Prova Dattiloscopica: Quando una Sola Impronta Basta per la Condanna
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato con forza il valore della prova dattiloscopica nel processo penale. Anche una singola impronta digitale può essere sufficiente a fondare una condanna, a condizione che rispetti precisi criteri scientifici. Questa decisione chiarisce i limiti del sindacato della Suprema Corte sulla valutazione delle prove e consolida un principio di grande rilevanza pratica.
I Fatti del Caso e il Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per furto in abitazione, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 624-bis del codice penale, ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge nel modo in cui era stata accertata la sua responsabilità. Sostanzialmente, la difesa contestava la solidità del quadro probatorio che aveva portato alla sua condanna nei precedenti gradi di giudizio.
Il Valore della Prova Dattiloscopica nel Processo
Il fulcro della questione ruotava attorno all’affidabilità e all’autosufficienza della prova dattiloscopica. La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire la propria posizione, già consolidata in giurisprudenza. Il motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché, di fatto, chiedeva alla Suprema Corte una nuova valutazione del merito delle prove, un’attività che le è preclusa. La Cassazione non può sostituire il proprio giudizio a quello dei giudici dei gradi precedenti, né può verificare la tenuta logica della sentenza confrontandola con altri possibili modelli di ragionamento.
Il Giudice di merito, secondo la Corte, aveva correttamente e logicamente motivato il proprio convincimento, basandosi su un principio fondamentale.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda su un orientamento giurisprudenziale pacifico: i risultati delle indagini dattiloscopiche offrono piena garanzia di attendibilità. Essi possono costituire da soli una prova piena, senza la necessità di ulteriori elementi di conferma. Ciò è vero anche quando l’indagine si basa sull’impronta di un solo dito, a una condizione precisa: che l’analisi evidenzi almeno sedici o diciassette punti caratteristici identici per forma e posizione tra l’impronta rinvenuta e quella dell’imputato. Tale corrispondenza, secondo la scienza forense e la giurisprudenza, fornisce la certezza che la persona identificata si sia trovata nel luogo in cui l’impronta è stata lasciata.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio in materia di prova penale. La prova dattiloscopica, se dotata dei requisiti di certezza scientifica (16-17 punti di corrispondenza), non è un semplice indizio, ma una prova piena e autosufficiente. Questa decisione riafferma che, di fronte a un’evidenza scientifica di tale portata, non sono necessari altri elementi per giungere a una dichiarazione di colpevolezza. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò significa che l’impronta digitale lasciata sulla scena del crimine costituisce un elemento di prova formidabile, capace di reggere da solo l’intero impianto accusatorio.
Un’unica impronta digitale è sufficiente per una condanna penale?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il risultato delle indagini dattiloscopiche può costituire fonte di prova senza elementi sussidiari di conferma, anche se relativo all’impronta di un solo dito, purché evidenzi almeno sedici o diciassette punti caratteristici uguali per forma e posizione.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove valutate nei gradi di giudizio precedenti?
No, alla Corte di Cassazione è precluso sia sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, sia saggiare la tenuta logica della pronuncia attraverso un confronto con modelli di ragionamento esterni.
Qual è il reato contestato nel caso di specie?
Il reato contestato è il delitto di furto in abitazione, previsto e punito dall’articolo 624-bis del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24796 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24796 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 26/02/1993
avverso la sentenza del 04/10/2024 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, che ha confermato quella del Tribunale palermitano che lo dichiarava colpevole del delitto di furto in abitazione, condannando il ricorrente alla pena di anni uno e mesi due d reclusione ed euro 300,00 di multa;
Considerato che il motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge in ordine al riconoscimento della responsabilità del ricorrente per il delitto di cui all’art. 624-bis cod. p non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli d ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260). Il Giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni d suo convincimento (si veda, in particolare, pag. 2) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato. In partico l’affermazione di responsabilità è in linea con il principio consolidato per cui il risultato indagini dattiloscopiche offre piena garanzia di attendibilità e può costituire fonte di prova senz elementi sussidiari di conferma, anche nel caso in cui sia relativo all’impronta di un solo dit purché evidenzi almeno sedici o diciassette punti caratteristici uguali per forma e posizione, i quanto fornisce la certezza che la persona con riguardo alla quale detta verifica è effettuata si
trovata sul luogo in cui è stato commesso il reato. Ne consegue che il risultato legittim utilizzato dal giudice ai fini del giudizio di colpevolezza, in assenza di giustificazi
contraria su detta presenza (Sez. 5, n. 54493 del 28/09/2018 – dep. 05/12/2018,
27416701);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la co del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favor
Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 giugno 2025
Il consigliere estensore
Il Presidente