Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26140 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26140 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME COGNOME nato a Treviso il DATA_NASCITA; NOME COGNOME nato in Tunisia il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 20 aprile 2023 della Corte d’appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; udito l’AVV_NOTAIO, che, per l’imputato COGNOME e, quale sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME, per l’imputato COGNOME, ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Venezia, confermando la condanna pronunciata in primo grado (riformata solo in termini di trattamento sanzionatorio all’esito del riconoscimento, per entrambi gli imputati, delle circostanze attenuanti generiche), ha ritenuto COGNOME e
NOME COGNOME, responsabili del delitto di furto aggravato in abitazione e il solo NOME della ricettazione di alcuni beni oggetto di un precedente furto commesso all’interno dei locali della parrocchia San Lorenzo Giustiniani di Mestre.
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME si compone di tre motivi.
2.1. Con i primi due si lamenta l’inosservanza e l’errata applicazione della legge penale e l’omessa assunzione di una prova decisiva quanto, in particolare, alla mancata audizione del teste COGNOME, che, in ipotesi difensiva, avrebbe potuto chiarire la posizione del ricorrente.
2.2. Il terzo deduce, invece, la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione quanto alla ritenuta colpevolezza del ricorrente.
Il ricorso proposto nell’interesse del COGNOME si compone di cinque motivi di censura.
3.1. I primi due motivi lamentano violazione di legge (in relazione agli artt. 624-bis cod. pen. e 192, comma 3, cod. proc. pen.), nella parte in cui la Corte avrebbe posto a fondamento del giudizio di responsabilità le sole dichiarazioni del teste assistito NOME COGNOME, lacunose, incerte e prive di idonei riscontri.
3.2. Il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen. in relazione all’acquisizione delle sommarie informazioni rese, nel corso delle indagini preliminari, da NOME COGNOME, sottrattasi consapevolmente all’esame dell’imputato.
3.3. Il quarto e il quinto, in ultimo, lamentano la violazione degli artt. 50 e 195 cod. proc. pen., nella parte in cui la Corte territoriale non ha dato seguito alla richiesta rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, con l’esame di NOME COGNOME, teste di riferimento della COGNOME, così omettendo l’assunzione di una prova decisiva per l’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE è infondato, al limite dell’inammissibilità.
1.1. La Corte territoriale ha dato atto degli elementi sui quali è stato fondato il giudizio di responsabilità dell’imputato, evidenziando: a) le dichiarazioni rese dalla parte civile (che, immediatamente dopo il fatto, ha individuato l’odierno imputato in sella ad una delle biciclette rubate, riconoscendolo come uno degli autori del furto); b) le dichiarazioni rese dagli altri testi esaminati; c) gli esiti perquisizione domiciliare (che ha portato al rinvenimento degli oggetti rubati dalla parrocchia di San Lorenzo in Mestre, indicati nel capo d’imputazione).
1.2. A fronte di ciò, il ricorrente si limita a dedurre, da un canto, con i prim due motivi, l’omessa assunzione dell’esame testimoniale di NOME COGNOME e, dall’altro, con il terzo, l’assenza di un valido quadro probatorio posto a base del giudizio di responsabilità.
1.3. Ebbene, la prima censura è infondata. A prescindere dalla considerazione per cui lo stesso ricorrente non indica in che termini le eventuali dichiarazioni sarebbero state idonee a condurre ad una pronuncia differente, la prova decisiva, la cui mancata assunzione può essere dedotta in sede di legittimità a norma dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., deve avere per oggetto un fatto certo nel suo accadimento e non può consistere in un mezzo di tipo dichiarativo, il cui risultato, invece, è destinato ad essere vagliato e confrontat con gli altri elementi di prova acquisiti al fine di prospettare l’ipotesi di un astra quadro storico valutativo favorevole al ricorrente (Sez. 5, n. 37195 del 11/07/2019, D., Rv. 277035).
1.4. La seconda, afferente al profilo della responsabilità, invece, è indeducibile, in quanto il ricorrente omette di indicare gli elementi di fatto e diritto che sono alla base delle censure formulate, impedendo, così, a questa Corte di esercitare il proprio sindacato.
2. Ugualmente infondato è il ricorso proposto nell’interesse del COGNOME.
2.1. In primo luogo, con riferimento ai primi due motivi di censura, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, l’affermazione di responsabilità del COGNOME, non poggia sulle sole dichiarazioni del teste assistito NOME COGNOME, ma su una pluralità di riscontri analiticamente indicati dai giudici di merito (le dichiarazioni rese dai fratelli COGNOME, da NOME COGNOME, da NOME COGNOME e da suo marito NOME COGNOME, da NOME COGNOME), le cui decisioni, non essendovi difformità sulle conclusioni raggiunte sotto tale profilo, si integrano vicendevolmente, formando una sola entità logico – giuridica alla quale fare riferimento nella complessiva valutazione del profilo motivazionale (ex multis, Cass., Sez. 2, n. 17336 del 29/03/2011, Rv. 250081).
D’altronde, le censure afferenti alla ricostruzione dei fatti o all’attendibilità testi non possono trovare ingresso in questa sede, in quanto il controllo riservato a questa Corte concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione, ma nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione (Sez. 5, n. 11049 del 13/11/2017, COGNOME).
2.2. Infondata è anche la censura afferente all’asserita violazione dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen., sollevata con il terzo motivo di censura.
Il verbale di sommarie informazioni rese da NOME COGNOME è stato acquisito agli atti del dibattimento alla luce della nota della polizia giudiziaria, dalla quale evinceva che la teste si era sottratta alla escussione in dibattimento in quanto minacciata reiteratamente dagli imputati.
Ebbene, gli “elementi concreti” dai quali poter evincere l’intimidazione del testimone, affinché non deponga o deponga il falso, non devono necessariamente consistere in fatti che positivamente dimostrino – con un livello di certezza necessario per una pronuncia di condanna – l’esistenza di specifici atti di violenza o minaccia indirizzati verso il medesimo, potendo, invece, essere desunti da circostanze sintomatiche dell’intimidazione, emerse anche nello stesso dibattimento, secondo parametri correnti di ragionevolezza e persuasività, alla luce di una valutazione complessiva delle emergenze processuali (Sez. 2, n. 29393 del 22/04/2021, COGNOME, Rv. 281808); e anche quando l’intimidazione sia stata rivolta dall’imputato o da terzi a persone vicine al teste e sia ragionevole ritenere che egli ne sia stato reso partecipe nell’immediatezza (Sez. 5, n. 13176 del 11/12/2018, dep. 2019, Niemen, Rv. 275622).
2.3. In ultimo, in ordine all’omessa assunzione dell’esame testimoniale di NOME COGNOME (quarto e quinto motivo di censura) vale quanto in precedenza osservato con riferimento al parallelo motivo proposto nell’interesse del coimputato. E l’asserita violazione dell’art. 195 cod. proc. pen. (con conseguente inutilizzabilità delle relative dichiarazioni rese dal teste indiretto) non è in ques sede apprezzabile, in quanto il ricorrente non ha adempiuto all’onere di illustrare l’incidenza dell’eventuale eliminazione della prova asseritamente ritenuta inutilizzabile (peraltro nella limitata parte relativa alle dichiarazioni riferit de relato) ai fini della cosiddetta “prova di resistenza” (Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014, dep. 2015, Rv. 262011).
In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti vanno condannati, in solido, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Così deciso il 24 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Il Presidente