Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4595 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 4595  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PERUGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/09/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo kinammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della decisione del Tribunale di quella stessa città – che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole di furto commesso introducendosi in tempo di notte negli uffici amministrativi dell’ospedale di Mercato San Severino dove si impossessava di computer e altri beni, oltre alla somma di euro 300 e di 35 marche da bollo custodite nella cassaforte che scassinava, condannandolo alla pena di anni tre di reclusione ed euro 300 di multa, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e alla recidiva – ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen. e rideterminato la pena in anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 140,00 di multa.
Ricorre per cassazione l’imputato con il ministero del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME, che denuncia vizi della motivazione anche per travisamento della prova e mancato confronto con le doglianze dell’appellante in punto di affermazione di responsabilità. Sostiene il difensore ricorrente che la Corte di appello avrebbe affermato la responsabilità del COGNOME sulla base di un unico indizio – costituito dal rinvenimento di una impronta digitale sulla finestra della stanza dove era avvenuto il furto – privo di univocit e concordanza, senza confrontarsi con la deduzione difensiva incentrata sull’assenza di altre impronte all’interno dell’ufficio in cui l’autore aveva rovistato per impossessarsi beni ivi presenti.
2.1. Con ulteriore doglianza si duole dell’immotivato riconoscimento della recidiva, non avendo il Giudice distrettuale valutato il notevole lasso temporale trascorso rispetto a precedenti per fatti analoghi risalenti agli anni dal 2010 al 2015, né ha considerato la buona condotta, il positivo superamento della messa alla prova e il positivo cambiamento di vita realizzato medio tempore, aprendo un’attività commerciale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.Non ha pregio il primo motivo.
1.1. In premessa, è opportuno richiamare le coordinate interpretative all’interno delle quali il giudice di merito deve procedere alla valutazione della prova indiziaria, valutazione che come chiarito da Sez. U, n. 42979 del 26 giugno 2014, COGNOME, Rv. 260017-8, «si articola in due distinti momenti. Il primo è diretto ad accertare il maggiore o minore livel di gravità e di precisione degli indizi, ciascuno considerato isolatamente nella sua valenza qualitativa, tenendo presente che tale livello è direttamente proporzionale alla forza d necessità logica con la quale gli elementi indizianti conducono al fatto da dimostrare ed è inversamente proporzionale alla molteplicità di accadimenti che se ne possono desumere secondo le regole di esperienza. Il secondo momento del giudizio indiziario è costituito dall’esame globale e unitario tendente a dissolverne la relativa ambiguità, posto che, nella valutazione complessiva, ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, confluendo in
un medesimo contesto dimostrativo, sicché l’incidenza positiva probatoria viene esaltata nella composizione unitaria, e l’insieme può assumere il pregnante e univoco significato dimostrativo, per il quale può affermarsi conseguita la prova logica del fatto».
La prima fase, dunque, richiede la valutazione di ciascun dato indiziario singolarmente considerato «onde saggiare la valenza qualitativa individuale», posto che «una molteplicità di elementi ai quali fosse attribuibile rilevanza, non sulla base di regole collaudate esperienza e di criteri logico e scientifici, ma bensì ed esclusivamente in virtù di sempli intuizioni congetturali o di arbitrarie e personaliste supposizioni, non consentirebbe d pervenire ragionevolmente ad alcun utile risultato probatorio anche nel quadro di un contesto estimativo unitario (icasticamente, si usa dire in tali situazioni, che “più zeri fanno un’unità”, aforisma che il legislatore ha canonizzato nel 2° comma dell’articolo 192 c.p.p.)» (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191230). In altri termini, l’esame globale e unitario del compendio indiziario deve essere preceduto dallo scrutinio, secondo i rigorosi criteri legali dettati dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., dei vari «singolarmente, verificandone la valenza qualitativa individuale e il grado di inferenz derivante dalla loro gravità e precisione» (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231678).
E’ in questa fase che vengono in rilievo i canoni della gravità, della precisione e del concordanza fissati dalla norma codicistica. In sintesi, «per gravità deve intendersi l consistenza, la resistenza alle obiezioni, la capacità dimostrativa vale a dire la pertinen del dato rispetto al thema probandum; per precisione, la specificità, l’univocità e la insuscettibilità di diversa interpretazione altrettanto o più verosimile; infine concordan significa che i plurimi indizi devono muoversi nella stessa direzione, essere logicamente dello stesso segno, e non porsi in contraddizione tra loro» (Sez. 5, n. 2932 del 05/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274597); sono dunque gravi gli indizi che presentino «una rilevante contiguità logica con il fatto ignoto» (Sez. 4, n. 943 del 26/06/1992, dep. 1993, Di Iorg Rv. 193003) ossia una consistenza dimostrativa tale da renderli «resistenti alle obiezioni e, quindi attendibili e convincenti» (Sez. 1, n. 3499 del 30/01/1991, COGNOME, Rv 187113). La precisione dell’indizio, invece, dà conto della «direzione tendenzialmente univoca del contenuto informativo» (Sez. 6, n. 1327 del 25/03/1997, COGNOME, Rv. 208892), sicché precisi sono gli indizi non generici e non suscettibili di diver interpretazione almeno altrettanto verosimile (Sez. 1, n. 4503 del 14/03/1995, Signori, Rv. 201133), e, perciò, non equivoci (Sez. 1, n. 8163 del 10/02/2015, non massimata sul punto). Infine, la concordanza, segna il punto di passaggio tra la prima e la seconda fase del processo valutativo della prova indiziaria, dovendo essere «valutata confrontando gli indizi e ponendo in evidenza se gli stessi sul piano logico convergano o divergano» (Sez. 4, n. 943 del 26/06/1992, dep. 1993, COGNOME Iorgi, Rv. 193003).
Nella seconda fase, l’insieme del compendio indiziario deve essere esaminato «in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in u
medesimo, univoco e pregnante contesto dimostrativo» (Sez. U, n. 33748 del 2005, COGNOME, cit.); infatti, è solo l’esame di tale compendio entro il quale ogni elemento contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impiant argomentativo della motivazione (Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789), posto che nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gli altri così che l’insieme può assumere quel pregnante ed univoco significato dimostrativo che consente di ritenere provato il fatto (Sez. U, n. 6682 del 1992, COGNOME, cit.). complessivo compendio conoscitivo deve poi essere valutato sulla base della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio”, che «impone di pronunciare condanna quando il dato probatorio acquisito lascia fuori soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabil e prospettabili come possibili in rerum natura, ma la cui concreta realizzazione, nella fattispecie concreta, non trova il benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana» (Sez. 1, n. 31456 del 21/05/2008, COGNOME, Rv. 240763; conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 2548 del 19/12/2014, dep. 2015, Segura, Rv. 262280, nonché, da ultimo, Sez. 5 – , n. 1987 del 11/12/2020 (dep. 2021 ), COGNOME, Rv. 280414).
1.2. La sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei richiamati principi.
Rileva, in primo luogo, il Collegio che, dalla sentenza di primo grado (conforme, in punto di affermazione della responsabilità, e, dunque, costituente, con quella impugnata, un corpo motivazionale unico – Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218), emerge che, in realtà, il compendio indiziario su cui si è fondata l’affermazione di responsabil non è costituito da un unico indizio, come dedotto dal ricorrente, ma da una pluralità d elementi: certamente, rilievo primario è stato dato all’ impronta repertata sulla fines (reperto 4B), pienamente corrispondente a quella dell’imputato; ma importanti frammenti di impronta sono stati rinvenuti anche all’interno degli uffici depredati, sebbene n risultino, ex sé, in ragione del numero di punti di corrispondenza con il termine a confronto, dotati di piena efficacia probatoria come la prima: in particolare, il frammento 4A present 11 corrispondenze, ed esso è stato lasciato contestualmente al frammento 4B; i due frammenti sono riconducibili al dito medio e all’anulare della mano destra del ricorrente mentre, il frammento 6°, identificabile come prodotto dall’impressione del dito pollic sinistro del COGNOME, evidenzia 15 punti di corrispondenza. Infatti, secondo il consolida orientamento della giurisprudenza di legittimità, la verifica dattiloscopica è dotata di pi efficacia probatoria senza bisogno di elementi sussidiari di riscontro, purché sia individua la sussistenza di almeno 16 punti caratteristici uguali ( Sez. 2, n. 46410 del 15/10/201 COGNOME, Rv. 261049; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 54493 del 28/09/2018, Rv. 274167; Sez. 1, n. 18682 del 17/04/2008, Pisano, Rv. 240192; Sez. 5 – , n. 1987 del 11/12/2020 (dep. 2021 ), COGNOME, cit.).
Questo vuol dire, per un verso, che, come correttamente ritenuto dai giudici di merito, l’impronta rinvenuta sulla finestra venne certamente lasciata dall’imputato, e, dall’altr che è del tutto destituita di fondamento l’obiezione difensiva incentrata sull’assenza d elementi indiziari univoci dell’introduzione dell’imputato nei locali depredati. Invero, co rilevato dal Tribunale, sulla base di un ragionamento logico inferenziale di stringent razionalità, l’assenza di difformità, la simultaneità del contatto e la peculiarità delle mi osservate costituiscono elementi giustificativi, sul piano tecnico, di un giudizio di iden dattiloscopica, potendo ritenersi gli altri importanti frammenti di impronta, rinve all’interno del locali in cui si è consumato il furto, ulteriori, univoci, elementi i dell’introduzione dell’imputato. Ricorre, infatti, il requisito della gravità, s sostanziale giudizio di identità dattiloscopica che se ne ricava; la assenza di un signific alternativo che sia in grado di minare la precisione del dato, e l’evidente convergenza dimostrativa dei rilievi nel senso dell’essersi l’agente introdotto e intrattenuto a rovi nella sala. Con la conseguenza, pienamente logica, che “la dimostrata presenza delle impronte dell’imputato all’interno e all’esterno del luogo del furto, consente di individua nello stesso l’autore dei fatti di reato” ( cfr. sentenza di primo grado , pg. 3).
Parimenti infondato il secondo motivo. Nel riconoscere la contestata recidiva reiterata e specifica la Corte di appello ha, infatti, specificato che le condotte in esame costituisc la reiterazione dello medesima tipologia di reato integrante la consistente biografi criminale dell’imputato e, quindi, ha tratto, del tutto razionalmente, proprio da omogeneità dei delitti, l’espressione di maggiore riprovevolezza e pericolosità sociale dell’imputato.
2.1. In tal modo la valutazione della Corte di appello si allinea perfettamente insegnamento delle Sezioni Unite, secondo cui, in tema di recidiva – intesa quale elemento sintomatico di un’accentuata pericolosità sociale del prevenuto, e non come fattore meramente descrittivo dell’esistenza di precedenti penali per delitto a carico dell’imputat – si richiede al giudice uno specifico dovere di motivazione sia ove egli ritenga sia ove e escluda la rilevanza della stessa (Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, Marcianò, Rv. 251690), essendo il giudice tenuto a verificare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 13 pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, valutare se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della con e di pericolosità del suo autore, escludendo l’aumento di pena, con adeguata motivazione sul punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacità delinquenziale (Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, Rv. 256713; Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, Rv. 270419 ). D’altro canto, con la recentissima sentenza Sabbatini’ ZA I litelM1011112 4 .~11 IIII har risolto il contrasto interpretativo formatosi sul punto affermando che, in tema di recidiva reiterata contestata nel giudizio di cognizione, ai f della relativa applicazione è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l’imputato risulti gravato – come nel caso di specie – da più sentenze definitive per rea
precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica ed adeguata motivazione, senza la necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice.( Sez. U n. 32318 del 30/03/2023 Ud. (dep. 25/07/2023 ) Rv. 28487801).
Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, addì 13 dicembre 2023
Consigliere estensore