Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1007 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1007 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 08/11/2024
R.G.N. 30539/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato a BRINDISI il 11/12/1997 avverso l’ordinanza del 25/07/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 25 luglio 2024, la Corte di appello di Potenza ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME avente ad oggetto la revisione della sentenza emessa nei suoi confronti dalla Corte di appello di Lecce il 19 ottobre 2022, irrevocabile il 26 ottobre 2023, che aveva condannato COGNOME alla pena di anni quattro, mesi otto di reclusione, in relazione ai reati previsti e puniti dagli artt. 81, secondo comma, 110, 2, 4 e 7 della legge n. 2 ottobre 1967, n. 895 (capo A), e di cui agli artt. 81, secondo comma, 110, 582 e 585 cod. pen. (capo B), commessi in Brindisi, il 30 maggio 2016.
La Corte di appello di Potenza ha analizzato la prova costituita dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME nel 2021 e ha escluso la possibilità di inserirla tra quelle censite dall’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen., idonee a legittimare la revisione. In particolare, ha ritenuto mancante il requisito della sua novità, non essendo la stessa sopravvenuta rispetto alla sentenza di cognizione resa in grado di appello nel 2022. In ogni caso, valutato il contenuto delle dichiarazioni di NOME nel quadro di elementi emersi nel corso del giudizio di cognizione conclusosi con la condanna (anche) di NOME COGNOME ha concluso che il suddetto quadro resta tale che, al suo confronto, la prova dedotta non risulta idonea a scalfire la motivazione esitata nella sentenza della Corte di appello di Lecce e sorretta dal quadro stesso, sicchØ la domanda di revisione oggetto di valutazione viene considerata alla stregua di un’inammissibile prospettazione di accesso al terzo giudizio di merito.
Avverso l’ordinanza del 25 luglio 2024 Ł stato proposto ricorso dal difensore di NOME COGNOME il quale ne ha chiesto l’annullamento sulla scorta di un unico motivo con cui lamenta la
violazione dell’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen. e il corrispondente vizio della motivazione nella parte in cui l’ordinanza assume l’insussistenza del requisito della novità con riferimento alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME
Dopo lo svolgimento di una premessa in fatto, all’esito della stessa Ł stato ribadito che, avvenuta la gambizzazione determinata dai colpi di pistola indirizzati contro NOME COGNOME e NOME COGNOME avendo la polizia giudiziaria ascritto il fatto a COGNOME quale esecutore, e ai fratelli NOME COGNOME e NOME COGNOME quali concorrenti morali nei reati, era stata elevata la relativa imputazione nei confronti di questi tre soggetti e il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brindisi aveva ritenuto i medesimi responsabili dei suindicati reati, sentenza divenuta alfine irrevocabile.
Posto tale sfondo, la difesa segnala che l’emersione delle dichiarazioni di NOME COGNOME Ł risultata afferente a prova effettivamente nuova.
Sul punto, si fa carico alla Corte di appello di Potenza di non aver tenuto conto della reale portata delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, richiamate in modo confuso e inesatto: al contrario, esse si sono poste in evidente contrasto con le circostanze date per acquisite nelle sentenze di condanna, giacchØ conseguenza logica della narrazione di NOME era la totale estraneità ai fatti di NOME COGNOME; in tal senso, i giudici territoriali, secondo la difesa, hanno omesso di rilevare l’esistenza di una prova inedita, tale da ribaltare completamente il contenuto della sentenza di condanna.
Il ricorrente, su questo tema, critica le notazioni contrarie espresse dalla Corte di appello per svalutare la nuova prova sino a ritenerla inadeguata a far superare all’istanza di revisione il vaglio di ammissibilità obiettando che: il richiamo allo scooter dei NOME COGNOME avrebbe dovuto ritenersi non dirimente in via immediata, in quanto, trattandosi di veicolo in uso a entrambi i germani, esso ben poteva trovarsi sul luogo del delitto in forza dell’utilizzazione fattane da NOME COGNOME soggetto certamente presente nel succitato contestato delittuoso; del pari travisante Ł stato il riferimento alle intercettazioni ambientali delle conversazioni della vittima NOME COGNOME giacchØ da esse Ł stato evincere soltanto che egli riteneva non essere stati ‘i fratelli’ a sparare, nonostante le diverse voci che correvano, senza soffermarsi sul fatto che costoro fossero o non fossero presenti sul luogo del delitto o anche su quale dei fratelli fosse presente; macroscopico viene reputato il travisamento relativo al fatto che NOME non avrebbe escluso espressamente la presenza dei suddetti fratelli COGNOME parlando di un quarto soggetto, perchØ, al contrario, dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia emergeva che egli non aveva mai fatto riferimento a un quarto soggetto, bensì aveva detto che gli autori della gambizzazione erano stati tre, di cui due, NOME COGNOME e NOME COGNOME, riconosciuti, e un terzo soggetto – il cui nominativo, fatto dal collaboratore, risultava omissato nel verbale delle sue dichiarazioni – non riconosciuto attraverso le immagini delle telecamere.
Da questi argomenti la difesa rinviene sicura conferma della novità della prova addotta, erroneamente negata con l’ordinanza impugnata.
In tale direzione – e conclusivamente – il provvedimento viene censurato per aver negato il carattere di novità della prova per il fatto che le dichiarazioni erano state raccolte prima della sentenza di appello, laddove avrebbe dovuto prendersi atto che questa prova non era stata acquisita nel precorso giudizio, così come sarebbe stata rilevante la sua deduzione in sede di revisione finanche se la stessa fosse stata acquisita ma non valutata, neppure implicitamente.
Il Procuratore generale, con la requisitoria rassegnata, ha chiesto annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato, giacchØ la motivazione dell’ordinanza impugnata, a suo avviso, non pare aver colto appieno la portata e il rilievo della nuova prova posta dal ricorrente a fondamento
dell’istanza. L’autorità requirente ha evidenziato che il provvedimento in verifica, non ha, comunque, offerto un’appagante motivazione della ragione per la quale l’istanza non abbia meritato di superare il vaglio di ammissibilità ex art. 634 cod. proc. pen., anche in relazione al – denunciato come non condivisibile – collegamento istituito fra l’attributo di novità della prova e il solo momento della sua formazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione, per come articolata, Ł da ritenersi meritevole di accoglimento, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Si osserva, in premessa, che la Corte di appello di Potenza ha posto alla base della pronuncia di inammissibilità, in sintesi, le seguenti considerazioni.
Posto che la prova nuova era stata individuata nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, rese il 20 gennaio 2021, che la difesa aveva indicate come idonee a dimostrare l’estraneità di NOME COGNOME alle condotte integranti i reati già ricordati, in particolare per essere, queste dichiarazioni, tali da far emergere l’erroneità dell’individuazione compiuta dalla polizia giudiziaria del medesimo soggetto, come ritratto nei fotogrammi delle telecamere, quale componente del gruppo che aveva commesso i reati stessi, tale impostazione, secondo la Corte territoriale, Ł resistita anzitutto dalla mancanza del requisito della novità della prova stessa: i temi oggetto di tali dichiarazioni risultano aver formato oggetto di verifica nel corso della cognizione dei due gradi di merito, come si Ł evinto in particolare dalla motivazione della sentenza di primo grado, che aveva fatto riferimento ai plurimi elementi dimostrativi della presenza di entrambi i germani Volpe sulla scena del delitto.
Riprendendo tali elementi, la Corte di appello ha evidenziato che il tema del travisamento degli esiti istruttori, determinato dall’errore della polizia giudiziaria nell’individuazione fotografica, era stato proposto sia in primo grado, sia nei motivi di appello e i giudici del merito avevano fondato il coinvolgimento di NOME COGNOME nei reati – non soltanto sul riconoscimento fotografico, ma – anche sulla presenza nel luogo dei fatti dello scooter in uso ai fratelli COGNOME e sul contenuto delle intercettazioni ambientali relative a conversazioni della vittima NOME COGNOME il quale aveva ammesso la presenza sulla scena del delitto dei ‘due fratelli’.
Ciò, con la precisazione, pure svolta dai giudici aditi per la revisione, che dalle dichiarazioni di NOME era dato trarre che questi aveva parlato della presenza di un quarto soggetto non identificato dalla polizia giudiziaria, ma non aveva escluso espressamente la presenza dei fratelli COGNOME, dei quali aveva ammesso la caratura criminale.
Infine, la Corte territoriale ha sottolineato che le dichiarazioni in questione risalgono al 2021, sicchØ non possono considerarsi alla stregua di prova sopravvenuta rispetto alla sentenza di appello, emessa nel 2022.
Cosi lumeggiati i dati caratterizzanti della fattispecie, circa il vaglio preliminare di ammissibilità della richiesta disciplinato dall’art. 634 cod. proc. pen., si considera, per quanto qui rileva, che la norma indicata esige che tale richiesta sia fondata sull’esistenza di una prova nuova ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen.: rispetto alla sua allegazione, il corrispondente accertamento deve essere condotto mediante una sommaria delibazione dei nuovi elementi addotti allo scopo di stabilire se essi siano in astratto idonei a condurre il ragionamento probatorio verso un approdo sostanzialmente diverso, ossia favorevole al condannato, con il conseguimento del suo proscioglimento, previo superamento della valutazione delle prove a suo tempo raccolte nel giudizio di cognizione.
Non Ł dubitabile – e il punto rileva particolarmente nel caso in esame – che tale delibazione sia
qualitativamente diversa da quella piø completa che si effettua in applicazione dell’art. 637 cod. proc. pen., all’esito dello svolgimento del giudizio di revisione in contraddittorio, che viene concluso con sentenza: nella fase preliminare, le considerazioni su affidabilità, persuasività e congruenza della fonte di prova e della sua efficacia dimostrativa devono emergere come immediate e dirette, senza dover invece essere frutto di un complesso e articolato procedimento valutativo, il quale finisca per anticipare in modo incongruo il giudizio di merito sulla revisione (Sez. 5, n. 36718 del 04/05/2017, NOME, Rv. 271306 – 01).
Ne consegue che il requisito della manifesta infondatezza dell’istanza deve essere tale da rendere evidente che – anche a fronte di un esame sommario e preliminare – le ragioni prospettate siano ictu oculi inidonee, per intrinseci limiti emergenti dalla stessa domanda, a consentire una verifica sull’esito del giudizio già esaurito, affiorando in questo caso la chiara assenza di capacità persuasiva della richiesta in sØ considerata. Resta, invece, devoluta alla fase di merito, da svolgersi nel contraddittorio, ogni indagine sull’effettiva idoneità delle allegazioni dell’istante in revisione al fine di dimostrare l’errore contenuto nel giudicato e di determinarne il superamento con la sentenza assolutoria.
Pertanto, quando respinge la richiesta di revisione con provvedimento di inammissibilità per manifesta infondatezza, la corte di appello deve fornire una sommaria, ma coerente, giustificazione che, ex art. 125 cod. proc. pen., spieghi la verifica e la valutazione effettuate in ordine alle nuove prove addotte dal richiedente, chiarendo, in particolare, le ragioni per le quali le risultanze prospettate come nuove e ulteriori non abbiano in sØ, anche alla stregua di quanto Ł emerso nel giudizio di cognizione già celebrato, la potenzialità di infirmare il pregresso quadro probatorio e contribuire, per contro, a formarne uno idoneo a scardinare il giudicato di condanna.
In questa prospettiva e con le avvertenze formulate, si richiama, riaffermandolo, il principio di diritto secondo cui, ai fini del vaglio di ammissibilità della richiesta di revisione, occorre procedere a una comparazione delle nuove prove con quelle su cui si fonda la sentenza di condanna, per verificare, nell’ambito di una valutazione unitaria dell’eventuale pluralità delle nuove prove, la loro attitudine dimostrativa rispetto al risultato finale del proscioglimento, competendo al giudice della fase preliminare valutare in modo non superficiale – non soltanto l’affidabilità della stessa, ma anche – la sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio già acquisito nel giudizio di cognizione, del quale occorre quindi identificare il tessuto logico-giuridico, e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione – tra la prova nuova e quelle esaminate – ancorata alla realtà processuale svolta, saggiando la presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280405 – 01; Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, COGNOME, Rv. 273029 – 01; Sez. 1, n. 20196 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 256157 01; Sez. 1, n. 41804 del 04/10/2007, COGNOME, Rv. 238319 – 01).
Tratteggiato il prisma valutativo applicabile, consegue che l’inammissibilità della richiesta di revisione per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. sussiste quando le ragioni poste a suo fondamento risultano, all’evidenza, inidonee a consentire una verifica circa l’esito del giudizio (sicchØ sarebbe in tal senso inammissibile la richiesta di revisione fondata non sull’acquisizione di nuovi elementi di fatto, ma su una diversa valutazione di prove già conosciute ed esaminate nel giudizio, ovvero su prove che, sia pur formalmente nuove, fossero inidonee ictu oculi a determinare un effetto demolitorio del giudicato: Sez. 5, n. 44925 del 26/06/2017, COGNOME, Rv. 271071 – 01), per il resto, rimane del tutto estranea a questo preliminare apprezzamento, perchØ riservata alla fase del merito, la valutazione concernente l’effettiva capacità delle allegazioni difensive di travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio (Sez. 2, n. 19648 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281422 – 01; Sez. 6, n. 18818 del 08/03/2013, Moneta Caglio
COGNOME COGNOME Rv. 255477 – 01).
Posta questa cornice di principi, il provvedimento in verifica non si profila immune da censura, per un verso, con riguardo alla valutazione della prova proposta dall’istanza come nuova e, per altro verso, nella spiegazione dell’addotta portata dirimente del quadro probatorio già posto nel giudizio di cognizione a carico di NOME COGNOME.
4.1. Sotto il primo aspetto, Ł da evidenziare il rilievo che la Corte di appello – negando alle dichiarazioni di NOME COGNOME, il connotato di prova nuova per il fatto che la sentenza emessa all’esito del giudizio di cognizione di secondo grado Ł di data successiva (2022) rispetto a quella (2021) di acquisizione delle suddette dichiarazioni, senza però mettere in questione il dato di fatto che quelle dichiarazioni non fossero state oggetto di valutazione nel giudizio suddetto – si Ł basata su un concetto non conforme all’esatta interpretazione dell’art. 630, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., al lume del quale il corrispondente caso di revisione si determina ‘se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’art. 631’.
Invero, l’argomento ha formato oggetto di approfondimento da parte delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220443 – 01), con l’affermazione del principio secondo cui, in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen. ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio, ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purchØ non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente, o addirittura doloso, del condannato, dato quest’ultimo – rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario.
Si tratta di un principio sedimentato (fra le successive, Sez. 3, n. 13037 del 18/12/2013, dep. 2014, Segreto, Rv. 259739 – 01), sicchØ la richiesta di revisione deve considerarsi ammissibile, anche se fondata su prove preesistenti o addirittura colpevolmente non indicate nel giudizio di cognizione di cui si invoca la rilettura, sempre che esse non siano state oggetto, nemmeno implicitamente, di pregressa valutazione.
4.2. Sotto il secondo aspetto, il richiamo da parte dei giudici dell’istanza di revisione del quadro probatorio posto a sostegno dell’accertamento di responsabilità di NOME COGNOME che non ha offerto specificazioni in merito allo spessore del riconoscimento diretto di quest’ultimo da parte degli operanti di polizia giudiziaria e si Ł orientato a sottolineare la portata degli altri elementi ritenuti confermativi di esso – risulta esposto in guisa tale da determinare l’emersione di non irrilevanti criticità.
4.2.1. Il ricorrente ha allegato per l’autosufficienza il verbale delle dichiarazioni di NOME COGNOME di cui si tratta, le quali, per la parte qui rilevante, che ha formato o avrebbe dovuto formare oggetto della valutazione della Corte di appello, risultano così articolate: ‘(…) COGNOME NOME rimase ferito a seguito dell’esplosione di colpi di arma da fuoco da parte di NOME COGNOME NOME e omissis , quest’ultimo non riconosciuto attraverso le immagini (…) ‘.
