Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11541 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11541 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME COGNOME nato a PATTI il DATA_NASCITA NOME COGNOME NOME nato a PATTI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN PIERO PATTI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PATTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/01/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto rigettarsi i ricorsi ad eccezione di quello proposto da COGNOME.
Lette le conclusioni scritte depositate dall’AVV_NOTAIO, in difesa di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, nonché la memoria depositata dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN FATTO
Con sentenza del 14 marzo 2023 la sezione €kiinta di questa Corte di cassazione ha annullato la pronuncia della Corte di appello di Messina, in data 22 ottobre 2018, disponendo il rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della medesima Corte territoriale, con riferimento:
all’intera posizione processuale di NOME COGNOME, chiamato a rispondere del reato di cui agli artt. 110 e 474 cod. pen., contestato al capo B), per avere, in concorso con altri ed al fine di profitto, acquistato, ricevutc% GLYPH tenuto per la vendita e posto in vendita capi di abbigliamenti con marchi contraffatti nei giorni 26 maggio 2007, 27 marzo 2008, 10 aprile 2008 e 32 dicembre 2008;
alla posizione processuale di NOME COGNOME, limitatamente ai reati di bancarotta fraudolenta per distrazione contestati al capo I) n. 1 lett. g) ed h), al reato di bancarotta fraudolenta documentale contestato capo I) n. 2 nonché alle statuizioni civili poste a suo carico e al complessivo trattamento sanzionatorio.
all’imputazione di cui al capo B), ascritto a NOME COGNOME limitatamente al reato di cui all’art. 648 cod. pen., commesso in concorso con NOME il 3 dicembre 2018;
all’imputazione di cui al capo I) n. 2 contestato a NOME COGNOME per avere, nella qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, sottratto le scritture contabili in concorso con NOME COGNOME.
In esito al giudizio di rinvio, la Corte di appello di Messina, con sentenza del 3 aprile 2023, ha parzialmente riformato la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Patti, in data 26 gennaio 2016. In particolare:
ha assolto NOME COGNOME dal reato di ricettazione di cui al capo B), limitatamente al sequestro del 3 dicembre 2008, per non aver commesso il fatto;
ha assolto NOME COGNOME dal reato di cui al capo I) n. 1) lett. g) perché il fatto non sussiste;
ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME per il reato loro ascritto al capo I) n. 2, riqualificato come bancarotta semplice perché estinto per prescrizione;
ha confermato la condanna nei confronti di NOME in ordine al reato di cui al capo B), concedendogli il beneficko d Ila pena sospesa;
ha rideterminato la durata 4fr pene accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, legge fallimentare.
2 GLYPH
DoYfff
ha rideterminato le pene della reclusione inflitte a COGNOME, COGNOME e COGNOME rispettivamente in anni 4 per il primo, in anni 5 mesi 7 e giorni dieci per il secondo, e anni 3 e mesi 5 per il terzo.
Ricorrono per cassazione, per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME e NOME COGNOME.
COGNOME ha articolato quattro motivi.
3.1. Con il primo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di bancarotta documentale.
La Corte territoriale si è discostata dal principio fissato dalla sentenza di annullamento. Avrebbe dovuto, a seguito del proscioglimento per più imputazioni, rivisitare la pena base, riducendola in misura maggiore sia al fine di adeguare il trattamento sanzionatorio a quello inflitto al coimputato COGNOME sia per non violare il divieto di reformatio in peius rispetto alla pena irrogata nel giudizio precedente all’annullamento parziale.
3.2. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione.
La sentenza impugnata non ha adeguatamente giustificato la scelta di rideterminare la pena, distanziandosi dai minimi edittali, nonostante l’intervenuto annullamento senza rinvio in relazione al capo F) e alla declaratoria di prescrizione in ordine al capo I) n. 2). Avrebbe dovuto, comunque, rideterminare la pena “in non più di anni 3 e mesi 6 di reclusione”
3.3. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla rideterminazione delle pene accessorie.
Evidenzia che la Corte di appello, adeguatamente considerando il diverso inquadramento tl.leie contestazioni a seguito delle assoluzioni disposte nei confronti del ricorrente, incensurato, e dei coimputati, avrebbe dovuto revocare le misure interdittive o, comunque, ridurne la durata.
3.4. Con il quattro motivo deduce violazione di legge.
Lamenta che la Corte di appello non abbia ridotto la pena anche per l’intervenuta prescrizione delle contestazioni collegate.
3.5. Con memoria tempestivamente depositata, ha ribadito i rilievi già espressi nel ricorso.
NOME ha sviluppato un unico motivo con cui deduce, a mente dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen., illegittimità della pena inflitta in quanto in essa sono stati computati anche gli aumenti per i reati commessi in occasione dei sequestri
del 26 maggio 2007 e 10 aprile 2008, ritenuti implicitamente prescritti dalla sentenza di annullamento con rinvio.
NOME COGNOME ha articolato sei motivi.
5.1. Con il primo deduce violazione di legge, in relazione all’art. 474 cod. pen., nonché vizio di motivazione.
La Corte di appello, disattendendo il mandato conferitogli dalla sentenza di annullamento, non si è confrontata con le doglianze difensive in tema di affermazione di responsabilità. Ha continuato, in linea con la sentenza annullata, a ritenere sufficiente, ai fini del concorso del ricorrente nella condotta illecita, la mera conoscenza dell’illiceità della merce ed un suo preteso contributo nell’occultamento. In questa prospettiva, ha attributo decisiva rilevanza alla telefonata del 10 aprile 2008, ritenendo apoditticamente certa l’identificazione di uno degli interlocutori con NOME. Non ha, però fornito una spiegazione logica in ordine al nesso tra le affermazioni riferite ad NOME e la merce contraffatta, oggetto dei quattro sequestri, eseguiti il 26 maggio 2007, il 27 marzo 2008, il 10 aprile 2008 ed il 3 dicembre 2008. Conseguentemente, non è dato comprendere perché NOME, che svolgeva l’attiva di magazziniere in una sola delle sedi della società fallita, risponda, a titolo di concorso con il datore di lavoro, della detenzione della merce contraffatta rinvenuta all’interno di esercizi commerciali ubicati in altri luoghi o non ancora consegnata. È stato trascurato che le preoccupazioni esternate da NOME nella telefonata potevano riferirsi non solo alla contraffazione della merce ma anche alla sua omessa fatturazione ed essere, comunque, compatibili con la connivenza o la mera adesione all’altrui proposito criminoso.
5.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza della condotta tipica di cui all’art. 474 cod. pen.
Secondo la sentenza impugnata, NOME avrebbe contributo alla detenzione della merce contraffatta, adoperandosi per sottrarla al sequestro e contribuendo alla sua vendita, nella qualità di capo magazziniere.
Tale ricostruzione, fondata su di un’unica telefonata intercettata, non spiega le ragioni per cui la merce di cui NOME avrebbe consigliato l’occultamento fosse quella contraffatta. Può infatti plausibilmente ipotizzarsi, alla luce del tenore complessivo della conversazione e delle delucidazioni fornite dall’altro interlocutore sentito in dibattimento, che fosse proveniente da altro delitto. Anche in questa ipotesi, infatti, sussisteva l’esigenza di sottrarla al controllo operato dalla guardia di Finanza. In ogni caso, da nessun elemento si evince che il ricorrente fosse stato informato dal suo datore di lavoro della contraffazione della merce in vendita e si sia attivato per occultarla.
5.3. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza del fine di vendita, desunto in via esclusiva dall’attività lavorativ ricorrente, il quale, tuttavia, nella qualità di capo magazziniere, non intrattenuto rapporti con il pubblico, ma si è occupato soltanto della sistemazio interna della merce e dell’organizzazione del personale.
3.4.4. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza del fine di rofitto.
3.4.5. Con il GLYPH o motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio determinato, quanto alla pena detentiva, nel massimo edittale, nonostante il riconoscimento di un ruolo marginale in sede di applicazion delle circostanze attenuanti generiche.
Non è stato chiarito se le diverse condotte di detenzione accertate in occasion dei diversi sequestri di merce contraffatta hanno dato luogo ad un unico reat permanente o a più reati unificati sotto il vincolo della continuazione
3.4.6. Con il sesto motivo denuncia vizio di motivazione in merito alle statuizioni civili.
La Corte non ha affrontato la questione sollevata dalla difesa circa l detenzione da parte dell’imputato di merce contraffatta riferibile alle soci costituitesi parti civili.
RITENUTO IN DIRITTO
Nessuno dei quattro motivi del ricorso di COGNOME NOME COGNOME, attinenti sotto vari profili al trattamento sanzionatorio, si sottraggono declaratoria di inammissibilità per la genericità delle censure dedotte, non sempr comprensibili, e comunque per la loro manifesta infondatezza.
..
La sentenza impugnata (pagg. 11 e 12), pienamente adempiendo al mandato conferitole dal giudice rescindente, ha rideterminato il trattamento sanzionator muovendo dalla premessa implicita, ma inequivoca, di condividere i criteri commisurativi seguiti dal giudice del primo grado, che aveva valorizzato, nell’alveo tracciato dall’art. 133 cod. pen., il maggiore ruolo decisionale avuto da RAGIONE_SOCIALE nella consumazione dei reati accertati rispetto agli altri imputati, compreso NOME, al quale coerentemente è stata inflitta una pena base meno afflittiva. quest’ottica, dopo avere eliminato la porzione di pena relativa al capo F), n oggetto di contestazione ha congruamente ridotto la pena base da 4 anni a 3 anni e 8 mesi cosi da tener conto della declaratoria di prescrizione di una delle condo lyzc s (=- 3 5 n di bancarotta, ed ha mantenuto fermi gli aumenti per gli altri reati satel peraltro assai contenuti. Gli stessi criteri sono stati utilizzati per ridurre accessorie in una durata corrispondente a quella della pena principale o
Il ricorrente sollecita un nuovo esercizio del potere discrezionale assegnato dall’ordinamento Alt- giudice del merito, che nella specie ha dato conto delle scelte con giustificazioni non sindacabili in questa sede perché non sorrette da asserzioni irragionevoli o paradossali (da ultimo Sez. 3, n. 9450 del 24/02/2022, Palladino, Rv. 282839 – 01) e, quanto ai singoli aumenti ex art. 81, secondo comma, cod. pen., correlate alla modesta entità degli stessi e tale, comunque, da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269 – 01). Né si comprende perché nella determinazione della pena per la violazione più grave, la Corte territoriale avrebbe dovuto attribuire decisiva rilevanza al proscioglimento per le altre imputazioni
Non risultano specificati i termini della denunciata violazione del divieto di reformatio in peius. In ogni caso, l’imputato è stato condannato ad una pena inferiore a quella inflitta sia in primo grado che con la sentenza di appello annullata.
Entrambi i motivi del ricorso di NOME COGNOME sono fondati.
4.1. La Corte di appello, come denunciato nel primo motivo, non ha correttamente adempiuto al mandato motivazionale conferitole dal Giudice rescindente con riferimento al reato di cui al capo I) n. 1 lett. h).
La Quinta sezione, nell’accogliere il quinto motivo dedotto da COGNOME, aveva evidenziato il mancato approfondimento del tema della distrazione dalle finalità dell’attività imprenditoriale della RAGIONE_SOCIALE delle somme di denaro solo formalmente corrisposte ai dipendenti della società.
La sentenza impugnata (pagg. 10 e 11), da una parte, ha ribadito che era pacifica ed incontestata la registrazione da parte del ricorrente, nella qualità di amministratore e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, di somme di denaro di pertinenza della società fallita maggiori di quelle effettivamente corrisposte ai dipendenti, dall’altra, ha rilevato che lo stesso non aveva dedotto il reimpiego di tali somme nell’interesse della società. Da tale ragionamento ha tratto la conclusione che il denaro non corrisposto ai dipendenti era stato distratto a vantaggio dell’imputato, dei complici o, comunque, di soggetti diversi dalla società.
E’ evidente il salto logico del percorso argomentativo.
La condotta, come ricostruita in fatto, dà luogo ad una distrazione solo se la differenza tra le somme corrisposte ai dipendenti e quelle formalmente registrate, oltre a rappresentare un artificio contabile, determini un distacco dal patrimonio sociale di beni cui viene data una destinazione diversa da quella di garanzia dei creditori in modo da incidere negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale. Era, quindi, necessario preliminarmente verificare se le somme di denaro
non versate a titolo di retribuzione erano esistenti effettivamente nel patrimonio sociale. Solo dopo avere accertato ciò poteva essere affrontata la diversa ed ulteriore questione della destinazione di tali somme a finalità diverse da quelle formalmente annotate o comunque estranee a quelle imprenditoriali. Invece, di tale verifica preliminare non vi è, tuttavia, traccia alcuna nella motivazione.
2.2. Il Giudice del rinvio, come evidenziato nel secondo motivo, non ha rideterminato il complessivo trattamento sanzionatorio secondo le direttive contenute nella sentenza di annullamento.
La Quinta sezione di questa Corte di legittimità ha, infatti, ritenuto fondato anche l’undicesimo motivo del ricorso di COGNOME con cui si lament “mancata rideterminazione della pena a seguito dell’assoluzione del ricorrente dai reati di cui al capo i, n. 1, lett. b) e d), perché il fatto non sussiste, e della declaratoria di assorbimento delle condotte di cui al capo I, n. 6 in quelle di cui al n. 1, con conseguente violazione del divieto di reformatio in peius”. Per tale ragione ha specificato (pag. 19) che le conseguenze del suo accoglimento “sono destinate a trasfondersi nella generale tematica della determinazione della pena che dovrà operare il giudice del rinvio”,
Di tale indicazione non risulta che la sentenza impugnata abbia tenuto conto.
2.3. Alla luce delle pregresse considerazioni si impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina che provvederà a colmare le individuate lacune motivazioni.
L’unico motivo sviluppato da NOME COGNOME non supera il vaglio di ammissibilità perché manifestamente infondato.
Nella sentenza di annullamento non si rinviene alcuna indicazione, anche implicita, sulla maturazione del termine prescrizionale relativo ai reati di ricettazione ascritti a COGNOME. A pag. 23, nella disamina del secondo motivo di ricorso, è stato disposto il giudizio di rinvio con esclusivo riferimento all’addebito di ricettazione relativo al sequestro del 3 dicembre 2008. il Giudice del rinvio si è, pertanto, occupato esclusivamente di questo reato assolvendo NOME per non avere commesso il fatto. Per converso, le altre imputazioni di ricettazione, riferite a fatti del 26 maggio 2007 e del 10 aprile 2008, già coperte da giudicato /non sono state prese in esame neanche ai fini del trattamento sanzionatorio.
5. Il ricorso di NOME COGNOME è fondato.
La Corte distrettuale era chiamata dalla sentenza rescindente a confrontarsi con le doglianze che avevano investito il percorso argomentativo seguito dal primo giudice per l’affermazione di responsabilità, con particolare riguardo all’esatto contenuto delle intercettazioni e all’identificazione dell’imputato.
Non risulta ancora superata né è altrimenti superabile i alla luce della pacifica consistenza del compendio probatorio acquisto a carico dell’imputato, rappresentato da unica conversazione intercettata, l’obiezione principale sollevata dalla difesa ovvero che il dialogo, intercorso tra l’imputato ed una collega, NOME COGNOME, considerato l’unico elemento decisivo a carico di NOME – permanendo i dubbi sulla sua identificazione quale conversante di un’ulteriore conversazione captata con NOME COGNOME – abbia avuto ad oggetto i capi di abbigliamento con marchi contraffatti indicati nel capo B) di imputazione. I “jeans” di cui NOME parla alla sua interlocutrice, ricordandole che aveva in passato consigliato al titolare di occultarli così da evitare il loro reperimento, non sono stati mai rivenuti e sottoposti a sequestro né altrimenti visionati per costatare la presenza del marchio contraffatto. Non risulta nemmeno che NOME, non presente all’interno del negozio il giorno della perquisizione eseguita prima della telefonata, sia stato previamente informato o fosse, comunque, a conoscenza che l’attività della polizia giudiziaria era diretta a ricercare merce contraffatta. Non risulta dalle sentenze di merito che COGNOME abbia fornito un diverso contributo, anche solo di tipo morale, all’acquisto, recezione o detenzione dei beni indicati nella contestazione del reato di cui all’art. 474 cod. pen. di cui al capo B).
Si impone, in definitiva, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché l’imputato non ha commesso il fatto contestato .
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME per non aver commesso il fatto. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Messina. Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME COGNOME NOME e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma il 18 dicembre 2023.