Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10014 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10014 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Venezia il 05/05/1964 avverso la sentenza del 05/06/2024 della Corte d’appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in preambolo, la Corte di appello di Trieste ha confermato l’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME per il reato d’incendio doloso e, riconosciuto il vincolo della continuazione tra tale fatto e quello giudicato con la sentenza della Corte di appello di Venezia in data 14 luglio 2020, irrevocabile il 16 ottobre 2020, nonchØ giudicato con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari di Pordenone del 21 ottobre 2020, irrevocabile l’11 novembre 2020, ha rideterminato la pena unica complessiva in quella di quattro anni di reclusione.
Ingravalle Ł accusato di aver appiccato il fuoco al fienile situato all’interno dell’azienda agricola di NOME COGNOME, sua ex compagna, cagionando un incendio che aveva causato danni per varie migliaia di euro, oltre a un serio pericolo per l’incolumità pubblica.
La Corte di appello ha disatteso i motivi di gravame, finalizzati a prospettare letture alternative delle risultanze di prova valorizzate dal primo Giudice a sostegno dell’affermazione di responsabilità dell’imputato.
2.1. In primo luogo, ha considerato quale dato probatorio pacificamente acquisito la natura dolosa dell’incendio, valorizzando che per l’innesco erano necessari e sufficienti due litri di liquido infiammabile.
Sul punto la Corte territoriale ha posto in evidenza che i Vigili del Fuoco erano giunti a detta condivisa conclusione in conformità a elementi obiettivi quali le condizioni climatiche (pioggia e temperatura era, infatti, tali da escludere l’ipotesi dell’auto-combustione) e l’impossibilità di un corto
circuito (il quadro elettrico del cantiere era spento), ritenendo di contro non dirimente il fatto che non fosse stata nØ trovato l’innesco, nØ il liquido infiammabile.
Il Giudice di appello ha, poi, avversato la circostanza, enfatizzata dalla difesa, che alcuni operatori della locale Polizia avevano percepito odore di bruciato intorno alle 23,30, senza tuttavia segnalare nulla di anomalo; ciò infatti – ad avviso del Giudice di appello – non escludeva la natura dolosa dell’incendio, ma attestava esclusivamente che il personale non si trovava a una distanza dai luoghi tale da poter verificare se vi fosse qualcuno che stava appiccando il fuoco.
2.2. Reputata incontestata la natura d’incendio del fuoco appiccato – per il cui spegnimento, durato diverse ore, erano intervenuti i Vigili del Fuoco, per il grado di penetrazione e diffusione del fuoco – quanto all’ascrivibilità della condotta a Ingravalle, la Corte territoriale ha valorizzato i numerosi indizi indicati dal Giudice di primo grado, sulla scorta dei quali ha ritenuto acclarata la sua presenza sul luogo dell’incendio e, segnatamente: i) l’esistenza di un movente, costituito dal sentimento di vendetta serbato dall’imputato nei riguardi dell’ex compagna che l’aveva denunciato per stalking e che, per tali condotte addebitategli, era stato destinatario dapprima della misura del divieto di avvicinamento, poi della custodia cautelare, stanti i gravi comportamenti molesti realizzati anche nei riguardi dei familiari della donna; ii)la presenza dell’auto dell’imputato nelle vicinanze del luogo in cui l’incendio si Ł sviluppato, in orario compatibile con esso; iii) il fallimento dell’alibi fornito dall’imputato. Mentre questi, nell’interrogatorio del 27 novembre 2018, affermava che all’ora dell’incendio si trovava con la sua amica NOME COGNOME, in procinto per andare a Latisana, costei aveva affermato di non ricordare quale fosse l’ultima volta in cui l’aveva incontrato, ma che l’uomo, nel corso degli ultimi mesi, l’aveva piø volte contattata chiedendole, nel caso in cui l’avessero interrogata, di riferire che nel mese di aprile 2017 si trovava insieme a lui, perchØ stavano indagando su un incendio.
Ricorre per cassazione COGNOME per mezzo del difensore di fiducia avv. COGNOME e denuncia tre motivi.
3.1. Con il primo denuncia il vizio di motivazione in punto di rigetto della richiesta di assunzione della prova decisiva consistente nell’esame di NOME COGNOME
Si evidenzia che, sebbene il rito abbreviato non fosse stato richiesto nella forma condizionata all’ascolto di tale persona informata sui fatti, le dichiarazioni confuse e generiche di costei avrebbero dovuto indurre il Giudice di appello – così come richiesto dalla difesa – a procedere al suo ascolto. ¨ lamentata la patente di attendibilità che i Giudici di merito hanno attribuito alla donna – secondo le cui affermazioni il ricorrente le aveva chiesto di confermare il suo falso alibi – trattandosi invece di persona senza fissa dimora, con residenza fittizia presso la Casa comunale.
3.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 423 cod. pen., relativamente alla ritenuta sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in punto di riconducibilità dell’incendio al ricorrente.
Si censura la valutazione, meramente sommaria, delle risultanze di prova, ben lontana dai principi sanciti in tema di valutazione della prova indiziaria. In particolare, si avversa:
l’affermata natura dolosa dell’incendio. Il ricorrente evidenzia come i Vigili del fuoco abbiano svolto mere congetture, poichØ nessuno specifico accertamento Ł stato eseguito, nØ Ł mai stato rinvenuto alcun tipo d’innesco ovvero liquido infiammabile, sicchØ non può escludersi la natura accidentale;
ii) l’errata affermazione secondo la quale l’auto dell’imputato era stata ripresa nelle vicinanze del luogo in cui si Ł sviluppato l’incendio, in orario compatibile con esso. E’ censurata la motivazione attraverso la quale il Giudice di appello ha ritenuto di superare la confusa cronologia degli spostamenti indicata nell’annotazione di Polizia giudiziaria, sicchØ il giudizio di compatibilità tra
l’orario in cui veicolo del ricorrente Ł stato video-registrato in transito in località vicina a quella dell’incendio sarebbe basato su mere ipotesi che non troverebbero alcun aggancio nel compendio probatorio. Anzi, tali ipotesi troverebbero smentita nelle dichiarazioni di NOME COGNOME (padre della titolare dell’azienda agricola) che ha collocato l’incendio alle 22:30, dunque in un orario in cui non vi era alcuna auto del ricorrente in transito in località sospette;
iii) l’omessa considerazione dei risultati dei tabulati telefonici, secondo i quali il telefono del ricorrente non aveva agganciato alcuna cella allocata nei luoghi dell’incendio ovvero in prossimità di essi nel periodo oggetto di interesse.
3.3.Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’articolo 62bis cod. pen. e il correlato vizio di motivazione.
Il ricorrente denuncia l’erroneità del diniego del beneficio, muovendo dal principio secondo cui l’irrogazione della pena deve avvenire nel rispetto dei canoni dell’adeguatezza e della ragionevolezza, ricordando la ratio dell’istituto, secondo cui al reo dev’essere inflitta una sanzione che sia la piø aderente possibile alle circostanze di fatto che hanno connotato il reato commesso.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 22 novembre 2024, ha prospettato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso sviluppa censure in parte infondate e, in parte, inammissibili, sicchØ esso dev’essere complessivamente rigettato.
La Corte territoriale, attraverso una motivazione articolata e completa, ha affrontato tutti i temi sollevati con l’atto di appello ritenendo, in linea con la sentenza del Tribunale, decisivi – al fine di affermare la responsabilità di Ingravalle, con riferimento all’incendio – gli elementi fattuali dotati di evidente forza dimostrativa che si sono sunteggiati in premessa.
Detta motivazione, in punto di sicura attribuibilità del reato all’imputato, Ł congrua, non manifestamente illogica e fondata su una doppia affermazione di responsabilità che si ricava dai convergenti provvedimenti di merito.
A tali elementi, come si vedrà appresso nel dettaglio, la difesa del ricorrente ne contrappone altri, prospettati come piø significativi, ovvero ribadisce i pedissequi motivi di appello, finendo non per denunziare vizi dell’apparato argomentativo, bensì per sollecitare un nuovo apprezzamento di merito delle risultanze probatorie, operazione preclusa in sede di legittimità.
Ciò premesso, partendo dall’esame del secondo motivo, logicamente preliminare, non Ł superfluo richiamare, sia pur sinteticamente, i parametri giurisprudenziali di valutazione della prova indiziaria, ai quali strettamente si lega la consequenziale verifica della loro corretta applicazione, da parte della decisione impugnata, rispetto alla concreta vicenda processuale.
2.1. L’indizio Ł un fatto certo dal quale, per inferenza logica, basata su regole di esperienza consolidate e affidabili, si giunge alla dimostrazione del fatto incerto da provare, secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario.
Quando, come di regola accade, da un fatto accertato sia logicamente desumibile una pluralità di fatti non noti, può pervenirsi alla loro selezione, al fine di sciogliere l’alternativa decisoria tra l’esistenza e l’esclusione della responsabilità, con l’applicazione della regola metodologica fissata nell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
Costante Ł, al riguardo, l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità (fra molte, Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605; Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, COGNOME, Rv. 266941; Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, COGNOME, Rv. 258321), secondo cui il giudice di merito, a
fronte della concorrenza degli indizi, lungi dal limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata dei medesimi, e dal procedere alla mera loro sommatoria, deve valutare, anzitutto, i singoli elementi per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti), saggiarne l’intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica) e poi procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguità di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all’imputato «al di là di ogni ragionevole dubbio» e, cioŁ, con un alto grado di credibilità razionale.
Quest’ultima deve ritenersi sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Sez. 5, n. 1282 del 12/11/2018, dep. 2019, Segreto, Rv. 275299; Sez. 4, n. 48541 del 19/06/2018, COGNOME, Rv. 274358-01; Sez. 1, n. 17921 del 03/03/2010, COGNOME, Rv. 247449).
La prova logica, raggiunta all’esito del corretto procedimento valutativo degli indizi come sopra connotato, non costituisce, del resto, strumento meno qualificato rispetto a quella diretta o storica (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271228) ed Ł necessario e sufficiente che essa sia conseguita con la rigorosità metodologica innanzi illustrata; l’unica che giustifica e sostanzia il principio del cosiddetto libero convincimento del giudice (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191230).
2.2. Venendo al caso che ci occupa, la lettura della sentenza impugnata evidenzia come il Giudice di appello non si sia discostato da tale corretta impostazione epistemologica, avendo operato l’opportuna valutazione – sia unitaria, sia globale- dei dati raccolti e avendo proceduto al loro logico raccordo, tale da superare la parzialità del singolo elemento informativo, permettendo di giungere all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato nel rispetto dello standard probatorio di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., che già la decisione di primo grado aveva ritenuto integrato.
E, infatti, i giudici di merito – con motivazione non manifestamente illogica – procedendo a una valutazione d’insieme del materiale di prova, hanno attribuito sicura valenza indiziaria alla rilevata presenza dell’auto del ricorrente in un luogo posto nelle vicinanze dell’azienda agricola interessata dall’incendio, in un orario compatibile con lo stesso.
Sul punto, osserva il Collegio, come sia stata esclusa, da parte del Giudice di secondo grado, qualsiasi lamentata insuperabile confusione nella nota della Polizia giudiziaria in data 23 settembre 2018, dove s’indicava che l’autovettura dell’imputato risultava «in entrata nella località di Bibione alle ore 22.35. 48 in transito in INDIRIZZO direzione Lugagnano di Portogruaro, alle 22.27/23.16.03». La Corte territoriale, invero, ha chiarito che l’unica, razionale interpretazione dell’annotazione in parola era nel senso che l’imputato era passato in INDIRIZZO alle 22.27, giunto a Bibione alle 22.35, quindi nuovamente passato, sulla INDIRIZZO, in INDIRIZZO alle ore 23.16; il tutto in orario perfettamente compatibile con l’incendio, collocato poco prima delle 23.13. Ha, dunque, ulteriormente specificato sul tema che, il diverso orario (delle 22.30) indicato dal padre della titolare dell’azienda agricola come quello in cui aveva avuto luogo l’incendio, fosse certamente frutto di un difetto del ricordo, considerato che l’uomo, all’epoca ultrasettantenne, era stato ascoltato dopo alcuni giorni dal fatto. La conclusione Ł stata, con motivazione effettiva e priva di fratture razionali, ritenuta asseverata dalla considerazione che – poichØ era stato proprio lui ad allertare i Vigili del fuoco e la telefonata era avvenuta alle 23:13 – non era verosimile che l’uomo, pur vedendo il fienile e il magazzino degli attrezzi avvolti dalle fiamme, avesse atteso ben quarantacinque minuti prima di chiamare il numero di soccorso 118.
Il Giudice di appello si Ł altresì fatto carico di motivare l’irrilevanza del fatto che il telefono
dell’imputato non aveva agganciato celle telefoniche allocate nei luoghi dell’incendio, osservando che in quel range orario il telefono dell’imputato non fu per nulla utilizzato, essendo dunque plausibile che egli lo avesse lasciato a casa, proprio al fine di non lasciar traccia della sua presenza a Bibione), ha escluso qualsiasi decorso causale alternativo, la Corte ha confermato la conclusione del giudice di primo grado, secondo cui l’imputato aveva appiccato l’incendio per cui era stato tratto a giudizio. Quanto alla presenza dell’imputato
La Corte di appello ha, poi, confermato il giudizio di attendibilità delle dichiarazioni di NOME COGNOME, valorizzando la circostanza specifica da questa riferita, ovverosia il fatto che era in corso un’indagine per un incendio nei riguardi di Ingravalle, di cui solo l’imputato poteva avere contezza. Così come sono state (p. 6 della sentenza impugnata) del tutto plausibilmente ritenute recessive le circostanze valorizzate dalla difesa in punto d’inattendibilità del narrato di COGNOME, trattandosi di imprecisioni (quali la non esatta ubicazione del luogo ove Ingravalle aveva lasciato la donna, ovvero la mancata precisazione di chi l’avesse, poi, riaccompagnata a casa) di nessuna incidenza sulla complessiva tenuta delle sue dichiarazioni.
Tali ultime considerazioni conducono a ritenere altresì infondata la censura del ricorrente in punto di mancato ascolto di COGNOME come testimone.
La Corte non ha accolto detta sollecitazione, valorizzando l’avvenuta opzione dell’imputato per il rito abbreviato cd. secco e ricordando che, in questo caso, il potere ufficioso del giudice Ł sottoposto al limite della assoluta necessità della prova richiesta.
Per tale via, la Corte ha fatto corretta applicazione del principio dalla giurisprudenza secondo cui «Nel giudizio abbreviato d’appello le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere d’integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice ex officio nei limiti dell’assoluta necessità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., atteso che in sede di appello non può riconoscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e piø ampi rispetto a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di primo grado» (da ultimo, Sez. 5, n. 34497 del 21/06/2024, COGNOME, Rv. 286940 – 02; Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282585).
Non coglie nel segno il terzo motivo di ricorso, in punto di confermato diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Va qui ribadito che, in materia, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione Ł insindacabile in sede di legittimità, purchØ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/1/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, COGNOME, Rv. 259899).
Ebbene, la sentenza impugnata argomenta ineccepibilmente, mediante il puntuale richiamo all’assenza di elementi a tal fine valorizzabili, rimarcando la pervicacia dimostrata nella condotta attuata ai danni dell’ex compagna, già vittima di stalking , la complessiva gravità della condotta che ha posto inserito pericolo l’incolumità pubblica e la condotta processuale non corretta, dimostrata dalla falsità dell’alibi.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 10/12/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME