Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19260 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19260 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ALGHERO il 24/12/1991
avverso la sentenza del 02/07/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo vizio motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilità, con particolare riferimento alla circostanza della mancata prova che fosse lui alla guida dell’auto in occasione dell’incidente stradale di cui all’imputazione
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare, alle pagg. 5 e ss., dell’univocità e convergenza di tutti gli inizi nel dimostrare che fosse proprio l’odierno ricorrente, come dalla prospettazione accusatoria già convalidata dalla sentenza di primo grado, alla guida dell’autovettura al momento dell’incidente.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
Secondo la tesi proposta dalla difesa, non vi sarebbe prova che l’imputato fosse il conducente dell’autovettura, ovvero colui che ha abbandonato l’autovettura dopo l’incidente e si è dato alla fuga, perché nessuno l’ha riconosciuto in quanto tale.
Tuttavia, come rilevato in plurime occasioni da questa Corte di legittimità (cfr. ex multis la recente Sez. 4, n. 4931 del 23/01/2024, COGNOME, Rv. 285750 – 01; Sez. 4, n. 22790 del 13/04/2018, COGNOME, Rv. 272995) è evidente -e in tal senso hanno correttamente opinato i giudici del merito- che aderire a tale impostazione significherebbe negare credito alla prova indiziaria e affermare che si può dire provato il reato che ci occupa esclusivamente nel caso in cui qualcuno identifichi
direttamente il soggetto che era alla guida. Ma così non è. E, soprattutto, porterebbe ad escludere conseguenze penali per il guidatore proprio in quei casi pi gravi di reati commessi alla guida in cui chi se n’è reso responsabile si dà alla
In proposito, questa Corte di legittimità ha chiarito che l’esistenza di un può essere desunta anche da circostanze certe attraverso le quali, sulla base norme e di regole di comune esperienza, si può risalire alla dimostrazione del fa incerto da provare secondo lo schema del sillogismo giudiziario previsto dall’ar 192, comma secondo, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1, n. 1718 del 21/12/1999 dep. 2000, Widman, Rv. 215343).
Già nel 1992 le Sezioni Unite di questa Corte spiegavano che l’indizio è un fatto certo dal quale, per interferenza logica basata su regole di esperienza solidate ed affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da pr secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario, E che è possibile che d un fatto accertato sia logicamente desumibile una sola conseguenza, ma di norma il fatto indiziante è significativo di una pluralità di fatti non noti ed in tal pervenirsi al superamento della relativa ambiguità indicativa dei singoli indizi plicando la regola metodologica fissata nell’art. 192, comma secondo, cod. proc pen. (Sez. Un. n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191230).
Peraltro -precisavano ancora le Sezioni unite COGNOME– l’apprezzamento unitario degli indizi per la verifica della confluenza verso un’univocità indicativ dia la certezza logica dell’esistenza del fatto da provare, costituisce un’opera logica che presuppone la previa valutazione di ciascuno singolarmente, onde saggiarne la valenza qualitativa individuale. Acquisita la valenza indicativa – sia di portata possibilistica e non univoca – di ciascun indizio deve allora passar momento metodologico successivo dell’esame globale ed unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio può risolver perché nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gl altri, di tal che l’insieme può assumere quel pregnante ed univoco significato mostrativo che consente di ritenere conseguita la prova logica del fatto; pr logica che non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova di retta (o storica), quando sia conseguita con la rigorosità metodologica che gius fica e sostanzia il principio del cosiddetto libero convincimento del giudice (S Un. n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191230).
In altra pronuncia anch’essa risalente, ma attuale nei principi affermati chiarì che a fronte della molteplicità degli indizi, il giudice deve procedere, in luogo, all’esame analitico di ciascuno di essi, qualificandone i connotati individ di precisione e gravità, e poi alla sintesi finale, collegandoli tutti ad una sola di fatto e collocandoli armonicamente in un unico contesto, dal quale poter inferi logicamente, sulla base di regole di esperienza consolidate e affidabili l’esist
del fatto incerto, provato secondo lo schema del sillogismo giudiziario (Sez. 1, 2226 del 02/02/1996, COGNOME ed altro, Rv. 203895). E, più di recente, ribadito i principio, si è nuovamente sgombrato il campo da qualsiasi dubbio circa il fat che il giudizio di colpevolezza, che superi ogni ragionevole dubbio, ben può esser sostenuto da un compendio probatorio di natura indiziaria, intendendosi per tal un complesso di prove esclusivamente indirette, purché queste possano essere significative al pari della prova rappresentativa, e ciò che qualifica l’indizio né la fonte né l’oggetto della prova ma il suo contenuto ed il suo grado di per sività (Sez. 1, n. 47250 del 9/11/2011, COGNOME, Rv. 251502).
In un caso come quello che ci occupa, pertanto, il giudice di merito e chiamato – e lo ha fatto argomentatamente- ad operare un apprezzamento unitario degli indizi, per verificare la loro confluenza verso un significato univoco.
Nella valutazione probatoria giudiziaria – così come, secondo la più moderna epistemologia, in ogni procedimento di accertamento (scientifico, storico, etc.) corretto e legittimo fare ricorso alla verosimiglianza ed alle massime di esperien ma, affinché il giudizio di verosimiglianza conferisca al dato preso in esame valo di prova, è necessario che si possa escludere plausibilmente ogni alternativa sp gazione che invalidi l’ipotesi all’apparenza più verosimile. Ove così non sia, il detto dato si pone semplicemente come indizio da valutare insieme a tutti gli al elementi risultanti dagli atti. (Sez. 1, n. 4652 del 21/10/2004 dep. 2005, Sal altri, Rv. 230873 che, in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto cor la motivazione della sentenza impugnata che aveva attribuito al movente di un omicidio indicato dalla accusa pubblica valore solamente indiziante e non di ele mento di prova autosufficiente, in considerazione della presenza di altre possib causali)
In tema di valutazione della prova il ricorso al criterio di verosimiglianza e massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi al parenza più verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizi da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti (Sez. 6, n. 5 29/11/2011 dep. 2012, COGNOME, Rv. 252066 conf. Sez. 6, n. 49029 del 22/10/2014, COGNOME ed altri, Rv. 261220).
Questa Corte di legittimità ha in più occasioni chiarito come in situazioni in plurimi elementi indiziari portino a ritenere che un soggetto fosse alla guid un’auto, senza alcuna inversione dell’onere della prova, sia lo stesso a dover a gare circostanze e credibili che portino a ritenere che non lo fosse. E nel caso ci occupa non lo ha fatto.
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6734/2025 GLYPH
R.G.
In un precedente riguardante un caso del tutto sovrapponibile a quello che ci occupa (Sez. 7, ord. 13285/2010, COGNOME, non mass.) questa Corte di legittimità
è condivisibilmente pervenuta alla declaratoria di inammissibilità del proposto ri- corso richiamando il sopra ricordato arresto giurisprudenziale costituito dalla sen-
tenza 4652/04 Sala e ritenendo raggiunta la prova che l’imputata fosse alla guida dell’autovettura investitrice dalla convergenza dei dati della titolarità del veicolo e
dalla sua disponibilità poco dopo il fatto. Tali circostanze, unite alla mancata indi- cazione di una sua inabilità alla guida (per l’età) e di eventuali altri soggetti legit
timati all’utilizzo del mezzo, hanno consentito in quel caso di ritenere coerente e logica la conclusione del giudice di merito che aveva indicato nella imputata la
conducente dell’auto investitrice della bicicletta.
A ben guardare, nel nostro caso c’è molto di più.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13/05/2025