Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23405 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
QUARTA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23405 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 10270/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato a SCILLA il 11/03/1986 avverso la sentenza del 30/01/2025 della Corte d’appello di Reggio calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso udito il difensore
E’ presente in qualità di sostituto processuale, con delega depositata in udienza dell’Avv. COGNOME NOME del foro di Cosenza in difesa di COGNOME COGNOME, l’Avv. COGNOME NOME del foro di Roma.
Il difensore presente si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 30/1/2025 a seguito di giudizio svoltosi nelle forme del rito ordinario, la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia di condanna a carico di COGNOME per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, così riqualificata l’originaria imputazione, fatto commesso in data 23 settembre 2017.
Era contestato all’imputato di avere illecitamente detenuto sostanza stupefacente del tipo marijuana ed uno spinello – dalla quale erano ricavabili n. 156 dosi medie singole – occultata in una nicchia presente in un muro di contenimento lungo la pubblica via.
I giudici, nelle conformi sentenze di merito, hanno ritenuto dimostrata la penale responsabilità dell’imputato in ordine alla fattispecie di cui sopra sulla base degli accertamenti espletati dal personale di Polizia, che, in seguito a plurimi appostamenti e servizi di osservazione, avevano individuato l’imputato, odierno ricorrente, quale possessore della sostanza.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore, articolando i seguenti motivi di doglianza.
Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, vizio risultante dal testo del provvedimento impugnato e dagli altri atti del fascicolo processuale.
Violazione degli artt. 125, comma 3, 192, 546, comma 1, lettere d) ed e), comma 3, cod. proc. pen.; artt. 111 e 101 Cost.; travisamento delle risultanze istruttorie. Omessa pronuncia su specifiche censure riguardanti aspetti contraddittori ovvero mal valutati. Inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto ai fini dela decisione.
La motivazione offerta dalla Corte di merito sarebbe gravemente carente e contraddittoria.
L’odierno ricorrente rispondeva di un fatto occorso in data 23/9/2017.I giudici di appello sono giunti alla conferma della sentenza di condanna di primo grado, argomentando sulla base di evidenze che hanno avuto riguardo a giorni diversi da quello riportato nella contestazione.
Ciò che rileva, si legge in motivazione, Ł l’esito dell’accertamento svolto dal M.llo COGNOME nel corso del servizio di osservazione espletato in data 16/9/17, allorquando vide COGNOME fermarsi davanti all’intercapedine, sfilare la pietra che occultava il nascondiglio ed estrarre le dosi per poi allontanarsi.
Ebbene, la ricostruzione di un fatto accaduto in un giorno diverso da quello risultante dalla contestazione pone interrogativi suscettibili di originare numerosi dubbi sulla responsabilità dell’imputato. In primo luogo, non Ł provato che il nascondiglio contenesse stupefacente nella data del 16/9/2017, non essendo stata seguita l’osservazione da atti di perquisizione e sequestro.
Anche volendo ritenere che il nascondiglio fosse adoperato per occultare la droga, chiunque avrebbe potuto riempire la nicchia della sostanza stupefacente rinvenuta in data 23/9/17, trovandosi il muro sulla pubblica INDIRIZZO
A ciò deve aggiungersi che l’odierno ricorrente abita poco distante dal luogo di ritrovamento dello stupefacente, pertanto vi erano chiare ragioni perchØ l’imputato transitasse ripetutamente su quella via.
L’osservazione del 16/9/2017 era stata effettuata dal solo Maresciallo NOME, appostato sulla terrazza dell’Ospedale di Scilla, posta al quarto piano dell’edificio. Le fotografie riguardanti l’azione osservata, che l’operante afferma di avere scattato con l’uso del cellulare, non sono mai state allegate alla informativa di reato.
Manca, infine, qualsiasi argomentazione con riferimento ai fatti contestati in data 23/9/2017, data del commesso reato.
In relazione alla dinamica del fatto contestato, i Giudici non si confrontano in alcun modo con le diverse censure difensive sviluppate nell’atto di appello.
Nessun accertamento sulla riconducibilità del possesso della sostanza stupefacente in capo all’imputato Ł stato realmente effettuato nella giornata del 23/9/2017. In questa data Cimarosa Ł stato fermato mentre transitava per INDIRIZZO a bordo del suo ciclomotore. I militari intervenuti lo conducevano innanzi all’intercapedine intimandogli l’apertura del foro nel quale era contenuto lo stupefacente.
Al momento dell’accaduto l’odierno ricorrente non si trovava nelle immediate vicinanze dell’intercapedine, non era appoggiato al muro e non avrebbe potuto prelevare da esso alcunchØ, trovandosi a bordo di un ciclomotore; la somma di denaro rivenuta in suo possesso era lo stipendio della fidanzata COGNOME NOMECOGNOME che svolgeva l’attività di parrucchiera, come Ł stato ammesso dallo stesso NOME COGNOME nel corso della sua deposizione.
II) Mancanza della motivazione con riferimento alla chiesta declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione; violazione degli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen., 157 cod. pen., 546, comma 1, lettere d) ed e), comma 3, cod. proc. pen., artt. 111, e 101 Cost.
In via gradata si eccepisce l’assoluta carenza di motivazione con riferimento alla richiesta, formulata nell’udienza di discussione innanzi alla Corte d’appello, di dichiarare estinto il reato, come riqualificato dai giudici di merito, per decorso dei termini massimi di prescrizione.
3. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, riportandosi alla requisitoria scritta depositata; la difesa dell’imputato, presente in udienza, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
Le censure contenute nel primo motivo di doglianza propongono questioni che riguardano la ricostruzione del fatto ed il governo della prova indiziaria (art. 192 cod. proc. pen.).
Occorre premettere che, nel caso di c.d. doppia conforme affermazione di responsabilità, la decisione di primo grado e quella di appello si saldano per formare un unico complesso
argomentativo, a cui Ł necessario fare riferimento per valutare la correttezza e la completezza della motivazione (ex multis Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01, così massimata: ‘Ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione’).
Pertanto, il pur sintetico testo della sentenza di appello, incentrato sulla valorizzazione dei servizi di osservazione che hanno preceduto il fatto del 23/9/2017, deve essere letto congiuntamente a quello della sentenza di primo grado, dove Ł contenuta una disamina analitica dello sviluppo degli eventi che hanno condotto all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato.
Contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, i giudici di merito hanno fatto buon governo dei principi che regolano il regime della prova indiziaria, pervenendo alla conclusione che la sostanza rinvenuta in data 23/9/17 fosse nella disponibilità del ricorrente. Ciò in piena coerenza con gli elementi illustrati nelle due sentenze conformi, che, unitariamente considerati, portano logicamente a ritenere che Cimarosa adoperasse la nicchia esistente nel muro di contenimento presente in INDIRIZZO come nascondiglio della sostanza stupefacente in suo possesso.
Il M.llo NOME COGNOME durante la notte del 16/9/2017, ebbe modo di effettuare una ispezione del luogo, accertando che all’interno dell’intercapedine del muro erano presenti un tubetto ed un involucro di plastica.
Alla luce di tale ritrovamento effettuò un servizio di osservazione che si protrasse per tutta la giornata, notando che l’imputato, il quale transitava frequentemente per la via in cui insisteva il muro di contenimento, era l’unico passante a mostrare interesse per quel punto specifico del muro, soffermandosi a guardare verso l’intercapedine.
Nella stessa data del 16/9/17, alle ore 17.15, vide il ricorrente prelevare degli involucri dalla nicchia.
Tali elementi, considerati unitariamente, hanno indotto i Giudici a ritenere che lo stupefacente rinvenuto in data 23/9/17 fosse nella disponibilità dell’imputato, che adoperava il nascondiglio per occultare la droga.
Ebbene, occorre precisare, in punto di diritto, che la prova critica o indiretta, fondata sulla utilizzazione degli indizi, consiste essenzialmente nella deduzione di un fatto ignoto da un fatto noto, attraverso un procedimento conoscitivo, di tipo deduttivo, fondato su regole di esperienza, ricavate dall’osservazione del normale svolgimento delle vicende naturali e di quelle umane, alla cui stregua Ł possibile riconoscere che il fatto noto Ł legato al fatto ignoto da provare da un elevato grado di probabilità o di frequenza statistica.
Nella giurisprudenza di questa Corte sono stati piø volte enunciati i principi che governano il corretto uso della prova indiziaria, sottolineandosi, innanzitutto, che il procedimento indiziario deve muovere da premesse certe, nel senso che queste devono corrispondere a circostanze fattuali non dubbie e non possono, quindi, consistere in dati fondati su mere ipotesi o congetture ovvero su giudizi di verosimiglianza (Sez. 4, n. 2967 del 25/01/1993, Bianchi, Rv. 193407; Sez. 2, n. 43923 del 28/10/2009, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 245606). Gli indizi, oltre a corrispondere a dati di fatto certi, devono essere gravi, precisi e concordanti, secondo l’esplicita indicazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., che subordina alla ricorrenza di tali requisiti l’equiparazione della prova critica o indiretta alla prova rappresentativa o storica o diretta.
Il sindacato di legittimità sul procedimento logico che consente di pervenire al giudizio di
attribuzione del fatto con l’utilizzazione di criteri di inferenza, o massime di esperienza, Ł diretto a verificare se il Giudice di merito abbia indicato le ragioni del suo convincimento e se queste ragioni siano plausibili, verificando se siano stati rispettati i principi di completezza, correttezza, logicità e, pertanto, se le conclusioni siano coerenti con il materiale considerato e fondate su corretti criteri di inferenza.
