Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 21853 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 21853 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 12/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME nato a Taormina il 15 novembre 1994; avverso la sentenza del 22 gennaio 2024 della Corte di appello Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udito il difensore, avv. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22 gennaio 2024, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa 1’8 giugno 2023 dal GUP del Tribunale di Catania, all’esito di giudizio abbreviato, per quanto qui rileva, ha rideterminato in diminuzione il trattamento sanzionatorio, in anni 5 e mesi 5 di reclusione ed
euro 19.100,00 di multa, in relazione ai seguenti reati: capo a) artt. 110 cod. pen. e 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, perché, in concorso con RAGIONE_SOCIALE, acquistava e deteneva, a fini di cessione a terzi, 100 grammi di cocaina; capo b) artt. 81 cod. pen. e 73, commi 1 e 4, del d.P.R. n. 309 del 1990, perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, proponeva in vendita a tale “Marcello” sostanza stupefacente di tipo cocaina e cedeva allo stesso 10 grammi di sostanza stupefacente di tipo hashish; capo c) art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, perché acquistava e deteneva ai fini della cessione a terzi 50′ grammi di sostanza stupefacente di tipo hashish in crema; capo e) art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, perché acquistava e deteneva ai fini della cessione a terzi 100 grammi di sostanza stupefacente di tipo hashish; capo g) art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, perché acquistava e deteneva ai fini della cessione a terzi sostanza stupefacente di tipo “shit”; capo h) artt. 110, 624-bis, primo e terzo comma, in relazione all’art. 625, primo comma, n. 2, 61, nn. 5) e 7), cod. pen., perché, in concorso con altri, dopo avere in diverse occasioni sottoposto a pedinamento e controllo la vittima, si impossessava di una somma di denaro superiore a 50.000,00 euro sottraendola a Messina Angelo; capo i) art. 648 cod. pen. perché, al fine di trarre profitto per sé o per altri, riceveva beni provenienti dal reato di furto in abitazione in danno di Cerra Vincenzo.
Avverso la sentenza, l’imputato, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di ricorso, si lamentano la violazione degli artt. 125, 192 e 533, comma 1, cod. proc. pen., oltre a vizi della motivazione, in ordine all’individuazione della condotta oggetto di imputazione. Nello specifico, la Corte avrebbe fondato il proprio giudizio solo sulle intercettazioni fornite dalla polizi giudiziaria, non effettuando un puntuale riscontro con ulteriori dati. Ancora, la motivazione offerta dai giudici di merito sarebbe caratterizzata da profili di illogicit e contraddittorietà, basandosi su un’interpretazione parziale della conversazione captata in data 13 febbraio 2021. Dal momento che dalla conversazione emergerebbe solo il dato ponderale, senza alcun riferimento alla qualità della sostanza, il Giudice di merito avrebbe dovuto ricondurre la condotta contestata al capo b) di imputazione all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 4, del d.P.R. n. 309 del 1990.
2.2. Con un secondo motivo, la difesa lamenta la violazione di legge e il difetto di motivazione in ordine alla mancata sussunzione delle condotte di cui ai capi b) c) e) e g) nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990. La Corte avrebbe omesso di considerare che le risultanze probatorie non offrono contezza della qualità dello stupefacente, dal momento che le condotte sarebbero
state enucleate solo attraverso l’interpretazione attribuita alle risultanze intercettive, senza alcun sequestro della sostanza.
2.3. Con un terzo motivo di doglianza, la difesa lamenta il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
All’udienza odierna il difensore ha espressamente rinunciato al terzo motivo di ricorso, riferito alle circostanze attenuanti generiche, e ha concluso, quanto al resto, chiedendo l’annullamento della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile. 1.1. Il primo motivo, relativo all’individuazione della condotta oggetto di imputazione, è inammissibile, perché generico e diretto a sollecitare una rivalutazione del quadro istruttorio sulla base di una rilettura di fatto preclusa a sindacato di questa Corte, non confrontandosi in modo puntuale con le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata. Preliminarmente, è necessario evidenziare come, nel caso di specie, ci si trovi dinanzi ad un caso di “doppia conforme”, con conseguente possibilità di leggere congiuntamente le motivazioni dei due provvedimenti di merito (ex plurimis, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218). Ebbene, contrariamente alle allegazioni difensive, il primo giudice ha convincentemente spiegato, dopo aver illustrato il compendio probatorio, come il significato dei colloqui telefonici contenta di accertare che, nel primo pomeriggio del 13 febbraio 2021, l’imputato si era recato a Catania da fornitori all’ingrosso di stupefacenti, pattuendo l’acquisto di sostanza stupefacente. Ancora, dalle intercettazioni emergono con chiarezza le modalità di confezionamento della sostanza, le direttive al corriere di lasciare il pacco dentro l’autovettura usata per il trasporto, le raccomandazioni date al corriere di non toccare la sostanza stupefacente. Elementi, questi, che confermano con chiarezza l’avvenuta consegna della cocaina. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Le asserzioni difensive si riducono, in altri termini, ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare un’effettiva carenza motivazionale su punti decisivi del gravame (ex multis, Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, Rv. 276566; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970).
Quanto alla denunziata violazione dell’art. 533, comma 1 cod. proc. pen., è necessario evidenziare come le censure difensive con cui viene messo in discussione il valore probatorio delle conversazioni telefoniche intercettate non si
confrontino con le emergenze investigative come compiutamente apprezzate dai giudici di primo e secondo grado.
In merito alla doglianza circa la riconducibilità della condotta di cui al capo b) all’ipotesi prevista all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 4, del d.P.R. n. 309 del 199 – anch’essa meramente assertiva e riferibile ad un tentativo di rivalutazione del quadro istruttorio – va rilevato che la Corte di meno, nell’analizzare la prospettazione difensiva (pag. 3 del provvedimento) offre una motivazione adeguata e non illogica sul punto, evidenziando come risulti inequivoca sia la tipologia della sostanza stupefacente oggetto di trattativa tra il COGNOME e il fornitore catanese sia l’avvenuta consegna della stessa dal fornitore al corriere.
1.2. Il secondo motivo di ricorso, in parte sovrapponibile al primo, è anch’esso inammissibile.
Il ricorrente affida le proprie censure alla ritenuta inidoneità dell conversazioni captate a fornire una prova indiziaria adeguata, in assenza di un sequestro di partite di droga, riproponendo un’arbitraria interpretazione del quadro istruttorio. Quanto alla dedotta riconducibilità delle condotte all’ipotesi di cui comma 5 dell’art. 73, del d.P.R. n. 309 del 1990, va ricordato che deve operarsi una valutazione complessiva del fatto considerando, in particolare, mezzi, modalità e circostanze dell’azione, oltre alla qualità e quantità della sostanza, perché solo in questo modo è possibile formulare un concreto giudizio sulla lieve offensività del reato (ex plurimis, Sez. 3, n. 12551 del 14/02/2023, Rv. 284319). Avuto riguardo a quanto detto, nessuna delle condotte delittuose di cui ai predetti capi di imputazione può considerarsi di lieve entità, perché – come ben precisato dai giudici di merito – al dato quantitativo non sempre significativo si giustappone una capacità del Caggegi di operare una reiterata condotta di compravendita di sostanze stupefacenti, caratterizzata dal mantenimento di continui contatti tra i vari protagonisti delle vicende, sia fornitori che acquirenti, anche per rilevanti quantitativi di stupefacenti e per importi considerevoli.
1.3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo stato oggetto di espressa rinuncia.
Per questi motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 12/11/2024.