Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37874 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37874 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/09/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per l’imputato COGNOME NOME e il rigetto dei ricorsi proposti negli interessi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME; udite le difese degli imputati che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la pronuncia indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per reati in materia di stupefacenti di cui agli artt. ~t 73, comma 1, e 74, comnni 2, 3 e 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (c.d. «T.U. stup.»), agli stessi rispettivamente ascritti nei termini di seguito specificati nella trattazione delle singole posizioni.
1.1. Trattasi, in estrema sintesi, per tutti, di partecipazione a un sodalizio ritenuto capeggiato da NOME COGNOME, fratello dell’attuale imputato NOME COGNOME, operante nel settore della cocaina, dell’eroina e del crack in Salerno e provincia, dal «febbraio/marzo 2019 con bcondotta perdurante» (capo 1).
1.2. Nei limiti di quanto di rilievo in questa sede, sono stati altresì accertati, quali reati fine, tutti qualificati ex art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, ventitré delitti ascritti a NOME COGNOME ai capi 20, 21, 22, 41, 42 e 43 e le fattispecie imputate al capo 80: otto reati, di cui uno tentato, variamente contestati come commessi in concorso (anche) da NOME COGNOME, NOME COGNOME e suo figlio NOME COGNOME.
Avverso la sentenza sono stati proposti ricorsi negli interessi degli imputati con articolazione dei motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) e ulteriormente specificati in sede di loro specifica trattazione.
Nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso fondato su cinque motivi.
Si impugna la sentenza di condanna per la partecipazione all’associazione ascritta al prevenuto al capo 1, con il ruolo di procacciatore di stupefacenti per il gruppo tramite contatto diretto con il soggetto di vertice (suo fratello NOME COGNOME), e per le otto fattispecie di cui all’art. 73, connma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, aventi a oggetto cocaina, eroina e crack, contestategli al capo 80 come commesse in concorso con altri sodali (quella del 23 ottobre 2019 derubricata già in primo grado in tentativo).
3.1. I primi quattro motivi si appuntano sulla ritenuta responsabilità per il capo 80 e deducono violazioni di legge, anche processuale, e vizio cumulativo di motivazione, compreso il travisamento della prova.
3.1.1. L’accertamento dei fatti e la ritenuta responsabilità dell’imputato fonderebbero su una prova indiziaria il cui processo logico-inferenziale avrebbe reiterato i vizi della sentenza di primo grado. Esso si COGNOME basato solo su una
sommatoria di plurimi indizi costituiti da elementi emergenti dagli esiti delle intercettazioni (telefoniche e tra presenti), dei servizi di polizia giudiziar tracciamento/positioning attivato su utenze telefoniche ma non valutati in termini di gravità e di convergenza verso il fatto ignoto da provare.
3.1.2. Il percorso logico-giuridico sotteso all’accertata responsabilità del prevenuto COGNOME perCOGNOME il frutto della violazione dei diritti di difes dell’imputato, causa di nullità della sentenza ex art. 178, lett. c, cod. proc. pen. La violazione dei diritti difensivi COGNOME la conseguenza della mancata considerazione delle deduzioni di cui alla memoria depositata nel giudizio d’appello l’11 settembre 2024, a prescindere dalla loro rilevanza e decisività, della cui valutazione vi COGNOME traccia solo in un passaggio a pag. 42 della sentenza relativo alla fattispecie contestata come commessa il 19 luglio 2019.
L’omessa considerazione degli assunti difensivi di cui alla citata memoria (allegata al ricorso per ragioni di c.d. «autosufficienza»), se non tale da fondare di per sé la nullità della sentenza, evidenzierebbe perlomeno la carenza e la manifesta illogicità dell’apparato motivazionale del provvedimento impugnato. La Corte territoriale neanche implicitamente avrebbe mostrato di aver vagliato le relative prospettazioni difensive, comunque afferenti ai motivi d’appello, prospettate come concretamente idonee a scardinare l’avversata decisione quanto a ciascuna delle otto fattispecie ascritte al capo 80, nei termini di seguito sintetizzati e ulteriormente specificati in sede di disamina delle singole doglianze.
3.1.3. Nello specifico ma in estrema sintesi, quanto al reato contestato come commesso il 28 maggio 2019, la Corte territoriale non si COGNOME confrontata con plurime deduzioni difensive decisive, in quanto idonee a scardinare il fondamento del ragionamento inferenziale, tra cui gli esiti della conversazione n. 300 del 28 maggio 2019, ore 13:40:13 (di cui a pag. 292 e s. dell’informativa). A ciò si aggiungerebbe il travisamento dell’intercettazione ambientale n. 179 delle ore 13:42:17 del 28 maggio 2019 (Rit. 832/19), quanto al suo contenuto in quanto emergente in termini diversi dalle plurime trascrizioni agli atti.
3.1.4. La Corte territoriale non si COGNOME confrontata altresì con specifiche deduzioni difensive anche quanto alla ricostruzione del reato contestato come commesso il 5 luglio 2019, con conseguente manifesta illogicità della motivazione nell’aver inferito l’incontro tra i fratelli NOME sulla base di u mero giudizio possibilistico.
3.1.5. La tenuta logica dell’apparato motivazionale sotteso all’accertato approvvigionamento del 17 luglio 2019, contestato come essere avvenuto all’esito di un incontro in una sala giochi situata all’interno di un’area di servizio, sconterebbe l’impossibilità, ammessa dalla stessa Corte territoriale, di spiegazioni alla circostanDkper cui l’incontro stesso COGNOME avvenuto dopo circa
novanta minuti di attesa da parte dell’imputato e che, all’esito, suo frat COGNOME intrattenuto all’interno del locale ancora per un’ora.
A ciò si a gg iun g erebbe il mancato confronto con q uanto dedotto con la memoria difensiva circa la portata, prospettata dalla difesa come «allarmante del si g nificato della conversazione telefonica intercorsa tra NOME COGNOME COGNOME sodale delle ore 19:50:28, cin q ue minuti dopo l’incontro tra i due fratelli. Il riferimento è al pro g ressivo n. 1318 (Rit.940/19) la cui trascrizione risulterebbe dall’informativa ac q uisita a g li atti (pa g . 434). Nel corso di essa si farebbe riferimento a rapporti con COGNOME so gg etto («NOME») e g li interlocutori avrebbero esternato il timore che q uesti potesse fare q ualche «ma g a g na» con riferimento a una macchina da vendere, concludendo nel senso per cui nel caso di mancata vendita avrebbe tz dovuto restituire loro chiavi e libretto. In tes difensiva il contenuto della detta conversazione avrebbe avuto efficac destabilizzante l’iter lo g icog iuridico sotteso alla decisione in ra g ione della portata incerta de g li ulteriori indizi ac q uisiti.
3.1.6. Circa il rifornimento contestato come avvenuto il 19 lu g lio 2019, la memoria difensiva avrebbe sollecitato la valutazione di elementi probatori a g li ciu4.0 atti tali da scardinare il ra g ionamento inferenziale del g iudice di e-10,14 g rado. Il riferimento è a q uanto emer g e da g li atti di polizia g iudiziaria in merito alla circostanza per cui durante l’ipotizzato via gg io delgin g intatc. a Napoli per rifornirsi di stupefacente (da conse g nare al fratello) il dElLt telefono cellulare J. Q-COGNOME risultato a Salerno. Sul punto la Corte territoriale avrebbe fatto riferimento alla memoria difensiva ma ritenendo possibile che durante il viaggi a Napoli il prevenuto avesse lasciato il cellulare a Salerno. La d ar g omentazione COGNOME però illo g ica rispetto al dato, invero trascurato dalla Corte territoriale, per cui dall’ac q uisita informativa risulterebbe che nel medesimo contesto temporale dell’assunto via gg io a Napoli il telefono dell’imputato avrebbe a gg anciato, in Salerno, non una sola cella ma più celle (pa g . 439 dell’informativa finale). A ciò si a gg iun g erebbe il travisamento per mancata considerazione di un’altra intercettazione, la cui disamina COGNOME sta sollecitata con la memoria difensiva in q uanto idonea a disarticolare il ra g ionamento inferenziale sotteso alla decisione sul punto. Il riferimento sareb alla conversazione telefonica intrattenuta da NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME alle ore 13:56 del 19 lu g lio 2019 (come trascritta a pa g . 438 dell’informativa), nel corso della q uale il secondo avrebbe informato il primo della circostanza per cui COGNOME so gg etto, non indicato nominativamente, si COGNOME recato dal detto NOME COGNOME privo di cellulare. Tale so gg etto, in tesi difensiva, COGNOME potuto essere il fornitore e non l’attuale imputato, tanto c polizia g iudiziaria si determinò a effettuare un servizio di controllo
3.1.7. La tenuta logica dell’apparato motivazionale sotteso all’accertato approvvigionamento del 25 luglio 2019, al pari di quanto detto con riferimento a quello del 17 luglio 2019, COGNOME minata dalla circostanza per cui NOME COGNOME si COGNOME trattenuto a lungo all’interno della medesima sala giochi dopo aver incontrato il fratello. Ciò anche in ragione della prospettata mancata considerazione da parte della Corte territoriale di deduzioni difensive di cui alla trascurata memoria. Era stato evidenziato, in primo luogo, che dopo l’incontro tra i fratelli,NOME COGNOME si COGNOME allontanato alle ore 18:30 e che prima di contattare il sodale COGNOME, alle ore 19:01, il citato NOME COGNOME avrebbe fatto una breve sosta presso la propria abitazione (pag. 460 dell’informativ e conversazione n. 1507 del 25 luglio 2019, ore 19:01). In secondo luogo, i giudici d’appello non si COGNOMEro confrontati con quanto dedotto in memoria circa la conversazione intercorsa tra NOME COGNOME e COGNOME soggetto (NOME COGNOME) alle successive 19:05 (n. 8341, di cui a pag. 461 e s. dell’informativa). Il primo avrebbe telefonato al secondo prospettandogli che dopo circa un’ora COGNOME stato pronto, ma l’interlocutore gli avrebbe risposto di aver «fatto già» e che se l’avesse avvisato avrebbe atteso. Ne conseguirebbe da ciò, in tesi difensiva, l’incertezza circa la consegna dello stupefacente da parte del prevenuto. Si aggiunge infine la circostanza per cui ìclopo soli quattro giorni dall’incontro tra i due fratelli )NOME COGNOME avrebbe chiesto in prestito dello stupefacente ad COGNOME spacciatore (un «grammetto» di «veloce»), per come emergente dall’informativa finale (pag. 464). Tale deduzione difensiva di cui alla memoria non COGNOME stata considerata dalla Corte territoriale ancorché idonea, nella prospettazione dell’impugnante, a disarticolare il ragionamento logico-giuridico sotteso all’accertata consegna di stupefacente da parte dell’imputato.
3.1.8. Con riferimento alle due fattispecie del 5 e del 24 agosto 2019 si deduce l’illogicità dell’apparato motivazionale sotteso al rigetto delle relative censure d’appello (sostenute anche da memoria) oltre che il travisamento della prova da parte della Corte territoriale.
In estrema sintesi, la sentenza impugnata avrebbe omesso un sostanziale confronto con le deduzioni difensive circa la non conducenza, nella specie, dei dati del tracciamento dei telefoni cellulari nel senso dell’effettivo incontro con NOME COGNOME. Il percorso logico-giuridico sotteso all’accertato approvvigionamento COGNOME stato fondato su una presunzione e su un doppio e reciproco passaggio inferenziale. La prova dell’incontro con NOME COGNOME, in occasione del quale vi COGNOME stata la consegna a questi dello stupefacente, COGNOME stata raggiunta in forza di un ragionamento ipotetico, Itrzétta52, in quanto fondar sulla mera presenza dei soggetti nella medesima zona, e in considerazione delle condotte successive tenute dai sodali aventi a oggetto
stupefacenti e queste ultim, a loro volta, COGNOMEro state ritenute corroborate dall’intervenuto incontro.
3.1.9. La Corte territoriale, infine, non avrebbe considerato le deduzioni di cui alla memoria nel rigettare il motivo d’appello che si appuntava sulla conferma della responsabilità del prevenuto in merito alla fattispecie del 23 ottobre 2024, già riqualificata in primo grado in termini di tentato approvvigionamento da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME da un rivenditore di NapoliSecondigliano (tale NOME COGNOME).
Il ricorrente sostiene di aver dedotto con l’appello e ulteriormente esplicitato con la memoria non valutata che dalle stesse intercettate conversazioni utilizzate dal giudice di primo grado l’accertata condotta non avrebbe integrato gli estremi del tentativo. Non COGNOME emerso un accordo sul prezzo che COGNOME e COGNOME avrebbero dovuto corrispondere al venditore, avendo fatto riferimento i due imputati alla necessità di 6.800,00 euro ma alla disponibilità di soli 4.600,00 euro. Il tenore delle conversazioni, anche di quelle antecedenti all’incontro non andato a buon fine con NOME COGNOME, avrebbe dovuto condurre i giudici di merito a ritenere che il debito di 6.800,00 euro afferisse ad altra e diversa operazione (caratterizzata da «accordi già presi e precise obbligazioni già contratte»). Per converso, il riferimento ai 4.600,00 euro in tesi difensiva avrebbe riguardato un pagamento da effettuare a Salerno e non l’adempimento di un’obbligazione contratta con una persona incontrata a Napoli per la prima volta. I due imputati non conoscevano il fornitore napoletano con il quale, dunque, non era stata raggiunta alcuna intesa. Quanto innanzi circa la scarsa esperienza dell’imputato nell’acquisto di stupefacenti, mostrata dopo l’arresto di NOME COGNOME e di altri sodali, avrebbe infine dovuto essere letto nel senso per cui NOME COGNOME non fosse il rifornitore di suo fratello ma, al più, che il secondo fosse rifornitore del primo. 3.2. Con il quinto motivo si deduce la mancata considerazione delle deduzioni di cui alla memoria difensiva depositata in appello circa la partecipazione del prevenuto al sodalizio di cui al capo 1. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nell’apparato motivazionale sotteso alla confermata responsabilità di NOME COGNOME per la partecipazione al sodalizio, quale procacciatore per il gruppo di stupefacente, non vi COGNOME alcuna traccia di quanto dedotto con la memoria circa l’erroneità del ragionamento logico-inferenziale operato dal primo giudice. Il Tribunale avrebbe posto a base del ragionamento presuntivo sotteso alla ritenuta partecipazione i vari approvvigionamenti in favore del sodalizio da parte dell’imputato a loro volta poggianti, in tesi difensiva, su elementi congetturali.
Nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso fondato su due motivi.
Si impugna la sentenza di condanna per la partecipazione all’associazione ascritta al capo 1, con il ruolo di procacciatore di stupefacenti per il gruppo unitamente al sodale NOME COGNOME tramite contatto diretto con il soggetto di vertice (NOME COGNOMECOGNOME, e per fattispecie di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990. Trattasi di cinque dei reati contestatigli al capo 80 e accertati come commessi in concorso con altri sodali, tra cui NOME COGNOME, nei giorni 17, 19 e 25 luglio 2019, 24 agosto 2019 e 23 ottobre dello stesso anno (quest’ultimo derubricato già in primo grado in tentativo e quelli dei giorni 19 luglio e 24 agosto consumati in concorso anche con suo padre NOME COGNOME).
4.1. Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione, anche in termini di travisamento della prova, quanto alla ritenuta partecipazione dell’imputato al sodalizio di cui al capo 1, in termini sia oggettivi che soggettivi.
Sul punto la motivazione della sentenza impugnata COGNOME apodittica, in quanto sostanzialmente non tale da rispondere alle deduzioni dell’appellante, e )1, n , . fonderebbe solo su una serie ksupposizioni prive di riscontro, laddove, in tesi difensiva, a tutto concedere, si COGNOME trattato di mero concorso di persone in reato continuato (quello di cui al capo 80). La Corte territoriale avrebbe argomentato il cosciente contributo dell’imputato funzionale al sodalizio, quale procacciatore di stupefacente, da meri indizi sforniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, dovendo invece attribuirsi la frequentazione tra il prevenuto e i fratelli COGNOME a mere relazioni personali e non illecite. Ciò anche in considerazione della documentata ludopatia dell’imputato, causa della sua presenza all’interno della sala giochi ove COGNOMEro avvenuti, in parte, i rifornimenti di stupefacente in favore del gruppo. Le conversazioni su cui avrebbe fatto perno la sentenza impugnata, in particolare quella tra l’imputato e NOME COGNOME del 23 ottobre 2029 e quelle, in’carcere, tra il primo e suo padre NOME COGNOME, COGNOMEro state interpretate in modo illogico e travisante in quanto la loro lettura, a dire del ricorrente, non condurrebbe nel senso ritenuto dei giudici di merito. I colloqui in carcere COGNOMEro stati enfatizzati dalla Corte territoriale e il relativo contenuto travisato, dovendosi leggere in esse il solo timore di un padre in merito al possibile arresto del proprio figlio. L’imputato, in definitiva, si COGNOME limitato ad accompagnare NOME COGNOME nelle «sue sortite o a stazionare presso un luogo di incontro dei germani NOME», non potendo da ciò in alcun modo ricavarsi la cosciente condotta partecipativa in termini di effettivo contributo causale rispetto ai fini del sodalizio. Parimenti dicasi, per il ricorrente, quanto alle circostanze valorizza’NOME
dai giudici di merito circa gli accordi in ordine al noleggio dei veicoli ritenuti disposizione del sodalizio, in quanto giustificati solo da un rapporto di amicizia con il titolare della ditta di noleggio.
