Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19268 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19268 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOMENOME COGNOME nato a ROMA il 31/03/1976
avverso la sentenza del 16/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Roma in data 9 febbraio 2023 nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, co. 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192, co. 2 e 530, co. 2 cod. proc. pen. (primo motivo) e in riferimento alla mancata riqualificazione nell’ipotesi di cui all’art. 73, co.5 d.P.R. 309/90 (secondo motivo).
3. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e non è scandito da adeguata critica delle argomentazioni poste a base della sentenza impugnata (pp.5 e 6).
La Corte di appello, con motivazione affatto illogica né carente ha confermato la sentenza di primo grado in ordine alla responsabilità dell’imputato per il fatto contestato. I giudici di secondo grado, dalla lettura delle intercettazioni, hanno ritenuto provato che il ricorrente abbia ceduto la partita di droga oggetto delle intercettazioni telefoniche e ambientali oggetto dell’imputazione ritenendo che il tenore letterale delle stesse, non lasci margini d’incertezza in ordine all’effettivo scambio di cocaina avvenuto tra l’odierno imputato ed i correi.
Sul fondamento di responsabilità preme ricordare che, la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che la prova dei reati di traffico e di detenzione a fi di spaccio di sostanze stupefacenti può essere desunta non soltanto dal sequestro o dal rinvenimento delle sostanze, ma anche da altre fonti probatorie (Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Rv. 263544; Sez. 4, n. 48008 del 18/11/2009, Rv. 245738; Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, Rv. 279251), quali, come avvenuto nel caso di specie, le intercettazioni.
Sul punto va ricordato che in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389).
Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La Corte, con motivazione conforme ai principi in materia ha posto l’accento alla qualità dello stupefacente cui fanno riferimento i correi nelle conversazioni
captate oltre che del quantitativo (100 grammi) destinato a soddisfare numerosi cessionari, hanno ritenuto non inquadrabile la condotta nella previsione del fatto di
“lieve entità”.
Anche in ordine a tale punto la pronuncia è pienamente rispettosa dei canoni interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che richiedono, per
l’applicazione dell’art. 73, comma 5, d . P. R. 3 0 9/ 1 9 9 0, di valutare tutti g elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e
circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato quali quantità e qualità delle sostanze stupefacenti (Sez. 6, n. 45694 del 28/09/2016, Rv.
268293;Sez. 6, n. 27809 del 05/03/2013 Rv. 255856; Sez. U, n. 51063 del
27/09/2018, Murolo, Rv.274076).
5. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 13 maggio 2025.