Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19259 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19259 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 27/07/1993
avverso la sentenza del 25/11/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Biella il 15.02.2023, ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME in anni cinque di reclusione ed euro 24.000 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello presentando due ricorsi.
Con il ricorso a firma dell’avv. COGNOME con il quale si deduce vizio di motivazione con il quale si deduce vizio di motivazione quanto alla sussistenza del reato contestato al capo 22) avente ad oggetto la detenzione di 10 chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, in riferimento alla mancata sussistenza del fatto di reato contestato.
Con il ricorso a firma degli avv.ti COGNOME e COGNOME si deduce: con il primo motivo violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla valutazione dei criteri di cui all’art. 192 cod. proc. pen. in relazione al giudizio di responsabil espresso con riferimento al reato di cui al capo 22); con il secondo motivo si contesta la mancata riqualificazione del fatto nella previsione di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990; con il terzo motivo si contesta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3. I ricorsi sono inammissibili.
Il motivo proposto con il primo ricorso ed il primo motivo del secondo ricorso possono essere trattati congiuntamente stante il contenuto sovrapponibile delle doglianze difensive.
I motivi sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito (pag.4).
La motivazione della Corte di appello sul punto è esaustiva e priva di profili di illogicità. Infatti, corretto appare il ragionamento secondo cui risulta provata nel caso di specie la responsabilità del ricorrente, alla luce del quadro probatorio acquisito.
La decisione della Corte distrettuale è in linea con la giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità secondo cui la prova dei reati di traffico e di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti può essere desunta non soltanto dal sequestro o dal rinvenimento delle sostanze, ma anche da altre fonti probatorie (Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Rv. 263544; Sez. 4, n. 48008 del 18/11/2009, Rv. 245738; Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, Rv. 279251).
La Corte territoriale, inoltre, ha passato in rassegna le conversazioni captate con diversi interlocutori in cui non solo di parlava di “quella bianca” ma anche delle
modalità del trasporto e del trattamento effettuato per aumentarne il peso escludendo, con motivazione congrua che si trattasse di “frottole e fandonie” allo scopo di “impressionare l’interlocutrice” dato che conversazioni dello stesso genere erano state registrate, in precedenza, anche con altri complici diversi.
Sul punto va ricordato che in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389).
L’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Quando il provvedimento impugnato abbia interpretato fatti comunicativi, l’individuazione del contesto in cui si è svolto il colloquio e dei riferimenti personali esso contenuti, onde ricostruire il significato di un’affermazione e identificare le persone alle quali abbiano fatto riferimento i colloquianti, costituisce attivi censurabile in sede di legittimità solo quando si sia fondata su criteri inaccettabili o abbia applicato tali criteri in modo scorretto (Sez. 1, n. 25939 del 29/04/2024, L., Rv. 286599).
Infine, in tema di prove, peraltro, il contenuto di intercettazioni telefoniche captate fra terzi, da cui emergano elementi di accusa nei confronti dell’indagato, può costituire fonte probatoria diretta della sua colpevolezza, senza necessità di riscontro ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logi (Sez. 3, n. 10683 del 07/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286150 – 04).
Manifestamente infondato è il secondo motivo relativo alla mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di cui all’art. 73, co.5, d.P.R. 309/90.
La Corte territoriale ha posto a fondamento del giudizio suddetto un ragionamento logico giuridico affatto carente o illogico ponendo l’accento sul quantitativo di droga considerato e sulla circostanza che lo Shkurti è, evidentemente, inserito in un traffico di stupefacenti (anche alla luce della precedente condanna pronunciata dal GIP del Tribunale di Torino il 3 giugno 2016).
La pronuncia è infatti pienamente rispettosa dei canoni interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che richiedono, per l’applicazione dell’art. 73, co
5, d.P.R. 309/1990, di valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato quali, quantità e qualità delle sostanze stupefacenti (Sez. 6, n. 45694 del 28/09/2016,Rv. 268293; Sez. 6, n. 27809 del 05/03/2013 Rv.255856; Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv.274076).
Quanto al terzo motivo proposto con il secondo ricorso, che attiene trattamento sanzionatorio, rileva questo Collegio che la sentenza impugnata met in luce con adeguato esame delle deduzioni difensive, con giudizio insindacabile questa sede, gli elementi che rendono l’imputato immeritevole della concessione del attenuanti generiche e di un più mite trattamento sanzionatorio (segnatament l’inserimento in un ambiente del narcotraffico, l’assenza di elementi positivi val ai fini dell’applicazione dell’art. 62 bis cod.pen.).Va ricordato che, in circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fat cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddit e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 1 pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/202 Marigliano, Rv. 279549).
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 13 maggio 2025
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