Ne discende che l’esame circa la gravità, precisione e concordanza degli indizi da parte della Corte di legittimità si esplica attraverso il controllo sul rispetto, da parte del Giudice di merito, dei criteri dettati in materia di valutazione delle prove dall’art. 192 cod. proc. pen., controllo che viene esercitato alla luce dei consueti parametri della esaustività, della correttezza e della logicità del discorso motivazionale, con esclusione di ogni forma di accertamento che si traduca in una ripetizione della esperienza conoscitiva del Giudice del merito (Sez. 1, n. 42993 del 25/09/2008, COGNOME, Rv. 241826; Sez. 6, n. 20474 del 15/11/2002, COGNOME, Rv. 225245).
Venendo al caso in esame, in considerazione di tali principi, deve ritenersi che le valutazioni espresse dai Giudici di merito, che hanno attribuito un carattere di gravità, precisione e concordanza agli elementi indiziari presi in considerazione, siano idonei a superare il vaglio demandato alla Corte di legittimità. Invero, l’imputato fu visto prelevare degli involucri dal nascondiglio pochi giorni prima della data dell’arresto; durante i frequenti passaggi sulla via in cui insisteva il nascondiglio si soffermava a guardare l’intercapedine del muro; nessun altro passante aveva mostrato interesse per quel luogo.
All’atto dell’intervento dei Carabinieri, in data 23/9/2017, COGNOME si fermò, a bordo del motociclo, davanti alla nicchia ed allungò la mano verso il nascondiglio, venendo prontamente fermato dagli operanti.
Tutto ciò premesso, non può non rilevarsi come il ricorrente solo apparentemente svolga una critica alle argomentazioni fornite dai giudici di merito, offrendo in realtà una propria diversa ricostruzione dei fatti, la quale non può essere delibata in sede di legittimità a fronte di una motivazione coerente e priva di aporie logiche.
Il rilievo riguardante l’asserito travisamento delle prove, oltre ad essere sfornito di elementi a sostegno, non può essere dedotto per la prima volta in cassazione nei termini generici di cui al ricorso.
E’ d’uopo evidenziare che, in base a consolidato orientamento di legittimità, «Nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti – con specifica deduzione – che il dato probatorio asseritamente travisato Ł stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado» (ex multis Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217).
Del pari inammissibile Ł il secondo motivo di ricorso.
Il reato per cui si procede, commesso nel settembre 2017, si prescrive nel termine ordinario di anni 6 e nel termine massimo di anni 7 e mesi 6.
La difesa si duole della mancata pronuncia della Corte d’appello sulla richiesta di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, sollecitata in udienza anche con riferimento al decorso del termine ordinario.
Ebbene, la doglianza – nemmeno argomentata nel ricorso con riferimenti specifici alle ragioni poste a fondamento della richiesta – Ł manifestamente infondata.
Come Ł noto, la prescrizione comincia a decorrere ex novo ad ogni atto interruttivo. La prescrizione c.d. intermedia si verifica nel caso in cui tra un atto interruttivo ed il successivo non sia
interamente decorso il termine ordinario previsto dall’art. 157 cod. pen., pari, nel caso in esame, ad anni 6.
Nel caso di specie, nel periodo intercorrente tra l’emissione della sentenza di primo grado (pronunciata il 29/10/2019) e la sentenza di secondo grado (pronunciata all’udienza del 30/1/2025) non erano decorsi sei anni.
Quanto al termine massimo di prescrizione, il fatto ricade sotto la previsione della c.d. riforma Orlando, che, per tutti i reati commessi dopo la sua entrata in vigore (3 agosto 2017) e fino al 31 dicembre 2019, data successivamente alla quale l’intera disciplina Ł stata innovata dalla legge 27 settembre 2021, n. 134, ha introdotto un termine di sospensione della prescrizione di diciotto mesi, decorrente ‘dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi’.
Era già nota, all’epoca della celebrazione del giudizio di appello, l’informazione provvisoria n. 19/2024 diramata dalle Sezioni Unite di questa Corte, all’esito dell’udienza del 12 dicembre 2024, nel proc. P.G. c/COGNOME COGNOME, nella quale si Ł affermato che: «per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017; per i reati commessi a partire dall’1 gennaio 2020 trova applicazione la disciplina di cui alla legge n. 134 del 2021».
La richiesta avanzata dalla difesa innanzi alla Corte d’appello all’udienza del 30/1/2025 di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione era, dunque, manifestamente infondata: al termine massimo di prescrizione del reato, che sarebbe maturato in data 23/3/2025, andavano aggiunti ulteriori mesi 18 di sospensione della prescrizione in base alla citata disciplina introdotta dalla c.d. legge Orlando.
In base a consolidato orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione che denunci la carenza argomentativa della sentenza rispetto ad un tema contenuto nell’atto di impugnazione può essere utilmente dedotto in Cassazione soltanto quando gli elementi trascurati o disattesi abbiano carattere di decisività e non siano manifestamente infondati (cfr. Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277281:«In tema d’impugnazioni, Ł inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ab origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio»).
Consegue alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 11/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME