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Prove dall’estero: la Cassazione su Sky Ecc e OIE

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45843/2024, ha rigettato il ricorso di un indagato per traffico di stupefacenti, confermando la piena utilizzabilità delle chat criptate ottenute dalla Francia. Il caso verteva sull’acquisizione di prove dall’estero tramite Ordine di Indagine Europeo (OIE). La Corte ha ribadito che tali prove, già in possesso dell’autorità estera, possono essere acquisite e utilizzate nel processo italiano secondo le regole sulla circolazione probatoria (art. 270 c.p.p.), applicando il principio del mutuo riconoscimento e la presunzione di rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prove dall’estero: la Cassazione valida l’uso delle chat da sistemi criptati

L’uso di prove dall’estero, specialmente quando derivanti da complesse operazioni di decriptazione di piattaforme di comunicazione, rappresenta una delle frontiere più dibattute della procedura penale moderna. Con la recente sentenza n. 45843 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla legittimità dell’acquisizione e dell’utilizzo di conversazioni avvenute su un noto sistema di messaggistica cifrata, i cui dati erano stati ottenuti dalle autorità francesi e trasmessi all’Italia tramite un Ordine di Indagine Europeo (OIE). La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la lotta alla criminalità organizzata transnazionale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. L’impianto accusatorio si fondava in maniera preponderante sui contenuti di conversazioni scambiate su una piattaforma di comunicazione criptata, nota per garantire un elevato livello di anonimato ai suoi utenti. Tali dati erano stati acquisiti dall’autorità giudiziaria francese nel corso di una vasta operazione che aveva portato alla decriptazione dei server della piattaforma, situati in Francia. Successivamente, il Pubblico Ministero italiano aveva ottenuto la trasmissione di questi dati attraverso l’emissione di un Ordine di Indagine Europeo.

I Motivi del Ricorso e le Questioni Giuridiche

La difesa dell’indagato, destinatario di una misura di custodia cautelare in carcere, ha sollevato numerose eccezioni contro l’ordinanza del Tribunale del riesame, incentrate sull’illegittimità del materiale probatorio. I motivi di ricorso spaziavano da vizi procedurali, come l’asserita scadenza dei termini delle indagini preliminari, a questioni di natura sostanziale relative alle modalità di acquisizione delle chat.
In particolare, la difesa sosteneva che:
1. L’acquisizione delle chat dovesse essere qualificata come un’intercettazione e non come acquisizione di documenti informatici, con conseguente applicazione di un regime di garanzie più stringente.
2. L’operazione di captazione di massa, condotta dalle autorità francesi, violasse i principi di proporzionalità e i diritti fondamentali.
3. L’Ordine di Indagine Europeo fosse incompatibile con la Direttiva 2014/41/UE.
4. La mancata discovery di tutti gli atti relativi all’attività di decriptazione e l’impossibilità di accedere all’algoritmo utilizzato avessero leso il diritto di difesa.

Prove dall’estero: La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la piena legittimità dell’operato degli inquirenti e del Tribunale. La decisione si allinea ai principi già sanciti dalle Sezioni Unite e dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in casi analoghi, fornendo un quadro chiaro sulla circolazione delle prove dall’estero nello spazio giudiziario europeo.

Il Richiamo ai Principi delle Sezioni Unite

La Corte ha ribadito che, quando si tratta di prove già formate e disponibili presso un’autorità estera, il Pubblico Ministero italiano può richiederne la trasmissione tramite OIE senza necessità di una preventiva autorizzazione del giudice. La qualificazione giuridica dell’atto non è quella di un’intercettazione in corso, ma quella del trasferimento di risultati di intercettazioni già eseguite. La norma di riferimento per la loro utilizzabilità in un procedimento diverso è l’art. 270 del codice di procedura penale.

L’impatto della Giurisprudenza Europea

Cruciale è stato il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia nel caso ‘EncroChat’. I giudici europei hanno stabilito che il principio del mutuo riconoscimento impone allo Stato di emissione dell’OIE di non controllare la regolarità della procedura con cui le prove sono state raccolte nello Stato di esecuzione. Vige una presunzione relativa che gli altri Stati membri rispettino i diritti fondamentali. Spetta alla difesa fornire allegazioni specifiche e concrete per dimostrare una violazione palese di tali diritti, onere che nel caso di specie non è stato assolto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive. Ha chiarito che le questioni relative alle modalità di esecuzione dell’atto investigativo in Francia avrebbero dovuto essere sollevate dinanzi all’autorità giudiziaria francese. Nel giudizio italiano, il controllo è limitato alla verifica che l’acquisizione non contrasti con i principi fondamentali dell’ordinamento, come il diritto a un equo processo.

Inammissibilità dei Motivi Nuovi e Onere della Prova

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi di ricorso ‘nuovi’, basati su documenti e informazioni emersi in un altro procedimento penale e acquisiti solo dopo la decisione del riesame. Tali elementi, per quanto potenzialmente rilevanti, non possono essere valutati per la prima volta in sede di legittimità, ma devono essere sottoposti al giudice del merito attraverso gli appositi strumenti, come un’istanza di revoca della misura cautelare.

La corretta qualificazione delle prove dall’estero

La sentenza riafferma che il flusso di dati ottenuto tramite OIE costituisce un’acquisizione di prove dall’estero già esistenti. L’eventuale erronea qualificazione dell’atto da parte dei giudici di merito come ‘documento informatico’ (ex art. 234-bis c.p.p.) non determina l’inutilizzabilità, se sussistevano comunque le condizioni per emettere legittimamente l’OIE ai sensi della disciplina sulla circolazione probatoria (art. 270 c.p.p.).

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza 45843/2024 rafforza il sistema di cooperazione giudiziaria europea basato sulla fiducia reciproca. Stabilisce che la difesa non può limitarsi a contestazioni generiche sulla ‘massività’ delle captazioni o sulla mancata conoscenza degli algoritmi di decriptazione. Per vincere la presunzione di legittimità delle prove dall’estero, è necessario allegare e provare una violazione specifica e manifesta dei diritti fondamentali, un compito arduo ma essenziale per bilanciare le esigenze investigative con le garanzie individuali.

È possibile utilizzare in un processo penale italiano le chat di un sistema criptato acquisite da autorità di un altro Stato UE?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che i risultati di intercettazioni già eseguite all’estero, e in possesso di quell’autorità, possono essere trasmessi all’Italia tramite un Ordine di Indagine Europeo (OIE) e sono utilizzabili nel processo, secondo le regole previste per l’uso di prove provenienti da altri procedimenti (art. 270 c.p.p.).

La difesa può contestare in Italia le modalità con cui le prove sono state raccolte all’estero?
Di norma, no. Le questioni relative alla regolarità delle operazioni investigative svolte nello Stato estero (detto ‘Stato di esecuzione’) devono essere sollevate davanti ai giudici di quello Stato. In Italia è possibile contestare tali prove solo se si dimostra una violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano e del diritto a un equo processo, ma la difesa ha l’onere di fornire prove concrete di tale violazione.

Cosa accade se emergono nuovi elementi sulla raccolta delle prove dopo che il Tribunale del Riesame si è già pronunciato?
Secondo la Corte, questi nuovi elementi non possono essere valutati per la prima volta nel giudizio di Cassazione. Devono essere presentati al giudice competente per il merito (ad esempio, il GIP o il Tribunale) attraverso un’istanza di revoca o modifica della misura cautelare, in quanto costituiscono fatti sopravvenuti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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