Quindi, la chiamata in reità fatta da NOMECOGNOME per quel che Ł dato trarre dall’esame di questa prova, presentata come nuova, ha riguardato il coinvolgimento di tre soggetti, due dei quali coincidono con quelli giudicati e condannati all’esito dello svolto giudizio di cognizione; invece, il terzo, le cui generalità sono state oscurate per ragioni istruttorie, ovviamente non si identifica in NOME COGNOME peraltro, tale terzo soggetto non pare indicato come aggiuntivo rispetto a un ulteriore partecipe, ossia un quarto elemento, in thesi individuabile con NOME COGNOME anch’egli
giudicato e condannato.
La Corte di appello svalutando sul piano dell’ammissibilità tale prova ha ascritto all’affermazione di NOME l’indicazione di un quarto soggetto, senza escludere NOME COGNOME.
Questo argomento, però, in carenza di specifici chiarimenti, appare confusivo, nel senso che sembra attribuire a Romano la dichiarazione inerente alla partecipazione di quattro correi a quell’attentato, mentre il propalante – per quanto emerge da verbale prodotto, non contrastato in questa sede da altro atto – si Ł riferito a tre persone, una delle quali, però, non Ł stata identificata in NOME COGNOME ma, in suo luogo, in altro soggetto, nominato (e oscurato nel verbale), esplicitamente indicato come non riconosciuto dal successivo esame delle immagini.
4.2.2. Inoltre, il riferimento all’indiscussa presenza sul luogo della commissione dei reati del, ben individuato, scooter in uso ai fratelli COGNOME, intatta la sua efficienza probatoria con riferimento a uno dei medesimi, in particolare NOME COGNOME la cui partecipazione ai delitti risulta acclarata e non posta in discussione, non appariva, nØ appare integrare un dato logicamente ex se idoneo a destituire di ammissibilità la nuova prova, dal momento che esso si profila – in linea di principio e impregiudicata la valutazione di merito del complessivo quadro probatorio – compatibile anche con la partecipazione all’azione criminosa di uno degli utilizzatori dello scooter , e non di entrambi.
4.2.3. Del pari, impregiudicata anche in questo caso la loro valenza nella disamina di merito, il contenuto delle captazioni delle conversazioni di una delle persone offese, NOME COGNOME – con specifico riferimento alla parte di esse, richiamata nell’ordinanza impugnata e riportata nelle sentenze accertative della responsabilità anche di NOME COGNOME in cui il loquente (intercettato in ambientale il 2 giugno 2016, mentre era ricoverato nell’Ospedale Perrino di Brindisi e conversava con i suoi congiunti, probabilmente alla moglie NOME COGNOME e alla figlia NOME COGNOME) aveva riferito ‘ Sì … va bene ma no … tutti sanno quelli sbagliati … non c’entrano niente quelli là … tutti sanno quei due fratelli là?… Ah?…Non c’entrano niente i due fratelli, (…) non hanno sparato loro ‘ – pure si connotava e si connota per un portato che, in sØ considerato e senza un’illustrazione persuasiva del suo eventuale significato ultimo e piø specifico, nemmeno appare idoneo a escludere l’ammissibilità della nuova prova.
In definitiva, sia in riferimento all’esatto concetto di prova nuova, rilevante ex art. 630, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., sia in riferimento alla valutazione della prova nuova addotta dall’istanza, con riguardo all’affidabilità della stessa, nonchØ alla sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio acquisito nel giudizio di cognizione, la motivazione resa dalla Corte di appello di Potenza rivela, da un lato, l’erroneità e, dall’altro, l’incompiutezza dell’analisi svolta per giungere alla conclusione dell’inammissibilità dell’istanza di revisione basata sulle dichiarazioni rese il 20 gennaio 2021 dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME
Pertanto, l’inammissibilità dell’istanza emessa ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. per manifesta infondatezza non si rivela adeguatamente motivata nel senso dell’avvenuta dimostrazione dell’inidoneità ictu oculi della nuova prova a determinare l’effetto demolitorio del giudicato perseguito da NOME COGNOME per la sua posizione.
Questa conclusione impone l’annullamento del provvedimento impugnato e il rinvio per nuovo giudizio inerente alla chiesta revisione alla Corte di appello di Catanzaro, individuata ai sensi dell’art. 11, in relazione all’art. 634, comma 2, cod. proc. pen.
Alla Corte del rinvio competerà, dunque, di esaminare l’istanza con intatta libertà valutativa, sempre nel solco dei principi testØ enunciati.
L’impugnazione, per come articolata, Ł da ritenersi meritevole di accoglimento, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Si osserva, in premessa, che la Corte di appello di Potenza ha posto alla base della pronuncia di inammissibilità, in sintesi, le seguenti considerazioni.
Posto che la prova nuova era stata individuata nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, rese il 20 gennaio 2021, che la difesa aveva indicate come idonee a dimostrare l’estraneità di NOME COGNOME alle condotte integranti i reati già ricordati, in particolare per essere, queste dichiarazioni, tali da far emergere l’erroneità dell’individuazione compiuta dalla polizia giudiziaria del medesimo soggetto, come ritratto nei fotogrammi delle telecamere, quale componente del gruppo che aveva commesso i reati stessi, tale impostazione, secondo la Corte territoriale, Ł resistita anzitutto dalla mancanza del requisito della novità della prova stessa: i temi oggetto di tali dichiarazioni risultano aver formato oggetto di verifica nel corso della cognizione dei due gradi di merito, come si Ł evinto in particolare dalla motivazione della sentenza di primo grado, che aveva fatto riferimento ai plurimi elementi dimostrativi della presenza di entrambi i germani Volpe sulla scena del delitto.
Riprendendo tali elementi, la Corte di appello ha evidenziato che il tema del travisamento degli esiti istruttori, determinato dall’errore della polizia giudiziaria nell’individuazione fotografica, era stato proposto sia in primo grado, sia nei motivi di appello e i giudici del merito avevano fondato il coinvolgimento di NOME COGNOME nei reati – non soltanto sul riconoscimento fotografico, ma – anche sulla presenza nel luogo dei fatti dello scooter in uso ai fratelli COGNOME e sul contenuto delle intercettazioni ambientali relative a conversazioni della vittima NOME COGNOME il quale aveva ammesso la presenza sulla scena del delitto dei ‘due fratelli’.
Ciò, con la precisazione, pure svolta dai giudici aditi per la revisione, che dalle dichiarazioni di NOME era dato trarre che questi aveva parlato della presenza di un quarto soggetto non identificato dalla polizia giudiziaria, ma non aveva escluso espressamente la presenza dei fratelli COGNOME, dei quali aveva ammesso la caratura criminale.
Infine, la Corte territoriale ha sottolineato che le dichiarazioni in questione risalgono al 2021, sicchØ non possono considerarsi alla stregua di prova sopravvenuta rispetto alla sentenza di appello, emessa nel 2022.
Cosi lumeggiati i dati caratterizzanti della fattispecie, circa il vaglio preliminare di ammissibilità della richiesta disciplinato dall’art. 634 cod. proc. pen., si considera, per quanto qui rileva, che la norma indicata esige che tale richiesta sia fondata sull’esistenza di una prova nuova ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen.: rispetto alla sua allegazione, il corrispondente accertamento deve essere condotto mediante una sommaria delibazione dei nuovi elementi addotti allo scopo di stabilire se essi siano in astratto idonei a condurre il ragionamento probatorio verso un approdo sostanzialmente diverso, ossia favorevole al condannato, con il conseguimento del suo proscioglimento, previo superamento della valutazione delle prove a suo tempo raccolte nel giudizio di cognizione.
