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Prove in usura: Cassazione su appunti e testimonianza

La Corte di Cassazione ha esaminato i ricorsi di quattro individui condannati per usura. I ricorsi si basavano sulla presunta inattendibilità della persona offesa e sull’inutilizzabilità delle prove documentali da essa fornite, come appunti e fogli Excel. La Corte ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, confermando che le dichiarazioni della vittima, se adeguatamente verificate, possono fondare una condanna. Ha inoltre stabilito che gli appunti personali, anche se redatti con l’aiuto di terzi, sono utilizzabili in dibattimento come ‘aiuto alla memoria’ del testimone, diventando parte integrante della sua deposizione e pienamente soggetti al contraddittorio. La sentenza ribadisce la validità di queste prove in usura.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prove in usura: La Cassazione convalida l’uso di appunti e fogli Excel della vittima

Nel contesto dei reati di usura, la raccolta e la validità delle prove sono spesso al centro del dibattito processuale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla gestione delle prove in usura, in particolare sull’utilizzabilità delle dichiarazioni della vittima e dei suoi appunti personali, anche in formato digitale come i fogli Excel. Questa decisione rafforza gli strumenti a disposizione dell’accusa e della parte civile per dimostrare la sussistenza del reato.

Il caso: condanna per usura e ricorso in Cassazione

Il caso ha origine dalla condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di quattro persone per il reato di usura. Gli imputati, attraverso i loro difensori, hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni. I motivi principali del ricorso vertevano sulla presunta inattendibilità della persona offesa e, soprattutto, sull’inammissibilità delle prove documentali prodotte da quest’ultima, consistenti in appunti manoscritti e prospetti riassuntivi in formato Excel, che ricostruivano i rapporti economici con gli imputati.

Secondo le difese, tali documenti non potevano essere considerati prove valide perché di incerta provenienza, non redatti direttamente dalla vittima in alcuni casi, e precostituiti al di fuori del dibattimento, violando così i principi di oralità e del contraddittorio.

L’ammissibilità delle prove in usura: appunti e testimonianze

La Corte di Cassazione ha respinto tutti i ricorsi, ritenendoli inammissibili e generici. Nel farlo, ha colto l’occasione per ribadire principi fondamentali in materia di valutazione delle prove in usura.

La testimonianza della persona offesa

In primo luogo, la Corte ha confermato l’orientamento consolidato secondo cui le dichiarazioni della persona offesa possono, anche da sole, costituire la base per un giudizio di colpevolezza. Naturalmente, tali dichiarazioni richiedono un vaglio particolarmente rigoroso da parte del giudice, che deve valutarne la credibilità e l’attendibilità. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente ritenuto le dichiarazioni della vittima coerenti e supportate da altri elementi, come titoli di credito e la logica stessa dei fatti, in assenza di spiegazioni alternative plausibili da parte degli imputati.

Gli appunti manoscritti e i fogli Excel come ‘aiuto alla memoria’

Il punto più innovativo e rilevante della sentenza riguarda l’utilizzabilità dei prospetti riassuntivi. La Corte ha chiarito che questi documenti non entrano nel processo come prove documentali autonome, ma come ‘aiuto alla memoria’ del testimone, ai sensi dell’art. 499, comma 5, del codice di procedura penale.

Quando un testimone deve riferire su fatti complessi che implicano dati numerici, come nel caso dei prestiti usurari, può consultare i propri appunti per rinfrescare la memoria. Secondo la Corte, i prospetti e i fogli Excel, sebbene redatti con l’ausilio di un collaboratore, sono stati elaborati sulla base di appunti originali della vittima e sotto la sua supervisione. Utilizzandoli durante la deposizione, il loro contenuto diventa parte integrante della testimonianza orale. Di conseguenza, tutto ciò che viene letto o riferito sulla base di tali appunti è pienamente soggetto all’esame e al controesame delle parti, garantendo così il rispetto del contraddittorio.

Altri motivi di ricorso e la risposta della Corte

La Cassazione ha affrontato anche altre questioni sollevate dai ricorrenti, fornendo ulteriori spunti di riflessione.

Il principio del ‘ne bis in idem’

Uno dei ricorrenti aveva lamentato la violazione del principio del ‘ne bis in idem’ (divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto). La Corte ha respinto la doglianza, specificando che i due procedimenti penali a suo carico riguardavano fatti e periodi temporali diversi, sebbene inseriti in un più ampio rapporto usurario. Non vi era quindi alcuna sovrapposizione che potesse giustificare la nullità della sentenza.

L’aggravante dello stato di bisogno

È stata confermata anche la corretta applicazione dell’aggravante dello stato di bisogno. La giurisprudenza costante, ribadita in questa sede, chiarisce che lo ‘stato di bisogno’ non deve essere inteso come indigenza assoluta. È sufficiente una condizione psicologica di pressione economica che limiti la libertà di autodeterminazione del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito e ad accettare condizioni usurarie. Tale stato, ha precisato la Corte, può essere provato anche solo dall’entità spropositata degli interessi richiesti.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sul principio che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in una terza valutazione del merito della causa. I ricorsi sono stati giudicati inammissibili perché, invece di evidenziare vizi di legge o di logica manifesta nella sentenza impugnata, si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello e a sollecitare una diversa lettura del materiale probatorio. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero fornito una motivazione logica e coerente su tutti i punti controversi, dalla credibilità della vittima all’utilizzabilità dei prospetti, applicando correttamente i principi di diritto. La decisione di considerare gli appunti come un ausilio alla testimonianza, e non come un documento a sé stante, ha permesso di superare le eccezioni difensive, integrando tali elementi nel flusso della prova dichiarativa e sottoponendoli al vaglio del contraddittorio.

Le conclusioni

In conclusione, questa sentenza della Corte di Cassazione rappresenta un punto fermo importante per la gestione delle prove in usura. Stabilisce che la testimonianza della vittima, supportata dai suoi stessi appunti, anche in formato digitale e redatti con l’aiuto di terzi, costituisce un complesso probatorio solido e pienamente utilizzabile, a condizione che il tutto sia vagliato criticamente dal giudice e sottoposto al contraddittorio dibattimentale. Si tratta di una decisione che bilancia efficacemente le garanzie difensive con la necessità di reprimere un reato insidioso e di difficile dimostrazione come l’usura.

Gli appunti personali o i fogli Excel creati dalla vittima di usura possono essere usati come prova nel processo?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che possono essere utilizzati, ma non come prova documentale autonoma. Vengono considerati un ‘aiuto alla memoria’ per il testimone durante la sua deposizione. Il contenuto di tali appunti, una volta riferito in aula, diventa parte della testimonianza orale e può essere pienamente vagliato tramite l’esame e il controesame delle parti, garantendo il contraddittorio.

La sola testimonianza della persona offesa è sufficiente per una condanna per usura?
Sì, secondo la giurisprudenza costante confermata in questa sentenza, le dichiarazioni della persona offesa possono da sole fondare un giudizio di colpevolezza. Tuttavia, è necessario che il giudice compia un’attenta e rigorosa valutazione della loro credibilità e attendibilità, verificando la coerenza interna del racconto e la presenza di eventuali riscontri esterni, se disponibili.

Cosa si intende per ‘stato di bisogno’ come aggravante nel reato di usura?
Lo ‘stato di bisogno’ non si riferisce a una condizione di povertà assoluta, ma a una particolare condizione psicologica determinata da un pressante assillo economico. Questa situazione limita la libertà di autodeterminazione della vittima, inducendola a rivolgersi al mercato del credito illegale e ad accettare condizioni inique e onerose. La Corte ha specificato che l’esistenza di tale stato può essere desunta anche dalla sola misura degli interessi, se talmente elevata da far presumere che solo un soggetto in difficoltà avrebbe potuto accettarli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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