Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37177 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37177 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a MAGENTA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a MAGENTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo
114′.C. GLYPH chicde l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore
AVV_NOTAIO conclude chiedendo l’inammissibilità o in subordine il rigetto dei ricorsi e deposita conclusioni e nota spese.
L’AVV_NOTAIO COGNOME NOME conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
L’AVV_NOTAIO COGNOME NOME COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano in composizione monocratica che, in data 7/12/2020, affermava la penale responsabilità di NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine ai delitti, in concorso tra loro, di incendio e di violazione di domicilio, aggravata, quest’ultima, dall’essere stata commessa con violenza sulle cose e-al fine di eseguire il delitto di incendio, e li condannava alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione, oltre che alla sanzione accessoria e al risarcimento del danno, disponendo l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno, da applicarsi ai suddetti a pena espiata.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione deduce vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della prova del delitto di cui all’art. 423 cod. pen., contestato all’imputato, oltre ogni ragionevole dubbio.
Lamenta il difensore che non è stato dato seguito alla ricostruzione alternativa prospettata, che illustrava la tempistica dell’incendio e gli avvenimenti filmati dalla registrazione prodotta dalla Procura, definita dalla Corte territoriale assolutamente fantasiosa e non riscontrata senza alcuna spiegazione e senza la diretta visione del filmato cui si fa riferimento. Rileva che detta Corte supera in poche righe il ragionevole dubbio innestato dalla presenza, documentata da tale filmato, di uno sconosciuto nei pressi della villetta, alle ore 23.47 e quindi poco prima dello scoppio dell’incendio.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia vizio di motivazione in ordine all’attendibilità della testimone NOME COGNOME.
Rileva il difensore l’illogicità della Motivazione della sentenza impugnata laddove ritiene marginale la non precisa indicazione da parte della suddetta teste dell’orario di allontanamento dei due imputati, quando proprio l’individuazione di tale orario è fondamentale per stabilire la compatibilità con la provocazione dell’incendio. Osserva che non è sufficiente a tale riguardo che COGNOME, nelle nuove dichiarazioni, abbia riferito di essersi allontaNOME quella sera con NOME, anche perché in dette dichiarazioni il coimputato afferma che mentre aspettava NOME, che si era introdotto nella villa, non aveva incontrato nessuno ed era
stato visto da NOME, circostanze smentite sia dal fatto che quest’ultimo negava di averlo incontrato sia dal fatto che nella via laterale della villa era presente anche il soggetto ignoto.
Rileva che sarebbe stata indispensabile l’individuazione temporale degli spostamenti della coppia NOME–NOME, ai fini della verifica della ricostruzione fatta dal coimputato COGNOME (in ordine alle circostanze che NOME aveva provocato l’incendio, aveva subito il contraccolpo dell’esplosione, era stato soccorso dal cugino, era rientrato in pizzeria e poi era ripartito per la cena con la NOME).
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione in ordine alla misura di sicurezza della libertà vigilata applicata.
Si rileva che NOME, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte di appello, non ha illogicamente screditato la teste della Procura COGNOME, cercando di attribuirle un collegamento con la criminalità organizzata. Si osserva al riguardo che la stessa teste ammetteva di essere stata assunta da uno degli esponenti della criminalità della zona, conosciuto grazie a sua zia. Ci si duole che l’imputato sia stato ritenuto socialmente pericoloso, pur avendo una condanna per reato contro il patrimonio, ben diverso da quelli per cui si procede e ad essi non accomunabile per un giudizio complessivo sulla sua pericolosità sociale. Lamenta la difesa che il Tribunale non ha speso alcuna parola riguardo alla disamina della pericolosità giustificativa della misura di sicurezza, sul modus vivendi di NOME, sulle sue frequentazioni, sia familiari che sociali, basandosi unicamente sul movente e sulle modalità dell’azione criminosa, avvenuta due anni prima della condanna, per disporre una misura di sicurezza che sarà applicata dopo tre anni di reclusione.
Il difensore insiste, alla luce dei suddetti motivi, per l’annullamento della sentenza impugnata.
Ricorre per cassazione anche NOME COGNOME, tramite il proprio difensore di fiducia.
3.1. Col primo motivo di impugnazione vengono dedotti violazione di legge per controprova negata e vizio di motivazione in merito alla violazione del contraddittorio.
Rileva il difensore che: – dalle dichiarazioni dei testi della difesa NOME COGNOME e NOME COGNOME e dalla fattura del 25.9.2018 era emerso che l’autovettura con la quale la COGNOME, teste chiave della Procura, aveva visto allontanare gli imputati prima dell’incendio era in
realtà ferma perché in riparazione presso un garage; – la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, all’esito dell’esame dell’imputato COGNOME, aveva depositato immagini/foto prelevate dalla Banca dati del Comune di Bareggio per il controllo dei varchi stradali dell’1.8.2018 e del 12.8.2018, con relative note dei carabinieri e della polizia locale del 17.5.2021 sia su dette immagini che sul traffico telefonico generato dall’utenza di COGNOME sempre il 12.8.2018; – la difesa già in primo grado aveva censurato tale attività, non solo per il fatto che riguardava date diverse da quella dei fatti per cui si procede (10.8.2018), ma anche per la tempistica di effettuazione di tale attività probatoria, avvenuta durante la celebrazione del processo e in assenza di deleghe o decreti di intercettazione, di fatto invalidando e menomando il diritto alla prova contraria della difesa, da esercitare in limine litis, risultando poi rassegnate le conclusioni del processo il 19 luglio 2021; – del tutto illogica è la motivazione della sentenza di appello che parla di indagini già presenti in atti, trascurando che si tratta di richiesta degli agganci BTS successivi alla data dei reati, prodotta solo all’udienza del 21.5.2021 perché mai messa a disposizione delle parti, nonché di attività di verifica dei varchi svolta solo poco prima di detta udienza.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 110, 423 e 641 cod. pen. e vizio di motivazione.
Si rileva che dalle dichiarazioni rese da COGNOME in sede di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale è emersa l’estraneità ai fatti del suddetto che risulta non avere partecipato alla condotta materiale, né tanto meno avere saputo quale fosse l’intento del correo la sera della verificazione dei fatti per cui è processo. Lamenta il difensore che la Corte territoriale non specifica il contributo che sarebbe stato prestato da COGNOME, la cui mera presenza sul luogo dei fatti non sarebbe senza dubbio sufficiente.
3.3. Col terzo motivo di impugnazione viene rilevato vizio motivazionale in merito al giudizio di pericolosità giustificativo della misura di sicurezza della libertà vigilata.
Si duole il difensore che la sentenza impugnata difetti sotto il profilo motivazionale del necessario criterio di attualizzazione della pericolosità sociale di COGNOME, incensurato e invalido, concentrandosi sulla sola gravità del reato, non sufficiente ai fini della disposta misura.
Il difensore, alla luce dei suddetti motivi, insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
Il Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO COGNOME, deposita memoria con la quale anticipa le proprie conclusioni insistendo per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
1.1. Infondati sono i primi due motivi di impugnazione nell’interesse di NOME COGNOME.
La Corte di appello di Milano sull’attendibilità della teste chiave NOME COGNOME (sulla quale si ritorna nel secondo motivo di ricorso), invero, ampiamente motiva (a p. 6), affrontando ogni aspetto, anche relativo alle imprecisioni del racconto e all’iniziale reticenza della donna.
Osserva che dalle intercettazioni telefoniche e dalle parole dei testi NOME COGNOME e NOME COGNOME (rispettivamente sorella e cogNOME della suddetta teste) traspare come la suddetta avesse spontaneamente maturato la volontà di divulgare la verità.
Rileva che l’ultima versione da lei fornita trova solide conferme nelle dichiarazioni rese da tutti gli altri testi sentiti, nonché nelle intercettazioni, nei tabulati e negli ulteriori elementi presenti in atti, tra cui le dichiarazioni di NOME COGNOME che, chiamata a deporre dalla difesa dell’imputato COGNOME, ha confermato che l’amica NOME le aveva ad un certo punto confidato che effettivamente a commettere il reato fossero stati gli imputati.
Aggiunge che definitivo riscontro è offerto dalle dichiarazioni rese in sede di rinnovazione di istruttoria dibattimentale dal coimputato COGNOME, che ha accusato NOME di averlo indotto ad accompagnarlo presso la villetta, con la scusa di voler recuperare i propri effetti personali, e di avere, poi, appiccato l’incendio sotto il suo inconsapevole sguardo, specificando di avere precedentemente taciuto e di avere screditato la versione veritiera offerta da NOME, fino addirittura a cercare di far ricadere la colpa sulla stessa, su specifica indicazione proprio del coimputato.
La Corte giustifica, poi, come già si è anticipato, anche l’iniziale atteggiamento di reticenza serbato dalla teste alla luce della relazione affettiva e lavorativa che legava la donna a NOME e dell’atteggiamento intimidatorio da costui manifestato nei suoi confronti immediatamente dopo il fatto.
Si confronta pure con la circostanza su cui fanno leva gli imputati per screditare la teste (il riferito allontanamento a bordo di un’autovettura che in quei giorni si trovava in riparazione per un guasto), evidenziando che la donna ha mostrato di ricordare perfettamente i punti essenziali della serata, rispetto ai quali l’esatto modello di autovettura adoperata dai prevenuti costituisce un elemento assolutamente trascurabile, e che comunque l’allontanamento degli imputati in direzione della villetta incendiata è stato confermato in via definitiva dall’imputato COGNOME nel corso del suo esame in appello.
Sottolinea che è, altresì, marginale la non precisa indicazione da parte della teste dell’orario in cui i due si sarebbero allontanati, a fronte del ricordo della donna del cugino del compagno giunto nei locale in un momento successivo alla fine della giornata lavorativa e, quindi, in orario perfettamente compatibile con l’ipotesi accusatoria.
Osserva che pure tale circostanza risulta confortata dalle dichiarazioni di COGNOME in appello (“io sono arrivato in pizzeria intorno alle undici e un quarto”) e dai tabulati relativi all’utenza telefonica in suo uso (che dimostrano come alle ore 22.53 lo stesso fosse ancora presso la propria abitazione).
La Corte di appello di Milano valuta, inoltre, la ricostruzione alternativa, riproposta in questa sede dalla difesa di NOME con il primo motivo di ricorso, fondata sulle immagini ritraenti un ignoto soggetto poco prima dell’arrivo dei vigili del fuoco (che potrebbe essere stato secondo la difesa autore materiale dell’incendio), escludendo ogni coinvolgimento di quest’ultimo in ragione della tempistica dei fatti.
Rilevano, invero, i Giudici di appello che secondo quanto ricostruito dalla difesa il soggetto mai identificato sarebbe giunto in loco alle ore 23.47, mentre lo scoppio dell’incendio si sarebbe collocato alle ore 23.50, con intervento dei vigili del fuoco alle successive ore 23.54; e che non è plausibile che nel giro di tre soli minuti il suddetto avesse potuto raggiungere l’immobile, entrarvi, predisporre svariati punti di innesco (anche su diversi livelli), innescarli e poi allontanarsi dalla villetta prima del divampare dell’incendio e senza essere visto da nessuno dei pompieri intervenuti.
Aggiungono che nessuna prova contraria si trae dalla circostanza che NOME e la teste si trovassero al RAGIONE_SOCIALE di Sedriano alle successive ore 00.06, avendo dovuto i due correi- necessariamente lasciare l’immobile ben prima della deflagrazione e, quindi, avendo avuto
l’imputato tempo sufficiente per tornare in pizzeria, cambiarsi ed uscire con la compagna.