Non Ł dubitabile – e il punto rileva particolarmente nel caso in esame – che tale delibazione sia qualitativamente diversa da quella piø completa che si effettua in applicazione dell’art. 637 cod. proc. pen., all’esito dello svolgimento del giudizio di revisione in contraddittorio, che viene concluso con sentenza: nella fase preliminare, le considerazioni su affidabilità, persuasività e congruenza della fonte di prova e della sua efficacia dimostrativa devono emergere come immediate e dirette, senza dover invece essere frutto di un complesso e articolato procedimento valutativo, il quale finisca per anticipare in modo incongruo il giudizio di merito sulla revisione (Sez. 5, n. 36718 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 271306 – 01).
Ne consegue che il requisito della manifesta infondatezza dell’istanza deve essere tale da
rendere evidente che – anche a fronte di un esame sommario e preliminare – le ragioni prospettate siano ictu oculi inidonee, per intrinseci limiti emergenti dalla stessa domanda, a consentire una verifica sull’esito del giudizio già esaurito, affiorando in questo caso la chiara assenza di capacità persuasiva della richiesta in sØ considerata. Resta, invece, devoluta alla fase di merito, da svolgersi nel contraddittorio, ogni indagine sull’effettiva idoneità delle allegazioni dell’istante in revisione al fine di dimostrare l’errore contenuto nel giudicato e di determinarne il superamento con la sentenza assolutoria.
Pertanto, quando respinge la richiesta di revisione con provvedimento di inammissibilità per manifesta infondatezza, la corte di appello deve fornire una sommaria, ma coerente, giustificazione che, ex art. 125 cod. proc. pen., spieghi la verifica e la valutazione effettuate in ordine alle nuove prove addotte dal richiedente, chiarendo, in particolare, le ragioni per le quali le risultanze prospettate come nuove e ulteriori non abbiano in sØ, anche alla stregua di quanto Ł emerso nel giudizio di cognizione già celebrato, la potenzialità di infirmare il pregresso quadro probatorio e contribuire, per contro, a formarne uno idoneo a scardinare il giudicato di condanna.
In questa prospettiva e con le avvertenze formulate, si richiama, riaffermandolo, il principio di diritto secondo cui, ai fini del vaglio di ammissibilità della richiesta di revisione, occorre procedere a una comparazione delle nuove prove con quelle su cui si fonda la sentenza di condanna, per verificare, nell’ambito di una valutazione unitaria dell’eventuale pluralità delle nuove prove, la loro attitudine dimostrativa rispetto al risultato finale del proscioglimento, competendo al giudice della fase preliminare valutare in modo non superficiale – non soltanto l’affidabilità della stessa, ma anche – la sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio già acquisito nel giudizio di cognizione, del quale occorre quindi identificare il tessuto logico-giuridico, e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione – tra la prova nuova e quelle esaminate – ancorata alla realtà processuale svolta, saggiando la presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280405 – 01; Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, COGNOME, Rv. 273029 – 01; Sez. 1, n. 20196 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 256157 01; Sez. 1, n. 41804 del 04/10/2007, COGNOME, Rv. 238319 – 01).
Tratteggiato il prisma valutativo applicabile, consegue che l’inammissibilità della richiesta di revisione per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. sussiste quando le ragioni poste a suo fondamento risultano, all’evidenza, inidonee a consentire una verifica circa l’esito del giudizio (sicchØ sarebbe in tal senso inammissibile la richiesta di revisione fondata non sull’acquisizione di nuovi elementi di fatto, ma su una diversa valutazione di prove già conosciute ed esaminate nel giudizio, ovvero su prove che, sia pur formalmente nuove, fossero inidonee ictu oculi a determinare un effetto demolitorio del giudicato: Sez. 5, n. 44925 del 26/06/2017, COGNOME, Rv. 271071 – 01), per il resto, rimane del tutto estranea a questo preliminare apprezzamento, perchØ riservata alla fase del merito, la valutazione concernente l’effettiva capacità delle allegazioni difensive di travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio (Sez. 2, n. 19648 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281422 – 01; Sez. 6, n. 18818 del 08/03/2013, Moneta COGNOME COGNOME COGNOME, Rv. 255477 – 01).
Posta questa cornice di principi, il provvedimento in verifica non si profila immune da censura, per un verso, con riguardo alla valutazione della prova proposta dall’istanza come nuova e, per altro verso, nella spiegazione dell’addotta portata dirimente del quadro probatorio già posto nel giudizio di cognizione a carico di NOME COGNOME.
4.1. Sotto il primo aspetto, Ł da evidenziare il rilievo che la Corte di appello – negando alle dichiarazioni di NOME COGNOME il connotato di prova nuova per il fatto che la sentenza emessa
all’esito del giudizio di cognizione di secondo grado Ł di data successiva (2022) rispetto a quella (2021) di acquisizione delle suddette dichiarazioni, senza però mettere in questione il dato di fatto che quelle dichiarazioni non fossero state oggetto di valutazione nel giudizio suddetto – si Ł basata su un concetto non conforme all’esatta interpretazione dell’art. 630, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., al lume del quale il corrispondente caso di revisione si determina ‘se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’art. 631’.
Invero, l’argomento ha formato oggetto di approfondimento da parte delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220443 – 01), con l’affermazione del principio secondo cui, in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen. ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio, ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purchØ non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente, o addirittura doloso, del condannato, dato quest’ultimo – rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario.
Si tratta di un principio sedimentato (fra le successive, Sez. 3, n. 13037 del 18/12/2013, dep. 2014, Segreto, Rv. 259739 – 01), sicchØ la richiesta di revisione deve considerarsi ammissibile, anche se fondata su prove preesistenti o addirittura colpevolmente non indicate nel giudizio di cognizione di cui si invoca la rilettura, sempre che esse non siano state oggetto, nemmeno implicitamente, di pregressa valutazione.
4.2. Sotto il secondo aspetto, il richiamo da parte dei giudici dell’istanza di revisione del quadro probatorio posto a sostegno dell’accertamento di responsabilità di NOME COGNOME che non ha offerto specificazioni in merito allo spessore del riconoscimento diretto di quest’ultimo da parte degli operanti di polizia giudiziaria e si Ł orientato a sottolineare la portata degli altri elementi ritenuti confermativi di esso – risulta esposto in guisa tale da determinare l’emersione di non irrilevanti criticità.
4.2.1. Il ricorrente ha allegato per l’autosufficienza il verbale delle dichiarazioni di NOME COGNOME di cui si tratta, le quali, per la parte qui rilevante, che ha formato o avrebbe dovuto formare oggetto della valutazione della Corte di appello, risultano così articolate: ‘(…) COGNOME NOME rimase ferito a seguito dell’esplosione di colpi di arma da fuoco da parte di NOME COGNOME NOME e omissis , quest’ultimo non riconosciuto attraverso le immagini (…) ‘.
Quindi, la chiamata in reità fatta da NOMECOGNOME per quel che Ł dato trarre dall’esame di questa prova, presentata come nuova, ha riguardato il coinvolgimento di tre soggetti, due dei quali coincidono con quelli giudicati e condannati all’esito dello svolto giudizio di cognizione; invece, il terzo, le cui generalità sono state oscurate per ragioni istruttorie, ovviamente non si identifica in NOME COGNOME peraltro, tale terzo soggetto non pare indicato come aggiuntivo rispetto a un ulteriore partecipe, ossia un quarto elemento, in thesi individuabile con NOME COGNOME anch’egli giudicato e condannato.
La Corte di appello svalutando sul piano dell’ammissibilità tale prova ha ascritto all’affermazione di NOME l’indicazione di un quarto soggetto, senza escludere NOME COGNOME.
Questo argomento, però, in carenza di specifici chiarimenti, appare confusivo, nel senso che sembra attribuire a Romano la dichiarazione inerente alla partecipazione di quattro correi a quell’attentato, mentre il propalante – per quanto emerge da verbale prodotto, non contrastato in questa sede da altro atto – si Ł riferito a tre persone, una delle quali, però, non Ł stata identificata in NOME COGNOME ma, in suo luogo, in altro soggetto, nominato (e oscurato nel verbale),
esplicitamente indicato come non riconosciuto dal successivo esame delle immagini.
4.2.2. Inoltre, il riferimento all’indiscussa presenza sul luogo della commissione dei reati del, ben individuato, scooter in uso ai fratelli COGNOME, intatta la sua efficienza probatoria con riferimento a uno dei medesimi, in particolare NOME COGNOME la cui partecipazione ai delitti risulta acclarata e non posta in discussione, non appariva, nØ appare integrare un dato logicamente ex se idoneo a destituire di ammissibilità la nuova prova, dal momento che esso si profila – in linea di principio e impregiudicata la valutazione di merito del complessivo quadro probatorio – compatibile anche con la partecipazione all’azione criminosa di uno degli utilizzatori dello scooter , e non di entrambi.
4.2.3. Del pari, impregiudicata anche in questo caso la loro valenza nella disamina di merito, il contenuto delle captazioni delle conversazioni di una delle persone offese, NOME COGNOME – con specifico riferimento alla parte di esse, richiamata nell’ordinanza impugnata e riportata nelle sentenze accertative della responsabilità anche di NOME COGNOME in cui il loquente (intercettato in ambientale il 2 giugno 2016, mentre era ricoverato nell’Ospedale Perrino di Brindisi e conversava con i suoi congiunti, probabilmente alla moglie NOME COGNOME e alla figlia NOME COGNOME) aveva riferito ‘ Sì … va bene ma no … tutti sanno quelli sbagliati … non c’entrano niente quelli là … tutti sanno quei due fratelli là?… Ah?…Non c’entrano niente i due fratelli, (…) non hanno sparato loro ‘ – pure si connotava e si connota per un portato che, in sØ considerato e senza un’illustrazione persuasiva del suo eventuale significato ultimo e piø specifico, nemmeno appare idoneo a escludere l’ammissibilità della nuova prova.
In definitiva, sia in riferimento all’esatto concetto di prova nuova, rilevante ex art. 630, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., sia in riferimento alla valutazione della prova nuova addotta dall’istanza, con riguardo all’affidabilità della stessa, nonchØ alla sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio acquisito nel giudizio di cognizione, la motivazione resa dalla Corte di appello di Potenza rivela, da un lato, l’erroneità e, dall’altro, l’incompiutezza dell’analisi svolta per giungere alla conclusione dell’inammissibilità dell’istanza di revisione basata sulle dichiarazioni rese il 20 gennaio 2021 dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME
Pertanto, l’inammissibilità dell’istanza emessa ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. per manifesta infondatezza non si rivela adeguatamente motivata nel senso dell’avvenuta dimostrazione dell’inidoneità ictu oculi della nuova prova a determinare l’effetto demolitorio del giudicato perseguito da NOME COGNOME per la sua posizione.
Questa conclusione impone l’annullamento del provvedimento impugnato e il rinvio per nuovo giudizio inerente alla chiesta revisione alla Corte di appello di Catanzaro, individuata ai sensi dell’art. 11, in relazione all’art. 634, comma 2, cod. proc. pen.
Alla Corte del rinvio competerà, dunque, di esaminare l’istanza con intatta libertà valutativa, sempre nel solco dei principi testØ enunciati.
L’impugnazione, per come articolata, Ł da ritenersi meritevole di accoglimento, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Si osserva, in premessa, che la Corte di appello di Potenza ha posto alla base della pronuncia di inammissibilità, in sintesi, le seguenti considerazioni.
Posto che la prova nuova era stata individuata nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, rese il 20 gennaio 2021, che la difesa aveva indicate come idonee a dimostrare l’estraneità di NOME COGNOME alle condotte integranti i reati già ricordati, in particolare per essere, queste dichiarazioni, tali da far emergere l’erroneità dell’individuazione compiuta dalla polizia giudiziaria del medesimo soggetto, come ritratto nei fotogrammi delle telecamere, quale
componente del gruppo che aveva commesso i reati stessi, tale impostazione, secondo la Corte territoriale, Ł resistita anzitutto dalla mancanza del requisito della novità della prova stessa: i temi oggetto di tali dichiarazioni risultano aver formato oggetto di verifica nel corso della cognizione dei due gradi di merito, come si Ł evinto in particolare dalla motivazione della sentenza di primo grado, che aveva fatto riferimento ai plurimi elementi dimostrativi della presenza di entrambi i germani COGNOME sulla scena del delitto.
Riprendendo tali elementi, la Corte di appello ha evidenziato che il tema del travisamento degli esiti istruttori, determinato dall’errore della polizia giudiziaria nell’individuazione fotografica, era stato proposto sia in primo grado, sia nei motivi di appello e i giudici del merito avevano fondato il coinvolgimento di NOME COGNOME nei reati – non soltanto sul riconoscimento fotografico, ma – anche sulla presenza nel luogo dei fatti dello scooter in uso ai fratelli COGNOME e sul contenuto delle intercettazioni ambientali relative a conversazioni della vittima NOME COGNOME il quale aveva ammesso la presenza sulla scena del delitto dei ‘due fratelli’.
Ciò, con la precisazione, pure svolta dai giudici aditi per la revisione, che dalle dichiarazioni di NOME era dato trarre che questi aveva parlato della presenza di un quarto soggetto non identificato dalla polizia giudiziaria, ma non aveva escluso espressamente la presenza dei fratelli COGNOME, dei quali aveva ammesso la caratura criminale.
Infine, la Corte territoriale ha sottolineato che le dichiarazioni in questione risalgono al 2021, sicchØ non possono considerarsi alla stregua di prova sopravvenuta rispetto alla sentenza di appello, emessa nel 2022.
Cosi lumeggiati i dati caratterizzanti della fattispecie, circa il vaglio preliminare di ammissibilità della richiesta disciplinato dall’art. 634 cod. proc. pen., si considera, per quanto qui rileva, che la norma indicata esige che tale richiesta sia fondata sull’esistenza di una prova nuova ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen.: rispetto alla sua allegazione, il corrispondente accertamento deve essere condotto mediante una sommaria delibazione dei nuovi elementi addotti allo scopo di stabilire se essi siano in astratto idonei a condurre il ragionamento probatorio verso un approdo sostanzialmente diverso, ossia favorevole al condannato, con il conseguimento del suo proscioglimento, previo superamento della valutazione delle prove a suo tempo raccolte nel giudizio di cognizione.
Non Ł dubitabile – e il punto rileva particolarmente nel caso in esame – che tale delibazione sia qualitativamente diversa da quella piø completa che si effettua in applicazione dell’art. 637 cod. proc. pen., all’esito dello svolgimento del giudizio di revisione in contraddittorio, che viene concluso con sentenza: nella fase preliminare, le considerazioni su affidabilità, persuasività e congruenza della fonte di prova e della sua efficacia dimostrativa devono emergere come immediate e dirette, senza dover invece essere frutto di un complesso e articolato procedimento valutativo, il quale finisca per anticipare in modo incongruo il giudizio di merito sulla revisione (Sez. 5, n. 36718 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 271306 – 01).
Ne consegue che il requisito della manifesta infondatezza dell’istanza deve essere tale da rendere evidente che – anche a fronte di un esame sommario e preliminare – le ragioni prospettate siano ictu oculi inidonee, per intrinseci limiti emergenti dalla stessa domanda, a consentire una verifica sull’esito del giudizio già esaurito, affiorando in questo caso la chiara assenza di capacità persuasiva della richiesta in sØ considerata. Resta, invece, devoluta alla fase di merito, da svolgersi nel contraddittorio, ogni indagine sull’effettiva idoneità delle allegazioni dell’istante in revisione al fine di dimostrare l’errore contenuto nel giudicato e di determinarne il superamento con la sentenza assolutoria.
Pertanto, quando respinge la richiesta di revisione con provvedimento di inammissibilità per
manifesta infondatezza, la corte di appello deve fornire una sommaria, ma coerente, giustificazione che, ex art. 125 cod. proc. pen., spieghi la verifica e la valutazione effettuate in ordine alle nuove prove addotte dal richiedente, chiarendo, in particolare, le ragioni per le quali le risultanze prospettate come nuove e ulteriori non abbiano in sØ, anche alla stregua di quanto Ł emerso nel giudizio di cognizione già celebrato, la potenzialità di infirmare il pregresso quadro probatorio e contribuire, per contro, a formarne uno idoneo a scardinare il giudicato di condanna.
In questa prospettiva e con le avvertenze formulate, si richiama, riaffermandolo, il principio di diritto secondo cui, ai fini del vaglio di ammissibilità della richiesta di revisione, occorre procedere a una comparazione delle nuove prove con quelle su cui si fonda la sentenza di condanna, per verificare, nell’ambito di una valutazione unitaria dell’eventuale pluralità delle nuove prove, la loro attitudine dimostrativa rispetto al risultato finale del proscioglimento, competendo al giudice della fase preliminare valutare in modo non superficiale – non soltanto l’affidabilità della stessa, ma anche – la sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio già acquisito nel giudizio di cognizione, del quale occorre quindi identificare il tessuto logico-giuridico, e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione – tra la prova nuova e quelle esaminate – ancorata alla realtà processuale svolta, saggiando la presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280405 – 01; Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, COGNOME, Rv. 273029 – 01; Sez. 1, n. 20196 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 256157 01; Sez. 1, n. 41804 del 04/10/2007, COGNOME, Rv. 238319 – 01).
Tratteggiato il prisma valutativo applicabile, consegue che l’inammissibilità della richiesta di revisione per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. sussiste quando le ragioni poste a suo fondamento risultano, all’evidenza, inidonee a consentire una verifica circa l’esito del giudizio (sicchØ sarebbe in tal senso inammissibile la richiesta di revisione fondata non sull’acquisizione di nuovi elementi di fatto, ma su una diversa valutazione di prove già conosciute ed esaminate nel giudizio, ovvero su prove che, sia pur formalmente nuove, fossero inidonee ictu oculi a determinare un effetto demolitorio del giudicato: Sez. 5, n. 44925 del 26/06/2017, COGNOME, Rv. 271071 – 01), per il resto, rimane del tutto estranea a questo preliminare apprezzamento, perchØ riservata alla fase del merito, la valutazione concernente l’effettiva capacità delle allegazioni difensive di travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio (Sez. 2, n. 19648 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281422 – 01; Sez. 6, n. 18818 del 08/03/2013, Moneta COGNOME COGNOME COGNOME, Rv. 255477 – 01).
Posta questa cornice di principi, il provvedimento in verifica non si profila immune da censura, per un verso, con riguardo alla valutazione della prova proposta dall’istanza come nuova e, per altro verso, nella spiegazione dell’addotta portata dirimente del quadro probatorio già posto nel giudizio di cognizione a carico di NOME COGNOME.
4.1. Sotto il primo aspetto, Ł da evidenziare il rilievo che la Corte di appello – negando alle dichiarazioni di NOME COGNOME, il connotato di prova nuova per il fatto che la sentenza emessa all’esito del giudizio di cognizione di secondo grado Ł di data successiva (2022) rispetto a quella (2021) di acquisizione delle suddette dichiarazioni, senza però mettere in questione il dato di fatto che quelle dichiarazioni non fossero state oggetto di valutazione nel giudizio suddetto – si Ł basata su un concetto non conforme all’esatta interpretazione dell’art. 630, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., al lume del quale il corrispondente caso di revisione si determina ‘se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’art. 631’.
Invero, l’argomento ha formato oggetto di approfondimento da parte delle Sezioni Unite (Sez.
U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220443 – 01), con l’affermazione del principio secondo cui, in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen. ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio, ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purchØ non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente, o addirittura doloso, del condannato, dato quest’ultimo – rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario.
Si tratta di un principio sedimentato (fra le successive, Sez. 3, n. 13037 del 18/12/2013, dep. 2014, Segreto, Rv. 259739 – 01), sicchØ la richiesta di revisione deve considerarsi ammissibile, anche se fondata su prove preesistenti o addirittura colpevolmente non indicate nel giudizio di cognizione di cui si invoca la rilettura, sempre che esse non siano state oggetto, nemmeno implicitamente, di pregressa valutazione.
4.2. Sotto il secondo aspetto, il richiamo da parte dei giudici dell’istanza di revisione del quadro probatorio posto a sostegno dell’accertamento di responsabilità di NOME COGNOME che non ha offerto specificazioni in merito allo spessore del riconoscimento diretto di quest’ultimo da parte degli operanti di polizia giudiziaria e si Ł orientato a sottolineare la portata degli altri elementi ritenuti confermativi di esso – risulta esposto in guisa tale da determinare l’emersione di non irrilevanti criticità.
4.2.1. Il ricorrente ha allegato per l’autosufficienza il verbale delle dichiarazioni di NOME COGNOME di cui si tratta, le quali, per la parte qui rilevante, che ha formato o avrebbe dovuto formare oggetto della valutazione della Corte di appello, risultano così articolate: ‘(…) COGNOME NOME rimase ferito a seguito dell’esplosione di colpi di arma da fuoco da parte di NOME COGNOME NOME e omissis , quest’ultimo non riconosciuto attraverso le immagini (…) ‘.
Quindi, la chiamata in reità fatta da NOMECOGNOME per quel che Ł dato trarre dall’esame di questa prova, presentata come nuova, ha riguardato il coinvolgimento di tre soggetti, due dei quali coincidono con quelli giudicati e condannati all’esito dello svolto giudizio di cognizione; invece, il terzo, le cui generalità sono state oscurate per ragioni istruttorie, ovviamente non si identifica in NOME COGNOME peraltro, tale terzo soggetto non pare indicato come aggiuntivo rispetto a un ulteriore partecipe, ossia un quarto elemento, in thesi individuabile con NOME COGNOME anch’egli giudicato e condannato.
La Corte di appello svalutando sul piano dell’ammissibilità tale prova ha ascritto all’affermazione di NOME l’indicazione di un quarto soggetto, senza escludere NOME COGNOME.
Questo argomento, però, in carenza di specifici chiarimenti, appare confusivo, nel senso che sembra attribuire a Romano la dichiarazione inerente alla partecipazione di quattro correi a quell’attentato, mentre il propalante – per quanto emerge da verbale prodotto, non contrastato in questa sede da altro atto – si Ł riferito a tre persone, una delle quali, però, non Ł stata identificata in NOME COGNOME ma, in suo luogo, in altro soggetto, nominato (e oscurato nel verbale), esplicitamente indicato come non riconosciuto dal successivo esame delle immagini.
4.2.2. Inoltre, il riferimento all’indiscussa presenza sul luogo della commissione dei reati del, ben individuato, scooter in uso ai fratelli COGNOME, intatta la sua efficienza probatoria con riferimento a uno dei medesimi, in particolare NOME COGNOME la cui partecipazione ai delitti risulta acclarata e non posta in discussione, non appariva, nØ appare integrare un dato logicamente ex se idoneo a destituire di ammissibilità la nuova prova, dal momento che esso si profila – in linea di principio e impregiudicata la valutazione di merito del complessivo quadro probatorio – compatibile anche con la partecipazione all’azione criminosa di uno degli utilizzatori dello scooter , e non di entrambi.
4.2.3. Del pari, impregiudicata anche in questo caso la loro valenza nella disamina di merito, il contenuto delle captazioni delle conversazioni di una delle persone offese, NOME COGNOME – con specifico riferimento alla parte di esse, richiamata nell’ordinanza impugnata e riportata nelle sentenze accertative della responsabilità anche di NOME COGNOME in cui il loquente (intercettato in ambientale il 2 giugno 2016, mentre era ricoverato nell’Ospedale Perrino di Brindisi e conversava con i suoi congiunti, probabilmente alla moglie NOME COGNOME e alla figlia NOME COGNOME) aveva riferito ‘ Sì … va bene ma no … tutti sanno quelli sbagliati … non c’entrano niente quelli là … tutti sanno quei due fratelli là?… Ah?…Non c’entrano niente i due fratelli, (…) non hanno sparato loro ‘ – pure si connotava e si connota per un portato che, in sØ considerato e senza un’illustrazione persuasiva del suo eventuale significato ultimo e piø specifico, nemmeno appare idoneo a escludere l’ammissibilità della nuova prova.
In definitiva, sia in riferimento all’esatto concetto di prova nuova, rilevante ex art. 630, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., sia in riferimento alla valutazione della prova nuova addotta dall’istanza, con riguardo all’affidabilità della stessa, nonchØ alla sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio acquisito nel giudizio di cognizione, la motivazione resa dalla Corte di appello di Potenza rivela, da un lato, l’erroneità e, dall’altro, l’incompiutezza dell’analisi svolta per giungere alla conclusione dell’inammissibilità dell’istanza di revisione basata sulle dichiarazioni rese il 20 gennaio 2021 dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME
Pertanto, l’inammissibilità dell’istanza emessa ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. per manifesta infondatezza non si rivela adeguatamente motivata nel senso dell’avvenuta dimostrazione dell’inidoneità ictu oculi della nuova prova a determinare l’effetto demolitorio del giudicato perseguito da NOME COGNOME per la sua posizione.
Questa conclusione impone l’annullamento del provvedimento impugnato e il rinvio per nuovo giudizio inerente alla chiesta revisione alla Corte di appello di Catanzaro, individuata ai sensi dell’art. 11, in relazione all’art. 634, comma 2, cod. proc. pen.
Alla Corte del rinvio competerà, dunque, di esaminare l’istanza con intatta libertà valutativa, sempre nel solco dei principi testØ enunciati.
L’impugnazione, per come articolata, Ł da ritenersi meritevole di accoglimento, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Si osserva, in premessa, che la Corte di appello di Potenza ha posto alla base della pronuncia di inammissibilità, in sintesi, le seguenti considerazioni.
Posto che la prova nuova era stata individuata nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, rese il 20 gennaio 2021, che la difesa aveva indicate come idonee a dimostrare l’estraneità di NOME COGNOME alle condotte integranti i reati già ricordati, in particolare per essere, queste dichiarazioni, tali da far emergere l’erroneità dell’individuazione compiuta dalla polizia giudiziaria del medesimo soggetto, come ritratto nei fotogrammi delle telecamere, quale componente del gruppo che aveva commesso i reati stessi, tale impostazione, secondo la Corte territoriale, Ł resistita anzitutto dalla mancanza del requisito della novità della prova stessa: i temi oggetto di tali dichiarazioni risultano aver formato oggetto di verifica nel corso della cognizione dei due gradi di merito, come si Ł evinto in particolare dalla motivazione della sentenza di primo grado, che aveva fatto riferimento ai plurimi elementi dimostrativi della presenza di entrambi i germani Volpe sulla scena del delitto.
Riprendendo tali elementi, la Corte di appello ha evidenziato che il tema del travisamento degli esiti istruttori, determinato dall’errore della polizia giudiziaria nell’individuazione fotografica, era stato
proposto sia in primo grado, sia nei motivi di appello e i giudici del merito avevano fondato il coinvolgimento di NOME COGNOME nei reati – non soltanto sul riconoscimento fotografico, ma – anche sulla presenza nel luogo dei fatti dello scooter in uso ai fratelli COGNOME e sul contenuto delle intercettazioni ambientali relative a conversazioni della vittima NOME COGNOME, il quale aveva ammesso la presenza sulla scena del delitto dei ‘due fratelli’.
Ciò, con la precisazione, pure svolta dai giudici aditi per la revisione, che dalle dichiarazioni di NOME era dato trarre che questi aveva parlato della presenza di un quarto soggetto non identificato dalla polizia giudiziaria, ma non aveva escluso espressamente la presenza dei fratelli COGNOME, dei quali aveva ammesso la caratura criminale.
Infine, la Corte territoriale ha sottolineato che le dichiarazioni in questione risalgono al 2021, sicchØ non possono considerarsi alla stregua di prova sopravvenuta rispetto alla sentenza di appello, emessa nel 2022.
3. Cosi lumeggiati i dati caratterizzanti della fattispecie, circa il vaglio preliminare di ammissibilità della richiesta disciplinato dall’art. 634 cod. proc. pen., si considera, per quanto qui rileva, che la norma indicata esige che tale richiesta sia fondata sull’esistenza di una prova nuova ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen.: rispetto alla sua allegazione, il corrispondente accertamento deve essere condotto mediante una sommaria delibazione dei nuovi elementi addotti allo scopo di stabilire se essi siano in astratto idonei a condurre il ragionamento probatorio verso un approdo sostanzialmente diverso, ossia favorevole al condannato, con il conseguimento del suo proscioglimento, previo superamento della valutazione delle prove a suo tempo raccolte nel giudizio di cognizione.
Non Ł dubitabile – e il punto rileva particolarmente nel caso in esame – che tale delibazione sia qualitativamente diversa da quella piø completa che si effettua in applicazione dell’art. 637 cod. proc. pen., all’esito dello svolgimento del giudizio di revisione in contraddittorio, che viene concluso con sentenza: nella fase preliminare, le considerazioni su affidabilità, persuasività e congruenza della fonte di prova e della sua efficacia dimostrativa devono emergere come immediate e dirette, senza dover invece essere frutto di un complesso e articolato procedimento valutativo, il quale finisca per anticipare in modo incongruo il giudizio di merito sulla revisione (Sez. 5, n. 36718 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 271306 – 01).
Ne consegue che il requisito della manifesta infondatezza dell’istanza deve essere tale da rendere evidente che – anche a fronte di un esame sommario e preliminare – le ragioni prospettate siano ictu oculi inidonee, per intrinseci limiti emergenti dalla stessa domanda, a consentire una verifica sull’esito del giudizio già esaurito, affiorando in questo caso la chiara assenza di capacità persuasiva della richiesta in sØ considerata. Resta, invece, devoluta alla fase di merito, da svolgersi nel contraddittorio, ogni indagine sull’effettiva idoneità delle allegazioni dell’istante in revisione al fine di dimostrare l’errore contenuto nel giudicato e di determinarne il superamento con la sentenza assolutoria.
Pertanto, quando respinge la richiesta di revisione con provvedimento di inammissibilità per manifesta infondatezza, la corte di appello deve fornire una sommaria, ma coerente, giustificazione che, ex art. 125 cod. proc. pen., spieghi la verifica e la valutazione effettuate in ordine alle nuove prove addotte dal richiedente, chiarendo, in particolare, le ragioni per le quali le risultanze prospettate come nuove e ulteriori non abbiano in sØ, anche alla stregua di quanto Ł emerso nel giudizio di cognizione già celebrato, la potenzialità di infirmare il pregresso quadro probatorio e contribuire, per contro, a formarne uno idoneo a scardinare il giudicato di condanna.
In questa prospettiva e con le avvertenze formulate, si richiama, riaffermandolo, il principio di diritto secondo cui, ai fini del vaglio di ammissibilità della richiesta di revisione, occorre procedere a
una comparazione delle nuove prove con quelle su cui si fonda la sentenza di condanna, per verificare, nell’ambito di una valutazione unitaria dell’eventuale pluralità delle nuove prove, la loro attitudine dimostrativa rispetto al risultato finale del proscioglimento, competendo al giudice della fase preliminare valutare in modo non superficiale – non soltanto l’affidabilità della stessa, ma anche – la sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio già acquisito nel giudizio di cognizione, del quale occorre quindi identificare il tessuto logico-giuridico, e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione – tra la prova nuova e quelle esaminate – ancorata alla realtà processuale svolta, saggiando la presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280405 – 01; Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, Buscaglia, Rv. 273029 – 01; Sez. 1, n. 20196 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 256157 01; Sez. 1, n. 41804 del 04/10/2007, COGNOME Rv. 238319 – 01).