La Corte territoriale, in definitiva, senza confrontarsi con i motivi d’appello, avrebbe solo convalidato la sentenza di primo grado e fondato l’accertata cosciente partecipazione del prevenuto al sodalizio sulle evidenziate intercettazioni e su un episodio non indicato in rubrica («quello del primo settembre»).
4.2. Con il secondo motivo si deducono violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione, anche in termini di «travisamento dei fatti», quanto alla ritenuta responsabilità per cinque delle otto fattispecie di cui al capo 80.
Il ricorrente evidenzia le critiche mosse con i motivi d’appello in ordine a ciascuna delle consegne di stupefacente addebitategli come commesse unitamente a NOME COGNOME, criticando la sentenza d’appello per non aver preso posizione in merito a esse, se non con mero riferimento, ancora una volta, al contenuto dell’intercettazione del 23 ottobre 2019.
Nel dettaglio, quanto alle fattispecie accertate come consumate all’interno della sala giochi, il giudice d’appello non si COGNOME confrontato con le dedotte incongruenze e soprattutto con la documentata ludopatia del prevenuto che, a dire del ricorrente, avrebbe giustificato la sua presenza in loco e il suo allontanamento per dieci minuti per la necessità di recarsi nella propria abitazione per prelevare denaro (quanto allo specifico episodio del 25 luglio 2019).
Silente COGNOME stata altresì la Corte territoriale in merito alla prospettata assenza di riscontri oggettivi dell’assunta cessione di eroina del 19 luglio 2019 e dell’approvvigionamento del 24 agosto 2019, accertato come avvenuto alle ore 18:30 circa. Privo, anche quest’ultimo, di riscontri oggettivi e smentito, in tesi difensiva, da una telefonata delle ore 16:56 con la quale NOME COGNOME avrebbe invitato il sodale COGNOME a raggiungerlo novanta minuti prima del preteso rifornimento.
Non si rinverrebbe nella motivazione della sentenza traccia alcuna anche in merito alle censure d’appello relative alla fattispecie tentata del 23 ottobre 2019. L’accertamento si COGNOME fondato sugli esiti di una conversazione tra presenti intercorsa tra NOME COGNOME e l’imputato all’interno della vettura che, a dire dalla difesa, lascerebbe «ampio spazio a interpretazioni alternative».
Sarebbe infine sul punto contraddittoria la stessa configurabilità del tentativo, in ragione dell’assenza di prova di un pregresso accordo tra le parti (presunto venditore e presunti acquirenti), con conseguente eccessiva anticipazione delle soglie della punibilità.
(-2
Nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso fondato su quattro motivi.
Si impugna la sentenza di condanna per la partecipazione all’associazione ascritta al capo 1, con il ruolo di custode dello stupefacente approvvigionato per il gruppo anche da NOME COGNOME, e per fattispecie di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990. Trattasi di tre degli otto reati contestati al prevenuto al capo 80 e in particolare di quelli commessi il 19 luglio 2019 e il 24 agosto dello stesso anno, in concorso anche con suo figlio NOME COGNOME e NOME COGNOME, e il 5 agosto 2019, in concorso anche con il citato COGNOME.
5.1. Con i primi tre motivi si deducono violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione, anche in termini di travisamento della prova, quanto all’accertata commissione dei reati scopo di cui al capo 80 e alla ritenuta partecipazione dell’imputato al sodalizio di cui al capo 1, in termini sia oggettivi che soggettivi.
5.1.1. L’accertamento dei fatti e la ritenuta responsabilità dell’imputato fonderebbero su una prova indiziaria il cui processo logico-inferenziale avrebbe reiterato i vizi della sentenza di primo grado. Esso si COGNOME basato solo su una sommatoria di plurimi indizi costituiti da elementi emergenti dagli esiti delle intercettazioni, dei servizi di polizia giudiziaria e del tracciamento/positioning attivato su utenze telefoniche,ma in assenza di valutazione in termini di gravità di ciascuno di essi e di convergenza verso il fatto ignoto da provare. Nei termini di cui innanzi, perCOGNOME, i giudici di merito avrebbero violato la c.d. regola del ragionevole dubbio non confrontandosi con le ricostruzioni alternative dei fatti invece prospettate della difesa. L’iter logico-giuridico si COGNOME altresì sostanziato in violazione di legge anche perché caratterizzato da doppio e triplo passaggio inferenziale. I tre reati ascritti all’imputato al capo 80 COGNOMEro stati inferiti da elementi fattuali a loro volta ignoti /ma solo logicamente desunti, quali i viaggi di NOME COGNOME per approvvigionarsi di stupefacente e gli incontri tra questi e suo fratello. La cosciente condotta partecipativa al sodalizio COGNOME ulteriore fatto ignoto ritenuto provato in ragione dei tre reati scopo, desunti dal descritto doppio passaggio inferenziale.
5.1.2. Con specifico riferimento alle tre fattispecie di cui al capo 80, accertate come commesse il 19 luglio 2019, il 5 e il 24 agosto 2019, la difesa fa esplicitamente proprie le censure mosse con l’impugnazione proposta nell’interesse di NOME COGNOME, in ragione della circostanza per cui i giudizi di merito avrebbero sostanzialmente ripreso le relative argomentazioni al fine di fondare la responsabilità dell’imputato.
Quanto all’episodio del 19 luglio 2019 si deduce altresì la contraddittorietà (kW della motivazione che ., si COGNOME fatta carico della ricostruzione alternativa
prospettata dalla difesa ovvero della dedotta implausibilità di quella dei giudici di primo grado. Per l’allora appellante, COGNOME stato illogico da parte dell’imputato COGNOME depositare lo stupefacente presso l’abitazione del ricorrente sita in Giffoni Valle Piana, alle ore 15:33, per poi riprenderlo, alle 17:48, in vista della consegna a suo fratello. In tesi difensiva, invece, COGNOME stato più logico provvedere a una consegna diretta in favore di NOME COGNOME o perlomeno del quantitativo oggetto di effettiva dazione. In termini insanabilnnente contraddittori la Corte territoriale avrebbe invece prima affermato (a pag. 41) l’indisponibilità di stupefacente da parte del sodalizio dal 17 al 18 luglio 2019 e successivamente (a pag. 43) che la richiesta di approvvigionamento da parte di NOME COGNOME a suo fratello COGNOME avvenuta dopo il primo ritorno da Giffoni. Sostanzialmente negli stessi termini di cui al ricorso proposto da COGNOME, si deduce altresì il travisamento per la mancata considerazione degli esiti dell’intercettazione telefonica di cui al progressivo 7437 intercorsa il 19 luglio 2019, ore 13:56, tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, a cui la difesa attribuisce significatività nel senso dell’avvenuto approvvigionamento a opera di soggetto diverso da NOME COGNOME.
Circa i fatti del 5 e 24 agosto si ribadisce il difetto del procedimento inferenziale in quanto caratterizzato da doppio passaggio inferenziale al pari dell’iter logico-giuridico sotteso all’accertamento della cosciente condotta partecipativa al sodalizio. Essa COGNOME stata desunta dalle tre condotte ascritte al prevenuto al capo 80, dal sequestro operato a suo carico il 5 settembre 2019 e dalle intercettate conversazioni con il proprio figlio NOME COGNOME avvenute in carcere. Si COGNOME trattato perCOGNOME di esiti tratti dalle interlocuzioni tra i d familiari contraddittoriamente valutati dal giudice d’appello. In particolàre, COGNOME stata prima esclusa la loro portata sostanzialmente confessoria (a pag. 63) e poi sostenuta (a pag. 67) l’emersione dalle intercettazioni della consapevolezza da parte dell’imputato della sussistenza di indagini in merito a fattispecie associativa.
5.2. Il quarto motivo deduce violazione di legge in merito al trattamento sanzionatorio, con riferimento alla ritenuta sussistenza della recidiva qualificata ex art. 99, connnna quarto, cod. pen., e alla conseguente esclusione, ex art. 69, comma 4, cod. proc. pen., della prevalenza su essa delle circostanze attenuanti generiche.
Per il ricorrente per due ordini di motivi COGNOME stata erroneamente ritenuta sussistente la recidiva infraquinquennale in relazione alla detenzione di stupefacente del 5 settembre 2019, fattispecie per la quale l’imputato è stato , 9 condannato con sentenza della Corte d’appello n. 341 del 25 giugno 2020, divenuta irrevocabile il 24 febbraio 2021.
5.2.1. In primo luogo, ancorché ritenuta dai giudici di merito la continuazione c.d. esterna tra i reati sub iudice e quello di cui alla condanna irrevocabile, si tratterebbe di concorso formale eterogeneo tra il reato del 5 settembre 2019 e il reato di partecipazione al sodalizio ascritto al capo 1, avendo l’imputato con la medesima condotta violato due diverse disposizioni di legge (gli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990).
5.2.2. In secondo luogo, i reati sub iudice COGNOMEro stati commessi antecedentemente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna per il reato commesso il 5 settembre 2019, con conseguente impossibilità di considerare quest’ultimo ai fini della recidiva. Ciò anche con riferimento al reato di cui all’attuale capo 1, dovendosi ritenere la partecipazione dell’imputato al sodalizio cessata il 5 settembre 2019 in considerazione del suo arresto.
Nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso fondato su tre motivi.
Si impugna la sentenza di condanna per la partecipazione all’associazione ascritta al capo 1, con il ruolo di pusher, e per ventitré fattispecie di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 contestate ai capi 20, 21, 22, 41, 42 e 43.
6.1. I primi due motivi deducono violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione con riferimento alla confermata responsabilità per la partecipazione al sodalizio di cui al capo 1.
A dire del ricorrente, dalla lettura della sentenza impugnata risulterebbe insussistente la consapevole partecipazione dell’imputato al sodalizio per l’inconsapevolezza del proprio contributo causale ai fini associativi in termini duraturi e funzionali all’esistenza dell’associazione in un dato momento. Ciò anche in ragione dell’esiguità dei contatti tra NOME COGNOME e gli altri attuali imputati e dei giorni (solo quattro) in cui COGNOMEro state consumate le 23 cessioni. Quanto innanzi COGNOME decisivo, rileva il ricorrente, in considerazione dell’assenza della prova di una dissociazione dell’imputato dal sodalizio che invece avrebbe continuato a operare anche dopo la cessazione del contributo da lui offerto nel limitato periodo emergente dalle intercettazioni. L’inconsapevolezza dell’imputato di fare parte di un gruppo organizzato emergerebbe altresì dall’aver egli agito effettuando le contestate cessioni in via individuale e autonoma. Quanto innanzi si argomenterebbe, in tesi difensiva, dagli esiti delle intercettazioni eseguite 1’8 e il 9 giugno 2019, in ragione del dissenso manifestato dal prevenuto rispetto alle direttive impartite dai coimputati. I relativi esiti COGNOMEro stati invece valorizzati in senso inverso dai giudici di merito che non avrebbero però rigorosamente motivato sul punto.
6.2. Il terzo motivo si appunta sulla mancata riqualificazione del sodali nella fattispecie di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 e dei 23 reati fine nell’ipotesi di «lieve entità».
La Corte territoriale non avrebbe motivato in merito alle dedotte derubricazioni, pur avendo ritenuto in sede di commisurazione giudiziale della pena le ventitré cessioni di non elevata quantità. Per la difesa, alla detta considerazione COGNOME dovuta conseguire la riqualificazione di tutti i singoli reati fine ascritti al prevenuto nell’ipotesi di «lieve entità» e, quindi, la derubricazione dell’ascritta associazione nella fattispecie di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990. Si afferma ciò nell’esplicitata consapevolezza che, per pacifica giurisprudenza di legittimità / la valutazione dell’offensività della condotta, per i fini interessati delle censure in esame, non potrebbe ancorarsi unicamente al quantitativo spacciato e che non COGNOME dato ritenere di lieve entità il fatto compiuto nel quadro della gestione di una piazza di spaccio, in gli . anta caratterizzata da un’organizzazione di supporto finalizzata ad assicurare uno stabile commercio di stupefacenti.
Le parti hanno discusso e concluso nei termini di cui in epigrafe, previa separazione della posizione del ricorrente NOME COGNOME all’esito dell’accoglimento dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono inammissibili il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e le censure mosse da NOME COGNOME e NOME COGNOME all’apparato motivazionale della confermata responsabilità per la fattispecie tentata del 23 ottobre 2019 (di cui al capo 80). Per converso, nei limiti e termini di seguito specificati, sono fondate le ulteriori doglianze mosse dai due ricorrenti da ultimo citati oltre che quelle dedotte da NOME COGNOME in merito alla responsabilità per i reati contestati (con assorbimento del quarto motivo proposto da quest’ultimo ricorrente sostanzialmente censurante il trattamento sanzionatorio).
Come sintetizzato in sede di ricostruzione del fatto processuale, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per reati in materia di stupefacenti di cui agli artt. 73, comma 1, e 74, commi 2, 3 e 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (c.d. «T.U. stup.»), agli stessi rispettivamente ascritti nei termini di seguito specificati.
2.1. Trattasi, in estrema sintesi, per tutti, di partecipazione a un sodalizio ritenuto capeggiato da NOME COGNOME, fratello dell’attuale imputato NOME COGNOME, operante nel settore della cocaina, dell’eroina e del crack in Salerno e provincia, dal «febbraio/marzo 2019 con condotta perdurante» (capo 1).
La stabile organizzazione, dotata anche di una propria contabilità, di utenze telefoniche «dedicate» agli interessi del sodalizio intestate a terzi soggetti e da svariati mezzi di locomozione anche appositamente noleggiati, è stata accertata come caratterizzata da basi operative e basi logistiche. Le prime, abitazioni ed esercizi commerciali, utilizzate quali luoghi d’incontro tra i sodali e tra essi e gl acquirenti mentre le seconde adibite a luoghi di stoccaggio dello stupefacente, tra cui l’abitazione dell’imputato NOME COGNOME, oltre che a laboratori per la preparazione del crack, il «taglio» dello stupefacente e il confezionamento delle dosi.
I mezzi di locomozione assicuravano il trasporto dello stupefacente, generalmente acquistato tramite trasferte nel territorio napoletano, e le cessioni a terzi. Queste ultime avvenivano anche mediante ordinazioni rivolte a sodali con funzione di «centralinisti» e fungenti da tramite tra acquirenti e pusher operanti per zone in ragione di specifica turnazione e mediante un linguaggio criptico collaudato. Trattavasi infatti di terminologie comuni agli associati e comprese dagli stabili acquirenti che contattavano le diverse utenze a seconda del tipo di stupefacente desiderato. Sono stati in particolare ritenuti ricorrenti i riferimenti a termini ed espressioni: «scuro», «c.d. d’amore», «lento», «nera», «magliette nere», per indicare l’eroina; «veloce», «bianca», «chiara», «c.d. da discoteca», riferite alla cocaina; «per fumare», «pietre», «cucinato», per indicare il crack, laddove non individuato esplicitamente.
La compagine associativa è stata accertata come composta (anche) da altri sodali (in numero superiore a dieci), già giudicati separatamente, con funzioni di depositari dello stupefacente, addetti al relativo taglio e confezionamento nonché alla gestione del «centralino».
Nei limiti di quanto di rilievo in questa sede, è stata accertata altresì la specifica condotta partecipativa degli attuali imputati. In particolare: NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali procacciatori di stupefacente per il gruppo tramite contatti diretti con il soggetto di vertice (NOME COGNOME); NOME COGNOME, padre del coimputato NOME COGNOME, quale custode dello stupefacente presso la propria abitazione, e NOME COGNOME con il ruolo di addetto allo smercio al dettaglio.
2.2. Sempre limitando i riferimenti a quanto pertinente all’attuale decisione, sono stati altresì accertati, quali reati fine, tutti qualificati ex art. 73, comma 1
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d.P.R. n. 309 del 1990, i ventitré delitti ascritti a NOME COGNOME ai capi 20, 21, 22, 41, 42 e 43 e le otto fattispecie di cui al capo 80.
I reati di cui al detto capo 80 sono stati ritenuti commessi nel 2019 da NOME COGNOME, il 28 maggio e il 5 luglio, da questi in concorso con NOME COGNOME (il 5 agosto) oltre che con l’imputato appena citato e il figlio NOME COGNOME, il 19 luglio e il 24 agosto, e con il solo NOME COGNOME nei giorni 17 e 25 luglio oltre che il 23 ottobre. Fattispecie, quest’ultima, già riqualificata da giudice di primo grado in termini di tentativo.
I ricorsi proposti negli interessi di NOME COGNOME e di NOME e NOME COGNOME sono suscettibili di trattazione congiunta in ragione della connessione delle principali questioni a essi sottese.
Il riferimento, in particolare, è anche al vizio di motivazione, in termini di manifesta illogicità, dedotto in ragione della sostanziale omessa considerazione delle prospettazioni difensive di cui alla memoria depositata nel giudizio d’appello 1’11 settembre 2024 nell’interesse di NOME COGNOME, di portata comune alle posizioni degli altri due imputati e anche da questi prospettate nei termini esplicitati dai rispettivi ricorsi (per la possibile rilevanza della mancat considerazione delle deduzioni difensive in termini di vizio nnotivazionale si vedano, ex plurimis: Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2025, Rv. 279578 – 01, e Sez. Il, n. 9471 del 21/01/2025).
3.1. Nello specifico, quanto al reato contestato (al capo 80) a NOME COGNOME come commesso il 28 maggio 2019, la Corte territoriale, in tesi difensiva, non si COGNOME confrontata con plurime deduzioni decisive, in quanto idonee a scardinare il fondamento del ragionamento inferertziale, e avrebbe travisato il contenuto dell’intercettazione ambientale 179 delle ore 13:42:17 del 28 maggio 2019 (Rit. 832/19).
3.1.1. In particolare, era stato dedotto, come emergente dalla sentenza di primo grado, che l’incontro tra l’imputato e il fratello NOME COGNOME, al quale i primo avrebbe consegnato lo stupefacente acquistato, non COGNOME avvenuto all’esito del ritorno del prevenuto da Napoli e zone limitrofe bensì da Siracusa e da L’Aquila. Sempre per come emergente dalla sentenza di primo grado, al momento del ritorno in città l’imputato COGNOME stato controllato dalle forze dell’ordine, dovendosi quindi presumere che se avesse detenuto stupefacente la polizia giudiziaria l’avrebbe rinvenuto e sequestrato. La logica smentita dell’avvenuto approvvigionamento si COGNOME dovuta rinvenire nella circostanza per cui, secondo la ricostruzione accertata dai giudici, la consegna nelle mani del fratello COGNOME avvenuta solo dopo circa ventiquattro ore dal ritorno in città.
Il ricorrente prosegue chiarendo che era stato altresì rilevato il travisamento degli esiti di un’intercettazione tra presenti avvenuta tra i due fratelli all’inter della vettura, una volta incontratisi per la supposta consegna di stupefacente il 28 maggio 2019 alle ore 13:42:17 (ambientale n. 179-Rit. 832/19). Si tratterebbe di una conversazione trascritta prima dalla polizia giudiziaria, inserita nell’informativa dell’i agosto 2020 acquisita al processo con il consenso delle parti, e poi da parte del perito nominato dal Tribunale con elaborato successivamente anche integrato dallo stesso perito (la dott.ssa COGNOME). Nel dettaglio, si COGNOME argomentato da una frase asseritamente pronunciata dal prevenuto e facente riferimento alla cocaina («…ma la cocaina ti è finita? …»), che invece non COGNOME stata pronunciata, oltre che attribuito all’imputato l’esortazione di alzare il volume della radio invece operata dal fratello (pag. 37 della sentenza impugnata). Si tratterebbe in particolare del riferimento alla trascrizione effettuata (dalla polizia giudiziaria e poi) dal perito COGNOME ma avente contenuto nettamente diverso da quella effettuata dal secondo perito (il dott. COGNOME), quello nominato dal Tribunale su esortazione del Pubblico Ministero in ragione degli esiti ritenuti incerti della prima perizia. Dalla perizia del dot COGNOME, allegata al ricorso, emergerebbe che non COGNOME stato l’imputato a esortare l’aumento del volume bensì suo fratello e, soprattutto, non risulterebbe alcun riferimento alla cocaina.
A ciò si aggiungerebbe /infine /la mancata considerazione da parte del giudice d’appello di quanto dedotto con la memoria difensiva circa l’omessa valutazione da parte del giudice di primo grado della conversazione n. 300 del 28 maggio 2019, ore 13:40:13 (di cui a pag. 292 e s. dell’informativa). Nel corso di essa, poco prima dell’incontro tra i due fratelli, NOME COGNOME interloquendo con COGNOME sodale avrebbe fatto riferimento a un «pacchetto di sigarette» (discorso poi ripreso nella vettura con il prevenuto). Riferimento che, a dire della difesa, avrebbe portata disarticolante l’iter logico-giuridico s9tteso alla decisione, deponendo nel senso di un rifornimento di stupefacente già avvenuto prima dell’incontro dei due fratelli da parte di COGNOME soggetto e non del prevenuto.
Da tutto quanto innanzi evidenziato, ne conseguirebbe, per il ricorrente l’erroneità e l’illogicità dell’apparato motivazionale fondante la ritenuta responsabilità in quanto facente perno sull’unico indizio costituito dall’incontro tra i due fratelli.
3.1.2. Orbene, sussiste il dedotto travisamento nel quale è incorsa la Corte territoriale relativo alla conversazione intrattenuta dai due fratelli all’interno dell vettura il 28 maggio 2019 alle ore 13:42:17 (ambientale n. 179-Rit. 832/19), i cui esiti sono stati posti dalla sentenza impugnata a fondamento della confermata responsabilità dell’imputato.
Dalla sentenza di primo grado oltre che dai relativi verbali allegati al ricorso di NOME COGNOME emerge l’acquisizione, con il consenso delle parti, dell’informativa contenente (anche) le prime trascrizioni delle intercettazioni eseguite direttamente dalla polizia giudiziaria (allegata al ricorso), tra cui la trascrizione della conversazione tra presenti n. 179 del 28 maggio 2019. In dibattimento è stata disposta con perizia la trascrizione di talune intercettazioni, compresa la n. 179, con incarico conferito alla dott.ssa COGNOME. Su richiesta del Pubblico Ministero è stata altresì disposta un’integrazione della perizia al fine di trascrivere alcune conversazioni non indicate in precedenza e di integrare la precedente relazione peritale, anche quanto all’indicazione dei nomi dei conversanti. Successivamente, in ragione di ritenute imperfezioni e imprecisioni dell’elaborato peritale, è stato nominato COGNOME perito, il dott. COGNOME, a cui è stato affidato l’incarico di trascrivere determinate intercettazioni, tra cui la citata n 179 del 28 maggio 2019.
Come effettivamente dedotto dal ricorrente, la trascrizione della citata conversazione ambientale n. 179 eseguita dalla dott.ssa COGNOME riporta un riferimento dei due fratelli a sostanza stupefacente (cocaina), in ciò sostanzialmente coincidendo con la trascrizione operata dalla polizia giudiziaria e risultante dall’informativa finale acquisita agli atti. Per converso, la medesima conversazione trascritta dal perito COGNOME non riporta alcun riferimento a sostanza stupefacente.
La sentenza di primo grado nel trattare la fattispecie del 28 giugno 2019 (pag. 22-28) non fa riferimento al contenuto dell’intercettazione n. 179, ritenendo accertata la consegna di stupefacente dall’imputato a suo fratello all’esito della valutazione di altri elementi probatori. La Corte territoriale, per converso, ha ritenuto di fondare l’accertamento della responsabilità dell’imputato anche e soprattutto in ragione della valutazione degli esiti della conversazione in oggetto (pag. 37) ma facendo esplicito riferimento a quanto emergente dalla trascrizione eseguita dalla dott.ssa COGNOME (all’esito della perizia integrativa) e senza confrontarsi con i diversi esiti della perizia eseguita dal dott. COGNOME, della quale non emerge cenno alcuno alla cocaina.
Trattasi di travisamento per omessa considerazione anche degli esiti della perizia eseguita dal dott. COGNOME, la cui decisività rispetto all’iter logico-giuridic sotteso alla decisione di secondo grado implica l’assorbimento, in questa sede, dei profili di censura che si appuntano sul mancato confronto con gli esiti della perquisizione eseguita a carico dell’imputato e con gli elementi emergenti dalla conversazione n. 300 del 28 maggio 2019, ore 13:40:13, tutti risultanti dall’informativa acquisita agli atti.
