Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18882 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 06/05/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18882 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 06/05/2025
R.G.N. 4463/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Catanzaro il 03/04/1997
avverso la sentenza del 17/09/2024 della Corte d’appello di Catanzaro
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
Rilevato che con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza in data 5 aprile 2022 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale con la quale era stata affermata la penale responsabilità del COGNOME in relazione ai contestati reati di ricettazione di una carta bancomat di provenienza furtiva (art. 648 cod. pen.) e di indebito utilizzo della predetta carta (art. 493-ter cod. pen.) fatti accertati/commessi in data 20 novembre 2020.
Rilevato che la difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale deducendo, con motivo unico, violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al mancato accoglimento della richiesta difensiva di proiettare le immagini del sistema di videosorveglianza che ripresero i fatti di cui alle imputazioni al fine di meglio chiarire le modalità di riconoscimento dell’imputato, alla luce del fatto che il riconoscimento operato dal personale di polizia giudiziaria ed il rinvenimento in possesso del RAGIONE_SOCIALE di capi di abbigliamento ritenuti corrispondenti a quelli indossati dal soggetto individuato nelle immagini del circuito di videosorveglianza sarebbero elementi da ritenersi privi di qualsiasi fondamento certamente dimostrativo della penale responsabilità dell’imputato stesso.
Considerato che il motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando vizio della motivazione, non Ł consentito,
perchØ non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali tali da imporre diversa conclusione del processo;
che , in particolare, non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
che , con motivazione esente dai descritti vizi logici, la Corte di appello ha esplicitato le ragioni del proprio convincimento (si veda, in particolare, pag. 3) della sentenza impugnata, facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della responsabilità, in particolare sottolineando il positivo riconoscimento dell’imputato operato dal personale di P.G. (che ben lo conosceva), la nitidezza dei fotogrammi estrapolati dal sistema di videosorveglianza oltre che il rinvenimento in possesso dell’imputato di capi di abbigliamento perfettamente corrispondenti a quelli ritratti nelle immagini;
che , la richiesta di proiezione di filmati del sistema di videosorveglianza era comunque da ritenersi inammissibile alla luce del contenuto meramente esplorativo di detta richiesta e superato dalla presenza in atti di fotogrammi estrapolati dal sistema stesso (menzionati nella sentenza), che non trattavasi all’evidenza di ‘prova decisiva’ e che non Ł comunque deducibile come motivo di ricorso per cassazione la mancata assunzione di una prova decisiva nel giudizio abbreviato non condizionato (Sez. 5, n. 27985 del 05/02/2013, Rv. 255566);
che , in punto di diritto, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione del consolidato principio secondo cui «Nel giudizio abbreviato d’appello le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice ex officio nei limiti della assoluta necessità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., atteso che in sede di appello non può riconoscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e piø ampi rispetto a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di primo grado» (cfr. Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282585 – 01);
Rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME