Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3658 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3658 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME, nato a Fier (Albania) il DATA_NASCITA
NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 07/12/2022 dalla Corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; uditi i difensori dei ricorrenti, AVV_NOTAIO per NOME ed AVV_NOTAIO per NOME, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bari ha confermato la condanna dei cittadini albanesi NOME ed NOME COGNOME per il
delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capo A dell’imputazione) e per alcuni reati-scopo (capi D, F, N, per il primo; capi H ed I, per il secondo).
Entrambi propongono ricorso, con separati atti dei rispettivi difensori.
NOME NOME quattro doglianze.
2.1. Con la prima lamenta la nullità, a norma dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., dell’ordinanza con la quale la Corte d’appello ha rigettato l’istanza di rinvio dell’udienza del 7 dicembre 2022, avanzata dal suo difensore al fine di munirsi di procura speciale per chiedere un concordato sulla pena a norma dell’art. 599-bis, cod. proc. pen., reso possibile dal d.lgs., n. 150 del 2022, in vigore dal 30 dicembre successivo. Quei giudici hanno respinto l’istanza in ragione del carattere risalente nel tempo dei fatti di reato, in tal modo, però, ponendosi in contrasto con l’intento deflattivo del legislatore sotteso alla riforma, ma soprattutto violando il suo diritto di difesa, per avergli impedito di accedere ad una disciplina più favorevole ed avergli fatto carico di un ritardo a lui non imputabile.
2.2. Il secondo motivo lamenta la mancata derubricazione del fatto di cui al capo F) nell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73, con la conseguente declaratoria di estinzione per prescrizione.
La decisione non è sorretta da un obiettivo accertamento del peso e della qualità della sostanza, trattandosi esclusivamente di c.d. “droga parlata”, e si fonda sulla condanna riportata dagli originari coindagati in separati processi nonché su un palese errore di calcolo sul valore di cambio dei 300 milioni di lek albanesi, indicati come valore della merce nelle conversazioni intercettate.
2.3. Analoghe censure vengono NOMEte con riferimento alla transazione rubricata sub N).
In questo caso, la Corte distrettuale ha valorizzato il rnvenimento nella disponibilità di esso ricorrente di dieci milioni ofi lire in contanti, ritenendo che dett somma costituisse il prezzo della fornitura, perciò relativa ad un carico consistente; tale valutazione, però, si pone in contrasto con quarto affermato dagli stessi giudici in altra parte della sentenza, allorché hanno ritenuto che quel denaro costituisse il compenso per il corriere.
Inoltre, non sono decisive per l’esclusione dell’ipotesi lieve le altre circostanze valorizzate in sentenza, ovvero la tipologia di sostanza e lo svolgimento dell’attività “in forma associata”.
2.4. Il quarto motivo riguarda il giudizio di responsabilità per il reato associativo.
I fatti di cui ai capi F) ed N) sono concentrati in un ristretto arco temporale, mentre quello di cui al capo D) è avulso dal contesto. I rapporti illeciti con i soggetti
già ritenuti parte dell’associazione con sentenze irrevocabili sono stati, dunque, circoscritti a quel breve periodo, pari a circa due mesi, mancando perciò la dimostrazione di uno stabile impegno di esso ricorrente ad agire per l’organizzazione e del dolo di partecipazione, come si può evincere dalle conversazioni intercettate, pressoché insignificanti. Inoltre, a lui si addebita di essere stato il “referente” dell’organizzazione nel Lazio, non spiegando, tuttavia, la sentenza se egli agisse esclusivamente nel proprio interesse o per quello del sodalizio.
La difesa di COGNOME propone due motivi di ricorso.
3.1. Il primo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al giudizio di colpevolezza per il reato associativo.
La sentenza si sarebbe limitata a valorizzare esclusivamente la decisione irrevocabile di condanna di suo fratello NOME, desumendo dal legame familiare quello associativo, ma dimenticando che un terzo fratello, NOME, è stato assolto definitivamente dalla relativa imputazione.
In realtà, dal quadro probatorio disponibile, risulterebbe che il ricorrente, chiamato col diminutivo di “NOME“, abbia intrattenuto rapporti esclusivamente con il proprio fratello NOME (detto “NOME“) e che nessuno dei due fosse a conoscenza dell’esistenza di una struttura organizzata. Dopo l’arresto di “NOME“, infatti, non v’è stata alcuna conversazione telefonica tra il ricorrente ed altri ipotizzati associati; inoltre, non vi sarebbe prova della disponibilità, da parte dei due fratelli, delle autovetture utilizzate per il trasporto della droga in Italia ed a tal fine allestite; n infine, risulterebbe concludente la telefonata, invece valorizzata in sentenza, nella quale il ricorrente chiede a suo fratello NOME di salutargli NOME, a quel momento in compagnia dello stesso.
3.2. I medesimi vizi vengono denunciati, con il secondo motivo, in merito ai reati-scopo.
La Corte d’appello non avrebbe risposto alle obiezioni difensive sull’errata individuazione del ricorrente per lo spedizioniere della droga inviata dall’Albania al proprio fratello NOME. Vivendo, infatti, NOME in Italia quale rifugiato politico, e non potendo perciò rientrare nel proprio Paese d’origine, egli non poteva essere il “NOME” con il quale aveva interloquito suo fratello “NOME” e che aveva operato dall’Albania.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Nessuno dei motivi del ricorso di NOME può essere ammesso.
Il primo è manifestamente infondato.
È indiscusso che, alla data dell’udienza in cui è stato definito il processo d’appello, 7 dicembre 2022, il d.lgs. n. 150 del 2020 non fosse ancora entrato in vigore. Conseguentemente, in quel momento, vigeva ancora la preclusione all’accesso al concordato in appello per i delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, stesso codice, tra i quali v’è l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, a norma dell’art. 599-bis, comma 3, cod. proc. pen.: ed era quest’ultima disposizione che doveva essere applicata, in ossequio al principio “tempus regit actum”, che regola la successione nel tempo delle leggi processuali.
La Corte di appello, dunque, non era tenuta ad accordare il rinvio del dibattimento, onde consentire eventualmente all’imputato di accedere al concordato, trattandosi di una valutazione di semplice opportunità, perciò non sindacabile in questa sede.
Nessuna violazione del diritto di difesa si è perciò consumata, indipendentemente dall’adeguatezza o meno della lontananza dei reati nel tempo quale causa giustificativa della decisione.
I successivi motivi, con i quali il ricorrente si duole del giudizio di colpevolezza per i vari reati ascrittigli, contengono censure di puro fatto, non contestando essi la coerenza logica delle ragioni della condanna, quanto piuttosto la valutazione del materiale probatorio compiuta dai giudici di merito, che però non è compito di questa Corte sindacare.
3.1. Quanto, allora, al capo F), è sufficiente osservare che il corrispettivo della fornitura di stupefacente, fissato in 300 milioni di lek espressione testuale contenuta in una conversazione intercettata e riportata in sentenza – è senza dubbio sintomatico di un quantitativo molto consistente, certamente incompatibile con un fatto di lieve entità, a norma dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990: basti pensare che, come si può accertare da fonti aperte, secondo il cambio dell’epoca, 1 lek equivaleva a circa 14-15 lire italiane.
3.2. Relativamente al capo N), poi, se – come ipotizza la difesa – dieci milioni di lire non fossero il corrispettivo della fornitura, bensì solo il compenso per il corriere, viene del tutto ragionevole ritenere che il valore della merce fosse ancora maggiore di quella somma, poiché è illogico anche solo pensare che la remunerazione per il vettore potesse essere superiore al valore del carico da lui trasportato.
3.3. Riguardo, infine, al reato associativo (capo A), le doglianze difensive si rivelano pure espressioni di dissenso, che non spiegano per quale ragione le conversazioni intercettate, inequivoche per entrambi i giudici di merito, debbano invece reputarsi insignificanti.
Né può rilevare di per sé, a favore del ricorrente, il lasso temporale interessato dai fatti, che si assume essere stato di pochi mesi e, quindi, troppo breve per potersi ritenere instaurato il vincolo solidaristico tipico di un’associazione per delinquere. In tema di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, infatti, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione sodalizio, ed in particolare della c.d. “affectio” di ciascun aderente, la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose non rileva; essa, perciò, può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato, al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato (Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 278440; Sez. 5, n. 18756 del 08/10/2014,. COGNOME, Rv. 263698; Sez. 1, n. 31845 del 18/03/2011, D., Rv. 250771).
E, nel caso specifico, la sentenza ben delinea l’esistenza di un sistema sperimentato di introduzione nel territorio italiano di carichi di stupefacente dall’Albania, e non di un semplice accordo episodico, nonché l’inserimento in tale contesto del RAGIONE_SOCIALE.
All’inammissibilità del suo ricorso segue obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del COGNOME alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta inconsistenza delle sue doglianze, va fissata in tremila euro.
5. Diverso è l’esito dell’impugnazione di NOME.
Debole, infatti, è l’inferenza logica del suo coinvolgimento nei singoli episodi delittuosi addebitatigli – le due importazioni di alcuni chilogrammi di eroina di cui ai capi H) ed I) – e, a maggior ragione, quella relativa alla sua partecipazione al sodalizio, che su quegli episodi essenzialmente si fonda.
La sentenza valorizza una serie di elementi indizianti, che tuttavia, anche se letti complessivamente ed in combinazione tra loro, non presentano quella stringente consequenzialità logica necessaria per il superamento della soglia del dubbio ragionevole.
5.1. Può essere significativo il nome di colui che ha organizzato quelle spedizioni illecite dall’Albania, perché “NOME” – così era chiamato – si concilia agevolmente con il prenome del ricorrente, NOME: anche se quest’ultimo, posto che così effettivamente quegli si chiamasse, rimane comunque un nome non particolarmente raro e, perciò, non munito di elevata capacità individualizzante.
5.2. Ancor meno concludente, però, si presenta l’altro dato di fatto valorizzato in sentenza: ovvero che, dopo l’arresto di NOME COGNOME, “NOME” abbia smesso di comunicare telefonicamente con gli altri soggetti indicati quali aderenti al sodalizio.
Si tratta, invero, di circostanza neutra ai fini del giudizio di colpevolezza del ricorrente, poiché suscettiva di spiegazioni alternative di pari plausibilità: e una di queste è quella per cui le comunicazioni siano cessate semplicemente perché, con l’arresto di NOME COGNOME, era venuto meno il referente di “NOME” per l’esportazione di droga in Italia. Ma tale circostanza, in ogni caso, nulla aggiunge ai fini dell’identificazione di costui, perché essa si sarebbe potuta verificare negli stessi termini tanto se quegli fosse stato il fratello di NOME, quanto se si fosse trattato di un altro NOME o di un diverso soggetto appellato con quel diminutivo.
Peraltro, tale interruzione di contatti tra “RAGIONE_SOCIALE” e gli altri soggetti coinvolti nel “giro” criminale in Italia di NOME COGNOME si presenta ancor meno significativa per la prova della partecipazione del ricorrente all’associazione per delinquere di cui era parte suo fratello, conciliandosi agevolmente, sotto il profilo logico, con l’ipotesi di un collegamento criminale intrattenuto dal primo esclusivamente con il proprio congiunto e, dunque, con la sua estraneità al contesto organizzato in cui era inserito quest’ultimo.
5.3. Ma la motivazione della sentenza si mostra particolarmente fragile, là dove, per superare l’obiezione difensiva per cui NOME non pot:esse rientrare nel proprio paese d’origine, in quanto ivi perseguitato politico e perciò rifugiato in Italia, si limita a far ricorso al notorio, ritenendo per tale la circostanza per cu l’Albania sia facilmente raggiungibile via mare in modo clandestino.
La categoria del fatto notorio, tuttavia, è costituita da quelle conoscenze per le quali non vi è la necessità della dimostrazione del dato da provare, in quanto corrispondente a comuni cognizioni storiche ovvero riguardante forme elementari di manifestazioni delle forze della natura e delle relative leggi, che costituiscono patrimonio di conoscenza comune a chiunque (così, tra le più recenti, Sez. 3, n. 30720 del 18/09/2020, Villari, Rv. 280020).
Si presenta, dunque, arduo sostenere che la possibilità d’ingresso clandestino in Albania rappresenti una “comune cognizione storica”, un dato, cioè, che rientra nel patrimonio conoscitivo della generalità dei consociati, quanto meno nel luogo e nel tempo interessati dal reato, essendo noto, semmai, il flusso migratorio illegale verificatosi diversi anni addietro ed in direzione contraria, dall’Albania, cioè, all’Italia.
Ma, anche a voler dare per dimostrata in questo modo la possibilità d’ingresso clandestino in quel paese, sarebbe stato comunque necessario l’accertamento, se non altro, dell’esistenza di stretti contatti tra NOME e circuiti criminali capaci garantirgli non solo il rientro, ma anche il soggiorno e la libertà di muoversi e di
commettere gravi delitti in Albania in condizione di clandestinità: ovvero proprio quello che, sostanzialmente, è l’oggetto dell’accusa a suo carico, per la prova della quale la Corte di appello ha fatto ricorso al notorio.
5.4. Da ultimo, scarsamente significativo, e perciò insufficiente a fondarvi l’inferenza di una colpevolezza in termini di elevato grado di probabilità al di là del dubbio ragionevole, è il dato della semplice conoscenza personale tra il ricorrente e COGNOME, non essendovi altri elementi per ricollegarla a comuni interessi criminali.
Per COGNOME, dunque, la decisione impugnata dev’essere annullata, con rinvio al giudice di merito, affinché colmi con un supplemento di motivazione, se possibile, gli evidenziati salti logici.
P.Q.M.
Annulla nei confronti di COGNOME NOME la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e lo condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2023.