Si confrontano, infine, anche con la deposizione del teste NOME COGNOME definendola irrilevante.
1.2. Infondati sono anche i primi due motivi del ricorso di COGNOME.
Con riguardo alla prima doglianza, la Corte di appello, ricalcando quanto già osservato dal Giudice di primo grado, ha, invero, evidenziato che i fotogrammi e i tabulati oggetto delle annotazioni redatte successivamente erano stati acquisiti dalla Procura nei mesi immediatamente successivi al fatto; che, pertanto, non può parlarsi di menomazione del diritto di difesa, trattandosi di documentazione già presente nel fascicolo del P.m., che ben avrebbe potuto essere direttamente consultata dalle difese di entrambi gli imputati in qualsiasi momento; e, infine, quanto alla pretesa lesione del diritto della difesa alla controprova, che la produzione ha rappresentato per la pubblica accusa esplicazione del proprio diritto alla prova contraria, a fronte delle circostanze emerse dall’esame dell’imputato COGNOME e di taluni testi della difesa di quest’ultimo. E, comunque, detta Corte ha concluso – e questo sembra assolutamente dirimente – per l’irrilevanza delle prove documentali prodotte ai fini della ricostruzione del fatto, suffragata, invece, da altre, differenti e più pregnanti prove.
Le censure riproposte in questa sede, peraltro prive di qualsivoglia allegazione, si rivelano, pertanto, infondate.
Altrettanto infondato, ai limiti dell’inammissibilità per genericità, è il secondo motivo di ricorso sulla mancata individuazione dello specifico contributo di COGNOME.
La Corte territoriale, invero, evidenzia ‘che l’imputato con la sua ultima dichiarazione ha di fatto confermato integralmente le propalazioni della COGNOME nonché l’ipotesi accusatoria, pur in modo confuso quanto alla propria personale responsabilità e al concreto contributo prestato, ritenuto sussistente anche sotto il profilo soggettivo già dal primo Giudice (si veda sentenza di primo grado, a p. 28, in cui si afferma essere indubbio il «concorso anche solo morale dell’ausiliatore e trasportatore COGNOME») .
1.3. Infondati, infine, sono i rilievi sulla pericolosità sociale degli imputati e, quindi, sulla conseguente applicazione della misura di sicurezza, a fronte di una motivazione non manifestamente illogica come quella della sentenza di appello, che fa leva sulla gravità del fatto e
sull’accentuato allarme sociale destato, atteso il movente sostanzialmente futile e il suo inserimento nel contesto di un’ordinaria operazione di trasferimento della proprietà immobiliare (NOME, a seguito di una procedura di esecuzione immobiliare, aveva perso la disponibilità della villetta alla quale dava fuoco), sulle modalità particolarmente allarmanti della vicenda, sulla fuga degli imputati subito dopo l’innesco, in totale spregio e nella più assoluta indifferenza per le terribili e drammatiche conseguenze del loro gesto, nonostante la consapevolezza della vicinanza di ulteriori abitazioni, e, infine, sul tentativo di entrambi (per COGNOME iniziale) di precostituirsi un alibi.
Osserva, inoltre, la Corte che il giudizio di pericolosità rimane senza dubbio attuale, anche alla luce delle dichiarazioni rese nel corso del giudizio di appello dagli imputati e dirette ad allontanare da sé la responsabilità per i fatti oggetto del presente procedimento. E conclude nel senso che, comunque, resta salva l’autonoma verifica di pericolosità sociale e di attualità della stessa che sarà compiuta, una volta espiata la pena, dalla competente Autorità Giudiziaria.
Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di NOME e COGNOME al pagamento delle spese processuali.
Gli imputati vanno, altresì, condannati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME, che si ritiene equo liquidare, in considerazione dell’impegno professionale profuso, come da dispositivo.
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
o N Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 6.332,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2024.