Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45362 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45362 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME ( CUI 01RXP24 ) natwil 18/04/1982
NOME ( CUI 04SCRLN ) natqa PALESTRINA il 13/08/1999
avverso la sentenza del 01/02/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, a mezzo del comune difensore Avv. NOME COGNOME avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo vizio di motivazione in ordine all’affermazione di penale responsabilità, in particolare censurando la circostanza che il giudizio di colpevolezza sia stato basato esclusivamente su indizi non gravi, certi ed univoci in misura tale da assurgere al rango di elemento probatorio ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen.
La sola NOME COGNOME propone un ulteriore ricorso anche a mezzo dell’Avv. NOME COGNOME con il quale insiste sulla carenza e illogictà della motivazione della sentenza di appello in ordine al giudizio di responsabilità penale e in ordine alla mancata esclusione della recidiva e al trattamento sanzionatorio irrogato.
Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Tutti i motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Ne deriva che i proposti ricorso vanno dichiarati inammissibili.
Le ricorrenti, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
Va premesso che, in tema di valutazione della prova indiziaria, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova solo se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi all’apparenza più verosimile (Sez. 4, n. 22790 del 13/04/2018, COGNOME, Rv. 272995, in fattispecie relativa al reato di fuga del conducente coinvolto in un sinistro stradale con feriti, in ali la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che aveva ritenuto raggiunta la prova dell’identificazione dell’imputato quale, conducente dell’auto che aveva cagionato l’incidente, in quanto egli, successivamente al sinistro, si era recato a ritirare l
targa del veicolo, perduta nel corso dell’incidente, senza manifestare, né in quella sede né nel processo, circostanze potenzialmente idonee a scagionarlo; Sez. 6, n. 49029 del 22/10/2014, Leone, Rv. 261220).
Ciò posto sui principi operanti in materia, nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha operato un apprezzamento unitario dei molteplici indizi, per verificare la loro confluenza verso un significato univoco. In particolare, sono stati valorizzati i seguenti elementi: a) la COGNOME era stata vista dalla persona offesa mentre scendeva le scale esterne dell’abitazione; b) la COGNOME era stata vista dalla persona offesa alla guida dell’autovettura Audi A3 posizionata di fronte l’abitazione mentre, alla vista del COGNOME, suonava il clacson per avvisare la Balog dell’arrivo del proprietario di casa; c) pochi niorni dopo la stessa autovettura con le due imputate a bordo è stata avvistata dai Carabinieri in territorio non lontano dal luogo di commissione del furto contestato e, per mezzo dei rilievi foto-segnaletici operati in questa ultima circostanza la persona offesa ha potuto effettuare il riconoscimento delle ricorrenti; d) il riconoscimento effettuato dal COGNOME in sede di indagini è stato confermato positivamente con l’individuazione dibattimentale; e) all’interno dell’autovettura sono stati rinvenuti dai Carabinieri arresi da scasso compatibili con i mezzi necessari ad effettuare l’effrazione della portafinestra dell’abitazione; f) le immagini di videosorveglianza del Comune di Reggello hanno confermato il passaggio dell’autovettura e con gli orari di ingresso e uscita dal Comune si copre un arco temporale di 26 minuti compatibile con il tempo necessario alla commissione del fatto.
Orbene, da tali elementi di conoscenza, con motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto – e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità -, il giudice del gravame del merito è pervenuto alla conferma dell’affermazione di responsabilità delle due odierne impitate. Le stesse imputate, peraltro, non fornivano neanche un’ipotesi ricostruttiva dei fatti alternativa a quella accusatoria, limitandosi a dedurre elementi contrastanti con le risultanze processuali, senza confrontarsi con le ulteriori argomentazioni sviluppate nella sentenza impugnata.
In ordine alle doglianze poste con il ricorso nell’esclusivo interesse della Balog con cui si censura la motivazione della sentenza in punto di riconoscimento della recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale, va ricordato l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudice ha il compito di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività de
comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838).
In linea con tale principio, questa Corte ha altresì affermato che: in tema di recidiva facoltativa ritualmente contestata, il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’Alecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, escludendo l’aumento di pena, con adeguata motivazione sul punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacità delinquenziale (Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, De Silvio, Rv. 256713); ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale elemento sintomatico di un’accentuata pericolosità sociale del prevenuto, e non come fattore meramente descrittivo dell’esistenza di precedenti penali per delitto a carico dell’imputato, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al detto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419).
Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la Corte di merito, con motivazione non manifestamente illogica, ha confermato il riconoscimento della recidiva di cui all’art. 99 comma 4 cod. pen. riconoscendo il fatto di reato per cui si procede quale logica e naturale evoluzime del passato criminale dell’imputata e, dunque, manifestazione di una sua magoiore capacità a delinquere e pericolosità sociale sulla base dei seguenti elementi: le sei condanne passate in giudicato per fatti di reato analoghi e la circostanza che la COGNOME ha commesso un delitto della stessa indole dei precedenti nonostante pochi mesi prima avesse terminato l’esecuzione deila detenzione domiciliare.
Quanto alla riduzione della pena nei limiti minimi, il motivo in questione risulta solo enunciato, ma non sviluppato a fronte di un provvedimento impugnato che non si presta a censura alcuna anche sotto tale profilo, rilevando, peraltro, come il trattamento sanzionatorio sia partito dal minimo edittale del terzo comma dell’art. 624 bis cod. pen., con la massima riduzione per le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’ad, 616 cod. proc. pen, ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibili (Corte Cost. sent. n. 186 del, 13.6.2000), alla condanna delle ricorrenti al mento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila ciascuna in favore della cas delle ammende.
Così deciso il 21/11/2024