Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1315 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1315 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a POLLENA TROCCHIA il 04/05/1985
avverso la sentenza del 26/01/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME
NOME
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
uditi i difensori:
L’avvocato NOME COGNOME del foro di NOLA in difesa della parte civile RAGIONE_SOCIALE deposita conclusioni scritte e note spese anche per conto dell’avvocato COGNOME NOME del foro di NOLA in difesa della parte civile COGNOME che sostituisce.
L’avvocato NOME COGNOME del foro di NAPOLI in difesa dell’imputato NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
L
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo dei difensori di fiducia, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 26/01/2023, con cui è stata confermata la condanna inflitta al ricorrente dal Tribunale di Noia in ordine al delitto di concorso in rapina aggravata dalle più persone riunite.
I motivi oggetto del ricorso, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Con requisitoria-memoria del 24/10/2023, il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con memoria del 16/10/2023, la difesa del ricorrente, a sostegno anche dei denunziati travisamenti della prova, ha depositato relazione tecnica antropometrica, nonché memoriale a firma dell’imputato e fotogrammi tratti dal filmato di videosorveglianza, già depositati unitamente ad altri allegati in sede di ricorso.
Con memoria del 28/11/2023, il difensore della parte civile COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
Con memoria del 30/11/2023, la difesa di NOME COGNOME nel replicare alle argomentazioni contenute nella memoria-requisitoria del P.G., ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Con il primo motivo si deduce la mancanza di motivazione su un punto essenziale della controversia.
Si sostiene che la difesa con l’atto di appello, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata («su questa condotta dell’imputato, indicativa di mala fede, l’appellante non prende una posizione critica»), aveva contestato la valutazione che era stata svolta sul comportamento tenuto da ricorrente in occasione della perquisizione effettuata dai Carabinieri presso la sua abitazione, ricondotto dal giudice del merito al tentativo di occultare le tracce del reato di rapina. Si era, invece, dedotto che si trattava di una condotta volta ad impedire il ritrovamento di alcune cartucce di fucile da caccia per come comprovato dal rinvenimento di dette armi all’interno dell’abitazione.
Il motivo è aspecifico in quanto il ricorrente omette di confrontarsi
compiutamente con la motivazione resa sul punto dalla Corte territoriale. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta, infatti, che il tentativo di occultamento posto in essere dall’imputato al momento della perquisizione eseguita dai Carabinieri, non era affatto unicamente volto ad impedire il ritrovamento di alcune cartucce di fucili da caccia di cui non aveva fatto denunzia, ma di involucri all’interno dei quali vi erano anche guanti bianchi e grigi, del nastro isolante nero dello stesso tipo di quello utilizzato dai rapinatori per alterare le targhe, anteriore e posteriore dell’auto intestata ed in uso all’imputato (e rinvenuta dopo la rapina nel cortile della sua abitazione), nonché, a leggere la sentenza di primo grado, anche di indumenti vari, tra cui copricapi. L’affermazione della Corte d’appello secondo cui «su questa condotta dell’imputato, indicativa di mala fede, l’appellante non prende una posizione critica» non sconta, dunque, alcun profilo di illogicità, in quanto il ricorrente, per come dallo stesso allegato (vedi pag. 4 del ricorso sub 1), si era limitato con l’atto di appello a contestare l’esito della perquisizione esclusivamente facendo riferimento alle res non direttamente riferibili alla rapina. Peraltro, le sentenze di merito citano anche un altro significativo elemento emerso dalla perquisizione – con cui il ricorrente omette di confrontarsi – costituito dal rinvenimento di un porta tesserino utilizzato dalle forze dell’ordine con placca della Polizia di Stato, nascosto nella camera da letto dell’imputato e del fratello, che assume valenza indiziante se si considera che la sentenza impugnata precisa che la persona offesa narra che i rapinatori si spacciarono per agenti della polizia nel corso della rapina.
Con il secondo motivo, si deduce il travisamento della prova con riferimento agli esiti della relazione tecnica del consulente del Pubblico ministero.
Diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, su tutti i guanti sequestrati presso l’abitazione dell’imputato erano state rinvenute delle tracce biologiche riconducibili non solo al ricorrente e al fratello, ma anche appartenenti ad altro individuo, così avvalorando la tesi difensiva che la rapina era stata commessa da altri, specificamente indicati dall’imputato nel corso dell’esame dibattimentale. La Corte di appello, invece, aveva riferito la presenza di tracce ascrivibili ad un terzo individuo soltanto su un paio soltanto dei guanti che erano stati sequestrati, escludendo che si trattasse di quelli utilizzati per commettere la trapina $-~” (la presenza di tracce ematiche riferibili alla persona offesa in conseguenza delle percosse subite.
