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Prova reato di usura: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8307/2024, si è pronunciata su un caso di usura e tentata estorsione. Pur confermando la colpevolezza dell’imputato basata sulla valutazione di credibilità delle vittime, la Corte ha annullato parzialmente la condanna. La decisione evidenzia un vizio di motivazione riguardo alle circostanze aggravanti per uno dei capi d’imputazione, sottolineando come la prova del reato di usura e dei suoi elementi accessori richieda un’argomentazione giudiziale specifica e non generica. Il caso viene rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione su questo punto specifico.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prova Reato di Usura: La Cassazione Sulla Credibilità della Vittima e le Motivazioni delle Aggravanti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8307 del 2024, è intervenuta su un complesso caso di usura e tentata estorsione, offrendo importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della prova del reato di usura. La decisione si sofferma in particolare sulla credibilità della persona offesa e sull’obbligo del giudice di motivare in modo puntuale ogni elemento della condanna, incluse le circostanze aggravanti. Questo caso dimostra come, anche a fronte di una conferma della colpevolezza, un vizio nella motivazione possa portare a un annullamento parziale della sentenza.

I Fatti: Il Duplice Rapporto Usurario

Il caso ha origine da due distinti rapporti illeciti. Un imprenditore è stato accusato di aver concesso prestiti a tassi usurari a due persone in difficoltà economica.

Nel primo caso, una donna aveva ricevuto un prestito di 60.000 euro, con l’accordo di restituire somme mensili a titolo di interessi esorbitanti. Successivamente, di fronte alle difficoltà della vittima, l’imputato aveva rinegoziato il debito a condizioni ancora più gravose, pretendendo la consegna di 36 cambiali e l’atto di proprietà di un immobile a garanzia. Questa condotta è stata qualificata come usura continuata e pluriaggravata, nonché tentata estorsione.

Nel secondo caso, un altro soggetto era vittima di usura attraverso la pratica dello “sconto di assegni”, ricevendo liquidità immediata in cambio di titoli a un valore nominale superiore, con una differenza che costituiva un interesse usurario.

L’Iter Processuale e i Motivi del Ricorso

L’imputato, condannato sia in primo grado che in appello, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su numerosi motivi. La difesa ha contestato principalmente:

* L’attendibilità delle dichiarazioni delle vittime, ritenute contraddittorie e non supportate da riscontri esterni.
* La qualificazione giuridica del reato, sostenendo che la richiesta di pagamento dovesse essere inquadrata come esercizio arbitrario delle proprie ragioni e non come tentata estorsione.
* Vizi procedurali, come l’inutilizzabilità delle dichiarazioni di una delle vittime.
* La sussistenza delle circostanze aggravanti, il calcolo della prescrizione e la determinazione della pena.

La Prova del Reato di Usura e la Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato la maggior parte dei motivi di ricorso, confermando l’impianto accusatorio. Ha ribadito il principio secondo cui le dichiarazioni della persona offesa possono, da sole, costituire la prova del reato di usura, a condizione che il giudice ne valuti con particolare rigore la credibilità e l’attendibilità. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano non solo ritenuto credibili le vittime, ma avevano anche trovato riscontri in messaggi, registrazioni e documenti.

Tuttavia, la Cassazione ha accolto un motivo specifico del ricorso, portando all’annullamento parziale della sentenza.

Le Motivazioni

Il punto cruciale della decisione risiede nel vizio di motivazione relativo alle circostanze aggravanti contestate per il reato di usura ai danni della prima vittima. La Corte d’Appello, nel confermare la condanna, aveva motivato la sussistenza delle aggravanti (stato di bisogno e attività imprenditoriale della vittima) solo con riferimento al secondo episodio di usura, omettendo una specifica argomentazione per il primo.

La Cassazione ha chiarito che ogni capo d’imputazione deve essere sorretto da una motivazione autonoma e completa. Non è sufficiente motivare per un reato e dare per scontato che le stesse ragioni valgano anche per un altro, seppur simile. Questo difetto, definito “mancanza fisica” della motivazione, costituisce una violazione di legge che impone l’annullamento della decisione sul punto.

Di conseguenza, la sentenza è stata annullata limitatamente al riconoscimento di tali aggravanti e al conseguente trattamento sanzionatorio per quel capo d’imputazione. Sarà un’altra sezione della Corte d’Appello a dover riesaminare questo specifico aspetto, fornendo una motivazione adeguata.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma due principi fondamentali. In primo luogo, la testimonianza della vittima è centrale nella prova del reato di usura, ma deve superare un vaglio di credibilità particolarmente attento da parte del giudice. In secondo luogo, il dovere di motivazione del giudice è inderogabile e deve coprire ogni singolo aspetto della decisione. Una motivazione carente o assente su un elemento, come una circostanza aggravante, rende la sentenza illegittima su quel punto, anche se la colpevolezza per il reato principale è stata correttamente accertata. La pronuncia sottolinea l’importanza del rigore formale e sostanziale nel percorso che conduce a una giusta condanna.

La sola dichiarazione della vittima è sufficiente per la prova del reato di usura?
Sì, secondo la giurisprudenza costante, le dichiarazioni della persona offesa possono essere sufficienti a fondare un’affermazione di responsabilità, a condizione che il giudice ne valuti in modo rigoroso la credibilità soggettiva e oggettiva, anche in assenza di riscontri esterni.

Quando una minaccia per ottenere un pagamento è estorsione e non esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
Si configura il reato di estorsione quando la pretesa creditoria deriva da un patto usurario. Per poter parlare di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sarebbe necessario che il rapporto illecito fosse stato completamente novato, sostituendo la pretesa originaria con una limitata al solo capitale o a interessi legittimi, prima dell’esercizio della violenza o minaccia.

Perché la Cassazione ha annullato parzialmente la sentenza pur confermando la colpevolezza?
La sentenza è stata annullata parzialmente perché la Corte d’Appello ha omesso di fornire una motivazione specifica sulla sussistenza di alcune circostanze aggravanti relative a uno dei capi d’imputazione (usura verso la prima vittima), limitandosi a motivarle solo per un altro capo. Questo costituisce un vizio di motivazione che richiede un nuovo giudizio limitatamente a quel punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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