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Prova del DNA: la Cassazione conferma la condanna

Un uomo, condannato per furto aggravato grazie alla corrispondenza del suo profilo genetico con tracce ematiche sulla scena del crimine, ha presentato ricorso in Cassazione. La difesa ha sollevato dubbi sulla regolarità delle procedure di acquisizione e comparazione del campione biologico. La Corte Suprema ha respinto il ricorso, affermando che la prova del DNA, data l’altissima affidabilità statistica, costituisce una prova piena e non un semplice indizio. Ha inoltre stabilito che le contestazioni generiche sulle procedure non sono sufficienti a invalidare l’esito, se non viene dimostrata una concreta incidenza sul risultato.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prova del DNA: Quando è Inattaccabile in un Processo Penale?

La prova del DNA è da tempo considerata la “regina delle prove” nei processi penali, ma quali sono i limiti della sua contestabilità? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. Num. 9822/2025) offre chiarimenti cruciali, stabilendo che, in presenza di un’elevata corrispondenza statistica, il test genetico assume il valore di prova piena, rendendo inefficaci le contestazioni generiche sulle modalità di raccolta.

I Fatti del Caso: Un Furto Risolto da una Traccia Emática

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per un furto aggravato commesso in un’abitazione. L’elemento chiave che ha portato alla sua identificazione e condanna è stata una traccia di sangue rinvenuta su un raccoglitore sulla scena del crimine. L’analisi del DNA estratto da questa traccia ha rivelato una piena compatibilità con il profilo genetico dell’imputato, già presente nelle banche dati delle forze dell’ordine a seguito di precedenti procedimenti penali.

I Motivi del Ricorso: La Difesa Contesta la Prova del DNA

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, articolando diverse critiche incentrate sull’affidabilità e la legittimità della prova scientifica. I principali motivi di doglianza erano:

* Genericità sulle procedure: La difesa ha lamentato l’impossibilità di verificare se le procedure di prelievo, conservazione e analisi del campione di DNA originario (usato per la comparazione) avessero rispettato i protocolli di legge e le garanzie difensive.
* Violazione della catena di custodia: Sono state sollevate obiezioni sulla catena di custodia dei reperti e su presunte irregolarità nelle operazioni di repertazione, come l’uso di un solo paio di guanti o la possibile contaminazione tra diversi reperti.
* Mancata rinnovazione dell’istruttoria: La difesa ha criticato il rigetto, da parte dei giudici di merito, della richiesta di acquisire gli atti del precedente procedimento e di disporre una nuova perizia genetica.

In sostanza, la linea difensiva mirava a insinuare un dubbio sulla genuinità del risultato scientifico, sostenendo che le presunte irregolarità procedurali ne minassero l’attendibilità.

La Decisione della Corte: La Solidità della Prova del DNA

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. I giudici supremi hanno ribadito principi fondamentali sulla valenza probatoria del test genetico e sugli oneri che gravano sulla difesa quando intende contestarlo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive punto per punto. In primo luogo, ha qualificato le contestazioni come “generiche, dubitative ed esplorative”, sottolineando che non basta sollevare un dubbio astratto per inficiare una prova scientifica. È onere della parte che eccepisce l’irregolarità dimostrare non solo che una violazione procedurale sia avvenuta, ma anche che essa abbia avuto un’incidenza concreta e decisiva sull’esito dell’accertamento. Contestazioni vaghe non sono ammissibili.

In secondo luogo, la sentenza ha riaffermato un principio consolidato: l’esito dell’indagine genetica sul DNA, data l’elevatissima probabilità statistica che rende infinitesimale la possibilità di errore, ha natura di prova piena e non di mero elemento indiziario. Ciò significa che, a differenza degli indizi, non necessita di ulteriori elementi di riscontro per fondare una dichiarazione di responsabilità.

Infine, la Corte ha ritenuto legittimo il diniego di rinnovare l’istruttoria in appello. I giudici di merito non sono tenuti a disporre nuove perizie o acquisire nuovi documenti se ritengono che le prove già disponibili siano sufficienti per decidere. Tale decisione discrezionale può essere censurata in Cassazione solo se manifestamente illogica, cosa che non è stata ravvisata nel caso di specie, data la chiarezza e l’affidabilità del dato genetico.

Conclusioni

Questa sentenza consolida la posizione della giurisprudenza sulla centralità e l’affidabilità della prova del DNA. Emerge un chiaro messaggio: per contestare efficacemente un risultato genetico non sono sufficienti mere supposizioni o critiche procedurali generiche. La difesa deve essere in grado di indicare vizi specifici e dimostrare come questi abbiano concretamente compromesso la prova. In assenza di tali elementi, l’impronta genetica, con la sua quasi certezza statistica, rimane una prova solida e sufficiente a sostenere un verdetto di colpevolezza.

Una prova del DNA ha valore di prova piena o di semplice indizio?
La Corte di Cassazione afferma che l’esito di un’indagine genetica sul DNA, considerata l’altissima probabilità statistica che rende infinitesimale la possibilità di un errore, ha natura di prova piena. Non è quindi un mero elemento indiziario e può da sola fondare una dichiarazione di responsabilità, senza necessità di ulteriori elementi di riscontro.

Le irregolarità procedurali nella raccolta dei reperti rendono sempre inutilizzabile la prova del DNA?
No. Secondo la Corte, l’eventuale inosservanza di formalità procedurali o di protocolli scientifici non comporta automaticamente l’inutilizzabilità della prova. È necessario che la parte che solleva l’eccezione dimostri che la violazione abbia concretamente condizionato l’esito dell’esame genetico, compromettendone l’affidabilità. Le contestazioni generiche e non provate sono inammissibili.

Il giudice è obbligato a disporre una nuova perizia sul DNA se la difesa la richiede?
No, il giudice non è obbligato. La rinnovazione dell’istruttoria, specialmente in appello, è un potere eccezionale e discrezionale. Il giudice può rigettare la richiesta se ritiene che le prove già acquisite siano sufficienti per decidere. Tale rigetto può essere contestato in Cassazione solo se la motivazione è manifestamente illogica o contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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