Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14350 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14350 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME nato in Romania il DATA_NASCITA NOME nato in Romania il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 18 aprile 2023 della Corte d’appello di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; letta la memoria depositata il 12 gennaio 2024 dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati tratti a giudizio per rispondere, in concorso con altri imputati separatamente giudicati, di una pluralità
f
di furti, variamente qualificati, tutti commessi in diversi luoghi della provincia d Salerno, tra il luglio ed il novembre 2020.
All’esito del giudizio di primo grado, celebrato con le forme del rito abbreviato, il Tribunale di Vallo della Lucania ha ritenuto il COGNOME e il COGNOME responsabili dei reati di cui ai capi e), f) e g) ed ha assolto tutti gli altri imputati dai reati rispettivamente ascritti, perché il fatto non sussiste.
Investita dell’impugnazione proposta dai due imputati condannati, la Corte d’appello di Salerno ha dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di cui al capo f), per difetto di querela, confermando la dichiarazione di responsabilità in ordine ai residui reati (entrambi qualificati ai sensi dell’art. 624-bis cod. pen.)
Il dispositivo veniva successivamente confermato, ai sensi del terzo comma dell’art. 545-bis cod. proc. pen., rigettando la parallela richiesta di sostituzion della pena irrogata, avanzata da entrambi gli imputati.
Avverso tale sentenza, ricorrono per cassazione sia il COGNOME, che il COGNOME.
2.1. Il ricorso proposto nell’interesse del NOME si compone di quattro motivi d’impugnazione, tutti formulati sotto il profilo della violazione di legge e del vizi di motivazione.
2.1.1. Con un primo articolato motivo si lamenta il travisamento degli elementi indiziari da cui è stata dedotta la partecipazione del ricorrente ai reati e la conseguente manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione offerta dalla Corte territoriale a fondamento della ritenuta responsabilità.
La difesa deduce che la Corte si sarebbe limitata ad una pura e semplice sommatoria degli indizi raccolti senza valutare, preliminarmente, la certezza e l’autonoma valenza dimostrativa dei singoli elementi. Le uniche circostanze indicate a carico del NOME sarebbero, infatti, la ritenuta presenza di un telefono cellulare con la sinn card intestata alla di lui compagna nei luoghi teatro dei furti (desunta dall’analisi dei tabulati telefonici), un controllo di polizia nei gio successivi a bordo di un furgone oggetto di furto e l’assenza di giustificazioni fornite dall’imputato.
Ebbene, il controllo di polizia è avvenuto in un luogo e in un tempo significativamente distanti da quelli di consumazione dei furti; i tabulati telefonici sono stati acquisiti sulla sola autorizzazione del Pubblico Ministero, quindi, in applicazione dell’art. 1-bis I. n. 132 del 2021, la loro valenza probatoria è condizionata alla presenza di altri elementi di prova; il silenzio dell’imputato non può essere ritenuto un elemento significativo in ragione della ineludibile presunzione di innocenza e dell’inesigibilità di un suo contributo conoscitivo.
2.1.2. Il secondo motivo di ricorso attiene alla qualificazione dei reati contestati, erroneamente sussunti, secondo la difesa, all’interno della fattispecie
di cui all’art. 624-bis nonostante i luoghi ove i furti sono stati consumati non potessero, in ipotesi difensiva, qualificarsi come privata dimora.
2.1.3. Il terzo attiene al trattamento sanzionatorio e lamenta che la Corte territoriale, nel rideterminare la pena inflitta, avrebbe violato il divieto reformatio in peius, in quanto avrebbe operato una riduzione per le circostanze attenuanti generiche in misura inferiore a quella indicata in primo grado.
2.1.4. Il quarto, in ultimo, anch’esso afferente al trattamento sanzionatorio, attiene, in particolare, all’invocata applicazione dell’art. 545-bis cod. proc. civ. e lamenta non solo l’errore percettivo nel quale sarebbe incorsa la Corte nel ritenere oggetto dell’istanza avanzata dall’imputato il solo lavoro di pubblica utilità (con conseguente omessa motivazione in ordine alle residue possibili alternative), ma anche l’erroneità della valutazione offerta, atteso che, contrariamente a quanto ritenuto nel provvedimento impugnato, i dati fattuali condurrebbero a ritenere sussistente una propensione dell’imputato proprio all’adempimento delle prescrizioni imposte (e non già alla loro violazione), avendo più volte l’imputato beneficiato di misure meno afflittive rispetto a quella carceraria senza mai trasgredirne le prescrizioni.
2.2. Il ricorso proposto nell’interesse del NOME si compone di cinque motivi d’impugnazione.
2.2.1. Il primo, formulato sotto i profili della violazione di legge, dell’inosservanza di norma processuale e di connesso vizio di motivazione, attiene al profilo della responsabilità e deduce che la Corte territoriale avrebbe fondato la decisione sulla ritenuta presenza di entrambi gli imputati sui luoghi e nei tempi nei quali furono perpetrati i furti a bordo dei veicoli utilizzati per la consumazione dei furti. Un dato, tuttavia, in contraddizione con la pacifica circostanza per cui i veicolo sul quale viaggiava il NOME (una Dacia Duster) non è tra i veicoli ripresi dalle telecamere in occasione dei furti (un furgone bianco Citroen Jumper e il Fiat Doblò oggetto del furto). L’unica connessione è rappresentata dal dato fattuale per cui la Dacia, in un luogo lontano dai furti, avrebbe preceduto sulla strada i due furgoni. Circostanza priva di forza inferenziale ed, anzi, di valenza opposta in quanto ben si potrebbe dedurre, da tale dato, l’estraneità del COGNOME rispetto alla consumazione dei furti.
2.2.2. Il secondo motivo attiene al trattamento sanzionatorio ed è formulato in termini sostanzialmente sovrapponibili al terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse del NOME.
2.2.3. Gli ultimi tre attengono anch’essi al trattamento sanzionatorio e, in particolare, al profilo della sostituzione della pena (invocata dalla difesa rigettata dalla Corte territoriale con sentenza del 19 giugno 2023) e deducono:
l’omessa comunicazione del successivo provvedimento relativo alla sostituzione della pena, adottato dalla Corte d’appello a seguito dell’istruttoria espletata ai sensi dell’art. 545-bis cod. proc. pen.; circostanza che avrebbe impedito alla difesa di articolare un’impugnazione completa, non avendo conoscenza del provvedimento integrativo;
la violazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen., non avendo la Corte d’appello acquisito la documentazione necessaria e trasmesso, all’UEPE territorialmente competente, quella prodotta dalla difesa, impedendo la predisposizione di idoneo programma lavorativo;
l’illogicità della motivazione nella parte in cui avrebbe ritenuto troppo lontana e, quindi, incoerente rispetto alle funzioni dell’istituto, l’indicazione del data di inizio dei lavori (il 1° novembre 2023).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, deve essere disposta la riunione, al presente procedimento, di quello avente n. NUMERO_DOCUMENTO, per connessione soggettiva e oggettiva, essendo quest’ultimo stato proposto dal solo COGNOME (già ricorrente anche nel primo procedimento) avverso le medesime sentenze emesse dalla Corte d’appello di Salerno (la n. 623 del 18 aprile 2023 così come integrata, ai sensi dell’art. 545-bis cod. proc. pen., dalla sentenza n. 1146 del 27 giugno 2023).
Ciò considerato, il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del NOME è infondato.
2.1. Va premesso che il ricorrente risponde, all’esito della pronuncia resa in secondo grado, dei soli reati di cui al capo e) e al capo g), relativi a due distint furti consumati la notte tra il primo ed il due novembre 2020; con le circostanze aggravanti di avere agito con violenza sulle cose, in tre o più persone e approfittando di circostanze di tempo e luogo tali da ostacolare la difesa.
Alla luce del compendio probatorio acquisito alla luce del rito prescelto (verbali di intercettazione, denunce-querele, filmati delle telecamere di videosorveglianza e accertamenti di polizia giudiziaria), emergeva che:
in entrambi i furti, erano presenti quattro persone e due furgoni (un Citroen Jumper e un Fiat Doblo);
il NOME, pochi giorni dopo i furti, era alla guida del Fiat Doblò;
l’utenza in uso al predetto aveva agganciato, al momento della consumazione dei furti, la cella del Comune di Castellabate, nel quale i fatti erano stati commessi.
Tali elementi, unitamente alla mancanza di una valida giustificazione da parte degli imputati in ordine alla presenza sui luoghi in quell’ora di notte, né ai motivi dell’utilizzo dei telefoni, ha condotto i giudici di merito a ritenere provata responsabilità dei predetti.
1.2. COGNOME Preliminarmente, COGNOME quanto COGNOME all’utilizzazione COGNOME dei COGNOME tabulati, COGNOME va effettivamente considerato come l’art. 1 del decreto-legge intitolato «Disposizioni in materia di acquisizione dei dati di traffico telefonico e telematico per fini indagine penale» ha riscritto l’art. 132, terzo comma, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, prevedendo che “i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private”.
La legge 23 novembre 2021, n. 178, tuttavia, in sede di conversione del decreto, oltre ad apportare alcuni correttivi alla disciplina dell’acquisizione, ha dettato una norma transitoria, volta specificamente a superare i contrasti interpretativi insorti in ordine all’utilizzabilità dei tabulati telefonici acquisi pubblico ministero in forza della disciplina previgente.
Tale norma prevede, in deroga al principio del tempus regit actum, che l’acquisizione dei tabulati del traffico telefonico avvenuta secondo la previgente disciplina continua a poter essere utilizzata come prova a carico dell’imputato, ma solo se i reati contestati rientrano nella categoria già delineata “per il futuro” dall nuova normativa e solo “unitamente ad altri elementi di prova”, secondo uno schema di valutazione probatoria mutuato dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., in tema di chiamata di correo (Sez. 2, n. 11283 del 03/02/2023, Gallone, Rv. 284600).
Gli “altri elementi di prova” che, ai sensi della norma transitoria, devono confortare i dati “esteriori” delle conversazioni ai fini del giudizio di colpevolezza possono essere di qualsiasi tipo e natura, in quanto non predeterminati nella specie e nella qualità, sicché possono ricomprendere non solo le prove storiche dirette, ma anche quelle indirette, legittimamente acquisite e idonee, anche sul piano della mera consequenzialità logica, a corroborare il mezzo di prova ritenuto ex lege bisognoso di conferma (Sez. 5, n. 8968 del 24/02/2022, COGNOME, Rv. 282989, che riprende sul punto, Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255145).
In concreto, sul presupposto che i tabulati sono stati pacificamente acquisiti in forza di un decreto autorizzativo emesso dal pubblico ministero (secondo la normativa vigente ratione temporis), in relazione a reati per i quali è prevista una pena massima edittale superiore a tre anni, i dati esteriori del traffico telefonico (desunti dal tabulato), nel rispetto della nuova regola di valutazione dell’efficacia
probatoria, sono stati correttamente posti all’interno di una pluralità di altr elementi di prova, diretti e indiretti, autonomamente rilevanti (le conversazioni intercettate, le denunce-querele e gli accertamenti di polizia giudiziaria). Da ciò l’infondatezza della relativa censura.
2.3. L’ulteriore censura sollevata dal ricorrente (quanto alla valorizzazione del silenzio serbato dall’imputato) è, all’evidenza, generica.
Anche a voler ritenere, infatti, che il silenzio serbato dall’indagato in sede di interrogatorio non possa mai essere utilizzato a carico dell’imputato, neanche per trarre argomenti utili ai fini della valutazione delle circostanze aliunde acquisite, come, invece, finora sostenuto (Sez. 3, n. 43254 del 19/09/2019, C., Rv. 277259; Sez. 2, n. 6348 del 28/01/2015, COGNOME, Rv. 262617; Sez. 1, n. 2653 del 26/10/2011, M., Rv. 251828; Sez. 2, n. 22651 del 21/04/2010, COGNOME, Rv. 247426), ciò che rileva è che il ricorrente non dà conto della decisività di tale argomento di prova all’interno del complessivo impianto motivazionale offerto dalla Corte territoriale che, contrariamente a quanto sembra prospettare il ricorrente, non ha assunto la mancata spiegazione a prova della responsabilità, ma si è limitata a trarre da esso una logica conferma di una deduzione autonomamente fondata su altri elementi.
2.4. Le ulteriori censure sono tutte indeducibili in quanto, a dispetto della formale indicazione dei vizi motivazionali asseritamente individuabili nella sentenza impugnata, sono in realtà dirette a sollecitare a questa Corte una non consentita rilettura, peraltro parcellizzata, del compendio probatorio e a richiedere direttamente una nuova valutazione dello stesso; una rivalutazione che postula apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare in modo accurato le ragioni del proprio convincimento (Sez. 5, n. 51604 del 19 settembre 2017, Rv. 271623). E la Corte distrettuale, valutando analiticamente i fatti oggetto della contestazione, ha offerto, per come si è detto, una motivazione coerente ai dati probatori richiamati e immune da vizi logici.
Il secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse del NOME è, invece, fondato nei limiti di seguito indicati, con conseguente assorbimento degli altri motivi, tutti attinenti al trattamento sanzionatorio.
