Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 43648 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 43648 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: IMPERIALI NOME
Data Udienza: 17/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME 01F5TPS nato il DATA_NASCITA A.M
avverso la la sentenza del 10/10/2023 della CORTEYPPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso udito il difensore, l’AVV_NOTAIO in difesa di COGNOME, che ha concluso i chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Venezia ha confermato il giudizio di penale responsabilità espresso il 16/5/2022 dal Tribunale di Padova nei confronti di NOME in ordine al reato di cui agli artt. 416 cod. pen. e 4 I. 146/2006 per aver preso parte a un’associazione per delinquere finalizzata al compimento di una serie indeterminata di delitti di abusivo esercizio di attività bancaria e finanziaria e di riciclaggio, costituita da NOME e NOME, gestori del “Bazar Sahara” in Padova (capo A), ed altresì in ordine a due ipotesi di cui agli artt. 110 e 648 bis cod. pen., per aver concorso con i predetti NOMEch al riciclaggio di proventi di attività delittuose, in particolare spaccio di sostanze stupefac impiegandoli o concorrendo ad impiegarli nell’acquisto di autoveicoli, quali un furgone Iveco, intestato fittiziamente proprio al COGNOME ed una WV Passat (capo D), nonché una WV Golf 6 destinata all’esportazione in Tunisia (capo F).
Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione il NOME, a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento senza rinvio o, in subordine, anche con rinvio, in virtù di tre motivi di impugnazione con ciascuno dei quali ha dedotto la manifest illogicità e la mera apparenza della motivazione della sentenza impugnata, che si assume costituita unicamente da una pedissequa ed acritica ripetizione della sentenza di primo grado senza alcun confronto con i motivi del ricorso in appello:
2.1. Con riferimento al reato associativo il ricorso osserva che le sentenze di merit attribuiscono al ricorrente il ruolo di partecipe all’associazione acquistando per conto ter veicoli in Germania – e così impiegando proventi dell’attività di spaccio di stupefacenti intestandoseli fittiziamente ed adoperandosi per sbrigare tutte le pratiche burocratiche, e rilev che impropriamente la sentenza impugnata assume che il NOME non avrebbe contestato l’esistenza dell’associazione, in realtà affermata sulla base di una sentenza irrevocabile che, però, riguarda altri soggetti, tra i quali la sentenza impugnata inserisce anche il ricorre ascrivendogli un ruolo nell’acquisto delle vetture su incarico dei fratelli COGNOME contraddittoriamente indicati come soggetti notoriamente dediti allo spaccio di stupefacenti e, però, presentati al ricorrente per la prima volta da NOME COGNOME.
Si contesta, peraltro, che il Bazar Sahara fosse un covo di spacciatori, rifendo invece trattarsi di un mero supermercato che vende prodotti nordafricani e che veniva frequentato dal NOME solo per tali acquisti. Anche con riferimento all’annotazione di P.G. del 16/2/2015 acquisita sull’accordo delle parti – la sentenza impugnata riferisce di “ripetuti incontri tanto fratelli NOME COGNOME NOME e NOME, quanto del NOME all’interno del Bazar”, pur non riferendo in alcun modo di incontri tra questi l’annotazione di cui si tratta.
La sentenza, oltre a trasformare in incontri con i COGNOME la mera presenza del ricorrente, attribuisce al ricorrente anche la consapevolezza della disponibilità di grosse somme di denaro da parte degli stessi COGNOME e perfino la conoscenza dell’attività di spaccio a cui questi sarebbero stati dediti, fino a fondare il riconoscimento della sua partecipazione a sodalizio sue due soli acquisti effettuati, dai quali si è dedotto lo svolgimento con una cer
regolarità di un’attività di import export di automobili: la Corte territoriale, infatti, riconosce che vi è la prova solo delle due transazioni di cui ai capi D) e di quella di cui al ca F) ad opera del NOME.
