Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34035 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34035 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 26/05/2025 dal Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
sentite nell’interesse del ricorrente le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 26 maggio 2025, per quanto di interesse ai presenti fini, il Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il 5 maggio 2025 nei confronti di NOME, per l’omicidio di NOME e i connessi reati in materia di armi, commessi a RAGIONE_SOCIALE il 15 marzo 2025.
Secondo il Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE, la vittima, NOME, risultava coinvolto nell’uccisione di NOME, un cugino di NOME, avvenuta a RAGIONE_SOCIALE la notte del 24 ottobre 2024. La vittima era un giovane vicino al RAGIONE_SOCIALE, in cui gravitava anche NOME, del quale il padre,
NOME, era ritenuto un esponente di spicco.
In questo ambito criminale, si inseriva l’omicidio di NOME, a proposito del quale il Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE evidenziava che, tre giorni prima dell’assassinio, all’interno del carcere di Lecce dove NOME si trovava ristretto, veniva registrato un colloquio tra il detenuto e il figlio, NOME, nel quale i due congiunti facevano riferimenti criptici al recente omicidio di NOME.
Successivamente, il 9 aprile 2025, veniva registrato un ulteriore colloquio carcerario tra gli stessi congiunti, nel corso del quale il genitore raccomandava ripetutamente al proprio figlio di prestare la massima attenzione, attesa la delicatezza della situazione venutasi a creare, chiedendogli di non farlo impensierire e ricevendo, di rimando, rassicurazioni dal ricorrente.
Tali elementi indiziari venivano correlati alle immagini estratte dalle telecamere di videosorveglianza installate nei pressi del luogo del delitto, dalle quali si evinceva che, il 15
marzo 2025, NOME, sia da solo sia in compagnia di NOMEX, effettuava numerosi controlli nell’area dove si sarebbe consumato l’omicidio, allo scopo di rintracciare la vittima, consentendo al gruppo di sicari di cui non faceva parte di ucciderla.
Tali controlli, definiti ‘ronde’ nel provvedimento cautelare censurato, venivano registrati nell’arco temporale compreso tra le ore 14.21 e le ore 18.14 del 15 marzo 2025; le successive ‘ronde’, invece, venivano registrate tra le ore 18.16 e ore 18.23 e non comprendevano NOME, ma NOMEX e un terzo complice, diverso dal ricorrente.
Si evidenziava, al contempo, che nelle registrazioni effettuate dalle telecamere di videosorveglianza pochi minuti prima dell’omicidio di NOME, tra le ore 18.13 e le ore 18.23, NOMEX veniva ripreso a bordo del ciclomotore su cui viaggiava con delle scarpe di ginnastica marca Nike , modello Air Jordan , di colore bianco e nero e con l’intersuola bianca, analoghe a quelle calzate da uno dei sicari.
Si evidenziava, ancora, che uno dei sicari, COGNOME, era stato riconosciuto da una testimone oculare – la minore COGNOME, che era la fidanzata della vittima – che lo aveva visto in faccia nel momento in cui il ciclomotore su cui viaggiava l’attentatore oltrepassava l’autovettura della vittima per accettarsi che, al suo interno, vi fosse l’obiettivo mortale. Queste dichiarazioni venivano successivamente ritrattate, anche se la ritrattazione non veniva ritenuta attendibile, essendo stati captati diversi colloqui nei quali la teste COGNOME veniva spinta dai congiunti a compiere tale scelta dichiarativa per paura di ritorsioni.
Si ritenevano, infine, sussistenti le esigenze cautelari indispensabili al mantenimento della custodia in carcere applicata a NUMERO_CARTA, in conseguenza dell’elevato disvalore dei fatti di reato che gli venivano contestati e del contesto camorristico partenopeo nel quale gli stessi erano maturati, rappresentato dal RAGIONE_SOCIALE. Questi, convergenti, elementi di giudizio rendevano elevato il pericolo di reiterazione dei reati per i quali si procedeva nei confronti del ricorrente e inadeguata una misura restrittiva diversa da quella carceraria applicatagli, anche alla luce del contesto camorristico partenopeo nel quale erano maturati gli eventi criminosi.
Sulla scorta di questi elementi indiziari il Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE confermava l’ordinanza cautelare impugnata.
