Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26334 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26334 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nata a VIMERCATE il 11/01/1994
avverso la sentenza del 03/02/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 comma 8 D.L. n.137/2020 successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari che il 09/07/2024 ha confermato il giudizio di penale responsabilità espres nei suoi confronti dal Tribunale della stessa città in ordine alla ricettazione di “svariati gi provenienza illecita perché provento di furto a carico di persone ignote, con la conseguent condanna alla pena ritenuta di giustizia ed il beneficio della sospensione condizionale della pen
A sostegno del ricorso ha articolato tre motivi di impugnazione:
1.1. GLYPH Vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità della COGNOME sul rilievo che, ad avviso della predetta ricorrente, difetterebbe la prova dell’illecita prov dei gioielli di cui si tratta, non risultando alcun riconoscimento, denuncia o querela da par una possibile persona offesa. La ricorrente non contesta il consolidato orientamento di questa Corte per il quale, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’ soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. Deduce, però, da un lato che l’onere di allegazione era stato soddisfatto con la produzione di fotografie che ritraevano la COGNOME c indossava una delle collane sequestrate, dall’altro che, difettando la prova della provenienza d beni da furto, chiedere una spiegazione della lecita provenienza di ogni oggetto sequestrato, risolverebbe in una sorta di “probatio diabolica”.
1.2. GLYPH Violazione di legge con riferimento alla ritenuta competenza per territorio de Tribunale di Cagliari, atteso che, ignorandosi il luogo ove è stata ricevuta la res di provenienza illecita, si sarebbero dovute applicare le regole suppletive di cui all’art. 9 cod. proc. pen., s cui la competenza appartiene al giudice della residenza, dimora o domicilio dell’imputato e pertanto, nel caso di specie Milano, luogo di residenza della ricorrente, a nulla rileva l’ipotizzato – ad avviso della ricorrente impropriamente – concorso con l’originaria coimput COGNOME residente a Cagliari, che aveva indotto a ricorrere al criterio previsto dall’a comma 3, cod. proc. pen.
1.3. GLYPH Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, al mancato riconoscimento della tenuità del fatto ed al rigetto della richiesta di sostituzione della pena con i lavori di pubblica ut avviso della difesa nella fattispecie concreta soluzione più favorevole al reo della sospensio condizionale, suscettibile di caducazione in considerazione di altra condanna definitiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto i motivi addotti si discostano dai param dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen. perché manifestame infondati, anche quando non attengono esclusivamente al merito della decisione impugnata.
2. E’ manifestamente infondato, in primo luogo, il motivo di ricorso – proposto per secondo ma da ritenersi precedente sul piano logico – volto a contestare la competenza territoriale determinata secondo il criterio di cui all’art. 9, comma 3, cod. proc. pen. in considerazione del diverse residenze delle due imputate, atteso che, invece, le due posizioni erano state stralciate in considerazione del rito speciale scelto dalla ricorrente, ed altresì dell’insussistenza del conco di persone nella ricettazione, alla luce del sol fatto che le due donne siano state rinvenute insie in possesso di arnesi atti allo scasso.
L’eccezione di incompetenza territoriale, già tempestivamente proposta dalla difesa in limine alla richiesta di definizione del processo con il rito abbreviato, ed in quella sede rigetta manifestamente infondata per il principio della “perpetuatiojurisdictionis”, in virtù del quale deve ritenersi comunque determinante la connessione iniziale tra le posizioni della COGNOME e della coimputata COGNOME non incidendo sulla competenza la scelta di riti diversi da parte delle predette, con conseguente separazione delle posizioni.