Com’è noto, l’art. 624-bis cod. pen. delinea un concetto di “privata dimora” che non ricomprende le sole “abitazioni”, ma anche quei luoghi che, pur non essendo tali, dell’abitazione hanno le stesse caratteristiche, in termini di riservatezza e, conseguentemente, di accessibilità, preclusa senza il consenso dell’avente diritto.
In termini coerenti con i principi in precedenza evidenziati, sono stati ritenut luoghi adibiti a privata dimora un motopeschereccio dotato di cabine e di bagni (Sez. 5, n. 35677 del 10/06/2022, Rv. 283593), la stanza adibita a spogliatoio riservato agli operai che stavano effettuando lavori di ristrutturazione di un edifici (Sez. 4, n. 37795 del 21/09/2021, Rv. 281952), la sagrestia di una chiesa (Sez. 4, n. 13492 del 21/01/2020, Rv. 279002). Mentre, non sono stati ritenuti tali, ad esempio, la sala d’attesa di uno studio medico, perché ordinariamente destinata ad accogliere una pluralità indeterminata di persone (Sez. 5, n. 19366 del 06/04/2021, Rv. 281107) o la stanza collettiva adibita a sala riunioni fruibile dall diverse società che hanno gli uffici nel medesimo stabile, in quanto luogo di lavoro accessibile ad un numero indeterminato di persone anche senza il preventivo consenso dell’avente diritto (Sez. 5, n. 14878 del 03/02/2021, Rv. 280817).
Applicando al caso concreto le evidenziate coordinate ermeneutiche, deve effettivamente rilevarsi come la ricostruzione offerta dai giudici di merito s permette di rilevare la sussistenza dell’aggravante contestata in relazione al capo G) (perché il furto è stato consumato all’interno dell’abitazione della persona offesa, dove i ricorrenti si sono introdotti forzando la porta d’ingresso), non consente in relazione al capo E) (consumato all’interno degli uffici della società RAGIONE_SOCIALE), in ragione dell’impossibilità di evincere, per quanto emerge dalle sentenze di merito, che, all’interno dei predetti locali si svolgessero, ordinariamente concrete manifestazioni della vita privata del titolare, ancorché connesse allo svolgimento della sua attività lavorativa.
In relazione a tale punto, quindi, le sentenze impugnate devono essere annullate, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Napoli, con conseguente assorbimento degli altri motivi di ricorso.
Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è fondato, con conseguente assorbimento degli altri motivi, attinenti al trattamento sanzionatorio.
Va premesso che il Tribunale (e la stessa Corte territoriale) ha dedotto la partecipazione del COGNOME alla luce di due elementi: la circostanza per cui il veicolo intestato al COGNOME (una Dacia Duster) fosse stato ripreso dalle telecamere apposte al varco INDIRIZZO del Comune di Castellabate mentre precedeva i due furgoni coinvolti nel furto; il dato per cui l’utenza in uso al predetto aveva agganciato, a momento della consumazione dei furti, la cella del Comune di Castellabate, nel quale i fatti erano stati commessi.
La motivazione è manifestamente illogica in quanto, sul presupposto pacifico per cui il veicolo intestato al COGNOME non è tra i veicoli ripresi dalle telecamere occasione dei furti (un furgone bianco Citroen Jumper e il Fiat Doblò oggetto del
furto), l’unica connessione con la consumazione dei furti è rappresentata dal dato fattuale per cui la Dacia precedesse, nella marcia, i due predetti veicoli, peraltro in un luogo lontano da quelli ove sono stati consumati i furti. Circostanza, all’evidenza, priva di forza inferenziale rispetto alla conclusione alla quale sono giunti i giudici di merito (la successiva partecipazione all’azione delittuosa consumatasi in luoghi diversi, attraverso l’utilizzo di differenti veicoli). Un dato sé irrilevante e che, logicamente, non giustifica anche il successivo elemento valorizzato dalla Corte, l’aggancio dell’utenza telefonica alle celle del Comune.
Ne consegue che, in relazione alla posizione del COGNOME, le sentenze impugnate devono essere integralmente annullate con rinvio alla Corte d’appello di Napoli per nuovo esame.
P.Q.M.
Riunito al presente ricorso quello n. 39517/2023 per connessione soggettiva e oggettiva, annulla le sentenze impugnate nei confronti di NOME e, limitatamente al reato sub e), nei confronti di NOME NOME, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Napoli.
Rigetta nel resto il ricorso di NOME.
Così deciso il 18 gennaio 2024
Il Co gl r estensore
Il Presidente