Avverso questa ordinanza NOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, proponeva ricorso per cassazione, articolando promiscuamente un’unica doglianza.
Con questa censura difensiva, in particolare, si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., conseguenti all’insussistenza di elementi indiziari idonei a individuare l’indagato quale uno degli autori dell’agguato, commesso a RAGIONE_SOCIALE il 15 marzo 2025, all’esito del quale veniva assassinato NUMERO_CARTA.
Secondo la difesa del ricorrente, il compendio indiziario era stato travisato dal Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE, attesa l’assenza di elementi individualizzanti idonei a conferire certezza al dato dell’individuazione del ricorrente quale uno dei soggetti coinvolti nell’omicidio di NOME, essendo incontroverso che il ricorrente non era stato identificato tra gli esecutori materiali dell’agguato mortale.
Si deduceva, in proposito, che l’identificazione di COGNOMEXX era fondata su un dato generico, rappresentato dai passaggi effettuati dal ricorrente, sia da solo sia in compagnia di
COGNOME, nelle ore che precedevano l’omicidio, che, in quanto tali, apparivano generici e non possedevano alcuna valenza individualizzante nei confronti dell’indagato, quale compartecipe dell’omicidio in esame. Tali dati circostanziali, infatti, oltre a essere disomogenei rispetto alle residue emergenze indiziarie, non consentivano di ritenere certo il coinvolgimento del ricorrente nell’agguato mortale, attesa la sua estraneità alla fase esecutiva dell’omicidio.
NØ poteva assumere rilievo individualizzante, in senso sfavorevole a NOME, il riconoscimento effettuato attraverso le immagini estrapolate dai sistemi di videosorveglianza installati nei pressi del luogo dove veniva eseguito l’agguato mortale, dal personale di polizia giudiziaria che svolgeva le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE. Tale riconoscimento, infatti, si incentrava su dati che erano privi di univocità indiziaria rispetto ai fatti di reato contestati, essendo fondati sulla circostanza era stato identificato dai militari del RAGIONE_SOCIALE.
Senza considerare che tale riconoscimento, non derivava dalla visione diretta dell’indagato, ma, piø limitativamente, dalla visione di immagini estrapolate da sistemi di videosorveglianza, che non possedevano alcuna valenza individualizzante decisiva, anche in considerazione del fatto – evidenziato dallo stesso Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE – che nessuno dei testimoni oculari presenti sul luogo del delitto riconosceva COGNOMEXX quale componente del gruppo di attentatori.
Si ritenevano, infine, prive di valenza corroborativa del compendio indiziario le due i ntercettazioni ambientali registrate tra NUMERO_CARTA e il padre,
NOME, all’interno del Carcere di Lecce, dove il secondo dei due colloquianti era detenuto, in ragione del fatto che in nessuna di tali captazioni si faceva espressamente riferimento all’indagato quale autore dell’agguato all’esito del quale veniva ucciso NOME.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME Ł infondato.
2.In via preliminare, occorre soffermarsi sui principi che governano il processo indiziario nella fase delle indagini preliminari, postulando il giudizio formulato dal Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE, censurato dalla difesa del ricorrente, il vaglio unitario dei singoli elementi probatori alla luce di tali parametri ermeneutici.
Osserva il Collegio che il compendio probatorio acquisito nel corso delle indagini preliminari nei confronti di NOME, in relazione dell’agguato, commesso a RAGIONE_SOCIALE il 15 marzo 2025, all’esito del quale veniva assassinato COGNOME, si caratterizza per le sue connotazioni indiziarie, alla stregua delle quali occorre valutare i temi censori introdotti dalla difesa del ricorrente. Ne consegue che, nel caso in esame, assume un rilievo decisivo il procedimento logico attraverso cui da talune premesse indiziarie si giungeva ad affermare l’esistenza di ulteriori fatti, convergenti sulla posizione del ricorrente, alla stregua di canoni di probabilità e nel rispetto delle regole di comune esperienza.
Tali affermazioni impongono una valutazione del compendio probatorio acquisito nei confronti di COGNOMEXX nel rispetto dei principi sul processo indiziario, per inquadrare i quali occorre richiamare l’orientamento ermeneutico consolidato in seno alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in queste ipotesi, il giudice cautelare deve compiere una duplice operazione, atteso che, dapprima, gli Ł fatto obbligo di procedere alla valutazione dell’elemento indiziario singolarmente considerato, per stabilire se presenti o meno il
requisito della precisione e per vagliarne l’attitudine dimostrativa; successivamente, occorre procedere a un esame complessivo degli elementi indiziari acquisiti (tra le altre, Sez. 1, n. 26455 del 26/3/2013, COGNOME, Rv. 255677 – 01; Sez. 1, n. 13671 del 26/11/1998, COGNOME, Rv. 212026 – 01), allo scopo di appurare se i margini di ambiguità, correlati a ciascuno di essi, possano essere superati in una visione unitaria, in modo da consentire l’attribuzione del fatto illecito all’indagato, pur in assenza di una prova diretta, sulla base di un complesso di dati, che saldandosi logicamente, conducano necessariamente a un giudizio di gravità indiziaria (tra le altre, Sez. 2, n. 2548 del 19/12/2014, COGNOME, Rv. 262280 – 01; Sez. 1, n. 30448 del 19/06/2010, COGNOME, Rv. 248384 – 01).
Questa impostazione, a sua volta, trae origine dal risalente arresto delle Sezioni Unite, espresso da Sez. U. n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191230 – 01, che occorre ribadire ulteriormente, secondo cui: «L’indizio Ł un fatto certo dal quale, per interferenza logica basata su regole di esperienza consolidate ed affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario. ¨ possibile che da un fatto accertato sia logicamente desumibile una sola conseguenza, ma di norma il fatto indiziante Ł significativo di una pluralità di fatti non noti ed in tal caso può pervenirsi al superamento della relativa ambiguità indicativa dei singoli indizi applicando la regola metodologica fissata nell’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. Peraltro, l’apprezzamento unitario degli indizi per la verifica della confluenza verso un’univocità indicativa che dia la certezza logica dell’esistenza del fatto da provare, costituisce un’operazione logica che presuppone la previa valutazione di ciascuno singolarmente, onde saggiarne la valenza qualitativa individuale. Acquisita la valenza indicativa – sia pure di portata possibilistica e non univoca – di ciascun indizio deve allora passarsi al momento metodologico successivo dell’esame globale ed unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio può risolversi, perchØ nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, di tal che l’insieme può assumere quel pregnante ed univoco significato dimostrativo che consente di ritenere conseguita la prova logica del fatto; prova logica che non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando sia conseguita con la rigorosità metodologica che giustifica e sostanzia il principio del cosiddetto libero convincimento del giudice».
In questa, incontroversa, cornice ermeneutica, deve rilevarsi che l’atto di impugnazione proposto nell’interesse di NUMERO_CARTA prospetta, pur con argomenti suggestivi, una lettura frammentaria e parcellizzata degli elementi indiziari raccolti nel corso delle indagini preliminari, omettendo di confrontarsi analiticamente con il percorso argomentativo attraverso il quale il Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE confermava il giudizio di gravità indiziaria posto a fondamento dell’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il 5 maggio 2025.
Si consideri, in proposito, che l’assenza di elementi individualizzanti nei confronti di COGNOMEXX, così come prospettata dalla difesa del ricorrente, elude il nucleo essenziale del giudizio di gravità indiziaria, incentrato su una pluralità di elementi investigativi, che convergevano univocamente sull’indagato, che, alla luce della giurisprudenza di legittimità richiamata nel paragrafo precedente, appare opportuno esaminare partitamente.
3.1. Occorre, allora, prendere le mosse dal primo dei dati investigativi attraverso i quali si riteneva di individuare NOME quale concorrente nell’omicidio di NOME, rappresentato dalle immagini estratte dalle telecamere di videosorveglianza installate nei pressi del luogo del delitto, registrate il 15 marzo 2025,
nell’arco temporale compreso tra 14.21 e le ore 18.14 del 15 marzo 2025.
Da queste immagini, infatti, si evinceva che, nel pomeriggio che precedeva l’attentato mortale, NOME – talvolta da solo talvolta in compagnia di NOMEX – effettuava numerosi controlli nel quartiere dove si sarebbe svolto l’agguato mortale, allo scopo di rintracciare la vittima predestinata.
Questi controlli del territorio, definiti ‘ronde’ nell’ordinanza impugnata, venivano registrati nell’arco temporale compreso tra le ore 14.21 e le ore 18.14 del giorno dell’omicidio. Sul punto, appare opportuno richiamare il passaggio motivazionale esplicitato a pagina 5 del provvedimento impugnato, in cui si evidenziava che NOME Ł «immortalato dalle telecamere di sorveglianza visionate dalla P.g. il 15 marzo 2015 nell’atto di compiere continue ‘ronde’ sul territorio, unitamente a NOMEX, al fine di rintracciare la vittima».
Da tali immagini, al contempo, si evinceva che, pochi minuti prima dell’omicidio di NOME, nella frazione temporale compresa tra le ore 18.13 e le ore 18.23,
NOMEX veniva ripreso a bordo del ciclomotore Sym Simphony di provenienza delittuosa su cui viaggiava con delle scarpe di ginnastica marca Nike , modello Air Jordan , di colore bianco e nero e con l’intersuola bianca, analoghe a quelle calzate da uno dei sicari.
In questo contesto indiziario, deve evidenziarsi che, se Ł certamente vero che tale modello di calzature sportive risulta diffuso, Ł parimenti vero che tale dato deve essere inserito nella sequenza degli eventi criminosi verificatisi il 15 marzo 2025, rispetto alla quale Ł incontroversa la coincidenza tra le scarpe sportive possedute da COGNOME e quelle calzate da uno del gruppo di sicari che uccideva NOME. Ne consegue che tale dato indiziario possiede un’incontroversa valenza individualizzante in correlazione agli ulteriori elementi indiziarie, che, valutati unitariamente, alla luce delle ‘ronde’ compiute da COGNOME e COGNOMEXX nelle ore che precedevano l’agguato mortale, consentiva di giungere all’identificazione del ricorrente quale soggetto coinvolto nella dinamica dell’agguato.
A tali considerazioni deve aggiungersi che il riconoscimento dell’imputato o dell’indagato nel soggetto ripreso in un filmato registrato dalle telecamere di videosorveglianza installate nei pressi della scena del crimine, laddove operato dal personale di polizia giudiziaria, può assumere il valore di un indizio grave e preciso, come nel caso di specie, la cui valutazione probatoria Ł rimessa al vaglio del giudice di merito.
Sul punto, non si può che richiamare l’arresto ermeneutico, che si attaglia perfettamente al caso di specie, affermato da Sez. 2, n. 15308 del 07/04/2010, Bruni, Rv. 246925 – 01, secondo cui: «Il riconoscimento dell’imputato nel soggetto ritratto nei fotogrammi estratti dalla registrazione effettuata dalle telecamere di sicurezza presenti sul luogo di consumazione del delitto, operato da parte del personale di polizia giudiziaria che vanti pregressa personale conoscenza dello stesso, ha valore di indizio grave e preciso a suo carico, la cui valutazione Ł rimessa al giudice di merito».
Si muove, a ben vedere, nella stessa direzione indiziaria il riconoscimento di uno dei sicari, NOME, effettuato da una testimone oculare – la minore NOME, che era la fidanzata di NOME – che lo aveva visto in faccia nel momento in cui il ciclomotore su cui viaggiavano gli attentatori oltrepassava l’autovettura della vittima per accettarsi che la stessa si trovasse, al suo interno.
Tali dichiarazioni, invero, venivano successivamente ritrattate dalla testimone, anche se la ritrattazione non veniva ritenuta attendibile, con argomenti congrui, essendo stati captati
diversi colloqui nei quali la teste NOME veniva spinta dai congiunti a compiere tale scelta dichiarativa per paura di ritorsioni. D’altra parte, l’eventuale ritrattazione non può mai assumere, in quanto tale, un rilievo idoneo a escludere la rilevanza delle precedenti dichiarazioni, laddove «il giudice di merito, con congrua motivazione, dia conto del mutamento della posizione del dichiarante ovvero allorchØ risulti l’assoluta inattendibilità delle ‘controdichiarazioni’» (Sez. 6, n. 7627 del 31/01/1996, COGNOME, Rv. 206583 – 01). 3.2. In questa cornice indiziaria, si inseriscono i colloqui registrati tra
NOME e il padre, NOME, all’interno del carcere di Lecce, dove quest’ultimo era detenuto, ai quali si attribuiva una valenza corroborativa del movente dell’omicidio di NOME, nel contesto delle fibrillazioni sviluppatesi all’interno del RAGIONE_SOCIALE dopo l’agguato mortale in esame.
Deve, in proposito, ritenersi pertinente il riferimento alla captazione registrata il 9 aprile 2025 tra NUMERO_CARTA e il genitore, nel corso del quale il genitore raccomandava al figlio di prestare la massima attenzione, utilizzando l’espressione ‘non farmi stare in pensiero’, ricevendo, di rimando, rassicurazioni dal congiunto; il che costituisce una conferma del fatto che l’area camorristica collegata alla famiglia COGNOMEXX, intranea al RAGIONE_SOCIALE NOME, temesse le conseguenze dell’uccisione di NOME.
D’altra parte, il Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE, nel valutare tali elementi indiziari, non poteva limitarsi a una valutazione atomistica e parcellizzata della loro rilevanza probatoria, dovendo vagliare analiticamente la valenza dimostrativa di ciascuno di essi, allo scopo di verificare se tale piattaforma valutativa consentisse di attribuire i reati contestati a NOME con «con un alto grado di credibilità razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana» (Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605 – 01).
Appaiono, pertanto, sostenute dal compendio indiziario che si passato in rassegna le conclusioni alle quali giungeva il Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE che, a pagina 8 della decisione censura, rilevava come il ricorrente, seppure non fosse stato identificato tra gli esecutori materiali dell’agguato nel quale veniva assassinato NOME, era certamente coinvolto nella sua organizzazione, tanto Ł vero che «coordina l’azione, partecipa alla ronda, svolge il sopralluogo davanti alla vettura parcheggiata dalla vittima unitamente ai correi ».
3.3. In questa cornice, la prospettazione difensiva, finalizzata a escludere il coinvolgimento del ricorrente nell’agguato eseguito il 15 marzo 2025, all’esito del quale veniva ucciso NUMERO_CARTA, pur esposta in termini pregevoli dalla difesa del ricorrente, si sarebbe posta in contrasto con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: «In tema di valutazione della prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi all’apparenza piø verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti» (Sez. 6, n. 5905 del 29/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252066 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 4, n. 22790 del 13/04/2018, COGNOME, Rv. 272995 – 01; Sez. 2, n. 44048 del 13/10/2009,COGNOME, Rv. 245627 – 01).
Questo orientamento, del resto, si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato, in tema di ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime di esperienza,
che si attaglia perfettamente al caso di specie e non consente di rivalutare il compendio probatorio acquisito nei confronti di NUMERO_CARTA, che Ł possibile esplicitare richiamando il seguente principio di diritto: «Nella valutazione probatoria giudiziaria – così come, secondo la piø moderna epistemologia, in ogni procedimento di accertamento (scientifico, storico, etc.) – Ł corretto e legittimo fare ricorso alla verosimiglianza ed alle massime di esperienza, ma, affinchØ il giudizio di verosimiglianza conferisca al dato preso in esame valore di prova, Ł necessario che si possa escludere plausibilmente ogni alternativa spiegazione che invalidi l’ipotesi all’apparenza piø verosimile. Ove così non sia, il suddetto dato si pone semplicemente come indizio da valutare insieme a tutti gli altri elementi risultanti dagli atti» (Sez. 1, n. 4652 del 21/10/2004, dep. 2005, Sala, Rv. 230873 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 49029 del 22/10/2014, COGNOME, Rv. 261220 – 01; Sez. 6, n. 31706 del 07/03/2003, Abbate, Rv. 228401 – 01; Sez. 6, n. 4688 del 28/03/1995, Layne, Rv. 201152 – 01).
4.Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. , disp. att.
Si manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter cod. proc. pen.
Si dispone, infine, che, in caso di diffusione del presente provvedimento, occorre omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così Ł deciso, 02/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.