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Prove d’ufficio: il giudice decide, non le parti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva una nuova audizione di consulenti tecnici. La Corte ha ribadito che l’acquisizione di prove d’ufficio è un potere discrezionale del giudice di merito, e il suo mancato esercizio non è contestabile in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prove d’ufficio: il Potere Discrezionale del Giudice è Insindacabile

Nel processo penale, la ricerca della verità è un obiettivo primario, ma le modalità con cui si acquisiscono le prove sono rigidamente disciplinate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale riguardo alle cosiddette prove d’ufficio, ovvero quelle che il giudice può disporre di sua iniziativa. La decisione chiarisce che tale potere è una prerogativa esclusiva del giudice di merito e il suo mancato esercizio non può essere motivo di ricorso in Cassazione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava il fatto che i giudici di merito non avessero accolto la sua istanza di disporre una nuova audizione sia della consulente tecnica del pubblico ministero, sia dei propri consulenti di parte. Secondo la difesa, queste nuove audizioni sarebbero state necessarie per un completo accertamento dei fatti. La questione è quindi approdata dinanzi alla Suprema Corte, chiamata a valutare se il rifiuto del giudice di merito costituisse un vizio della sentenza impugnata.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle prove d’ufficio

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato” e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno stabilito che la richiesta del ricorrente si scontra con un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. La decisione di acquisire nuove prove ai sensi dell’articolo 507 del codice di procedura penale rientra nelle “attribuzioni del giudice, e non delle parti”. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su un principio cardine della procedura penale: la distinzione dei ruoli tra giudice e parti. L’articolo 507 c.p.p. conferisce al giudice il potere di disporre, anche d’ufficio, l’assunzione di nuovi mezzi di prova se lo ritiene “assolutamente necessario” ai fini della decisione.

Questo potere, sottolinea la Corte, è eminentemente discrezionale e funzionale all’accertamento della verità processuale. Le parti possono certamente “sollecitare” il giudice a farne uso, come ha fatto il ricorrente nel caso di specie, ma non possono pretenderlo. Il giudice del merito è l’unico arbitro della necessità di un’ulteriore istruzione probatoria.

La Suprema Corte ha richiamato precedenti pronunce (tra cui Cass. n. 4672/2017 e n. 9763/2013) per ribadire che il mancato accoglimento di un’istanza di questo tipo “non possa essere sindacato in sede di legittimità”. In altre parole, la Cassazione non può entrare nel merito della scelta del giudice di primo o secondo grado di non acquisire nuove prove d’ufficio, poiché tale valutazione attiene alla ricostruzione del fatto, preclusa al giudice di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito per la strategia difensiva. Dimostra che le parti devono concentrare i loro sforzi probatori durante la fase dibattimentale ordinaria. Attendere o sperare che il giudice eserciti i suoi poteri d’ufficio per colmare eventuali lacune probatorie è una strategia rischiosa e, come dimostra questo caso, non tutelabile in Cassazione.

La discrezionalità del giudice nell’ammissione delle prove d’ufficio è quasi assoluta. Le parti hanno il diritto di stimolare l’attenzione del giudice su determinati aspetti, ma la decisione finale spetta unicamente a quest’ultimo, e tale scelta, se non viziata da palese illogicità, è insindacabile. Pertanto, è fondamentale che la difesa presenti un quadro probatorio il più completo possibile fin dalle prime fasi del processo, senza fare affidamento su un potenziale, ma non garantito, intervento giudiziale successivo.

Le parti processuali possono obbligare il giudice a disporre nuove prove?
No, la decisione di ammettere nuove prove d’ufficio, ai sensi dell’art. 507 c.p.p., rientra nel potere discrezionale del giudice e non costituisce un diritto delle parti.

È possibile ricorrere in Cassazione se il giudice rigetta una richiesta di nuova audizione di un consulente?
No, secondo la giurisprudenza consolidata citata nell’ordinanza, il mancato accoglimento di un’istanza per l’acquisizione di nuove prove non può essere contestato in sede di legittimità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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