si tratti di una delibazione fondata su un congruo e logico apparato argomentativo che, in una logica comparativa tra le prove nuove e quelle già cristallizzato nel giudizio di cognizione, non è stato in alcun modo destrutturato dalle due menzionate testimonianze ritenute prive di affidabilità e
menzionate testimonianze ritenute prive di affidabilità e persuasività in base alla realtà processuale acquisita (Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, Rv. 273029).
Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e ricorrenti vanno condannati, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 05 aprile 2024
La Consigliera estensora