3.2. Circa il reato ascritto a NOME COGNOME al capo 80 come commesso il 5 luglio 2019, i giudici d’appello, per il ricorrente, non si COGNOMEro confrontati con la memoria difensiva quanto alla prospettata incertezza del motivo del viaggio dell’imputato a Napoli, effettuato la sera antecedente all’incontro con il fratello, e con la mera possibilità dell’avvenuto incontro in quanto dedotta in ragione della prossimità dei rispettivi telefoni cellulari. Per il ricorrente, infin non COGNOME stata considerata la tesi alternativa per cui all’esito dell’incontro tra i due fratelli COGNOME stato il prevenuto a ricevere stupefacente per uso esclusivamente personale.
3.2.1. La Corte territoriale si confronta con le deduzioni difensive che si appuntano sull’asserito diverso motivo del viaggio a Napoli, ritenendole solo meramente prospettate (pag. 38 e ss. della sentenza impugnata) ma, nel resto, rende sul punto una motivazione manifestamente illogica in quanto congetturale anche perché caratterizzata da plurimi e reciproci passaggi inferenziali.
3.2.2. Si ritiene raggiunta la prova della finalità del viaggio a Napoli (l’approvvigionamento di stupefacente) sostanzialmente in ragione del successivo incontro tra i fratelli e delle condotte poi tenute da taluni sodali e aventi a oggetto sostanze stupefacenti. L’incontro, nel corso del quale COGNOME avvenuta la dazione dello stupefacente, è però un dato incerto in quanto presunto in ragione delle celle agganciate dai rispettivi telefoni cellulari. La dazione da fratello a fratello, a sua volta, è invece inferita dalle finalità de viaggio a Napoli oltre che dalle condotte successivamente tenute da taluni sodali (inerenti sostanze stupefacenti) ritenute però rilevanti per la prova della finalità del viaggio a Napoli e del successivo incontro con NOME COGNOME.
Ne è così conseguita la violazione dei principi governanti la c.d. «prova indiziaria».
Diversamente da quanto posto a base del ragionamento inferenziale operato dalla Corte territoriale, non può difatti desumersi l’esistenza di un fatto da un dato incerto ovvero da un fatto verosimilmente accaduto, supposto o intuito, essendo la certezza un requisito, benché non espressamente indicato nell’art. 192 cod. proc. pen., da ritenersi insito nella precisione esplicitamente evocata dalla citata norma (Sez. 1, n. 18149 dell’11/11/2015, dep. 2016, Rv. 266882 01; Sez. 2, n5838 del 09/02/1995, Rv. 201517 – 01). Nel muovere da un fatto noto per risalire a uno ignoto, altresì, non può utilizzarsi quest’ultimo come fonte di un’ulteriore presunzione, come invece avvenuto nella specie, in quanto la c.d. praesumptio de praesumptio contrasta con la regola della certezza dell’indizio che ha fonte nella sua necessaria precisione (Sez. 6, n. 37108 del 02/10/2020, Rv. 280195 – 01: Sez. 1, n. 4434 del 06/11/2013, dep. 2014, Rv, 259138 – 01). Sicché, deve ulteriormente chiarirsi in questa sede, per medesimezza di ratio, a
fortiori, diversamente da quanto emerge dalla sentenza impugnata, non è dato risalire a un fatto ignoto (oggetto dell’accertamento probatorio) ponendo a ba dell’inferenza un fatto ignoto al cui accertamento si pervenga muovendo proprio dal fatto ignoto da provare, in una sorta di «circolarità inferenziale».
3.3. La tenuta logica dell’apparato motivazionale sotteso ag approvvigionamenti dei giorni 17, 19 e 25 luglio 2019, accertati come commessi da NOME COGNOME COGNOME concorso con NOME COGNOME e, quanto alla seconda fattispecie, anche con NOME COGNOMECOGNOME risente dalla mancata considerazione d specifiche deduzioni difensive che necessitano di apprezzamenti e valutazioni d merito.
3.3.1. Circa il fatto accertato come commesso il 17 luglio 2019, rileva totale mancato confronto con quanto dedotto dalla difesa in merito alla porta disarticolante l’iter logico-giuridico seguito dal giudice di primo grado degli della conversazione telefonica intercorsa tra NOME COGNOME e COGNOME sodale ore 19:50, cinque minuti dopo il ritenuto incontro tra i due fratelli deputato consegna dello stupefacente. Il riferimento è al progressivo n. 1318 (Ri 940/19), la cui trascrizione è contenuta nell’informativa agli atti (pag. 434), quale conversazione, nella prospettazione difensiva, emergerebbero elementi non valutati dai giudici di merito e tali da far argomentare l’approvvigionamen in favore di NOME COGNOME come essere stato effettuato da COGNOME soggetto.
3.3.2. In ordine al rifornimento contestato come avvenuto il 19 luglio 2019 le difese hanno sollecitato la valutazione da parte dei giudici di merit elementi probatori agli atti suscettibili di scardinare il ragionamento inferen del giudice di pricfflo grado.
Il riferimento è a quanto emerge dagli atti di polizia giudiziaria in merito circostanza per cui durante l’ipotizzato viaggio a Napoli, finalizzat rifornimento di stupefacente da consegnare ad NOME COGNOMECOGNOME COGNOME telefon cellulare di NOME COGNOME COGNOME risultato a Salerno.
Sul punto la Corte territoriale nel farsi carico delle deduzioni difensi ~possibile che durante il viaggio a Napoli il prevenuto avesse lasciato cellulare a Salerno.
La motivazione si manifesta però illogica nella parte in cui non si confront con la deduzione difensiva per la quale, dall’acquisita informativa (pag. 43 risulta che nel medesimo contesto temporale dell’assunto viaggio a Napoli i telefono dell’imputato avrebbe agganciato, in Salerno, non una sola cella ma pi celle (pag. 439 dell’informativa finale). A ciò si aggiunge il totale man confronto con quanto dedotto in chiave difensiva circa gli elementi emergenti da altra intercettazione, prospettata come evidenziante un approvvigionamento C.Ifialn in favore del soggetto di vertice del sodalizio (NOME COGNOMECOGNOME a o
di COGNOME soggetto. Il riferimento è alla conversazione telefonica intrattenuta da NOME COGNOME con NOME COGNOME alle ore 13:56 del 19 luglio 2019 (come trascritta a pag. 438 dell’informativa finale).
3.3.3. Quanto all’approvvigionamento del 25 luglio 2019, la sentenza d’appello (pag. 43 e s.), in termini coerenti e non manifestamente illogici, si confronta con le deduzioni relative al perché della permanenza all’interno della sala giochi, escludendo anche in questo caso la rilevanza della ludopatia di NOME COGNOME, e ritiene irrilevante l’individuazione precisa del luogo ove NOME COGNOME si COGNOME recato per prelevare lo stupefacente. I giudici di merito, diversamente da quanto dedotto in tesi difensiva, fanno riferimento agli esiti dell’intercettazione n. 8341 delle 19:05, annoverandola tra quelle che, intervenute successivamente alla dazione in favore di NOME COGNOME, confermano l’approvvigionamento. A ciò aggiungasi che anche la sentenza di primo grado (pag. 29 e ss.) fa riferimento alla detta conversazione n. 8341, intercorsa tra NOME COGNOME e COGNOME soggetto, valutandola in relazione alla precedente telefonata tra i due delle ore 10:22 dello stesso giorno, nel corso della quale l’interlocutore chiede ad NOME COGNOME cosa manchi, se il «lento» o il «veloce», e il secondo evidenzia la mancanza del «veloce». Trattasi del progressivo 8297 del 25/19, ore 10:22 (Rit. 856/19), valutato anche dal giudice d’appello.
Fermo quanto innanzi, le censure sul punto sono fondate laddove deducono il vizio motivale frutto dell’omesso confronto da parte dei giudici d’appello con le deduzioni difensive, necessitanti di apprezzamento di merito, aventi non implausibile rilevanza sull’accertato approvvigionamento a opera di NOME COGNOME e NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME. Il riferimento è alla mancata considerazione, pur sollecitata dalla difesa, della conversazione trascritta a pag. 464 dell’informativa acquisita agli atti, nonostante la dedotta rilevanza in termini escludenti l’approvvigionamento in ragione della richiesta di stupefacente rivolta da NOME COGNOME rivolto ad COGNOME soggetto operante nel mercato illecito.
3.4. Con riferimento alle due fattispecie del 5 e del 24 agosto 2019 ascritte a NOME COGNOME in concorso con NOME e NOME COGNOME, la seconda, e con NOME COGNOME, la prima, si deduce l’illogicità dell’apparato nnotivazionale sotteso al rigetto delle relative censure d’appello (sostenute anche da memoria) oltre che il travisamento della prova da parte della Corte d’appello.