Tratteggiato il prisma valutativo applicabile, consegue che l’inammissibilità della richiesta di revisione per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. sussiste quando le ragioni poste a suo fondamento risultano, all’evidenza, inidonee a consentire una verifica circa l’esito del giudizio (sicchØ sarebbe in tal senso inammissibile la richiesta di revisione fondata non sull’acquisizione di nuovi elementi di fatto, ma su una diversa valutazione di prove già conosciute ed esaminate nel giudizio, ovvero su prove che, sia pur formalmente nuove, fossero inidonee ictu oculi a determinare un effetto demolitorio del giudicato: Sez. 5, n. 44925 del 26/06/2017, COGNOME, Rv. 271071 – 01), per il resto, rimane del tutto estranea a questo preliminare apprezzamento, perchØ riservata alla fase del merito, la valutazione concernente l’effettiva capacità delle allegazioni difensive di travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio (Sez. 2, n. 19648 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281422 – 01; Sez. 6, n. 18818 del 08/03/2013, Moneta COGNOME COGNOME COGNOME, Rv. 255477 – 01).
Posta questa cornice di principi, il provvedimento in verifica non si profila immune da censura, per un verso, con riguardo alla valutazione della prova proposta dall’istanza come nuova e, per altro verso, nella spiegazione dell’addotta portata dirimente del quadro probatorio già posto nel giudizio di cognizione a carico di NOME COGNOME.
4.1. Sotto il primo aspetto, Ł da evidenziare il rilievo che la Corte di appello – negando alle dichiarazioni di NOME COGNOME, il connotato di prova nuova per il fatto che la sentenza emessa all’esito del giudizio di cognizione di secondo grado Ł di data successiva (2022) rispetto a quella (2021) di acquisizione delle suddette dichiarazioni, senza però mettere in questione il dato di fatto che quelle dichiarazioni non fossero state oggetto di valutazione nel giudizio suddetto – si Ł basata su un concetto non conforme all’esatta interpretazione dell’art. 630, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., al lume del quale il corrispondente caso di revisione si determina ‘se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’art. 631’.
Invero, l’argomento ha formato oggetto di approfondimento da parte delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220443 – 01), con l’affermazione del principio secondo cui, in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell’art. 630, lett. c) , cod. proc. pen. ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio, ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purchØ non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente, o addirittura doloso, del condannato, dato –
quest’ultimo – rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario.
Si tratta di un principio sedimentato (fra le successive, Sez. 3, n. 13037 del 18/12/2013, dep. 2014, Segreto, Rv. 259739 – 01), sicchØ la richiesta di revisione deve considerarsi ammissibile, anche se fondata su prove preesistenti o addirittura colpevolmente non indicate nel giudizio di cognizione di cui si invoca la rilettura, sempre che esse non siano state oggetto, nemmeno implicitamente, di pregressa valutazione.
4.2. Sotto il secondo aspetto, il richiamo da parte dei giudici dell’istanza di revisione del quadro probatorio posto a sostegno dell’accertamento di responsabilità di NOME COGNOME che non ha offerto specificazioni in merito allo spessore del riconoscimento diretto di quest’ultimo da parte degli operanti di polizia giudiziaria e si Ł orientato a sottolineare la portata degli altri elementi ritenuti confermativi di esso – risulta esposto in guisa tale da determinare l’emersione di non irrilevanti criticità.
4.2.1. Il ricorrente ha allegato per l’autosufficienza il verbale delle dichiarazioni di NOME COGNOME di cui si tratta, le quali, per la parte qui rilevante, che ha formato o avrebbe dovuto formare oggetto della valutazione della Corte di appello, risultano così articolate: ‘(…) COGNOME NOME rimase ferito a seguito dell’esplosione di colpi di arma da fuoco da parte di NOME COGNOME NOME e omissis , quest’ultimo non riconosciuto attraverso le immagini (…) ‘.
Quindi, la chiamata in reità fatta da NOMECOGNOME per quel che Ł dato trarre dall’esame di questa prova, presentata come nuova, ha riguardato il coinvolgimento di tre soggetti, due dei quali coincidono con quelli giudicati e condannati all’esito dello svolto giudizio di cognizione; invece, il terzo, le cui generalità sono state oscurate per ragioni istruttorie, ovviamente non si identifica in NOME COGNOME peraltro, tale terzo soggetto non pare indicato come aggiuntivo rispetto a un ulteriore partecipe, ossia un quarto elemento, in thesi individuabile con NOME COGNOME anch’egli giudicato e condannato.
La Corte di appello svalutando sul piano dell’ammissibilità tale prova ha ascritto all’affermazione di NOME l’indicazione di un quarto soggetto, senza escludere NOME COGNOME.
Questo argomento, però, in carenza di specifici chiarimenti, appare confusivo, nel senso che sembra attribuire a Romano la dichiarazione inerente alla partecipazione di quattro correi a quell’attentato, mentre il propalante – per quanto emerge da verbale prodotto, non contrastato in questa sede da altro atto – si Ł riferito a tre persone, una delle quali, però, non Ł stata identificata in NOME COGNOME ma, in suo luogo, in altro soggetto, nominato (e oscurato nel verbale), esplicitamente indicato come non riconosciuto dal successivo esame delle immagini.
4.2.2. Inoltre, il riferimento all’indiscussa presenza sul luogo della commissione dei reati del, ben individuato, scooter in uso ai fratelli COGNOME, intatta la sua efficienza probatoria con riferimento a uno dei medesimi, in particolare NOME COGNOME la cui partecipazione ai delitti risulta acclarata e non posta in discussione, non appariva, nØ appare integrare un dato logicamente ex se idoneo a destituire di ammissibilità la nuova prova, dal momento che esso si profila – in linea di principio e impregiudicata la valutazione di merito del complessivo quadro probatorio – compatibile anche con la partecipazione all’azione criminosa di uno degli utilizzatori dello scooter , e non di entrambi.
4.2.3. Del pari, impregiudicata anche in questo caso la loro valenza nella disamina di merito, il contenuto delle captazioni delle conversazioni di una delle persone offese, NOME COGNOME – con specifico riferimento alla parte di esse, richiamata nell’ordinanza impugnata e riportata nelle sentenze accertative della responsabilità anche di NOME COGNOME in cui il loquente (intercettato in ambientale il 2 giugno 2016, mentre era ricoverato nell’Ospedale Perrino di Brindisi e conversava con i suoi congiunti, probabilmente alla moglie NOME COGNOME e alla figlia NOME COGNOME) aveva riferito ‘ Sì … va bene ma no … tutti sanno quelli sbagliati … non c’entrano niente quelli là … tutti sanno quei due fratelli là?… Ah?…Non c’entrano niente i due fratelli, (…) non hanno sparato loro ‘ – pure si
connotava e si connota per un portato che, in sØ considerato e senza un’illustrazione persuasiva del suo eventuale significato ultimo e piø specifico, nemmeno appare idoneo a escludere l’ammissibilità della nuova prova.
In definitiva, sia in riferimento all’esatto concetto di prova nuova, rilevante ex art. 630, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., sia in riferimento alla valutazione della prova nuova addotta dall’istanza, con riguardo all’affidabilità della stessa, nonchØ alla sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio acquisito nel giudizio di cognizione, la motivazione resa dalla Corte di appello di Potenza rivela, da un lato, l’erroneità e, dall’altro, l’incompiutezza dell’analisi svolta per giungere alla conclusione dell’inammissibilità dell’istanza di revisione basata sulle dichiarazioni rese il 20 gennaio 2021 dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME
Pertanto, l’inammissibilità dell’istanza emessa ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. per manifesta infondatezza non si rivela adeguatamente motivata nel senso dell’avvenuta dimostrazione dell’inidoneità ictu oculi della nuova prova a determinare l’effetto demolitorio del giudicato perseguito da NOME COGNOME per la sua posizione.
Questa conclusione impone l’annullamento del provvedimento impugnato e il rinvio per nuovo giudizio inerente alla chiesta revisione alla Corte di appello di Catanzaro, individuata ai sensi dell’art. 11, in relazione all’art. 634, comma 2, cod. proc. pen.
Alla Corte del rinvio competerà, dunque, di esaminare l’istanza con intatta libertà valutativa, sempre nel solco dei principi testØ enunciati.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catanzaro.
Così Ł deciso, 08/11/2024
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME