Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11125 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11125 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 12.12.2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui, in data 16.5.2015, il Tribunale di Benevento aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di usura aggravata di cui al capo A) della rubrica e, con le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alla contestata aggravante, lo aveva condannato alla pena finale di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed euro 6.000 di multa, oltre al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e di mantenimento in carcere; lo aveva, invece, assolto per le condotte di usura di cui ai capi B) e C) della rubrica, perché il fatto non sussiste;
ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 violazione di legge con riferimento agli artt. 644 cod. pen. e 533 cod. proc. pen.: erroneità della sentenza nella parte in cui ha confermato la sussistenza del reato di usura in mancanza di prova certa circa i relativi presupposti ed in violazione del principio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”; contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla deposizione della persona offesa: rileva che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, le contraddizioni in cui era incorsa la persona offesa non potevano ritenersi né secondarie né marginali vertendo invece su aspetti essenziali; evidenzia come il COGNOME avesse più volte confuso i soggetti da cui avrebbe ricevuto il denaro, facendo riferimento talvolta a NOME COGNOME e talvolta al COGNOME o alla società RAGIONE_SOCIALE, e segnala la inadeguata risposta fornita dalla Corte d’appello ai rilievi difensivi articolati sul punto; aggiunge che analoga incertezza aveva riguardato la consegna dell’assegno in garanzia, la annotazione della data (a penna o a matita) e la sua restituzione essendosi la Corte rifugiata in una propria mera supposizione; analoga incertezza evidenzia nella individuazione del tasso di interesse che il COGNOME aveva indicato ora nel 10% ora nel 15% mensile, discrasia non risolta dalla Corte d’appello; sottolinea come il complesso di tali incertezze avrebbe dovuto condurre la Corte d’appello a concludere per la assoluzione dell’imputato in applicazione dei principi ribaditi anche in sede di legittimità ed in casi analoghi; Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
2.2 erroneità della sentenza nella parte in cui ha confermato la sussistenza del delitto in mancanza di prova certa circa i relativi presupposti ed in violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio – omessa motivazione cica la natura commerciale del rapporto e la causale RAGIONE_SOCIALE dazioni di denaro: rileva come la difesa, con l’atto di appello, avesse spiegato che le dazioni di denaro riposavano su una causale perfettamente lecita sostenendo tale ricostruzione con il conforto RAGIONE_SOCIALE deposizioni acquisite oltre che degli stessi accertamenti e sequestri eseguiti dagli operanti e della documentazione prodotta dalla difesa; riporta la risposta
fornita dalla Corte d’appello di cui segnala la inadeguatezza in relazione al contenuto RAGIONE_SOCIALE censure articolate con il gravame di merito;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’inammissibilità del ricorso: rileva che il primo ed il secondo motivo del ricorso sono reiterativi RAGIONE_SOCIALE doglianze già avanzate con l’atto di appello cui la Corte territoriale ha fornito ampia ed adeguata risposta essendo inoltre le censure mirate a contestare l’attendibilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni testimoniali acquisite su cui, pure, la motivazione della sentenza impugnata è logica e congrua.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto articolato su censure manifestamente infondate e, invero, non consentite in questa sede.
NOME COGNOME è stato tratto a giudizio per essere stato giudicato responsabile, nei due gradi di merito ed all’esito di un conforme apprezzamento RAGIONE_SOCIALE medesime emergenze istruttorie, del delitto di usura aggravata in quanto “… con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, a fronte del prestito della somma di euro 10.000, elargito in favore dell’imprenditore COGNOME NOME, che versava in stato di bisogno e si rivolgeva a lui poiché ormai non accettato dal circuito bancario, si faceva promettere o consegnare interessi usurari calcolati in percentuali varianti tra il 171% ed il 173%”.
Con il primo ed il secondo motivo la difesa deduce, infatti, violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della penale responsabilità del ricorrente.
2.1 È pertanto necessario rilevare che, tuttavia, lungi dal prospettare un vizio di legittimità, il ricorso finisce per contestare il giudizio di responsabil ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di primo e secondo grado che, con valutazione conforme RAGIONE_SOCIALE medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere l’ipotesi accusatoria riscontrata nella ricostruzione della concreta vicenda processuale.
Vale la pena, allora, ribadire che il vizio di violazione di legge va dedotto contestando la riconducibilità del fatto – come ricostruito dai giudici di merito nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, è, come accade sovente, contestare o mettere in dubbio che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a
ricondurla al paradigma legale: operazione, questa, che è, invece, propria del giudizio di merito.
Con riguardo, poi, al vizio di motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non è inutile sottolineare che il sindacato di legittimità sull motivazione del provvedimento impugnato deve essere mirato a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione RAGIONE_SOCIALE regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (cfr., Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516; Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708; Sez. 2, n. 36119 del 04/07/2017, Agati, Rv. 270801).
Non sono perciò deducibili, in sede di legittimità, censure relative alla motivazione diverse da quelle che abbiano ad oggetto la sua mancanza, la sua manifesta illogicità, la sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali per pervenire ad una diversa conclusione del processo; sono dunque inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valen probatoria del singolo elemento (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965; Sez. 2 – , n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747).
In particolare, le doglianze articolate in termini di violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. riguardanti l’attendibilità dei testimoni dell’accusa, non essendo Inosservanza di detta norma prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ma soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della medesima norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti
specificamente indicati nei motivi di gravame (cfr., Cass. Pen., 1, 20.10.2016 n. 42.207, COGNOME; conf., Cass. Pen., 3, 17.10.2012 n. 44.901, F.; conf., da ultimo, Cass. SS.UU., 16.7.2020 n. 29.541, COGNOME).
La difesa, inoltre, ha censurato la sentenza impugnata perché resa in presenza di elementi idonei a fondare un “ragionevole dubbio” sulla responsabilità dell’imputato: è pertanto opportuno ribadire che la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio” rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALE fonti di prova (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME COGNOME, COGNOME Rv. 270108 COGNOME 01; Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, Maggio, Rv. 280245 – 01).
2.2 Tanto premesso va ad ogni modo segnalato che, nel caso di specie, si è in presenza, in punto di responsabilità, di una “doppia conforme” di merito, ovvero di decisioni che, nei due gradi, sono pervenute – su questo aspetto – a conclusioni analoghe sulla scorta di una conforme valutazione RAGIONE_SOCIALE medesime emergenze istruttorie, cosicché vige il principio per cui la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia quando operi attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia quando, per l’appunto, adotti gli stessi criteri utilizzati nella valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette in maniera congiunta e complessiva ben potendo integrarsi reciprocamente dando luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (cfr., Sez. 2 – , n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, NOME, 252615; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
Le due sentenze di merito hanno restituito una ricostruzione operata in termini che non prestano il fianco alle censure articolate in questa sede avendo dato conto della risalenza dei rapporti di cordialità esistenti tra il COGNOME ed il COGNOME oltre che il titolare della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, più volte in passato già disponibile ad garantirgli la liquidità necessaria per la conduzione della attività della sua ditta edile.
La persona offesa aveva quindi riferito che nel maggio del 2009, all’ennesima esigenza da lui rappresentata al COGNOME, costui lo aveva messo in contatto con l’odierno ricorrente, suo dipendente e “factotum” all’interno della RAGIONE_SOCIALE, il quale gli aveva prestato la somma di 10.000 euro a fronte del rilascio di un assegno dell’importo di 11.500 euro e, perciò, pattuendo la corresponsione di interessi pari a 1.500 euro al mese, da versare direttamente
nelle mani del COGNOME il quale aveva riferito al COGNOME di essersi dovuto procurare il denaro da terzi a condizioni diverse dal solito.
La Corte d’appello, in particolare, non ha trascurato i rilievi difensivi, la cu omessa o inadeguata risposta sono state oggetto di censure in questa sede e che avevano avuto ad oggetto presunte discrasie o contraddittorietà nel racconto del COGNOME (con riguardo, ad esempio, alla apposizione della data sull’assegno, intervenuta a matita o meno; l’individuazione di colui che, in concreto, gli avrebbe consegnato la somma, il COGNOME o il COGNOME; la misura degli interessi ma, anche i rapporti commerciali pregressi con COGNOME di cui, come accennato, il COGNOME era il “factotum” che si interessava anche della riscossione esazione dei crediti).
I giudici partenopei hanno infatti vagliato la credibilità della persona offesa sostenendo che le contraddizioni ed inverosimiglianze evidenziate dalla difesa riguardavano fatti e circostanze “secondarie e marginali”: in ogni caso, hanno offerto una spiegazione non manifestamente illogica RAGIONE_SOCIALE modalità di apposizione della data (a penna o a matita) sull’assegno consegnato dal COGNOME e, anche, della difficoltà, per il predetto, che nella denuncia aveva puntualmente indicato il COGNOME come colui che era intervenuto per risolvere il suo problema di liquidità, di ricordare esattamente chi, all’esito della pattuizione intervenuta, gli avesse fornito il denaro.
Quanto al tasso di interesse, la Corte ha individuato proprio nello “scatto” dal 6-7% al 10% il passaggio dal rapporto con il COGNOME e quello con il COGNOME (cfr., pag. 7).
Non ha trascurato, motivando in termini puntuali in punto di fatto, in ordine alla tesi alternativamente proposta dalla difesa circa la impossibilità di ricondurre la vicenda nell’ambito dei rapporti debitori esistenti tra il COGNOME e la stess RAGIONE_SOCIALE (cfr., pagg. 7-8).
In generale, ed a sostegno della stimata attendibilità del COGNOME, oltre a sottolineare che il predetto non si era costituito parte civile, la Corte d’appello ha congruamente evidenziato l’unicità dell’episodio denunziato dalla persona offesa a fronte della ammessa pluralità di rapporti finanziari con conseguente accurata “selezione” di quello che il COGNOME aveva subito come iniziativa illecita da parte del COGNOME, evitando, perciò, di aggravare la posizione dell’imputato con episodi di somministrazione di prestiti diversi da quello unicamente caratterizzato da una pattuizione usuraria.
A questo punto è utile ricordare che le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci (che, tuttavia, la Corte
d’appello ha puntualmente e congruamente individuato nella deposizione del teste COGNOME), essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono COGNOME sottoposte COGNOME le COGNOME dichiarazioni COGNOME di qualsiasi COGNOME testimone (cfr., Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE‘Arte, Rv. 253214 01; Sez. 4 – , n. 410 del 09/11/2021, COGNOME, Rv. 282558 01; Sez. 5 – , n. 21135 del 26/03/2019, S., Rv. 275312 01; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104 – 01).
D’altra parte, la valutazione circa l’attendibilità della persona offesa si connota quale giudizio di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene al modo di essere della persona escussa; tale giudizio può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria atteso che l’attendibilità di un teste è una questione di fatto, che ha la sua chiave di lettura nell’insieme di una motivazione logica, che non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il Giudice sia incorso in manifeste contraddizioni (cfr., Sez. 4 – , n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609 – 01; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575 – 01).
In diritto, d’altra parte, la Corte territoriale ha correttamente sottolineato come fosse irrilevante accertare l’ammontare RAGIONE_SOCIALE somme effettivamente retrocesse dal COGNOME poiché il reato di usura sì configura come reato a schema duplice e, quindi, esso si perfeziona con la sola accettazione della promessa degli interessi o degli altri vantaggi usurari, ove alla promessa non sia seguita effettiva dazione degli stessi, ovvero, nella diversa ipotesi in cui la dazione sia stata effettuata, con l’integrale adempimento dell’obbligazione usuraria (cfr., Sez. 2 – , n. 23919 del 15/07/2020, Basilicata, Rv. 279487 01; Sez. 2, n. 50397 del 21/11/2014, COGNOME Aronica, COGNOME Rv. 261487 COGNOME 01; Sez. F, n. 32362 del 19/08/2010, Scuto, Rv. 248142 – 01).
3. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 18.1.2024