3.4.1. A sostegno della prova dell’assenza dell’incontro con NOME COGNOME era stato evidenziato che, come emergente dall’informativa acquisita: i rispettivi telefonini avevano agganciato diverse celle (il 5 agosto 2019) ovvero riguardavano diverse frazioni del comune di Salerno (il 24 agosto 2019); nella
medesima zona ove abitava NOME COGNOME risiedevano anche un fratello e una sorella dei congiunti NOME e ein la convocazione dei sodali da parte di NOME COGNOME COGNOME avvenuta prima di uno dei presunti incontri.
Nell’informativa, contenente anche i grafici dei relativi posizionannenti, quanto al rifornimento del 5 agosto 2019 si farebbe riferimento alla stessa località (Salerno-Matierno), nei pressi dell’abitazione di NOME COGNOME ma non bei medesimo luogo. Sicché la Corte d’appello nel ritenere realizzatosi l’incontro avrebbe travisato il dato probatorio, in quanto trovarsi nei pressi di qualcuno non implicherebbe l’aver incontrato costui. Dai grafici di cui a pag. 508 dell’informativa emergerebbe perCOGNOME la distanza tra i due fratelli, a dimostrazione del non intervenuto incontro.
Quanto alla fattispecie del successivo 24 agosto, nell’informativa si farebbe riferimento ad altra zona, «località Matierno/Cappelle di Salerno», invece indicata erroneamente dalla Corte d’appello quale essere la località ove insiste l’abitazione di NOME COGNOME. NOME COGNOME, in compagnia di NOME COGNOME, COGNOME giunto in loco alle 17:45 circa mentre già alle precedenti 16:56 NOME COGNOME avrebbe convocato il sodale NOME COGNOME per invitarlo a raggiungerlo presso la propria abitazione (come emergerebbe dall’informativa acquisita agli atti).
3.4.2. Orbene, la Corte territoriale nel farsi carico delle deduzioni difensive (pag. 44 e ss.), contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, valuta il dato probatorio emergente dalla citata conversazione intercorsa tra NOME COGNOME e NOME COGNOME ancorché quale elemento a carico, in quanto evidenziante la preventiva convocazione,, da parte del soggetto di vertice del sodalizio / di un associato in vista delle operazioni sullo stupefacente da effettuarsi all’esito dell’imminente approvvigionamento.
3.4.3. L’apparato motivazionale sotteso alla confermata responsabilità, nel mancato confronto con le deduzioni difensive, si manifesta invece illogico in più punti.
Si inferiscono gli avvenuti incontri con NOME COGNOME dalla mera localizzazione dei telefoni cellulari operata in forza dei dati del tracciamento, indicanti perCOGNOME celle differenti, in presenza quindi di elementi probatori della sola presenza nello stesso contesto territoriale. Ciò, perCOGNOME, in assenza di considerazione alcuna da parte dei giudici di merito delle superfici di copertura delle celle agganciate e previa svalutazione apodittica delle deduzioni difensive circa la residenza in loco anche di altri fratelli di NOME e NOME COGNOME. Dagli incontri con NOME COGNOME, risultanti dalla prova indiziaria fondante su un dato non certo, si inferisce altresì la dazione dello stupefacente in suo favore in ragione dalla condotta successivamente tenuta da taluni sodali e avente a
oggetto sostanze stupefacenti ma la cui provenienza dagli attuali imputati, a sua volta, è ritenuta provata dall’incontro con NOME COGNOME.
Ne è così conseguita la violazione dei principi governanti la c.d. «prova indiziaria» in termini sostanzialmente analoghi a quelli già esplicitati nel precedente paragrafo 3.2.2.
3.5. Sono invece inammissibili sotto plurimi profili le censure di NOME COGNOME e NOME COGNOME che si appuntano sull’apparato motivazionale sotteso alla confermata responsabilità per la fattispecie tentata contestata al capo 80 come commessa il 23 ottobre 2019.
3.5.1. In primo luogo, si deducono critiche diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità, con conseguente inammissibilità ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen. (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, 288486 – 01, in motivazione, tra le più recenti, e Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Rv. 254584 – 01; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Ci si riferisce alle doglianze in fatto, con le quali si prospettano anche alternative valutazioni probatorie. Dalle conversazioni captate, poste a base della c.d. «doppia conforme di condanna», in tesi difensiva i giudici di merito avrebbero dovuto trarre l’insussistenza del tentativo di acquisto di stupefacente da parte dei due imputati. Per la lettura del materiale probatorio nella quale si articolano le doglianze, in particolare, non COGNOME emerso un accordo sul prezzo che COGNOME e COGNOME avrebbero dovuto corrispondere al venditore, avendo fatto riferimento i due imputati alla necessità di 6.800,00 euro ma alla disponibilità da parte loro di soli 4.600,00 euro. Il tenore delle conversazioni, anche di quelle antecedenti all’incontro non andato a buon fine con il venditore, in definitiva, per la ricostruzione alternativa dei fatti in chiave difensiva, avrebbe dovuto condurre i giudici di merito a ritenere che il debito di 6.800,00 euro afferisse ad altra e diversa operazione (caratterizzata da «accordi già presi e precise obbligazioni già contratte»). Per converso, il riferimento ai 4.600,00 euro in tesi difensiva avrebbe riguardato un pagamento da effettuare a Salerno e non l’adempimento di un’obbligazione contratta con una persona incontrata a Napoli per la prima volta.
3.5.2. Laddove non in fatto, le censure non si confrontano con la ratio decidendi del provvedimento impugnato, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso il ricorso per cassazione (per la rilevanza del profilo d’inammissibilità, ex plurimis, oltre ai riferimenti giurisprudenziali da ultimo richiamati, Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, Rv. 286468 – 01).
La sentenza d’appello è lungi dal non aver considerato le deduzioni difensive sul punto.
La Sentenza di primo grado (pag. 32 e ss.), valutati gli elementi probatori emergenti dalle captate conversazioni, ha riqualificato in tentativo di acquisto la fattispecie contestata come acquisto di stupefacente, avendo accertato la mancata conclusione dell’accordo sul prezzo.
La sentenza di secondo grado (pag. 46 e ss.) si fa carico delle deduzioni difensive, sostanzialmente riproposte in sede di legittimità nei termini innanzi evidenziati.
Con motivazione non censurabile in questa sede, in quanto coerente e non manifestamente illogica, la Corte territoriale ha accertato la destinazione del denaro all’acquisto di stupefacente (e non ad altri fini) in forza di accordi di massima già raggiunti ancorché non in merito al prezzo da versare. La serietà delle trattative è stata altresì ritenuta in ragione della rilevante somma di denaro con la quale gli imputati avevano intrapreso il viaggio per approvvigionarsi di stupefacente.
Nella specie, quindi, è stato correttamente ritenuto integrato il tentativo di acquisto, versandosi in una fase antecedente all’incontro delle volontà ma caratterizzata da trattative, effettivamente intercorse, univoche e idonee a conseguire seriamente il reciproco consenso in merito all’effettiva compravendita mediante il raggiungimento dell’effettivo accordo ma non andate a buon fine per il mancato accordo sul prezzo (in merito alla configurabilità del tentativo di acquisto si vedano, ex plurimis: Sez. 3, n. 41096 del 30/01/2018, Rv. 273961 01; Sez. 5, n. 54188 del 26/09/2016, Rv. 268749 – 01; Sez. 4, n. 6781 del 23/01/2014, Rv. 259283 – 01; Sez. 2, n. 32299 del 22/05/2002, Rv. 219706 01).
3.6. Quanto innanzi complessivamente evidenziato circa i plurimi vizi dell’apparato motivazionale sotteso all’accertamento delle responsabilità dei tre ricorrenti in merito aF capo 80, eccettuata la fattispecie tentata del 23 ottobre 2019, manifesta l’illogicità della motivazione quanto alla loro accertata partecipazione al sodalizio.
3.6.1. Come evidenziato al precedente paragrafo 2.1., i giudici di merito hanno accertato la compagine associativa come composta, oltre che dagli attuali imputati, anche da altri sodali (in numero superiore a dieci), già giudicati separatamente, con funzioni di depositari dello stupefacente, addetti al relativo taglio e confezionannento nonché alla gestione del «centralino». La specifica condotta partecipativa di NOME COGNOME e dei congiunti COGNOME è stata fondata essenzialmente sugli accertati reati fine agli stessi contestati al capo 80. In particolare, principalmente in forza delle condotte ascritte al capo 80, NOME
COGNOME e NOME COGNOME sono stati ritenuti procacciatori di stupefacenti per il gruppo, tramite contatti diretti con il soggetto di vertice (NOME COGNOME), NOME COGNOME è stato giudicato partecipe in ragione della sua funzione di custode dello stupefacente presso la propria abitazione (nella quale lo stupefacente era stoccato per essere prelevato in vista delle consegne nella mani del vertice del sodalizio, NOME COGNOME).
