Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 9914 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 9914 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
In nome del Popolo Italiano
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME NOME COGNOME – Presidente – NOME COGNOME – Relatore – NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2265/2024 UP – 17/12/2024 R.G.N. 33539/2024
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a BORGO VAL DI TARO il 22/05/1962 NOME nato a PONTREMOLI il 14/08/1972 NOME nato a ROMA il 14/06/1989 NOME nato a CAMERINO il 18/07/1979
avverso la sentenza del 23/11/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 23 novembre 2023 dalla Corte di appello di Firenze, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Siena, che
aveva condannato NOME, NOME e NOME Principe per il reato di cui agli artt. 56, 624-bis e 625 cod. pen.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, gli imputati avrebbero tentato di introdursi nell’abitazione di COGNOME NOME, al fine di impossessarsi dei beni ivi custoditi. In particolare, dopo avere spostato le telecamere di sicurezza, in modo tale che non inquadrassero l’abitazione, segavano le sbarre dell’inferriata della porta finestra dell’abitazione, non riuscendo a portare a termine l’intento criminoso per cause indipendenti dalla loro volontˆ, in quanto scattava l’allarme antifurto; venivano poi bloccati dal personale di sicurezza.
Avverso la sentenza della Corte di appello, gli imputati, con due separati atti, hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo del loro difensore di fiducia.
Il ricorso presentato dallÕavv. NOME COGNOME nellÕinteresse di COGNOME, si compone di tre motivi.
3.1. Con i primi due motivi, esposti in maniera unitaria, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di mancata assunzione di una prova decisiva.
Contesta la valutazione della prova indiziaria operata dai giudici di merito.
In particolare, sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, sarebbe privo di Çunivoco significatoÈ l’elemento costituito dalla presenza degli imputati in un luogo vicino a quello dove era stato compiuto il tentativo di furto, atteso che si trattava di una strada comunale di pubblico transito.
Analogamente, scarsa rilevanza assumerebbero le immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza di un podere confinante a quello di proprietˆ della vittima del tentato furto, atteso che si trattava di immagini non nitide che non consentivano di identificare gli autori del reato.
Al riguardo, evidenzia che tale valutazione era in stata implicitamente condivisa dal giudice di primo grado, che, all’udienza del 16 settembre 2020, aveva disposto l’acquisizione del video originale e la nuova escussione dei testi di polizia giudiziaria che le avevano acquisite. Il provvedimento, tuttavia, pur non essendo stato mai formalmente revocato, non aveva avuto seguito, probabilmente perchŽ altro magistrato era subentrato nel ruolo di giudice monocratico.
Scarso rilievo assumerebbero anche gli esiti della perquisizione, atteso che le due torce e il cacciavite sottoposti a sequestro sarebbero attrezzi non necessariamente destinati alla perpetrazione di furti.
3.2. Con un terzo motivo deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 62-bis, 132 e 133 cod. pen.
Contesta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, sostenendo che la Corte di appello non avrebbe adeguatamente valutato le argomentazioni spese al riguardo dalla difesa.
Sotto altro profilo, lamenta l’applicazione all’imputato del medesimo trattamento sanzionatorio riservato agli altri imputati, pur essendo questi ultimi gravati da precedenti penali specifici.
Il ricorso presentato dallÕavv. NOME COGNOME nellÕinteresse di COGNOME NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME, si compone di un unico motivo, con il quale viene dedotto il vizio di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 179, 420 e 420-bis cod. proc. pen.
I ricorrenti rappresentano che: all’udienza del 25 maggio 2023, il difensore di COGNOME COGNOME e di NOME NOME aveva eccepito il difetto di notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello; la Corte di appello, in accorgimento dell’eccezione, aveva rinviato il processo all’udienza del 14 settembre 2023, nel corso della quale la difesa aveva nuovamente eccepito il difetto di notifica; la Corte di appello pertanto aveva rinviato il processo all’udienza del 23 novembre 2023, nella quale, avendo ritenuto ritualmente costituite le parti, disponeva la trattazione del giudizio.
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che la Corte di appello, all’udienza del 23 novembre 2023, avrebbe dichiarato l’assenza degli imputati in mancanza dei necessari presupposti, non avendo gli interessati mai ricevuto notifica del decreto di citazione a giudizio; nŽ potrebbero avere rilievo le notificazioni effettuate ai difensori, in assenza di qualsiasi verifica sullÕinidoneitˆ del domicilio eletto.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
Preliminarmente, deve essere rilevato che il difensore ha depositato la copia di una ricevuta di avvenuta consegna di una richiesta di trattazione orale del procedimento, indirizzata a EMAIL. Va, tuttavia, osservato che tale indirizzo non corrisponde allÕindirizzo di posta elettronica ÒistituzionaleÓ dedicato alla ricezione delle istanze di trattazione orale.
La Presidente titolare di questa sezione, pertanto, non ha disposto la trattazione orale del presente procedimento, che, conseguentemente, in conformitˆ alle disposizioni in materia, viene trattato in forma Ònon partecipataÓ.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Il ricorso di COGNOME NOME deve essere dichiarato inammissibile.
3.1. I primi due motivi di ricorso sono inammissibili.
Con essi, il ricorrente ha articolato alcune censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie dei vizi di motivazione e di violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge nŽ travisamenti di prova o vizi di manifesta logicitˆ emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere una non consentita rivalutazione della gravitˆ, della precisione e della concordanza degli indizi.
Va ricordato che, Çnel giudizio di legittimitˆ, il sindacato sulla correttezza del procedimento indiziario non pu˜ consistere nella rivalutazione della gravitˆ, della precisione e della concordanza degli indizi, in quanto ci˜ comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti riservati al giudice di merito, ma deve tradursi nel controllo logico e giuridico della struttura della motivazione, al fine di verificare se sia stata data esatta applicazione ai criteri legali dettati dall’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. e se siano state coerentemente applicate le regole della logica nell’interpretazione dei risultati probatoriÈ (Sez. 1, n. 42933 del 25 settembre 2008, COGNOME, Rv. 241826).
Si tratta, dunque, di un sindacato di natura eminentemente logico-giuridica sulla correttezza del ragionamento probatorio del giudice di merito, che non deve risultare inficiato da manifesta illogicitˆ o contrarietˆ ai criteri legali di valutazione dettati dall’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 4663 del 10/12/2013, COGNOME, Rv. 258721).
Nel caso in esame, la Corte di appello non è incorsa in alcun vizio logico nŽ in alcuna violazione dei criteri legali di valutazione della prova, neppure con riferimento agli elementi posti in rilievo dal ricorrente.
Va al riguardo precisato che la Corte di appello non ha dato rilievo al mero dato della presenza degli imputati sul luogo del delitto, ma alla circostanza che questi venivano sorpresi, nellÕimmediatezza del fatto, mentre, a bordo di un’automobile, si allontanavano ad alta velocitˆ dal luogo dove si trovava la casa della vittima del tentato furto, evidenziando che: la strada percorsa era una stradina di campagna; l’autovettura proveniva dal posto dove si trovavano solo la casa della vittima e un’altra abitazione a questa confinante.
Ha poi posto in rilievo che gli imputati non avevano saputo fornire alcuna fondata giustificazione in ordine alla loro presenza nei pressi del luogo del delitto, atteso che la loro tesi, secondo la quale stavano cercando la casa di un amico, non solo era poco compatibile con caratteristiche del posto (dove si trovavano solo due abitazioni) e con l’alta velocitˆ della vettura a bordo della quale stavano viaggiando, ma era anche rimasta completamente priva di riscontro, in quanto i
quattro imputati non avevano mai indicato (neppure in dibattimento) il nome dell’amico che stavano cercando.
Quanto alle immagini del sistema di videosorveglianza, vanno precisati gli effettivi elementi che i giudici di merito hanno tratto da quelle immagini. In particolare, va chiarito che essi non hanno identificato il volto degli imputati sulla base di quelle immagini, ma si sono limitati a verificare che i rei avevano il viso parzialmente travisato con sciarpe e cappelli e che indossavano dei guanti.
