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Prova del DNA: la Cassazione la conferma prova piena

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso, confermando che la prova del DNA ha valore di prova piena e non di semplice elemento indiziario. La decisione si basa sulla più recente giurisprudenza e letteratura scientifica, che sottolineano l’infinitesimale probabilità di errore di tale test. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prova del DNA: La Cassazione Ribadisce il suo Valore di Prova Piena

L’evoluzione scientifica ha un impatto profondo sul mondo del diritto, e in nessun campo questo è più evidente che nell’ambito della prova del DNA. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha nuovamente consolidato un principio fondamentale: l’esito dell’esame del DNA non è un semplice indizio, ma costituisce una prova piena, capace di fondare una decisione di condanna. Analizziamo questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte di Cassazione da un imputato, avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Milano. Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di merito, basata in modo significativo sulle risultanze di un’indagine genetica.

La Decisione della Corte e il Valore della Prova del DNA

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione chiara e netta del valore probatorio del test del DNA. I giudici hanno stabilito che la sentenza impugnata aveva operato una lettura logica e corretta delle risultanze istruttorie, allineandosi pienamente con l’orientamento consolidato della giurisprudenza e della letteratura scientifica più recente.

Le Motivazioni della Sentenza

Nelle motivazioni, la Corte ha sottolineato come la prova del DNA abbia assunto, nel tempo, la natura di ‘prova piena’. Questo significa che, data l’infinitesimale probabilità di errore, i risultati di un’analisi genetica non possono più essere relegati al rango di mero ‘elemento indiziario’, che necessiterebbe di ulteriori conferme. Al contrario, tale prova è dotata di un’autonoma e robusta capacità dimostrativa. La Suprema Corte ha richiamato specifici precedenti (tra cui Cass. Pen. n. 38184/2022 e n. 21853/2024) che hanno già tracciato questo solco interpretativo.

Di conseguenza, essendo il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale. Tale norma prevede che, in assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, il ricorrente debba essere condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida ulteriormente la posizione della prova del DNA come uno degli strumenti probatori più potenti a disposizione nel processo penale. Le implicazioni pratiche sono significative:
1. Per la difesa: Diventa sempre più difficile smontare un quadro accusatorio basato su una prova genetica, se non attraverso la contestazione di vizi procedurali nella raccolta, conservazione o analisi del campione.
2. Per l’accusa: La prova scientifica assume un ruolo centrale e spesso decisivo, riducendo il peso di altri elementi probatori tradizionali.
3. Per i ricorrenti: La pronuncia funge da monito contro la proposizione di ricorsi palesemente infondati, che possono comportare non solo la conferma della condanna ma anche l’aggiunta di una significativa sanzione economica.

Qual è il valore probatorio del DNA secondo la Corte di Cassazione?
Secondo la Corte, la prova del DNA ha natura di ‘prova piena’. Grazie all’infinitesimale probabilità di errore, non è considerata un semplice indizio, ma un elemento di prova sufficiente a dimostrare un fatto.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se non si ravvisa un’assenza di colpa, anche al versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle Ammende.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla Cassa delle Ammende?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento della sanzione pecuniaria perché il suo ricorso è stato giudicato inammissibile e la Corte non ha ravvisato una ‘assenza di colpa’ nella proposizione dello stesso, conformemente a quanto previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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