3.6.2. Ne consegue che le ragioni dell’accoglimento delle doglianze in merito a tutti i reati fine del sodalizio ascritti a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, a eccezione della fattispecie tentata accertata come commessa dei primi due citati imputati il 23 ottobre 2019, fonda anche l’accoglimento delle censure che si appuntano sulla ritenuta partecipazione degli stessi al sodalizio di cui al capo 1, oltre a implicare l’assorbimento, in questa sede, della decisione in merito alle doglianze di NOME COGNOME (di cui al quarto motivo del ricorso proposto nel suo interesse e inerente sostanzialmente al trattamento sanzionatorio).
Nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso fondato su tre motivi che si appuntano sull’apparato motivazionale sottostante all’accertata responsabilità per la consapevole partecipazione al sodalizio, alla mancata riqualificazione nella fattispecie di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 e all’esclusa derubricazione dei ventitré reati fine nell’ipotesi di «lieve entità» astrattamente prevista dal quinto comma del precedente art. 73.
4.1. Come già sintetizzato, i giudici di merito hanno accertato la responsabilità per le ventitré cessioni imputate al prevenuto, con statuizione sul punto non sindacata se non quanto all’esclusa sussunzione nell’ipotesi di «lieve entità». Si è trattato di cessioni inseritesi nella gestione della piazza di spaccio di riferimento, aventi a oggetto «non insignificanti quantitativi di stupefacente» di diversa tipologia (pag. 59 e s. della sentenza impugnata) nonché commesse dall’imputato nella consapevole partecipazione al più volte descritto sodalizio.
L’associazione è stata accertata come essere in grado di diffondere in modo sistematico sostanze stupefacenti di varia tipologia sul mercato illecito, in forza anche della disponibilità di utenze telefoniche e mezzi di locomozione a ciò dedicati e di un’organizzazione fondata su rapporti tra «centralinisti», pusher e acquirenti. È stata altresì ritenuta consapevole l’assunzione da parte del prevenuto delle funzioni di pusher in seno al sodalizio, ancorché per il breve tempo oggetto di indagini tecniche coinvolgenti la sua posizione, in ragione del suo inserimento nel collaudato sistema di turnazione con riferimento alla piazza di spaccio di riferimento e in stretto contatto tanto con i soggetti di vertice dell’associazione, tra cui NOME COGNOME e sodali da questi delegati, quanto con
gli acquirenti. Funzione consapevolmente assicurata dall’imputato alle finalità del sodalizio anche mediante il consapevole utilizzo di utenza telefonica «dedicata» dall’associazione all’espletamento della specifica mansione.
4.2. Orbene, le doglianze, suscettibili di trattazione congiunta, al netto dell’estrinseca aspecificità per manato confronto con la ratio decidenti innanzi sintetizzata, sono inammissibili ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., perché deducenti critiche diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità.
Il riferimento è alle censure in fatto con le quali si prospettano anche alternative valutazioni probatorie dei medesimi elementi che i giudici di merito hanno posto alla base della confermata condanna nei termini già sintetizzati.
In particolare, a dire del ricorrente, gli stessi elementi probatori posti a fondamento della sentenza impugnata escluderebbero la consapevole partecipazione dell’imputato al sodalizio, in forza dell’alternativa lettura nella quale inammissibilmente si articolano le doglianze. L’esiguità dei contatti con i sodali, tra cui il soggetto di vertice (NOME COGNOME), e la breve durata degli stessi in quanto protrattisi per soli quattro giorni, pur se funzionali alla commissione dei ventitré reati fine accertati come commessi dal prevenuto, avrebbero dovuto condurre nel senso dell’inconsapevolezza in capo a NOME COGNOME circa il proprio contributo causale ai fini associativi. L’inconsapevolezza dell’imputato di fare parte di un gruppo organizzato emergerebbe altresì dall’aver egli agito effettuando le contestate cessioni in via individuale e autonoma. Alle conclusioni di cui innanzi, in tesi difensiva, si perverrebbe in forza di una diversa (ma inammissibile) valutazione degli esiti delle intercettazioni eseguite l’8 e il 9 giugno 2019, evidenzianti, in tesi difensiva, il dissenso manifestato dal prevenuto rispetto alle direttive impartitegli dagli appartenenti al sodalizio. Per quanto evidenziato dallo stesso ricorrente, si tratterebbe di deduzioni difensive colte dai giudici di merito in quanto incentrate sulle medesime intercettazioni i cui elementi sono stati invece valorizzati quale fondamento dell’accertata responsabilità (pag. 53 e ss., in particolare 56 e ss. della sentenza impugnata). Parimenti dicasi quanto alla negata riqualificazione giuridica dei fatti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Alle valutazioni dei giudici di merito, esplicitate, nei termini innanzi sintetizzati, con motivazione esente da censure in sede di legittimità in quanto coerente e non manifestamente illogica, il ricorrente mira inammissibilmente a sostituire le proprie. Ciò, perCOGNOME, facendo perno su un riferimento operato ad altri fini – in sede di comnnisurazione giudiziale della pena – alla non elevata quantità di stupefacente oggetto delle singole ventitré cessioni. Non confrontandosi quindi il ricorso con la più volte descritta peculiare offensività delle condotte, relative a cessioni di «non insignificanti quantitativi di stupefacente», realizzate con le evidenziate modalità gestorie della piazza di
spaccio da parte del sodalizio, caratterizzate anche dalla presenza costante dei pusher, tra cui l’imputato, operanti secondo un sistema di turnazione e secondo una collaudata triangolazione degli ordinativi tra acquirenti, pusher e «centralinisti».
Il profilo di censura in esame, come detto articolato squisitamente in fatto, si mostra perCOGNOME aspecifico in termini non solo estrinseci, per il mancato confronto con le ragioni fondanti la decisione, ma anche intrinseci.
Come sintetizzato in sede di ricostruzione del fatto processuale, il ricorrente difatti fonda la sua inammissibile rilettura degli elementi probatori su un assunto che in:2=l, nella stessa proposizione della censura, conduce nel senso delle opposte conclusioni fatte invece proprie dai giudici di merito. A pag. 14 del ricorso si sostiene difatti che per la pacifica giurisprudenza di legittimità la valutazione dell’offensività della condotta, per i fini interessati dalle censure in esame, non potrebbe ancorarsi unicamente al quantitativo spacciato dovendosi icuro 0.5et fare riferimento alle concrete capacità d’azione, come effettivamente kr;n3uimtD dai giudici di merito. Non COGNOME dato ritenere di lieve entità, continua sul punto il ricorrente, il fatto compiuto, come nella specie, nel quadro della gestione di una piazza di spaccio, in quanto caratterizzata da un’organizzazione di supporto finalizzata ad assicurare uno stabile commercio di stupefacenti.
A quanto innanzi è appena il caso di aggiungere, circa la negata riqualificazione del sodalizio, l’assorbente considerazione per cui, per pacifica e costante giurisprudenza di legittimità, la fattispecie associativa prevista dall’art. art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e, per quanto maggiormente rileva in questa sede, che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, circostanza esclusa dai giudici di merito nella specie (ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025; Sez. 4, n. 10897 del 29/01/2025).
5. In conclusione, dev’essere annullata la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione dell’indicata Corte d’appello, in relazione ai fatti di cui ai capi 1 e 80, a eccezione del reato tentato del 23 ottobre 2019 agli stessi ascritto al medesimo capo 80. Con riferimento al detto reato tentato, all’inammissibilità dei relativi motivi di ricorso segue ex art. 624, comma 2, cod. proc. pen. la dichiarazione d’irrevocabilità dell’affermatione della responsabilità di NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOMECOGNOME
Deve altresì essere annullata la medesima sentenza nei confronti di NOME COGNOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Salerno.
Deve infine dichiararsi inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, con conseguente condanna del detto ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende (misura ritenuta equa, ex art. 616 cod. proc. pen. come letto da Corte cost. n. 186 del 2000, in considerazione dei profili di colpa nella determinazione delle cause di inannmissibilità emergenti dai ricorsi nei termini innanzi evidenziati).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME in relazione ai fatti di cui ai capi 1) e 80) ad eccezione del fatto del 23/10/2029 contestato al capo 80) e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Salerno. Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME in relazione al fatto del 23/10/2019 contestato al capo 80). Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità di COGNOME NOME e COGNOME NOME in relazione al fatto del 23/10/2019 contestato al capo 80). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Salerno. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 ottobre 2025