Hanno poi posto in rilievo che proprio tali indumenti erano stati rinvenuti dalla polizia giudiziaria all’interno dell’autovettura, occultati all’interno del piantone dello sterzo e sotto il ÒtunnelÓ del cambio. Rispetto a tale utilizzo delle immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza, la censura con la quale il ricorrente lamenta la mancata acquisizione dellÕoriginale del filmato e della nuova escussione dei testi di polizia giudiziaria, sostenendo la scarsa nitidezza delle immagini visionate in dibattimento, risulta completamente priva del carattere della decisivitˆ, in ordine alla quale il ricorrente, in ogni caso, nulla ha rilevato.
Quanto al rinvenimento delle torce e del cacciavite, la Corte di appello non si è limitata a dare rilievo al fatto che si trattava di strumenti utili alla perpetrazione del furto, ma ha anche evidenziato che gli imputati avevano tentato di disfarsene lanciandoli dal finestrino dell’autovettura.
Si tratta di valutazioni prive di contraddizioni, rispetto alle quali il ricorrente non ha evidenziato alcun vizio deducibile in sede di legittimitˆ.
3.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Con esso, il ricorrente prospetta questioni non consentite nel giudizio di legittimitˆ e, comunque, manifestamente infondate, posto che la graduazione della pena rientra nella discrezionalitˆ del giudice di merito, che lÕesercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., con la conseguenza che è inammissibile la doglianza che in cassazione miri a una nuova valutazione della sua congruitˆ, ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, COGNOME, Rv. 238851), come nel caso di specie (cfr. pagina 8 della sentenza impugnata).
Quanto alla censura relativa alle attenuanti generiche, va rilevato che i giudici di merito hanno rilevato che non erano emersi elementi che ne giustificassero il riconoscimento.
Al riguardo, deve essere ribadito che Çil mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche pu˜ essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini
della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputatoÈ (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489).
I ricorsi di NOME, NOME e NOME Principe devono essere dichiarati inammissibili.
4.1. LÕunico motivo dei ricorsi è manifestamente infondato.
Va premesso che il motivo non riguarda COGNOME, atteso che i ricorrenti fanno riferimento alla mancata notificazione del decreto di citazione agli altri due imputati.
Tanto premesso, va rilevato che, dal verbale del 14 settembre 2023 (che pu˜ essere analizzato, essendo stata posta questione di carattere processuale), risulta che: il difensore del Fusere e dellÕAlasia aveva eccepito solo il mancato rispetto dei termini per comparire, chiedendo Çun semplice rinvio per consentire che per la prossima data di udienza possa decorrere il termineÈ; la Corte di appello ha accolto la richiesta della difesa, rinviando allÕudienza del 23 novembre 2023, concedendo in tal modo, per intero, un nuovo termine per comparire. Non si pone, dunque, una questione di mancata notifica, ma di mero rispetto dei termini per comparire.
Al riguardo, deve essere ricordato che, Çin tema di impugnazioni, nel caso in cui all’imputato sia stato regolarmente notificato il decreto di citazione per il giudizio di appello, ma non sia stato osservato il termine dilatorio per comparire di cui all’art. 601 cod. proc. pen., nessuna nullitˆ si verifica ove il giudice rinvii preliminarmente il processo ad altra udienza, concedendo per intero un nuovo termine di venti giorni, senza disporre la notificazione dell’ordinanza di rinvio all’imputato assente, in quanto l’avviso orale della successiva udienza rivolto al difensore vale anche come comunicazione all’interessato, spettando al primo la rappresentanza del proprio assistitoÈ (Sez. 5, n. 8896 del 18/01/2021, COGNOME, Rv. 281136; Sez. 2, n. 630 del 25/10/2022, Pavese, Rv. 284342; Sez. 2, n. 11986 del 05/02/2020, COGNOME, Rv. 278832).
Nel caso in esame, appare evidente che alcuna nullitˆ si è determinata, atteso che la Corte di appello, nellÕaccogliere la richiesta della difesa, ha rinviato allÕudienza del 23 novembre 2023, concedendo in tal modo, per intero, un nuovo termine per comparire.
Alla declaratoria di inammissibilitˆ dei ricorsi per cassazione, consegue, ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Cos’ deciso, il 17 dicembre 2024.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME