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Prove documentali: screenshot validi se dal partecipante

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per accesso abusivo a sistema informatico e altri reati. La Corte ha ribadito due principi fondamentali: la testimonianza della persona offesa può, da sola, fondare una condanna, previa verifica di credibilità. Inoltre, ha chiarito che gli screenshot di conversazioni digitali costituiscono valide prove documentali se prodotti da uno dei partecipanti alla conversazione stessa, a differenza del caso in cui siano acquisiti da terzi (come la polizia giudiziaria) senza decreto di sequestro.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prove documentali: la Cassazione conferma la validità degli screenshot prodotti da una parte

In un’era dominata dalla comunicazione digitale, la validità delle prove documentali estratte da chat e messaggistica istantanea è un tema cruciale nei processi penali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti importanti, distinguendo nettamente tra gli screenshot prodotti da un partecipante alla conversazione e quelli acquisiti da terzi, come la polizia giudiziaria. La decisione ribadisce anche la centralità e l’affidabilità della testimonianza della persona offesa.

I Fatti e il Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato, emessa dalla Corte d’Appello di Milano, per reati informatici e contro il patrimonio, previsti dagli articoli 615-ter, 635-quater e 646 del codice penale. La decisione dei giudici di merito si basava in modo significativo sulle dichiarazioni della persona offesa, corroborate da altre testimonianze e da prove documentali.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due principali motivi di doglianza:
1. Vizio di motivazione: Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nel ricostruire i fatti, fondando la condanna quasi esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa, senza un’adeguata valutazione critica.
2. Violazione di legge processuale: Il ricorrente lamentava l’illegittima acquisizione e valutazione delle prove documentali, in particolare di alcuni messaggi di una chat, sostenendo che fossero stati ottenuti in violazione delle norme procedurali.

L’Analisi della Corte: Testimonianza e Prove Documentali

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, giudicandolo manifestamente infondato su entrambi i fronti. La decisione si articola su due pilastri argomentativi che meritano un’analisi approfondita.

La Testimonianza della Persona Offesa come Prova

Sul primo punto, i Giudici Supremi hanno ricordato un principio consolidato nella giurisprudenza: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La Corte non può rivalutare le prove, ma solo verificare la correttezza logico-giuridica della motivazione della sentenza impugnata.

La Cassazione ha specificato che le dichiarazioni della persona offesa possono legittimamente costituire l’unica fonte di prova per l’affermazione della responsabilità penale dell’imputato. Ciò è possibile a condizione che il giudice di merito compia una rigorosa verifica della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano adempiuto a tale onere, supportando la loro decisione con argomentazioni non illogiche e riscontrando le dichiarazioni della vittima con altre prove testimoniali e documentali.

La Validità delle Prove Documentali da Chat

Il secondo motivo di ricorso, relativo all’utilizzabilità degli screenshot, è stato parimenti respinto. La Corte ha evidenziato come la giurisprudenza citata dalla difesa fosse del tutto inconferente. Tale giurisprudenza si riferisce all’ipotesi in cui la polizia giudiziaria, soggetto terzo ed estraneo alla conversazione, acquisisca messaggi tramite screenshot di propria iniziativa, senza un decreto di sequestro del pubblico ministero e in assenza di motivi d’urgenza. In quel contesto, la prova potrebbe essere inutilizzabile.

Il caso in esame era, invece, radicalmente diverso. La documentazione contestata non era stata acquisita da un terzo, ma proveniva direttamente da uno dei soggetti che aveva partecipato attivamente alla conversazione riprodotta. In questa situazione, la produzione in giudizio di screenshot o trascrizioni della chat da parte del partecipante è pienamente legittima e il materiale costituisce una valida prova documentale, utilizzabile ai fini della decisione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità del ricorso sottolineando la sua manifesta infondatezza e, per certi versi, la sua genericità. Le censure mosse dall’imputato erano volte a sollecitare una nuova e alternativa lettura delle fonti di prova, un’operazione preclusa al giudice di legittimità. Non sono stati dedotti specifici e decisivi travisamenti delle emergenze processuali, unici vizi che avrebbero potuto aprire le porte a una rivalutazione.

Per quanto riguarda le prove documentali, la motivazione della Corte si fonda sulla distinzione cruciale della fonte di provenienza della prova. Quando a produrre la trascrizione o l’immagine di una conversazione è uno dei suoi protagonisti, non si applicano le garanzie procedurali previste per le attività di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria. La parte sta semplicemente offrendo una rappresentazione documentale di un fatto storico (la conversazione) a cui ha direttamente partecipato. Inoltre, il motivo di ricorso è stato giudicato generico anche perché non specificava a quali precise prove documentali si riferissero le censure di inutilizzabilità, violando così i requisiti di specificità richiesti dall’art. 581, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre preziose indicazioni pratiche. In primo luogo, consolida il valore probatorio della testimonianza della persona offesa, purché attentamente vagliata dal giudice. In secondo luogo, e con maggiore impatto sull’attualità processuale, chiarisce in modo inequivocabile la piena utilizzabilità come prove documentali degli screenshot di conversazioni digitali quando questi sono prodotti da uno dei partecipanti. Questa pronuncia semplifica l’acquisizione di elementi probatori fondamentali in molti reati moderni, distinguendo nettamente tale attività dalla più complessa e garantita procedura di sequestro di prove digitali da parte delle autorità inquirenti.

Le dichiarazioni della persona offesa possono essere l’unica prova per una condanna?
Sì, secondo la Corte, le dichiarazioni della persona offesa possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale, a condizione che il giudice effettui una verifica rigorosa sulla credibilità soggettiva del dichiarante e sull’attendibilità intrinseca del suo racconto, fornendo una motivazione adeguata.

Gli screenshot di una chat, forniti da uno dei partecipanti, sono prove documentali valide nel processo penale?
Sì, la Corte ha stabilito che la documentazione proveniente direttamente da uno dei soggetti che hanno partecipato alla conversazione riprodotta è una prova documentale valida. Questo caso è diverso dall’acquisizione di screenshot da parte della polizia giudiziaria (un soggetto terzo), che richiederebbe il rispetto di specifiche procedure come il sequestro.

Perché il secondo motivo del ricorso è stato ritenuto, oltre che infondato, anche generico?
Il motivo è stato considerato generico perché la difesa non ha specificato a quali prove documentali si riferissero le censure di inutilizzabilità. Per essere ammissibile, un motivo di ricorso deve indicare in modo preciso gli atti processuali su cui si fonda, requisito non soddisfatto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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