Occorre, infatti, dar seguito al consolidato principio di diritto in tema di competenza, second il quale, il vincolo tra i reati, determinato dalla connessione, costituisce criterio origin autonomo di attribuzione di competenza indipendentemente dalle successive vicende relative ai procedimenti riuniti: ne deriva che la competenza così radicatasi resta invariata per tutto il cor del processo, per il principio della “perpetuati° jurisdictionis”, anche in caso di assoluzione dell’imputato dal reato più grave che aveva determinato la competenza anche per gli altri reati (Sez. 2, n. 3662 del 21/01/2016, Prisco, Rv. 265783 – 01), né le vicende relative ai procedimenti connessi, già riuniti, come quella della loro separazione per la definizione anticipata di alcun essi, interferiscono in alcun modo sulla competenza unitariamente determinatasi, con riferimento a tutte le regiudicande, al momento della “vocatio in judícium” (Sez. 6, n. 1318 del 30/09/1996, Penna, Rv. 208177 – 01; Sez. 1, n. 6754 del 30/04/1996, COGNOME Rv. 205179 – 01).
3. E’ del pari manifestamente infondato, anche laddove non attiene al merito della decisione impugnata, il primo motivo di impugnazione, volto a contestare la ritenuta responsabilità dell COGNOME in ordine alla ricettazione ascrittale, nonostante la mancanza di qualsivogli denuncia, querela o riconoscimento dei gioielli sequestrati da parte dei precedenti legittim proprietari, in quanto la sentenza impugnata non si è in alcun modo discostata dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità che non richiede all’imputato di provare provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo, pertanto, non ad onere probatorio, bensì ad un mero onere di allegazione di elementi che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento (in senso, Sez. U, n. 35535 del 12/07/2007, COGNOME, Rv. 236914 – 01).
La Corte territoriale, così, ha dato adeguatamente conto di come la COGNOME in realtà non
abbia in alcun modo assolto a tale onere di allegazione, pur mostrando in dibattimento una fotografia volta a dimostrare la disponibilità di una delle collane sequestrate sin dall’a precedente: senza incorrere in vizio logico alcuno, infatti, la sentenza impugnata ha evidenziato trattarsi di un’unica fotografia relativa ad un’unica collana – tra i diversi gioelli sequestra cui esame non era stato possibile accertare né l’identità del bene rappresentato rispetto ad alcuno di quelli sequestrati, né il possesso dello stesso in epoca antecedente al delitt presupposto, sicché si tratta di documento inidoneo a riscontrare alcuna versione difensiva in ordine all’acquisto del bene, peraltro mai nemmeno prospettata. Allo stesso modo, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente (Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713 – 01, nella cui parte motiva la S.C. ha precisato che ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un “vulnus” alle guarentigie difensive, in quanto è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indagine sulla consapevolezza circ provenienza illecita della “res”, il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa).
4. Attiene esclusivamente al merito della decisione impugnata la censura rivolta dalla ricorrente all’esclusione dell’ipotesi di particolare tenuità della ricettazione, non illogica fondata dalla Corte territoriale sulla pluralità e sulla natura dei gioielli sequestrati, così anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche risulta coerente con la giurisprudenza di legittimità secondo cui il riconoscimento di queste deve essere fondato sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego delle attenuanti generiche è soddisfatto anche con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscim del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266460 – 01).
Inammissibile, infine, è la doglianza relativa al rigetto della richiesta di sostituzione d pena con i lavori di pubblica utilità, trattandosi di richiesta che, non essendo stata previament dedotta come motivo di appello in quanto avanzata dal difensore di ufficio solo in sede di conclusioni nel giudizio di appello, non può ritenersi indicativa della volontà dell’imputata eseguire la pena (che una simile richiesta non ha formalizzato), tale da comportare l’implicita rinuncia alla già concessa sospensione condizionale della pena, ritenuta dalla Corte territoriale ostativa all’accoglimento della richiesta, attesa l’incompatibilità tra i due istituti (cfr., S 2223 del 24/09/2024, dep. 2025, C., Rv. 287394 – 01, in cui si è precisato che l’istanza di applicazione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, in quanto indicativa della vol dell’imputato di eseguire la pena, comporta l’implicita rinuncia alla richiesta di concessione dell sospensione della condizionale della pena).
5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in camera di consiglio il 15 aprile 2025
GLYPH
Il relatore
Il Presidente