Il motivo al pari di quello precedente è generico, in quanto il dedotto travisamento della prova non risulta affatto decisivo. Dalla lettura della sentenza impugnata (vedi pag. 3) risulta che l’indizio che il giudice del merito ha valorizzato quale elemento di congiunzione tra l’imputato e la rapina non è costituito dalle tracce del medesimo rinvenute sui guanti sequestrati, in relazione ai quali
correttamente il ricorrente rileva che la consulenza accertò che su ciascun paio erano presenti anche tracce riferibili “ad altro individuo”, bensì quello particolarmente significativo che su un paio vennero rinvenute tracce ematiche appartenenti alla persona offesa, la quale afferma di essere stata percossa con il calcio della pistola e di avere perduto del sangue.
Con il terzo motivo si lamenta l’illogicità della motivazione.
Si censura la tenuta logica della motivazione con cui la Corte territoriale ha disatteso il rilievo della versione difensiva dell’imputato che ascrive la commissione della rapina a terze persone, specificamente indicate e menzionate, conosciute e frequentate nel periodo oggetto di contestazione, alle quali, in maniera del tutto occasionale ed inconsapevolmente, aveva prestato l’auto di sua proprietà la sera della rapina. La circostanza che nel corso del giudizio di primo grado ne avesse soltanto indicato i nomi era da ascriversi a timore, tanto che il successivo arresto dei tre per una rapina commessa altrove, aveva permesso all’imputato di parlare compiutamente, riferendone successivamente anche i cognomi. Le fattezze dei tre corrispondevano a quelle dei tre soggetti ripresi nel corso della rapina.
3. Il motivo è generico.
L’imputato, per come precisato nel memoriale depositato in appello il 10/01/2023 ed allegato al ricorso, ha successivamente indicato le generalità dei presunti correi ai quali avrebbe inconsapevolmente prestato la sua auto, poi da questi utilizzata per commettere la rapina. Ha ricondotto le ragioni della tardiva indicazione al timore di subire da costoro delle conseguenze, timore venuto meno in conseguenza dell’arresto che costoro avrebbero subito per un tentativo di rapina, per come documentato da un articolo di giornale.
La sentenza impugnata ha escluso la verosimiglianza della tesi difensiva sia perché l’articolo di giornale non riporta i nomi dei rapinatori coinvolti e, dunque non può dirsi certo il fatto che avrebbe determinato l’imputato a mutare la sua versione, sia soprattutto perché il ricorrente «riferisce modalità di prestito dell’aut che sono così irragionevoli da non ritenersi credibili». Si tratta di due argomenti non affatto illogici, in quanto il primo fa riferimento ad un dato effettivamente mancante ed il secondo ad un complesso di elementi a carico (basti pensare all’occultamento da parte dell’imputato dei guanti con cui fu percossa la persona offesa, del nastro isolante dello stesso tipo di quello utilizzato per alterare le targh della sua auto nel corso della rapina, del rinvenimento del porta tessera con placca della P.S., dei dati del traffico telefonico che collocano l’imputato vicino al luog della rapina, motivatamente ritenuti compatibili con la compartecipazione alla stessa e che danno atto di come il telefono del ricorrente sia spento proprio in concomitanza con il fatto e riacceso tredici minuti dopo, ecc.) che danno conto
di come l’imputato fu consapevolmente coinvolto nella rapina e rispetto ai quali la successiva indicazione degli altri presunti correi non si appalesa decisiva, in quanto non risolve l’ulteriore tema dell’esistenza di un quadro probatorio di grave indiziaria convergenza logicamente dimostrativo della compartecipazione penalmente punibile.
4-5. Con il quarto e quinto motivo, articolati di seguito, si denuncia: i travisamento della prova tratta dalle immagini del sistema di videosorveglianza acquisite dalla polizia giudiziaria e la mancata assunzione di una prova decisiva che avrebbe consentito di dimostrare l’estraneità dell’imputato alla rapina.
Si lamenta che, a fronte dell’evidente diversità antropomorfica tra il rapinatore che la persona offesa ha riconosciuto come l’imputato ed il ricorrente stesso, che è più alto di 15 cm, financo evidenziata dalla stessa sentenza impugnata ove si fa riferimento alla “presunta differenza di altezza”, non si era disposto un accertamento tecnico finalizzato a riscontrare la corrispondenza tra i due soggetti per come chiesto dalla difesa, tenuto conto che la stessa Corte di appello aveva evidenziato la differenza di altezza.
