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Prova del DNA: quando è valida nel rito abbreviato?

La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per furto aggravato, stabilendo che la scelta del rito abbreviato sana le irregolarità procedurali nella raccolta della prova del DNA, a meno che non si tratti di ‘inutilizzabilità patologica’. La Corte ha chiarito che il sequestro di un oggetto contenente DNA, come un mozzicone di sigaretta, non richiede le stesse garanzie difensive del prelievo coattivo sulla persona, rendendo la prova pienamente utilizzabile.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prova del DNA e Rito Abbreviato: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Inutilizzabilità

L’evoluzione delle tecniche scientifiche ha reso la prova del DNA uno strumento cruciale nelle indagini penali. Tuttavia, la sua acquisizione e analisi sono regolate da precise norme procedurali, la cui violazione può comprometterne l’utilizzabilità in giudizio. Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione affronta un caso emblematico, chiarendo i confini tra mere irregolarità procedurali, sanate dalla scelta del rito abbreviato, e violazioni così gravi da rendere la prova ‘patologicamente’ inutilizzabile.

I Fatti di Causa: Un Furto e le Tracce Biologiche

Il caso riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per una serie di furti aggravati in abitazione. L’imputato, agendo in concorso con altri, mascherato e in orario notturno, si era introdotto nell’abitazione della vittima, sottraendo oggetti di valore. La condanna si fondava su un quadro probatorio solido, il cui perno era rappresentato dalla comparazione del DNA. Sulla scena del crimine, infatti, erano state rinvenute due tracce di sangue, il cui profilo genetico corrispondeva a quello estratto da un mozzicone di sigaretta recuperato durante una perquisizione a casa dell’imputato. A questo si aggiungeva un ulteriore indizio: un’auto, risultata appartenere alla sorella dell’imputato, era stata notata nei pressi dell’abitazione svaligiata.

Il Ricorso in Cassazione: La Prova del DNA è Inutilizzabile?

La difesa ha impugnato la sentenza di condanna dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo la cosiddetta ‘inutilizzabilità patologica’ della prova genetica. Secondo il ricorrente, l’intero processo di acquisizione e analisi del DNA era viziato da gravi irregolarità, tra cui:

* La mancanza di un verbale formale di repertamento delle tracce ematiche sulla scena del crimine.
* L’assenza di verbali relativi alla catena di custodia e alla trasmissione dei reperti al laboratorio di analisi.
* La mancata notifica all’indagato dell’avviso di potersi avvalere di un difensore durante il prelievo del mozzicone di sigaretta, in presunta violazione dell’art. 224 bis del codice di procedura penale.

Secondo la difesa, queste omissioni avrebbero leso i diritti dell’imputato, rendendo la prova scientifica inutilizzabile nonostante la scelta del rito abbreviato.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Prova del DNA

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sulla validità della prova del DNA nel contesto del giudizio abbreviato. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: chi sceglie questo rito processuale accetta di essere giudicato sulla base degli atti di indagine, rinunciando a contestare le relative irregolarità procedurali. L’unica eccezione a questa regola è l’inutilizzabilità ‘patologica’, che riguarda prove acquisite in violazione di divieti probatori fondamentali e a tutela dei diritti della persona.

Nel caso di specie, la Corte ha stabilito che le omissioni lamentate dalla difesa (come la mancata verbalizzazione immediata del repertamento) non integrano una tale grave violazione. Si tratta di irregolarità che non sono sanzionate con la nullità o l’inutilizzabilità e che possono essere sanate, ad esempio, tramite la testimonianza degli agenti operanti.

Il punto cruciale della decisione riguarda la distinzione tra il prelievo coattivo di un campione biologico direttamente sulla persona dell’indagato e il sequestro di un oggetto (come un mozzicone di sigaretta) da cui estrarre il DNA. La Corte ha chiarito che solo il primo caso, essendo invasivo della libertà personale, attiva le garanzie difensive previste dall’art. 224 bis c.p.p., come l’avviso del diritto a un difensore. Il sequestro di un oggetto abbandonato, invece, è un normale atto di indagine che non richiede tali formalità. Pertanto, il DNA estratto dal mozzicone era pienamente utilizzabile.

Le Conclusioni: Quando le Irregolarità non Invalidano la Prova

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui la scelta del rito abbreviato comporta un’accettazione del materiale probatorio raccolto, limitando drasticamente la possibilità di sollevare eccezioni procedurali. Le uniche censure ammissibili sono quelle relative a violazioni che intaccano il nucleo essenziale dei diritti di difesa. La mancata verbalizzazione di un’attività di repertamento o il sequestro di un oggetto contenente tracce biologiche non rientrano in questa categoria. La decisione, inoltre, rafforza la validità della prova scientifica anche quando ottenuta da oggetti esterni all’indagato, distinguendo nettamente tali attività dagli atti investigativi invasivi che richiedono garanzie rafforzate.

È possibile contestare la validità della prova del DNA se si è scelto il rito abbreviato?
Sì, ma solo se si tratta di ‘inutilizzabilità patologica’, cioè quando la prova è stata acquisita in violazione di divieti probatori posti a tutela dei diritti fondamentali della persona. Le mere irregolarità procedurali, invece, si considerano sanate dalla scelta del rito.

Il prelievo di un mozzicone di sigaretta per estrarre il DNA richiede le stesse garanzie del prelievo coattivo sull’indagato?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il sequestro di un oggetto da cui estrarre materiale biologico (come una sigaretta) non è un atto invasivo sulla persona e, pertanto, non richiede l’applicazione delle garanzie difensive previste per il prelievo coattivo, come l’avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore.

La mancanza del verbale di repertamento delle tracce biologiche rende la prova del DNA inutilizzabile?
No, secondo la sentenza, l’obbligo di redigere il verbale per gli atti di indagine urgente non è previsto a pena di nullità o inutilizzabilità. L’eventuale lacuna documentale può essere colmata dalla testimonianza degli operatori di polizia giudiziaria che hanno effettuato il repertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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