La sentenza impugnata, inoltre, non indica in alcun modo quale possa essere la prova della consapevolezza, da parte del NOME, dell’attività di spaccio che si riferisce svolta Bazar, limitandosi a riferire che tale prova sarebbe emersa “dall’istruttoria” e “dai brogliacci”
Si deduce, infine, che anche la telefonata tra NOME ed il COGNOME, con la quale il primo si duole di una riscossione totale della provvigione da parte del ricorrente sembr escludere un rapporto di subordinazione di questo, che non potrebbe essere desunto dal solo soprannome di “Governo” con il quale – in altra conversazione con lo stesso NOME – il NOME si riferiva al fratello di questo, NOME.
Li GLYPH Con riferimento al riciclaggio di cui al capo D) il ricorrente assume doversi ritenere indimostrata la sua consapevolezza dell’illecita provenienza del denaro, in quanto desunta unicamente dalla sua frequentazione del Bazar, avendo ritenuto la Corte inverosimile che questa fosse dovuta all’acquisto di generi alimentari, tesi ritenuta contraddetta da rinvenimento dei suo nome nei quaderni di contabilità del sodalizio. Adduce a tal proposito il ricorrente, però, che il teste di NOME COGNOME aveva riferito in dibattimento che il suo nome no risultava da tali quaderni, né la Corte territoriale si è confrontata con la tesi difensiva in o alla presentazione di NOME COGNOME al NOME da parte di NOME COGNOME, alla circostanza che il primo si è fatto inviare da quest’ultimo in Germania dopo l’individuazione della vettur da acquistare e che in occasione dell’acquisto della Passat il ricorrente non è mai stato in possesso di denaro. Il ricorso contesta, infine, che l’intestazione del furgone RAGIONE_SOCIALE possa essere ritenuta fittizia, assumendo trattarsi, invece, di intestazione dovuta a mere ragion burocratiche, anche a garanzia del pagamento della provvigione.
GLYPH Con riferimento al riciclaggio di cui al capo F), infine, si deduce che il NOME ha dichiarato di aver ricevuto da un terzo fratello NOME COGNOME l’incarico di procurare un Golf dopo essere rientrato a Padova per aver portato a termine con soddisfazione dei clienti l’acquisto dei furgone e della Passat. Deve ritenersi, pertanto, ingiustificato l’assunto second cui vi sarebbe una consolidata e pregressa conoscenza con i Ben COGNOME, né potrebbe dedursi una complicità per la sola frase “per sistemare le nostre cose”, utilizzata in un conversazione captata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.11 ricorso è fondato, in quanto la sentenza impugnata non si confronta adeguatamente con le censure avanzate dal ricorrente con l’atto di appello sicché, anche valutando congiuntamente la sentenze di primo grado e quella di appello che, non essendovi difformità sulle conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente confluendo in un risultato organico ed inscindibile (Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016 , Rv. 266617; sez. 1, n. 4827 del 18/3/1994,
Rv. 198613; Sez. 6 n. 11421 del 29/9/1995, Rv. 203073), deve comunque rilevarsi che il percorso argomentativo delle due sentenze di merito presenta carenze e contraddizioni che non rendono adeguatamente conto del giudizio di penale responsabilità espresso oltre ogni ragionevole dubbio nei confronti del ricorrente.
Anche a voler ritenere provata o, comunque, incontestata l’esistenza dell’associazione per delinquere di cui al capo A), promossa dai fratelli COGNOME NOME e NOME, che è stata già oggetto di sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato dal GUP del Tribunale di Padova il 26/9/2017 (alla quale opera un esplicito rinvio la sentenza di primo grado) nei confronti dei COGNOME e dì altri, confermata dalla Corte di Appello con sentenza in data8/5/2018 ed irrevocabile dal 26/9/2017, dalle sentenze di merito del presente procedimento comunque non emergono elementi convergenti nell’attribuire al ricorrente la qualità di consapevole partecipe di tale associazione.
Si riferisce, infatti, che in ordine a questa ha reso ampia testimonianza il teste COGNOME NOME, che ha riferito delle indagini svolte dalla Squadra Mobile di Padova, soffermandosi, oltre che sulle estrapolazioni del contenuto delle telecamere di sorveglianza e sugli esiti dell’ascolt di conversazioni telefoniche tra soggetti che colloquiavano in lingua berbera, anche sui risultati di servizi di osservazione del Bazar ritenuto sede del sodalizio, gestito dai fratelli COGNOME, ov confluivano diverse persone per consegnare denaro contante che veniva annotato in apposito quaderno ed inoltrato all’estero tramite Western Union, di cui il Bazar Sahara era concessionario, con il sistema dell’Hawala, solitamente utilizzato dai migranti per trasferire propri risparmi nel paese d’origine, che consente il trasferimento di denaro e beni senza necessità di alcun movimento fisico e senza necessità di ricevute cartacee e/o conti correnti.
La sentenza impugnata, così, fonda la prova della partecipazione del NOME al sodalizio criminoso sulla sua assidua frequentazione del Bazar, constatata dai servizi di osservazione per diversi mesi, nonché sui “ripetuti incontri tanto dei fratelli NOME, NOME ed NOME, quanto del NOME, all’interno del Bazar, anche contestuali”, ed altresì sull’annotazione del suo nome a più riprese nel quaderno ove era conservata la contabilità del Bazar. A fronte dell’assunto difensivo secondo cui il NOME si sarebbe recato nel bazar essenzialmente per l’acquisto di vivande, però, nessuna specificazione viene data sulle modalità dei predetti incontri, né sul carattere delle annotazioni di cui si tratta e, soprattutto, nel ri genericamente che il nome del NOME era annotato nel quaderno della contabilità del Bazar, la sentenza impugnata non si è confrontata con il motivo di appello con il quale si deduceva che, invece, nel corso della sua testimonianza, il teste COGNOME aveva espressamente escluso di aver rinvenuto il nominativo del ricorrente nei registri sequestrati all’interno del Bazar (cos pag. 9 del ricorso in appello).
A fronte di tali lacune, la sentenza impugnata riferisce di soli due episodi di riciclaggio quali si sarebbe estrinsecata la partecipazione del NOME al sodalizio, entrambi in favore dei COGNOME, presentati al ricorrente dai fratelli COGNOME.
Se è vero che, al fine di valorizzare tali episodi, non illogicamente la sentenza evidenzia che il soprannome di “Governo” con il quale – in una conversazione con NOME – il NOME si riferiva al fratello di questo, NOME, sembrerebbe confermare il rapporto di subordinazione del ricorrente con i predetti, riconosciuti con sentenza irrevocabile come capi dell’associazione, deve però rilevarsi che la sentenza impugnata non si confronta con altra telefonata tra lo stesso NOME ed il NOME con la quale il primo, con riferimento ad una delle operazioni di cui si tratta, si doleva del fatto di non essere stato coinvolto in un af concluso dal Makni con un cliente presentatogli dallo stesso COGNOME NOME, condotta che, invece, anche alla luce del numero modesto di operazioni che vedono coinvolto il ricorrente, mal si concilia con un rapporto di gerarchia tra i due.
Quanto ai singoli episodi di riciclaggio contestati al NOME, infine, la Corte di appello no offre adeguati elementi per giustificare la ritenuta piena consapevolezza, da parte del ricorrente, della provenienza dall’attività di spaccio delle grosse somme di denaro investite dai fratelli COGNOME nelle operazioni di cui si tratta, atteso che, da un lato, questi risult presentati al NOME dal COGNOME e, d’altra parte, risultano frutto di mere asserzioni non motivate né specificate sia l’assunto secondo cui i COGNOME sarebbero “noti spacciatori operanti sulla piazza di Padova”, sia la considerazione che gli stessi avrebbero frequentato il bazar anche contemporaneamente al NOME, né la sentenza impugnata, come dinanzi evidenziato, offre chiare spiegazioni in ordine alle ritenute annotazioni dei nominativi de predetti nei registri di contabilità sequestrati al bazar: la mancata specificazione di t annotazioni non consente di ritenere le stesse idonee a dimostrare la consapevolezza, da parte del ricorrente, della provenienza illecita del denaro impiegato dai Ben COGNOME nelle operazioni contestate ai capi D) ed F).
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio a diversa sezione della Corte territoriale per nuovo giudizio che colmi le contraddizioni e le lacune motivazionali sopra evidenziate.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.
Così deciso il 19 settembre 2024 Il AVV_NOTAIO estensore
II
Presidente