4-5. I motivi sono inammissibili.
Il quarto motivo è reiterativo del motivo di appello, non confrontandosi il ricorrente con gli argomenti di fatto addotti dalla Corte di merito volti ad escludere qualsiasi interferenza tra la differenza di statura che intercorrerebbe tra l’imputato e colui che si sarebbe affiancato allo sportello dell’auto (vedi pag. 4 della sentenza impugnata). Sulla scorta di precisi dati di fatto (il rapinatore affiancata l’auto rivolge verso il basso, la telecamera che riprende la scena è posta in posizione più alta) si è ritenuto che l’esito tratto dalle fotografie determinasse un effetto schiacciamento delle immagini. Si tratta, quindi, di una valutazione di merito che, essendo sorretta da una spiegazione non affatto manifestamente illogica, esula dal travisamento della prova e, dunque, non incorre in alcun vizio di legittimità.
Manifestamente infondato è anche il quinto motivo: nessun vizio di motivazione ridonda nell’ordinanza con cui la Corte di appello, anche alla luce del complesso degli elementi acquisiti a carico dell’imputato, ha ritenuto superflua la rinnovazione istruttoria, facendo così corretta applicazione del principio secondo cui la rinnovazione prevista dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria e tale accertamento comporta una valutazione rimessa al giudice di merito che, se correttamente motivata come nel caso in esame, è insindacabile in sede di legittimità (Sez. 4 n. 18660 del 19/2/2004, COGNOME, Rv. 228353; Sez. 3 n. 35372 del 23/5/2007, COGNOME, Rv. 237410; Sez. 3 n. 8382 del
22/1/2008, COGNOME, Rv. 239341).
Con il sesto motivo (indicato come settimo) si lamenta l’illogicità della motivazione laddove la Corte territoriale aveva escluso rilievo alla prova dell’estraneità alla rapina di NOME COGNOME, fratello dell’imputato, che la persona offesa aveva riconosciuto come uno degli autori (in particolare come colui che si sedette al suo fianco all’interno dell’autovettura), la cui posizione, invece, era stata archiviata. La sentenza impugnata aveva svalutato la portata di tale provvedimento limitandosi ad osservare che «l’archiviazione è provvedimento che non ha forza di giudicato», non considerando che una differente valutazione del fatto archiviato sarebbe possibile solo in presenza di nuove investigazioni. Si precisa, inoltre, che lo stesso Pubblico ministero in sede di richiesta di archiviazione aveva concluso, proprio in conseguenza dell’esito degli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria, sulla veridicità delle dichiarazioni di estraneità ai fa rese dal coindagato.
6. Il motivo è manifestamente infondato.
Nessun rilievo può muoversi all’affermazione della Corte di merito secondo cui «l’archiviazione è provvedimento che non ha forza di giudicato» che non vincola nei suoi risultati il giudice del merito. Si tratta, infatti, di un atto che, per natura, è insuscettibile di passare in giudicato, essendo revocabile e reso in una fase che non costituisce esercizio dell’azione penale. Del resto, proprio in ragione dell’assenza di tale natura si è esclusa l’ammissibilità della domanda di revisione per inconciliabilità dei fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna con quelli stabiliti in un provvedimento di archiviazione (Sez. 3, n. 10407 del 16/01/2020, COGNOME, Rv. 278541 – 01). Peraltro, l’automatica ricaduta in punto di attendibilità del dichiarato della persona offesa che il ricorrente vorrebbe trarre dall’archiviazione della posizione del fratello originariamente coindagato, non solo si scontra con il principio di scindibilità della testimonianza, ma soprattutto con gli elementi di natura individualizzante che le sentenze di merito hanno declinato a sostegno dell’affermazione di responsabilità del ricorrente che, in difetto di puntuale e specifica allegazione, non paiono perfettamente sovrapponibili a quelli del fratello.
In conclusione, nulla aggiungendo di decisivo le memorie difensive dell’imputato con gli atti allegati, il ricorso va dichiarato inammissibile; consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186).
Consegue, altresì, la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, e COGNOME Alfonso, liquidate come in dispositivo tenendo conto dell’attività defensionale svolta e delle rispettive note spese depositate in udienza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante e COGNOME COGNOME, che liquida in complessivi euro 3686 per ciascuna parte civile, oltre accessori di legge.
Così deciso, il 07/12/2023