Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46693 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46693 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ROMA il 26/06/1962 avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, nonché l’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza, riportandosi ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città di data 6 luglio 2023, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di quattro anni di reclusione (oltre alla pena pecuniaria) per una serie di 5 rapine ai danni di farmacie della Capitale, mandava assolto l’imputato per i primi due episodi (capi A e B di imputazione) per non aver commesso il fatto e, riformulato in termini di prevalenza il giudizio di comparazione tra le aggravanti contestate e le circostanze attenuanti generiche che erano in precedenza state valutate come equivalenti, riduceva la pena detentiva a tre anni di reclusione.
Con ricorso in Cassazione la difesa dell’imputato ha formulato due motivi.
2.1 Con il primo motivo la difesa di COGNOME deduce inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e di inutilizzabilità (art. 606 lett.c, pen.) in relazione all’omessa dichiarazione di nullità ex art. 178 comma 1, let cod. proc. pen., della richiesta di rinvio a giudizio, del decreto che dispone il a giudizio e degli atti successivi per l’omessa discovery (al momento dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen.) dei filmati raccolti sul luogo dei fatti o della dichiarazione di inutilizzabilità degli stessi.
2.2 Con il secondo motivo di ricorso la difesa dell’imputato deduce il viz motivazionale (art. 606 lett. e, cod. proc. pen.) della manifesta illogic relazione alla affermazione di responsabilità per i capi C e D della rubrica.
I due motivi sono, rispettivamente, manifestamente infondato e non consentito. Entrambi, inoltre, sono ripetitivi, e quindi generici, in quanto si li a riproporre questioni già affrontate e risolte correttamente dalle sentenze giudici di merito (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009Arnone 2 Rv. 243838 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013,COGNOME /Rv. 255568 – 01; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 – 01).
3.1. Il primo, che attiene alla mancata discovery di videoriprese delle varie azioni delittuose, è innanzi tutto concettualmente errato poiché dalla lettura dello st ricorso, così come dell’atto di appello, si apprende che la circostanza dell’esis stessa delle riprese, così come la visione delle relative immagini da part personale di polizia, sia emersa solo nel corso dell’esame testimoniale delle fo di polizia che avevano svolto parte dell’indagine, così costituendo un elemento sorpresa’ per lo stesso pubblico ministero. Non vi è stato perciò al occultamento del materiale probatorio, emerso ed acquisito quale documento (all’udienza 19 aprile 2023, come si legge a pg. 2 della sentenza di primo grad nella fase processuale, non procedinnentale. Appare iquindi lcorretta la soluzione adottata dal giudice di primo grado, giacché questa Corte ha già avuto modo d precisare che le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere sicurezza sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 cod. proc. pen. (ex multis, Sez. 5, n. 31831 del 06/10/2020, Comune, Rv. 279776 – 01).
L’eccezione, sia essa riferita alla nullità della citazione a giudizio inutilizzabilità delle immagini tratte dai filmanti, o ad entrambe, va respinta.
3.2. Il secondo motivo non è consentito poiché è diretto, pur evocando la criti di legittimità della motivazione, a proporre la rilettura del merito.
Premesso che, in relazione alle residue imputazioni, ci si trova dinnanzi ad u ‘doppia conforme’, per l’adozione da parte di entrambi i giudici, dei medesi elementi di prova e del ricorso da parte di essi ai medesimi criteri valutat inevitabile che in questa sede, come affermato da un orientamento piuttost
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risalente ma mai smentito, ed anzi costantemente confermato, compito del giudice di legittimità sia stabilire se quei giudici abbiano esaminato tutti gli elementi disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esausti e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattame applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hann giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez.
6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, Clarke, Rv. 203428).
Nel caso di specie, depurata l’accusa da quelle imputazioni nelle quali il giud di primo grado aveva compiuto un ‘atto di fede’ (per usare l’efficace espressi adottata a pg. 6 della sentenza d’appello), attenendosi alle valutazioni delle di polizia nell’esame delle immagini registrate, senza ‘sovrapporvi’ le propri Corte d’appello ha prodotto un congruo sforzo motivazionale per dimostrare l’uniformità delle condotte poste in essere nel corso delle rapine descritte ai di imputazione C), D) ed E) e l’identità del soggetto che nelle varie registraz dei tre episodi viene ripreso. Non è quindi nemmeno corretto sostenere, come si legge nel ricorso, che gli elementi posti a base del giudizio formulato dalla Co d’appello fossero indiziari, essendovi stata piuttosto valutazione dirett materiale probatorio, né che possano aver giocato un qualche ruolo eventuali divergenze testimoniali sull’età dell’autore delle rapine o sulla sua altezza che tali aspetti non sono menzionati dal giudice d’appello, che ha preferito affid alla propria valutazione diretta, piuttosto che basarsi sulla descrizione fornita persone offese. Si tratta di una scelta del tutto legittima del materiale desti formare la base probatoria della propria valutazione sul fatto, ancora una volta tutto insindacabile in questa sede, in quanto congruamente motivata.
4. L’inammissibilità del ricorso comporta (art. 616 cod. proc. pen.) la condan del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamen alla Cassa delle ammende della somma, equitativamente fissata, di C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa dell ammende.
Così deci o il 31 ottobre 2024